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CORTEO ANTIFASCISTA A CARRARA

CARRARA – 14 DICEMBRE 2013 – PIAZZA DELLE ERBE – ORE 14.30
E’ SEMPRE L’ORA DI RESISTERE!È sempre l’ora di resistere, perché il fascismo non è scomparso all’indomani del 25 aprile 1945. Anzi, proprio a partire da quella data ha preso l’avvio una costante strategia d’infiltrazione, evidentemente favorita dalle stesse strutture di potere, che ha fatto sì che l’ideologia fascista potesse radicarsi nuovamente all’interno della società civile italiana. Se, come asseriva qualcuno, non esistono poteri buoni, non bisogna quindi meravigliarsi se la cosiddetta Repubblica Democratica italiana sorta dalla Resistenza abbia in realtà ben presto fatto proprie le principali idee e metodologie di coloro che asseriva e vantava di aver combattuto e vinto. E se è vero che la logica fascista di controllo, autoritarismo e persecuzione del dissenso si può ritrovare in svariati aspetti di ogni tipo di Stato e delle sue emanazioni (dalla militarizzazione dei territori, all’emarginazione del dissenso politico; dal capillare controllo poliziesco, alla creazione del consenso), c’è da dire che in Italia, favorita anche dalla idea guida della cosiddetta “pacificazione”, si è avuto addirittura un vero e proprio travaso di elementi fascisti all’interno dei “nuovi” apparati istituzionali democratici. Dalla riaffermazione dei prefetti del passato regime (dei 109 prefetti fascisti in carica prima dell’8 settembre 1943, ben 105 furono reintegrati allo scadere del 1945), alla amnistia Togliatti del ’46 (salutata nelle aule di tribunale da trionfali saluti romani da parte dei gerarchi e camerati amnistiati), fino al pieno reintegro nei ruoli di polizia e nei comandi dell’esercito dei precedenti funzionari fascisti, si può ben dire che in Italia il fascismo ha potuto largamente e tranquillamente proseguire il suo cammino sotto spoglie più subdole e meschine. E non bisogna certo dimenticarsi del famigerato Codice Rocco del 1933, che ha introdotto nel codice penale, tra gli altri, strumenti di repressione come i “fogli di via” (oggi tornati drasticamente in voga), o il reato di “devastazione e saccheggio” (anch’esso ampliamente utilizzato dalla magistratura ai giorni nostri), codice mai abolito ma anzi gelosamente conservato tra le pagine dei codici legali democratici ad argine dei conflitti sociali. D’altronde, ciò che importa maggiormente sia all’ideologia fascista sia a quella statale (e quindi per estensione ad ogni forma di potere politico), è quello di veicolare tra le masse il messaggio dell’obbedienza all’autorità costituita, vera e propria chiave di volta di ogni pensiero totalitario. E per fare ciò, cosa c’è di meglio dell’infiltrazione e del mimetismo come vera e propria strategia politica? Sin dalle origini il fascismo ha sfruttato e utilizzato la confusione, il populismo, il mimetismo e l’entrismo in ambiti politici ideologicamente opposti. Se con una mano si atteggiava a strenuo difensore degli umili, con l’altra brandiva il bastone proprio contro questi ultimi, foraggiato ed armato da coloro che, a parole, diceva di voler combattere, la grande borghesia agraria ed industriale. Ed anche oggi, da parte del cosiddetto neofascismo, la strategia è sempre la stessa: da una parte si distribuisce pane nei quartieri popolari, si occupano case a favore dei senzatetto o si promuovono concerti punk-rock; dall’altra si auspicano lager e deportazioni, e si spranga e si accoltella, con la silente complicità delle forze di polizia, chi non la pensa allo stesso modo. Forme di mimetismo e populismo a cui non sono estranei altri movimenti il cui fine ultimo, alla fine della fiera, non è altro che la gestione e il controllo del potere politico in funzione antipopolare. Ed in effetti, per esempio, il tanto sbandierato valore della legalità, così apprezzato e propagandato anche da tanta parte della sinistra istituzionale, cos’altro non è se non una forma edulcorata e mimetica per veicolare tra i cittadini l’idea dell’obbedienza all’autorità costituita? Perché, in fin dei conti, ciò che importa è che nel mondo ci sia sempre qualcuno che comandi e qualcuno che ubbidisca, o, come si diceva una volta, chi sfrutta e chi è sfruttato.

Gruppo Anarchico
“Sesto Braccio”

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Augusto Consani, un sindacalista ricercato

da “Lotta di Classe”, n. 128

AUGUSTO CONSANI, IL SINDACALISTA RICERCATO

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Nel redigere la sua scheda segnaletica, il poliziotto incaricato annotò: «veste da operaio con ricercatezza» e questa eleganza di stile emerge anche dalla foto di gruppo che lo ritrae in occasione del congresso della Camera del Lavoro sindacale di Livorno, nel luglio 1921, dove indossa camicia bianca, una sottile cravatta e la paglietta “sulle ventitre”.

Un’apparenza scanzonata dietro cui vi era un’aspra realtà di lotta quotidiana: basti dire che in quel momento Augusto Consani era esponente di primo piano dell’USI, dell’anarchismo e degli arditi del popolo. Conoscere la sua vita, intensa e agra, e ricostruirne l’attività rivoluzionaria significa perciò entrare nella storia del conflitto di classe, non soltanto livornese, di cui fu protagonista per oltre mezzo secolo, pagando di persona le sue irriducibili scelte “di parte”.

Nato a Livorno nel 1883, figlio di Primo e Gemma Poggianti, a vent’anni era già schedato dalla polizia come anarchico pericoloso. Avendo iniziato presto a lavorare presso il pastificio del padre, aveva frequentato la scuola solo fino alla 3ª classe elementare, ma grazie all’impegno di autodidatta e alla passione per la lettura, gli stessi questurini annotarono che seppure «di scarsa cultura […] vi supplisce con una intelligenza abbastanza svegliata, con la facilità di parola e con un fine intuito superiore alla sua età».

Le prime “attenzioni” della locale questura risalgono all’ottobre 1903 con l’apertura presso il Casellario politico centrale del fascicolo a lui intestato, e nei primi mesi del 1904 viene incriminato per il suo impegno come fondatore e redattore del foglio anarchico «Il Seme» (nelle diverse varianti del titolo, per eludere gli obblighi di legge apparendo come “numeri unici”) di cui fu, assieme ad Amedeo Boschi e a Natale Moretti, appassionato animatore.

Esemplare il suo articolo Sull’anarchia («Il Progandista», 15 marzo 1908) in cui, con argomentazioni profonde sul delitto e la legge che riflettono il pensiero di Pietro Gori, sostiene l’idea della società anarchica come unica alternativa al crimine.

La sua prima condanna, a seguito della propaganda scritta da lui svolta, è di quattro mesi e undici mesi di reclusione, oltre ad un’ammenda di lire 72, per «apologia di reato ed eccitamento all’odio fra le classi sociali» a mezzo stampa.

Inoltre, viene arrestato e denunciato per oltraggio e minacce agli agenti della forza pubblica, in occasione del Primo Maggio del 1904, subendo un’immediata condanna a 41 giorni di reclusione e lire 100 di multa. Appena poche settimane prima, aveva “guadagnato” dalla giustizia militare pure un’imputazione per «ricettazione d’oggetti di vestiario militare e favoreggiamento nella diserzione di tre militari del 10° fanteria».

Questi provvedimenti repressivi saranno soltanto i primi di una lunga di serie di misure poliziesche e sentenze penali che segnarono la sua incessante attività politica e sindacale, ma anche una condanna per un grave fatto di sangue in cui si trovò disgraziatamente coinvolto: nel 1908 venne condannato a 9 anni di detenzione per ferimento, seguito da decesso, di tale Gallinari Corrado. Il fatto avvenne il 7 ottobre e, come ebbe a spiegare – dalla latitanza – lo stesso Consani in una lettera aperta pubblicata sulla «Gazzetta Livornese» dell’11/12 ottobre 1908, fu l’epilogo tragico di una discussione scoppiata in una fiaschetteria e degenerata in una colluttazione tra lui e la vittima, entrambi armati di coltello.

Aderente al gruppo anarchico “Né dio né padrone”, assieme a Francesco Di Cocco, Pio Coli, Anselmo Casarosa, Augusto Spagnoli e Ottorino Magnocci; nel 1907 risulta tra i fondatori dell’associazione anticlericale Giordano Bruno.

Nel marzo 1908, già sottoposto ad ammonizione, viene arrestato per resistenza e lesioni qualificate a pubblico ufficiale, contravvenzione al monito e uso di materie esplodenti nell’abitato. Tale vicenda apparve un’evidente montatura a suo danno. Sospettato infatti per una strana esplosione avvenuta nelle vicinanze della questura con sede in piazza Vittorio Emanuele, la polizia fece irruzione nella sua abitazione che si trovava a breve distanza. Nel corso della perquisizione, senza mandato, alla quale Consani oppose resistenza, gli agenti di questura, dopo aver percosso anche sua madre ammalata, sequestrarono opuscoli di propaganda, corrispondenze e materiali redazionali del periodico settimanale anarchico «Il Propagandista» di imminente pubblicazione (poi ugualmente uscito con la data 12 marzo 1908).

Inoltre, venne rinvenuta una modesta quantità di salnitro e polvere di carbone, componenti utili – assieme al potassio – per la fabbricazione della polvere nera.

Assai fondatamente, sul giornale del 5 aprile, veniva quindi osservato: «quale interesse aveva il Consani a esplodere una bomba in prossimità della questura e precisamente in via del Traforo, nel più povero quartiere di Livorno, abitato da gente tutta diseredata?».

Di fronte all’inconsistenza delle accuse, lo stesso tribunale assolse Consani per l’attentato, condannandolo a 2 mesi e 21 giorni di reclusione esclusivamente per resistenza e lesioni.

A fine novembre del 1913, dopo l’ennesimo periodo di detenzione, scontato presso il carcere di Pesaro, Consani decide di espatriare regolarmente in Francia, stabilendosi a Marsiglia sino al luglio 1916 quando ritorna in Italia.

Richiamato alle armi, invece di essere inviato al fronte – probabilmente per le convinzioni sovversive – viene assegnato ad un reggimento di fanteria di presidio a Genova.

Congedato nell’aprile 1919 e rientrato a Livorno, Consani riprende la militanza e assieme a Virgilio Caparrini, Alfredo Gherarducci e Gino Del Soldato, in rappresentanza della componente anarchica in seno alla Lega Proletaria degli ex-combattenti, firma una dichiarazione politica contraria al prevalere nell’organizzazione dell’orientamento elettoralistico, a sostegno del voto per il Partito socialista, rivendicando l’autonomia dell’organizzazione.

Nel periodo del Biennio Rosso, l’attività di Consani risulta quasi spasmodica: è segretario della Camera del lavoro sindacalista, aderente all’USI, con sede nel quartiere proletario della “Venezia” che giunge a contare un migliaio di lavoratrici e lavoratori iscritti di diversa tendenza politica (socialista, repubblicana, anarchica e comunista). Sul piano politico, aderisce all’Unione Anarchica livornese e, oltre ad essere uno dei principali redattori della nuova edizione del settimanale «Il Seme», è corrispondente del quotidiano «Umanità Nova».

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Per «Il Seme» Consani, oltre a svolgere opera di diffusione e raccolta fondi, scrive numerosi articoli, firmandosi talvolta con trasparenti pseudonimi, quali Giusto Anusanco o Sannico (ossia gli anagrammi del suo nome e cognome).

Nel febbraio 1920 è quindi tra gli organizzatori dello sciopero generale proclamato a Livorno per reclamare la liberazione di Errico Malatesta, al quale rimase poi legato da amicizia autentica.

In occasione delle elezioni, nel novembre 1920 è autore di un vivace articolo antielettorale e antiparlamentare dall’emblematico titolo Baraonda («Il Seminatore» del 6 novembre).

Nel luglio del 1921 è uno dei principali organizzatori delle sezione di Livorno degli Arditi del popolo e un rapporto di polizia lo ritiene a capo di una “squadra” ardito-popolare composta da novanta anarchici; per la sua lotta antifascista, Consani è più volte oggetto di aggressioni da parte di squadristi e forze dell’ordine.

Il 18 luglio 1921, alle due di notte, alla vigilia di uno sciopero generale, con la probabile connivenza delle guardie regie una squadra fascista fa irruzione nel Circolo libertario di Studi Sociali in via del Tempio, sede anche della redazione de «Il Seme», devastandolo. Nei locali del circolo era temporaneamente alloggiato Consani, ma gli squadristi non essendo riusciti a sorprenderlo, sfogarono la loro rabbia ferendo la sua compagna.

Il 25 marzo 1922, venne provocatoriamente fermato da quattro carabinieri in borghese che, non avendogli trovato addosso armi né la tessera degli arditi del popolo, lo denunciarono per oltraggio, facendolo condannare a 80 giorni di reclusione e lire 200 di multa.

Dopo tali aggressioni, Consani si trasferisce per motivi di sicurezza in un locale in via delle Lance, adiacente alla Camera sindacale del lavoro, e presso il suo domicilio verrà pure indicato il recapito della Commissione di corrispondenza della UAI.

Nel marzo 1925 viene arrestato (e detenuto a Pisa sino a giugno, dopo essere stato prosciolto) per favoreggiamento nell’evasione dal carcere di Volterra, avvenuta nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1924, dei sovversivi Oscar Scarselli, Giuseppe Parenti e Giovanni Urbani.

Nel giugno 1926 risulta essere in contatto con un gruppo di Milano – recapiti presso Giuseppe Conti e Cesare Bagni – e viene intercettata una sua lettera in cui è espressa contrarietà all’invio di delegati anarchici in Russia ove la società «è incardinata su codici i quali per essere rispettati necessitano di baionette e di galere». Infatti, dopo la costituzione di un Comitato giovanile per l’unità proletaria a cui partecipavano comunisti, anarchici e repubblicani, era stato deciso l’invio di una delegazione di giovani operai in Russia.

Come rivelano alcune lettere intercettate dalla polizia, in questo periodo Consani mantiene collegamenti anche con l’anarchismo romano e, in particolare, con Ettore Sottovia, Luigi Damiani e Malatesta. Dalla periodica relazione prefettizia, si ha conferma che «Augusto Consani ha ripreso l’attività di propaganda» ed è impegnato nella diffusione e la raccolta di sottoscrizioni a favore dei giornali anarchici «Il Conferenziere Libertario», «Fede!», «Vita» e «Parole nostre».

Nello stesso anno, secondo alcune fonti, avrebbe incontrato a Livorno l’anarchico Gino Lucetti prima che questi giungesse a Roma per attentare alla vita Mussolini l’11 settembre 1926, con la complicità di altri anarchici e di Vincenzo Baldazzi, ex-dirigente degli arditi del popolo.

Nel novembre seguente è tra i primi livornesi, assieme all’anarchico Virgilio Antonelli, ad essere condannato al confino; giunto a Lipari il 18 dicembre 1926, nel marzo 1927 viene liberato condizionalmente, in quanto ammalato gravemente di tubercolosi, contratta durante il servizio militare, e torna a Livorno.

Nel 1931, secondo le autorità di polizia Consani, nonostante le «condizioni di salute molto precarie» organizza e coordina assieme a Ugo Cagliata l’attività clandestina di tre gruppi anarchici rionali a Barriera Garibaldi, San Marco e Venezia.

Nel marzo 1933, è tra gli antifascisti, anarchici e comunisti, indagati per gli attentati esplosivi contro la caserma della Milizia e il Dopolavoro fascista del quartiere S. Marco, attuati per vendicare la morte del comunista Mario Camici in conseguenza della sua detenzione nelle malsane galere fasciste.

Nel 1934, su delazione dell’informatore Giuseppe Guelfi, la polizia ritiene che a Livorno si sia costituito un Comitato nazionale di agitazione anarchica facente capo a Consani ed esegue, vanamente, 23 perquisizioni presso le abitazioni di altrettanti sovversivi.

Nel 1938, l’anarchico livornese è oggetto di una grave diffamazione da parte del Pci che, nel n. 2 de «l’Unità», lo accusa infondatamente di essere una spia (forse confondendolo con tale Augusto Consani, infiltrato tra i socialisti), parimenti all’anarchico Ezio Taddei e a certo Petrini di Ancona effettivamente informatore dell’OVRA, presumibilmente con l’intenzione di mettere fuori gioco un militante anarchico che non accettava alcuna subalternità politica nei confronti dell’organizzazione comunista.

Nel 1939, un “fiduciario” segnala riunioni tra anarchici e comunisti che confermano le divergenze esistenti fra i due raggruppamenti a seguito della guerra di Spagna e che «gli anarchici di Livorno fanno pietà», in quanto quasi tutti i “vecchi” militanti sono confinati o sottoposti a rigida sorveglianza e, soprattutto, perché Consani risulta gravemente ammalato.

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In realtà la rete clandestina anarchica, con epicentro ad Ardenza, non è debellata e, nonostante lo stato di salute sempre più compromesso, Consani è strettamente vigilato sino al 1942, tra un ricovero in sanatorio e l’altro. Dopo la liberazione, partecipa al congresso fondativo della FAI a Carrara, come portavoce assieme a Amedeo Boschi del gruppo “Cittadini del Mondo” di Ardenza, frazione dove si era trasferito dal 1937, in via Oreste Franchini. Muore a Livorno, roso dal male, nel dicembre 1953 (sessant’anni fa) e «Umanità Nova» gli dedicherà due sentiti necrologi, uno dei quali firmato proprio dai compagni del gruppo ardenzino che vollero ricordarne «la coerenza, la costanza e la dedizione», quando «la prigione era l’unico onore che percepiva per il suo intervento nei conflitti tra capitale lavoro».

 

(a cura di marco rossi)

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Livorno 1903 – 1933: “Qualcuno guastò la festa”

Venerdì 6 dicembre ore 17:30

presso la Federazione Anarchica Livornese

in Via degli Asili 33, Livorno

Livorno 1903-1933: “Qualcuno guastò la festa”
UN TRENTENNIO DI AZIONE DIRETTA
Augusto Consani: anarchico, sindacalista, ardito del popolo

interverrà: Marco Rossi

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Da voi soli, sì da voi soli, o lavoratori, dipende la vostra emancipazione a mezzo di quell’azione diretta, che, scevra da ogni pregiudizio, abbatte qualunque tirannide e affratella tutti i lavoratori in una grande famiglia di liberi e di uguali.”
(Augusto Consani, 1908)

La storia delle lotte sociali e del sovversivismo livornese è storia di uomini e donne che si sono rivoltati non solo contro lo sfruttamento padronale, ma soprattutto contro la sottomissione della classe lavoratrice al potere dominante.
Donne e uomini che hanno rovesciato l’idea stessa di “classi subalterne”, dando vita a movimenti, lotte ed esperienze che rivoluzionavano da subito l’ordine del capitale, il dominio culturale della borghesia e la morale clericale.
Uno di questi protagonisti, di primissimo piano, è Augusto Consani (1883-1953): redattore di giornali libertari, sindacalista rivoluzionario, militante anarchico della Unione Anarchica Italiana, segretario della Camera del lavoro dell’Unione Sindacale Italiana, comandante degli Arditi del Popolo, oppositore e nemico del regime fascista. Attraverso la sua vita agra, in conflitto permanente con lo Stato, è possibile ripercorrere gli anni salienti della guerra sociale a Livorno: dagli scioperi dell’anteguerra all’occupazione delle fabbriche, dalle barricate antifasciste alla clandestinità.

A sessant’anni dalla sua scomparsa, ne parliamo assieme, per riprenderci la memoria collettiva di una città libera e ribelle.

 

 

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

 

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CORTEO ANTIFASCISTA A CARRARA

corteo carrara

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La Rivoluzione a fumetti: “La Rivoluzione russa in Ucraina. La vita di Nestor Makhno”

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All’interno della seconda edizione di COMBAT COMICS
presso il Teatrofficina Refugio

DOMENICA 1 DICEMBRE 0RE 19

LA RIVOLUZIONE A FUMETTI
“La Rivoluzione russa in Ucraina. La vita di Nestor Makhno”
di Jean Pierre Ducret

Presentano:

Tiziano Antonelli
(Federazione Anarchica Livornese)
E i compagni della Biblioteca Archivio Germinal di Carrara che hanno curato l’edizione italiana: Siro Nicolazzi e Riccardo Villari.

Dalle 19:00 alle 20:30 presso il Teatrofficina Refugio
sugli Scali del Refugio 8, Livorno

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INIZIATIVA-DIBATTITO: SOLIDARIETA’ CON IL MOVIMENTO NO MUOS

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Venerdì 29 novembre
presso la Federazione Anarchica Livornese
in Via degli Asili 33

ore 17:30
iniziativa/dibattito

Solidarietà con il movimento No-Muos
Interverrà il compagno Pippo Gurrieri, della Federazione Anarchica Siciliana, attivo nel Coordinamento NO-MUOS.

ore 20:30
apericena

a seguire
proiezione del video: “Come il fuoco sotto la brace”
sull’esperienza del movimento NO-MUOS a Niscemi

SOLIDARIETA’ AL MOVIMENTO NO MUOS!
Gli anarchici sostengono la lotta contro il MUOS

Il MUOS è un nuovo sistema satellitare di comunicazioni, sviluppato dal Dipartimento della Difesa statunitense, che servirà al collegamento di forze militari USA terrestri, aeree e navali in ogni parte del mondo. Il progetto prevede il lancio di quattro satelliti e la costruzione di quattro basi a terra, una di queste a Niscemi, in Sicilia. Da mesi un ampio movimento popolare porta avanti con decisione la lotta contro questa ennesima base di guerra.

La costruzione del trasmettitore, da parte della Marina USA, devasta un parco naturale, mentre l’eventuale attività del trasmettitore aumenterà il livello di emissioni elettromagnetiche estremamente nocive per la salute.

La costruzione di questo terminale confermerebbe ancora il ruolo della Sicilia come colonia militare e come nodo strategico per gli interventi di aggressione nel mediterraneo, come del resto già avviene da tempo con le numerose basi statunitensi, Sigonella e Augusta in testa, e con l’aeroporto militare di Trapani Birgi. La base MUOS porterà guerra, inquinamento e danni alla salute, militarizzazione del territorio e repressione, più soldi e potere alla mafia.

No al militarismo!

Sostenere il movimento No MUOS significa anche rilanciare la lotta contro il militarismo, la lotta per la riconversione dell’industria bellica, contro le spese militari, contro ogni guerra, contro le nuove installazioni militari. Significa lottare contro le politiche che attaccano la libertà e le condizioni di vita e di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori. La militarizzazione è lo strumento usato dal governo per imporre le politiche di austerità, la repressione dei movimenti di lotta passa ormai anche dall’impiego dell’esercito, come nel caso della Val di Susa, dove centinaia di soldati, assieme alle forze dell’ordine, occupano la valle in cui da vent’anni la popolazione si oppone alla costruzione della TAV.

I governanti si arrogano il diritto di decidere sulle nostre vite e sull’ambiente in cui viviamo: dal Nord al Sud, il movimento No TAV ed il movimento No MUOS ci mostrano come l’azione diretta e l’autorganizzazione delle popolazioni siano gli unici strumenti per fermare la devastazione ambientale ed i piani di guerra!

Collettivo Anarchico Libertario
Federazione Anarchica Livornese

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23/11 ore 17 Piazza Grande: Presidio antimilitarista in solidarietà con la lotta NO MUOS

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Livorno 23/11

ore 17 in Piazza Grande (angolo via Pieroni)

 presidio informativo antimilitarista e in solidarietà al movimento NO-MUOS

 

Gli anarchici sostengono la lotta contro il MUOS

Il MUOS è un nuovo sistema satellitare di comunicazioni, sviluppato dal Dipartimento della Difesa statunitense, che servirà al collegamento di forze militari USA terrestri, aeree e navali in ogni parte del mondo. Il progetto prevede il lancio di quattro satelliti e la costruzione di quattro basi a terra, una di queste a Niscemi, in Sicilia. Da mesi un ampio movimento popolare porta avanti con decisione la lotta contro questa ennesima base di guerra.

La costruzione del trasmettitore, da parte della Marina USA, devasta un parco naturale, mentre l’eventuale attività del trasmettitore aumenterà il livello di emissioni elettromagnetiche estremamente nocive per la salute.

La costruzione di questo terminale confermerebbe ancora il ruolo della Sicilia come colonia militare e come nodo strategico per gli interventi di aggressione nel mediterraneo, come del resto già avviene da tempo con le numerose basi statunitensi, Sigonella e Augusta in testa, e con l’aeroporto militare di Trapani Birgi. La base MUOS porterà guerra, inquinamento e danni alla salute, militarizzazione del territorio e repressione, più soldi e potere alla mafia.

No al militarismo!

Sostenere il movimento No MUOS significa anche rilanciare la lotta contro il militarismo, la lotta per la riconversione dell’industria bellica, contro le spese militari, contro ogni guerra, contro le nuove installazioni militari. Significa lottare contro le politiche che attaccano la libertà e le condizioni di vita e di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori. La militarizzazione è lo strumento usato dal governo per imporre le politiche di austerità, la repressione dei movimenti di lotta passa ormai anche dall’impiego dell’esercito, come nel caso della Val di Susa, dove centinaia di soldati, assieme alle forze dell’ordine, occupano la valle in cui da vent’anni la popolazione si oppone alla costruzione della TAV.

 

I governanti si arrogano il diritto di decidere sulle nostre vite e sull’ambiente in cui viviamo: dal Nord al Sud, il movimento No TAV ed il movimento No MUOS ci mostrano come l’azione diretta e l’autorganizzazione delle popolazioni siano gli unici strumenti per fermare la devastazione ambientale ed i piani di guerra!

Venerdì 29 novembre

presso la Federazione Anarchica Livornese

in Via degli Asili 33

ore 17:30

iniziativa/dibattito

Solidarietà con il movimento No-Muos

Interverrà  il compagno Pippo Gurrieri, della Federazione Anarchica Siciliana, attivo nel Coordinamento NO-MUOS.

 

ore 20:30

apericena

 

a seguire

proiezione del video: “Come il fuoco sotto la brace”

sull’esperienza del movimento NO-MUOS a Niscemi

 

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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Venerdì 15 ore 21.00 Circ.4: Incontro pubblico sulle acque nucleari del Cisam

da senzasoste.it

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La proprietà è il problema, l’anarchia la soluzione

Da “Umanità Nova” n.33, del 3 novembre 2013

Puoi acquistare il nuovo numero del settimanale anarchico presso le edicole di Piazza Garibaldi, Piazza Damiano Chiesa e di Piazza Grande (angolo Bar Sole), presso l’edicola Dharma Viale di Antignano 110, la Libreria Belforte in Via della Madonna e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33 (apertura ogni giovedì dalle 18 alle 20).

La proprietà è il problema,

l’anarchia la soluzione

La questione delle abitazioni

Gli sfratti esecutivi, il dramma dei senza casa, le occupazioni abitative sono i temi portati in piazza a Roma sabato 19 ottobre.

In piazza sono sfilati donne e uomini che vivono situazioni al limite della sopravvivenza, gettati fuori dalle proprie case, dai posti di lavoro, per i quali è un’offesa l’esibizione dell’opulenza fatta dai privilegiati, dalle classi dominanti, da chi continua ad arricchirsi alle loro spalle con la scusa della crisi. Su ognuna di queste persone il capitale stampa il timbro di insolvibile, improduttivo, non occupabile. E, attorno a loro, una pletora di politici, sindacalisti, uomini di governo che cercano di usare la loro rabbia per i propri fini di organizzazione.
L’incontro che ne è seguito, fra i movimenti per la casa e il ministro Lupi, dopo un’”acampada” che è stata definita a scadenza, come una mozzarella, ha mostrato ancora una volta l’incapacità delle trattative non dico a risolvere, ma neanche a mettere in piedi quei palliativi richiesti dai movimenti. L’incontro ha nuovamente mostrato l’assoluta sordità del Governo ad ogni sofferenza che vivono i ceti popolari; una sordità che stride se messa a confronto con la rapidità con cui si mette mano al pubblico erario per soddisfare gli appetiti della Chiesa, dei militari, delle grandi aziende e delle banche.
In realtà, la pratica di ogni giorno dimostra come sarebbe possibile, e facile, risolvere il problema della casa. Le occupazioni mostrano una realtà di immobili pubblici e privati abbandonati al degrado che, con le occupazioni e l’autogestione, tornano ad ospitare i cittadini sfrattati dalla società dello Stato e della proprietà privata.
La questione delle abitazioni dimostra che è la proprietà privata la principale causa del dramma delle abitazioni. Lo dimostra sia quando l’inquilino viene sfrattato dal padrone di casa, sia quando la rendita fondiaria e immobiliare assegna alle abitazioni un valore artificiale a seconda della loro localizzazione.
Il fatto che la classe operaia viva per lo più in abitazioni scadenti, strapiene e malsane è una condizione comune a tutte le classi oppresse d’ogni tempo. Per mettere fine a questa penuria di abitazioni, non vi è che un mezzo: abolire la proprietà privata e così eliminare lo sfruttamento e l’oppressione della classe lavoratrice da parte della classe dominante, e mettere le abitazioni a disposizione della collettività. Oggi assistiamo ad un particolare acutizzarsi delle già cattive condizioni abitative dei lavoratori, provocato dall’impossibilità di pagare i mutui delle proprie abitazioni, dall’improvviso afflusso demografico verso le grandi città; da qui l’aumento degli sfratti (gli sfratti esecutivi sono 125 mila in tutta Italia) e la penuria di case popolari.
Dove fallisce lo Stato, subentra l’azione diretta. Gli anarchici sono presenti in questo movimento, come in ogni realtà in lotta contro le sofferenze prodotte dalla società attuale, ma quello che voglio metter in evidenza è l’anarchia messa in pratica anche da chi anarchico non è, perché non la conosce o perché la combatte, perché rimane ancorato ad un’ideologia autoritaria.
C’è un bel dire, ma oggi le occupazioni rappresentano la soluzione immediata, possibile, facile appunto, di un dramma che vivono centinaia di migliaia di famiglie. E’ una soluzione che nega la proprietà privata dell’abitazione, è una soluzione che nega il compromesso, che nega la trattativa con il governo, locale o nazionale. E’ una soluzione che nega il metodo democratico, nella misura in cui la democrazia si basa appunto sulla proprietà privata, e nella misura in cui chi vive i drammi provocati dalla divisione in classi della società, non aspetta il pronunciamento di una maggioranza.
Uno dei tormentoni che i post-anarchici usano per criticare l’anarchismo è che sarebbe ideologico, incapace di confrontarsi con la realtà. Proprio la realtà del dramma della casa dimostra che i bersagli dell’anarchismo, la proprietà privata, il governo, sono le cause di questo dramma, mentre l’azione spontanea delle occupazioni dimostra che la pratica dell’anarchismo è l’unica capace di risolvere i problemi delle masse popolari. Ancora una volta i loro sofismi dottrinari vengono sconfitti dall’azione spontanea delle masse, che si orienta spontaneamente verso l’anarchismo comunista e rivoluzionario.
Ma questa lotta non è confinata solo nei libri o nell’azione spontanea delle masse. Gli anarchici da sempre si sono battuti per risolvere concretamente i problemi degli sfruttati, a partire dal problema della casa.
In ogni paese gli anarchici si sono organizzati per combattere gli sfratti, per rispondere con le occupazioni alla violenza della proprietà privata e dei suoi guardiani in divisa.
Un esempio significativo è quanto è avvenuto in Russia all’indomani della rivoluzione: mentre le altre sette socialiste, bolscevichi compresi, si preoccupavano di difendere la proprietà privata e raccomandavano ai soviet di attendere le decisioni di un futuro governo, più o meno rivoluzionario, gli anarchici mettevano in pratica i principi della rivoluzione, occupando le abitazioni sfitte, espropriando le ville e i grandi appartamenti dell’aristocrazia, dei capitalisti e dell’alta burocrazia zarista, e dividendoli fra i senza casa e chi abitava in condizioni disagiate. Di fronte al diffondersi delle occupazioni, e alla simpatia che ne veniva agli anarchici, il governo provvisorio bolscevico, dopo aver tentato invano di fare appello alla disciplina, è stato costretto a far propria questa pratica, ingabbiandola poi in una ragnatela burocratica. Questo atteggiamento dei bolscevichi non nasceva da una particolare cattiveria, da un particolare autoritarismo di quella formazione politica, ma era già scritto nei principi dei fondatori del marxismo.
Federico Engels si è occupato più volte della questione delle abitazioni; a lui si deve sia la descrizione delle condizioni materiali in cui viveva la classe operaia dell’Ottocento, sia l’analisi della cause capitalistiche della penuria delle abitazioni, sia la critica dei palliativi piccolo-borghesi; ma quando dalla critica si tratta di scendere alla soluzione pratica, tutta la sua scienza si risolve in queste semplici frasi: “già fin d’ora nelle grandi città esistono edifici destinati ad abitazioni in numero sufficiente per rimediare, con un uso razionale delle medesime, ad ogni reale “penuria” d’abitazioni. Ciò, naturalmente, può avvenire solo mediante l’esproprio dei proprietari attuali, ovvero assegnando le loro case ai lavoratori senza tetto o oltremodo sovraffollati nelle loro abitazioni attuali; non appena il proletariato avrà conquistato il potere politico, un simile provvedimento, imposto dal pubblico bene, sarà facilmente attuato, al pari di altri espropri e di altre assegnazioni compiute dallo Stato medesimo.” (F. Engels “La questione delle abitazioni”).
Il nostro teorico individua sì che “già fin d’ora” esistono abitazioni sufficienti; riconosce necessario l’esproprio dei proprietari attuali, ma lo rimanda a “non appena” il proletariato avrà conquistato il potere politico; e scrive queste cose nel 1872! Quanto è lungo questo “non appena”? Chi se la sente di proporre agli sfrattati, ai senza casa di aspettare la conquista del potere politico e ai mirabolanti decreti del governo operaio, per dar corso alle occupazioni, all’esproprio di fatto degli attuali proprietari, alla messa in discussione della proprietà privata?

Tiziano Antonelli

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Perquisizioni Ex Mutua Occupata: Manifestazione cittadina sabato 9 novembre ore 17 Piazza Cavour

da senzasoste.it

Manifestazione cittadina sabato 9 novembre ore 17 Piazza Cavour

Martedì 5 novembre un numero spropositato di agenti di polizia e carabinieri hanno fatto irruzione all’interno dell’ex Usl occupata in Via Ernesto Rossi.
Un’operazione mai vista in città che ha interessato circa 100 poliziotti, vigili urbani, tecnici dell’Usl e vigili del fuoco e che ha visto un intero quartiere militarizzato per diverse ore.
La struttura, famiglie comprese, e stata tenuta in ostaggio fino alle 13.
L’ex Usl è diventatati in solo un anno una delle strutture più attive in città. Una sperimentazione di lotta e autogestione dal basso che non ha precedenti.
Oltre ad ospitare 14 famiglie sfrattate lo scorso anno per morosità incolpevole all’interno è nato un centro riuso e riciclo , progettato insieme ai consulenti del comune di Capannori, un piccolo mercatino dell’usato, un ostello della gioventù che ha ospitato numerosi turisti anche stranieri e un consultorio medico popolare che con l’ausilio di professionisti qualificati cerca di sopperire alle mancanze di una sanità sempre più privatizzata ed assente.
La procura e le forze dell’ordine hanno deciso di mettere a tacere con la forza questa importante esperienza di lotta e solidarietà.
Per questo motivo chiediamo la solidarietà di tutti i cittadini e le cittadine livornesi e non, che in questi mesi hanno frequentato la struttura e hanno avuto modo di apprezzare il nostro lavoro. Chiediamo la solidarietà a tutti i cittadini a cui stanno a cuore la sorti della nostra città.

Perché il comune si faccia avanti chiedendo il comodato gratuito per la struttura

Perché esistono decine di immobili sfitti ,anche comunali, che potrebbero essere riutilizzati per scopi sociali e abitativi.

Perché invece di spendere migliaia di euro in operazioni “di guerra” come quelle di martedì si lavori contro la disoccupazione e per il reddito garantito. Si porti avanti una vera politica abitativa e contro le inutili speculazioni.

Manifestazione cittadina sabato 9 novembre ore 17 Piazza Cavour

Comitato diritto all’abitare Ex Caserma Occupata
Comitato Livornese disoccupati e precari
Centro riuso e riciclo
Ostello della gioventù autogestito
Consultorio medico popolare
Exmutua Occupata Livorno
Bsa Toscana Livorno

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