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Refugees Welcome: storie di migrazione tra italia e germania

Riceviamo e pubblichiamo un contributo del gruppo “Refugees Welcome” di Bonn, Germania.

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Con questo testo vogliamo informarvi a proposito della condizione effettiva di tre persone, un caso che è un esempio di una situazione più diffusa. In aprile tre rifugiati originari della Nigeria sono arrivati a Bonn. Con il nostro gruppo “Refugees Welcome” (Bonn) e con l’aiuto di singoli impegnati abbiamo potuto e possiamo ancora sostenerli. Ma la situazione di Mohammed, Sabi e Obinna è ancora incerta e molto difficile. Anche se abbiamo trovato loro una stanza per un periodo limitato, loro non hanno ancora ottenuto alcun sostegno dallo stato. Riescono a vivere grazie a quello che raccolgono volontari e donatori privati.

 Questo è molto importante per stimolare la pressione dell’opinione pubblica e per denunciare questo caso come esempio della politica di asilo dell’Unione Europea e spingere verso un cambiamento. Queste tre persone non sono in alcun modo un caso isolato. Essi fanno parte delle centinaia di rifugiati senza casa presenti in Germania.

 In Nigeria dal 2007 la guerra in corso tra la milizia islamica radicale di Boko Haram e l’esercito nigeriano ha provocato numerose vittime civili. Questo è il caso di Mohammed, Sabi e Obinna: sono dovuti fuggire perché non volevano unirsi a Boko Haram e lo stato nigeriano non garantiva loro alcuna protezione. Come in quasi ogni triste storia di rifugiati essi non hanno solo perso beni e averi, ma anche parenti.

 Sono volati in Libia dove hanno trovato lavoro e hanno potuto sostenere le proprie famiglie inviando loro denaro. Ma quando nel 2011 anche in Libia è scoppiata la guerra civile e la NATO ha bombardato il paese, sono stati catturati insieme con migliaia di altri migranti. Sono stati derubati, picchiati, infilati in piccole barche e mandati in mare. Quelli che sono sopravvissuti al viaggio sono stati detenuti sull’isola italiana di Lampedusa.

 Un vero e proprio stato di asilo è stato loro rifiutato, hanno solo ottenuto un “permesso di soggiorno per motivi umanitari” e sono stati spediti sul continente. Questo status è temporaneo e le deportazioni sono in corso. Non c’è chiarezza sui termini e le ragioni di un rifiuto dell’asilo. C’è scarsa informazione sui diritti e pochi sanno che si può ricorrere in giudizio contro le deportazioni. Il lavoro offerto ai rifugiati è paragonabile allo schiavismo ed ospitarli è vietato. In Italia le condizioni sono orribili, apertamente razziste e degradanti, comunque questo non significa che i rifugiati in Germania siano trattati generosamente.

Fino all’aprile del 2013 sono vissuti i italia in centri collettivi, che garantivano appena cibo e cure mediche. Infine questi spazi sono stati chiusi. Hanno avuto 500 euro in contanti e come a circa 25000 altri rifugiati che si trovavano alla deriva, è stato detto di lasciare l’Italia e trovare un posto migliore al nord, utilizzando i 500 euro come un capitale di base per persone senza fissa dimora e senza possibilità. Con il titolo di soggiorno e un visto per turismo per tre mesi è legale muoversi in tutta Europa. Ma questo significa davvero solo “movimento”. Infatti non vi è ancora alcun sostegno pubblico, non c’è permesso di lavoro e asilo in qualsiasi paese europeo.

 Ovviamente è una tattica dello stato italiano quella di far muovere verso altri paesi europei i rifugiati che presto o tardi sarebbero diventati illegali. L’Italia semplicemente non vuole occuparsene. Ma non è solo colpa dell’Italia: gli stati europei hanno volontariamente preparato questa situazione, prima fra tutti la Germania, ed ora nessuno si sente responsabile o anche solo pensa ad intervenire in qualche modo. Per il governo tedesco è chiaro che l’Italia è responsabile e vorrebbe che tutti i rifugiati fossero deportati nuovamente in Italia. Là tutto ricomincerebbe da capo: situazione di abbandono, povertà, sempre minacciati dal razzismo e da una ulteriore deportazione verso paesi dove le loro vite sono sotto diretta minaccia.

 Noi chiediamo adeguate soluzioni abitative e sicuri titoli di soggiorno per i nostri tre amici, per creare un precedente e poter aiutare persone in situazioni simili. In questo momento stiamo raccogliendo denaro e siamo già andati in giudizio diverse volte.

Ma come gruppo organizzato in una rete locale di antiautoritari non vogliamo parlare a nome di altri o dire cosa fare. Raccontando le loro storie ed aiutandoli in questo modo speriamo di sostenere lo sviluppo dell’autorganizzazione degli sfruttati.

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La polizia reprime l’azione degli anarchici cubani

da: http://federazioneanarchica.org/archivio/20131203cri.html

Comunicato diffuso dalla Commissione di Relazioni Internazionali della Federazione Anarchica Italiana

La polizia reprime l’azione degli anarchici cubani
A Cuba, la repressione di stato contro gli oppositori sta aumentando. A Cuba gli anarchici stanno lottando per disvelare la funzione della nuova riforma del mondo del lavoro imposta dal governo, progettata per spianare la strada ad un nuovo modello statale, da stato comunista-capitalista a stato capitalista-liberale.

I nostri compagni anarchici sono stati arrestati, detenuti e licenziati a causa delle loro prese di posizione. Nel l’ultimo periodo, i membri anarchici di Observatorio Critico sono stati minacciati perché continuano a discutere pubblicamente e a denunciare le conseguenze di queste riforme.

Domenica 29 settembre 2013 per esempio, 13 compagni hanno lottato per esprimere queste posizioni nel parco di El Curita. La polizia è intervenuta impedendo la discussione. Il Partito Comunista e l’Unione dei Lavoratori di Cuba hanno sollecitato pubblici dibattiti, ma solo nei luoghi di lavoro controllati delle istituzioni statali e delle sezioni sindacali.

Un compagno, Isbel Díaz Torres, è stato arrestato. I poliziotti gli hanno riferito che non permetteranno alcuna attività controrivoluzionaria. E’ chiaro quanto siano differenti i due concetti di rivoluzione : quella della polizia e dello stato che mira a dare continuità all’esercizio del potere, e quella dei compagni che cerca di liberare e socializzare la capacità di autogestione popolare. Un altro compagno, Jimmy Roque, è stato recentemente licenziato.

Queste intimidazioni e l’uso di metodi repressivi devono essere denunciati. Faremo del nostro meglio per aiutare i nostri compagni cubani che stanno affrontando la lotta, sostenendo la loro ricerca della “rivoluzione nella rivoluzione”.

INTERNAZIONALE DELLE FEDERAZIONE ANARCHICHE (IFA)
2 dicembre 2013

Versione in francese ed in portoghese su: http://i-f-a.org/index.php/it/istruzione/416-la-policia-entraba-la-accion-y-reflexion-de-los-anarquistas-en-cuba

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CORTEO ANTIFASCISTA A CARRARA

CARRARA – 14 DICEMBRE 2013 – PIAZZA DELLE ERBE – ORE 14.30
E’ SEMPRE L’ORA DI RESISTERE!È sempre l’ora di resistere, perché il fascismo non è scomparso all’indomani del 25 aprile 1945. Anzi, proprio a partire da quella data ha preso l’avvio una costante strategia d’infiltrazione, evidentemente favorita dalle stesse strutture di potere, che ha fatto sì che l’ideologia fascista potesse radicarsi nuovamente all’interno della società civile italiana. Se, come asseriva qualcuno, non esistono poteri buoni, non bisogna quindi meravigliarsi se la cosiddetta Repubblica Democratica italiana sorta dalla Resistenza abbia in realtà ben presto fatto proprie le principali idee e metodologie di coloro che asseriva e vantava di aver combattuto e vinto. E se è vero che la logica fascista di controllo, autoritarismo e persecuzione del dissenso si può ritrovare in svariati aspetti di ogni tipo di Stato e delle sue emanazioni (dalla militarizzazione dei territori, all’emarginazione del dissenso politico; dal capillare controllo poliziesco, alla creazione del consenso), c’è da dire che in Italia, favorita anche dalla idea guida della cosiddetta “pacificazione”, si è avuto addirittura un vero e proprio travaso di elementi fascisti all’interno dei “nuovi” apparati istituzionali democratici. Dalla riaffermazione dei prefetti del passato regime (dei 109 prefetti fascisti in carica prima dell’8 settembre 1943, ben 105 furono reintegrati allo scadere del 1945), alla amnistia Togliatti del ’46 (salutata nelle aule di tribunale da trionfali saluti romani da parte dei gerarchi e camerati amnistiati), fino al pieno reintegro nei ruoli di polizia e nei comandi dell’esercito dei precedenti funzionari fascisti, si può ben dire che in Italia il fascismo ha potuto largamente e tranquillamente proseguire il suo cammino sotto spoglie più subdole e meschine. E non bisogna certo dimenticarsi del famigerato Codice Rocco del 1933, che ha introdotto nel codice penale, tra gli altri, strumenti di repressione come i “fogli di via” (oggi tornati drasticamente in voga), o il reato di “devastazione e saccheggio” (anch’esso ampliamente utilizzato dalla magistratura ai giorni nostri), codice mai abolito ma anzi gelosamente conservato tra le pagine dei codici legali democratici ad argine dei conflitti sociali. D’altronde, ciò che importa maggiormente sia all’ideologia fascista sia a quella statale (e quindi per estensione ad ogni forma di potere politico), è quello di veicolare tra le masse il messaggio dell’obbedienza all’autorità costituita, vera e propria chiave di volta di ogni pensiero totalitario. E per fare ciò, cosa c’è di meglio dell’infiltrazione e del mimetismo come vera e propria strategia politica? Sin dalle origini il fascismo ha sfruttato e utilizzato la confusione, il populismo, il mimetismo e l’entrismo in ambiti politici ideologicamente opposti. Se con una mano si atteggiava a strenuo difensore degli umili, con l’altra brandiva il bastone proprio contro questi ultimi, foraggiato ed armato da coloro che, a parole, diceva di voler combattere, la grande borghesia agraria ed industriale. Ed anche oggi, da parte del cosiddetto neofascismo, la strategia è sempre la stessa: da una parte si distribuisce pane nei quartieri popolari, si occupano case a favore dei senzatetto o si promuovono concerti punk-rock; dall’altra si auspicano lager e deportazioni, e si spranga e si accoltella, con la silente complicità delle forze di polizia, chi non la pensa allo stesso modo. Forme di mimetismo e populismo a cui non sono estranei altri movimenti il cui fine ultimo, alla fine della fiera, non è altro che la gestione e il controllo del potere politico in funzione antipopolare. Ed in effetti, per esempio, il tanto sbandierato valore della legalità, così apprezzato e propagandato anche da tanta parte della sinistra istituzionale, cos’altro non è se non una forma edulcorata e mimetica per veicolare tra i cittadini l’idea dell’obbedienza all’autorità costituita? Perché, in fin dei conti, ciò che importa è che nel mondo ci sia sempre qualcuno che comandi e qualcuno che ubbidisca, o, come si diceva una volta, chi sfrutta e chi è sfruttato.

Gruppo Anarchico
“Sesto Braccio”

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Augusto Consani, un sindacalista ricercato

da “Lotta di Classe”, n. 128

AUGUSTO CONSANI, IL SINDACALISTA RICERCATO

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Nel redigere la sua scheda segnaletica, il poliziotto incaricato annotò: «veste da operaio con ricercatezza» e questa eleganza di stile emerge anche dalla foto di gruppo che lo ritrae in occasione del congresso della Camera del Lavoro sindacale di Livorno, nel luglio 1921, dove indossa camicia bianca, una sottile cravatta e la paglietta “sulle ventitre”.

Un’apparenza scanzonata dietro cui vi era un’aspra realtà di lotta quotidiana: basti dire che in quel momento Augusto Consani era esponente di primo piano dell’USI, dell’anarchismo e degli arditi del popolo. Conoscere la sua vita, intensa e agra, e ricostruirne l’attività rivoluzionaria significa perciò entrare nella storia del conflitto di classe, non soltanto livornese, di cui fu protagonista per oltre mezzo secolo, pagando di persona le sue irriducibili scelte “di parte”.

Nato a Livorno nel 1883, figlio di Primo e Gemma Poggianti, a vent’anni era già schedato dalla polizia come anarchico pericoloso. Avendo iniziato presto a lavorare presso il pastificio del padre, aveva frequentato la scuola solo fino alla 3ª classe elementare, ma grazie all’impegno di autodidatta e alla passione per la lettura, gli stessi questurini annotarono che seppure «di scarsa cultura […] vi supplisce con una intelligenza abbastanza svegliata, con la facilità di parola e con un fine intuito superiore alla sua età».

Le prime “attenzioni” della locale questura risalgono all’ottobre 1903 con l’apertura presso il Casellario politico centrale del fascicolo a lui intestato, e nei primi mesi del 1904 viene incriminato per il suo impegno come fondatore e redattore del foglio anarchico «Il Seme» (nelle diverse varianti del titolo, per eludere gli obblighi di legge apparendo come “numeri unici”) di cui fu, assieme ad Amedeo Boschi e a Natale Moretti, appassionato animatore.

Esemplare il suo articolo Sull’anarchia («Il Progandista», 15 marzo 1908) in cui, con argomentazioni profonde sul delitto e la legge che riflettono il pensiero di Pietro Gori, sostiene l’idea della società anarchica come unica alternativa al crimine.

La sua prima condanna, a seguito della propaganda scritta da lui svolta, è di quattro mesi e undici mesi di reclusione, oltre ad un’ammenda di lire 72, per «apologia di reato ed eccitamento all’odio fra le classi sociali» a mezzo stampa.

Inoltre, viene arrestato e denunciato per oltraggio e minacce agli agenti della forza pubblica, in occasione del Primo Maggio del 1904, subendo un’immediata condanna a 41 giorni di reclusione e lire 100 di multa. Appena poche settimane prima, aveva “guadagnato” dalla giustizia militare pure un’imputazione per «ricettazione d’oggetti di vestiario militare e favoreggiamento nella diserzione di tre militari del 10° fanteria».

Questi provvedimenti repressivi saranno soltanto i primi di una lunga di serie di misure poliziesche e sentenze penali che segnarono la sua incessante attività politica e sindacale, ma anche una condanna per un grave fatto di sangue in cui si trovò disgraziatamente coinvolto: nel 1908 venne condannato a 9 anni di detenzione per ferimento, seguito da decesso, di tale Gallinari Corrado. Il fatto avvenne il 7 ottobre e, come ebbe a spiegare – dalla latitanza – lo stesso Consani in una lettera aperta pubblicata sulla «Gazzetta Livornese» dell’11/12 ottobre 1908, fu l’epilogo tragico di una discussione scoppiata in una fiaschetteria e degenerata in una colluttazione tra lui e la vittima, entrambi armati di coltello.

Aderente al gruppo anarchico “Né dio né padrone”, assieme a Francesco Di Cocco, Pio Coli, Anselmo Casarosa, Augusto Spagnoli e Ottorino Magnocci; nel 1907 risulta tra i fondatori dell’associazione anticlericale Giordano Bruno.

Nel marzo 1908, già sottoposto ad ammonizione, viene arrestato per resistenza e lesioni qualificate a pubblico ufficiale, contravvenzione al monito e uso di materie esplodenti nell’abitato. Tale vicenda apparve un’evidente montatura a suo danno. Sospettato infatti per una strana esplosione avvenuta nelle vicinanze della questura con sede in piazza Vittorio Emanuele, la polizia fece irruzione nella sua abitazione che si trovava a breve distanza. Nel corso della perquisizione, senza mandato, alla quale Consani oppose resistenza, gli agenti di questura, dopo aver percosso anche sua madre ammalata, sequestrarono opuscoli di propaganda, corrispondenze e materiali redazionali del periodico settimanale anarchico «Il Propagandista» di imminente pubblicazione (poi ugualmente uscito con la data 12 marzo 1908).

Inoltre, venne rinvenuta una modesta quantità di salnitro e polvere di carbone, componenti utili – assieme al potassio – per la fabbricazione della polvere nera.

Assai fondatamente, sul giornale del 5 aprile, veniva quindi osservato: «quale interesse aveva il Consani a esplodere una bomba in prossimità della questura e precisamente in via del Traforo, nel più povero quartiere di Livorno, abitato da gente tutta diseredata?».

Di fronte all’inconsistenza delle accuse, lo stesso tribunale assolse Consani per l’attentato, condannandolo a 2 mesi e 21 giorni di reclusione esclusivamente per resistenza e lesioni.

A fine novembre del 1913, dopo l’ennesimo periodo di detenzione, scontato presso il carcere di Pesaro, Consani decide di espatriare regolarmente in Francia, stabilendosi a Marsiglia sino al luglio 1916 quando ritorna in Italia.

Richiamato alle armi, invece di essere inviato al fronte – probabilmente per le convinzioni sovversive – viene assegnato ad un reggimento di fanteria di presidio a Genova.

Congedato nell’aprile 1919 e rientrato a Livorno, Consani riprende la militanza e assieme a Virgilio Caparrini, Alfredo Gherarducci e Gino Del Soldato, in rappresentanza della componente anarchica in seno alla Lega Proletaria degli ex-combattenti, firma una dichiarazione politica contraria al prevalere nell’organizzazione dell’orientamento elettoralistico, a sostegno del voto per il Partito socialista, rivendicando l’autonomia dell’organizzazione.

Nel periodo del Biennio Rosso, l’attività di Consani risulta quasi spasmodica: è segretario della Camera del lavoro sindacalista, aderente all’USI, con sede nel quartiere proletario della “Venezia” che giunge a contare un migliaio di lavoratrici e lavoratori iscritti di diversa tendenza politica (socialista, repubblicana, anarchica e comunista). Sul piano politico, aderisce all’Unione Anarchica livornese e, oltre ad essere uno dei principali redattori della nuova edizione del settimanale «Il Seme», è corrispondente del quotidiano «Umanità Nova».

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Per «Il Seme» Consani, oltre a svolgere opera di diffusione e raccolta fondi, scrive numerosi articoli, firmandosi talvolta con trasparenti pseudonimi, quali Giusto Anusanco o Sannico (ossia gli anagrammi del suo nome e cognome).

Nel febbraio 1920 è quindi tra gli organizzatori dello sciopero generale proclamato a Livorno per reclamare la liberazione di Errico Malatesta, al quale rimase poi legato da amicizia autentica.

In occasione delle elezioni, nel novembre 1920 è autore di un vivace articolo antielettorale e antiparlamentare dall’emblematico titolo Baraonda («Il Seminatore» del 6 novembre).

Nel luglio del 1921 è uno dei principali organizzatori delle sezione di Livorno degli Arditi del popolo e un rapporto di polizia lo ritiene a capo di una “squadra” ardito-popolare composta da novanta anarchici; per la sua lotta antifascista, Consani è più volte oggetto di aggressioni da parte di squadristi e forze dell’ordine.

Il 18 luglio 1921, alle due di notte, alla vigilia di uno sciopero generale, con la probabile connivenza delle guardie regie una squadra fascista fa irruzione nel Circolo libertario di Studi Sociali in via del Tempio, sede anche della redazione de «Il Seme», devastandolo. Nei locali del circolo era temporaneamente alloggiato Consani, ma gli squadristi non essendo riusciti a sorprenderlo, sfogarono la loro rabbia ferendo la sua compagna.

Il 25 marzo 1922, venne provocatoriamente fermato da quattro carabinieri in borghese che, non avendogli trovato addosso armi né la tessera degli arditi del popolo, lo denunciarono per oltraggio, facendolo condannare a 80 giorni di reclusione e lire 200 di multa.

Dopo tali aggressioni, Consani si trasferisce per motivi di sicurezza in un locale in via delle Lance, adiacente alla Camera sindacale del lavoro, e presso il suo domicilio verrà pure indicato il recapito della Commissione di corrispondenza della UAI.

Nel marzo 1925 viene arrestato (e detenuto a Pisa sino a giugno, dopo essere stato prosciolto) per favoreggiamento nell’evasione dal carcere di Volterra, avvenuta nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1924, dei sovversivi Oscar Scarselli, Giuseppe Parenti e Giovanni Urbani.

Nel giugno 1926 risulta essere in contatto con un gruppo di Milano – recapiti presso Giuseppe Conti e Cesare Bagni – e viene intercettata una sua lettera in cui è espressa contrarietà all’invio di delegati anarchici in Russia ove la società «è incardinata su codici i quali per essere rispettati necessitano di baionette e di galere». Infatti, dopo la costituzione di un Comitato giovanile per l’unità proletaria a cui partecipavano comunisti, anarchici e repubblicani, era stato deciso l’invio di una delegazione di giovani operai in Russia.

Come rivelano alcune lettere intercettate dalla polizia, in questo periodo Consani mantiene collegamenti anche con l’anarchismo romano e, in particolare, con Ettore Sottovia, Luigi Damiani e Malatesta. Dalla periodica relazione prefettizia, si ha conferma che «Augusto Consani ha ripreso l’attività di propaganda» ed è impegnato nella diffusione e la raccolta di sottoscrizioni a favore dei giornali anarchici «Il Conferenziere Libertario», «Fede!», «Vita» e «Parole nostre».

Nello stesso anno, secondo alcune fonti, avrebbe incontrato a Livorno l’anarchico Gino Lucetti prima che questi giungesse a Roma per attentare alla vita Mussolini l’11 settembre 1926, con la complicità di altri anarchici e di Vincenzo Baldazzi, ex-dirigente degli arditi del popolo.

Nel novembre seguente è tra i primi livornesi, assieme all’anarchico Virgilio Antonelli, ad essere condannato al confino; giunto a Lipari il 18 dicembre 1926, nel marzo 1927 viene liberato condizionalmente, in quanto ammalato gravemente di tubercolosi, contratta durante il servizio militare, e torna a Livorno.

Nel 1931, secondo le autorità di polizia Consani, nonostante le «condizioni di salute molto precarie» organizza e coordina assieme a Ugo Cagliata l’attività clandestina di tre gruppi anarchici rionali a Barriera Garibaldi, San Marco e Venezia.

Nel marzo 1933, è tra gli antifascisti, anarchici e comunisti, indagati per gli attentati esplosivi contro la caserma della Milizia e il Dopolavoro fascista del quartiere S. Marco, attuati per vendicare la morte del comunista Mario Camici in conseguenza della sua detenzione nelle malsane galere fasciste.

Nel 1934, su delazione dell’informatore Giuseppe Guelfi, la polizia ritiene che a Livorno si sia costituito un Comitato nazionale di agitazione anarchica facente capo a Consani ed esegue, vanamente, 23 perquisizioni presso le abitazioni di altrettanti sovversivi.

Nel 1938, l’anarchico livornese è oggetto di una grave diffamazione da parte del Pci che, nel n. 2 de «l’Unità», lo accusa infondatamente di essere una spia (forse confondendolo con tale Augusto Consani, infiltrato tra i socialisti), parimenti all’anarchico Ezio Taddei e a certo Petrini di Ancona effettivamente informatore dell’OVRA, presumibilmente con l’intenzione di mettere fuori gioco un militante anarchico che non accettava alcuna subalternità politica nei confronti dell’organizzazione comunista.

Nel 1939, un “fiduciario” segnala riunioni tra anarchici e comunisti che confermano le divergenze esistenti fra i due raggruppamenti a seguito della guerra di Spagna e che «gli anarchici di Livorno fanno pietà», in quanto quasi tutti i “vecchi” militanti sono confinati o sottoposti a rigida sorveglianza e, soprattutto, perché Consani risulta gravemente ammalato.

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In realtà la rete clandestina anarchica, con epicentro ad Ardenza, non è debellata e, nonostante lo stato di salute sempre più compromesso, Consani è strettamente vigilato sino al 1942, tra un ricovero in sanatorio e l’altro. Dopo la liberazione, partecipa al congresso fondativo della FAI a Carrara, come portavoce assieme a Amedeo Boschi del gruppo “Cittadini del Mondo” di Ardenza, frazione dove si era trasferito dal 1937, in via Oreste Franchini. Muore a Livorno, roso dal male, nel dicembre 1953 (sessant’anni fa) e «Umanità Nova» gli dedicherà due sentiti necrologi, uno dei quali firmato proprio dai compagni del gruppo ardenzino che vollero ricordarne «la coerenza, la costanza e la dedizione», quando «la prigione era l’unico onore che percepiva per il suo intervento nei conflitti tra capitale lavoro».

 

(a cura di marco rossi)

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Livorno 1903 – 1933: “Qualcuno guastò la festa”

Venerdì 6 dicembre ore 17:30

presso la Federazione Anarchica Livornese

in Via degli Asili 33, Livorno

Livorno 1903-1933: “Qualcuno guastò la festa”
UN TRENTENNIO DI AZIONE DIRETTA
Augusto Consani: anarchico, sindacalista, ardito del popolo

interverrà: Marco Rossi

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Da voi soli, sì da voi soli, o lavoratori, dipende la vostra emancipazione a mezzo di quell’azione diretta, che, scevra da ogni pregiudizio, abbatte qualunque tirannide e affratella tutti i lavoratori in una grande famiglia di liberi e di uguali.”
(Augusto Consani, 1908)

La storia delle lotte sociali e del sovversivismo livornese è storia di uomini e donne che si sono rivoltati non solo contro lo sfruttamento padronale, ma soprattutto contro la sottomissione della classe lavoratrice al potere dominante.
Donne e uomini che hanno rovesciato l’idea stessa di “classi subalterne”, dando vita a movimenti, lotte ed esperienze che rivoluzionavano da subito l’ordine del capitale, il dominio culturale della borghesia e la morale clericale.
Uno di questi protagonisti, di primissimo piano, è Augusto Consani (1883-1953): redattore di giornali libertari, sindacalista rivoluzionario, militante anarchico della Unione Anarchica Italiana, segretario della Camera del lavoro dell’Unione Sindacale Italiana, comandante degli Arditi del Popolo, oppositore e nemico del regime fascista. Attraverso la sua vita agra, in conflitto permanente con lo Stato, è possibile ripercorrere gli anni salienti della guerra sociale a Livorno: dagli scioperi dell’anteguerra all’occupazione delle fabbriche, dalle barricate antifasciste alla clandestinità.

A sessant’anni dalla sua scomparsa, ne parliamo assieme, per riprenderci la memoria collettiva di una città libera e ribelle.

 

 

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

 

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CORTEO ANTIFASCISTA A CARRARA

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La Rivoluzione a fumetti: “La Rivoluzione russa in Ucraina. La vita di Nestor Makhno”

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All’interno della seconda edizione di COMBAT COMICS
presso il Teatrofficina Refugio

DOMENICA 1 DICEMBRE 0RE 19

LA RIVOLUZIONE A FUMETTI
“La Rivoluzione russa in Ucraina. La vita di Nestor Makhno”
di Jean Pierre Ducret

Presentano:

Tiziano Antonelli
(Federazione Anarchica Livornese)
E i compagni della Biblioteca Archivio Germinal di Carrara che hanno curato l’edizione italiana: Siro Nicolazzi e Riccardo Villari.

Dalle 19:00 alle 20:30 presso il Teatrofficina Refugio
sugli Scali del Refugio 8, Livorno

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INIZIATIVA-DIBATTITO: SOLIDARIETA’ CON IL MOVIMENTO NO MUOS

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Venerdì 29 novembre
presso la Federazione Anarchica Livornese
in Via degli Asili 33

ore 17:30
iniziativa/dibattito

Solidarietà con il movimento No-Muos
Interverrà il compagno Pippo Gurrieri, della Federazione Anarchica Siciliana, attivo nel Coordinamento NO-MUOS.

ore 20:30
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a seguire
proiezione del video: “Come il fuoco sotto la brace”
sull’esperienza del movimento NO-MUOS a Niscemi

SOLIDARIETA’ AL MOVIMENTO NO MUOS!
Gli anarchici sostengono la lotta contro il MUOS

Il MUOS è un nuovo sistema satellitare di comunicazioni, sviluppato dal Dipartimento della Difesa statunitense, che servirà al collegamento di forze militari USA terrestri, aeree e navali in ogni parte del mondo. Il progetto prevede il lancio di quattro satelliti e la costruzione di quattro basi a terra, una di queste a Niscemi, in Sicilia. Da mesi un ampio movimento popolare porta avanti con decisione la lotta contro questa ennesima base di guerra.

La costruzione del trasmettitore, da parte della Marina USA, devasta un parco naturale, mentre l’eventuale attività del trasmettitore aumenterà il livello di emissioni elettromagnetiche estremamente nocive per la salute.

La costruzione di questo terminale confermerebbe ancora il ruolo della Sicilia come colonia militare e come nodo strategico per gli interventi di aggressione nel mediterraneo, come del resto già avviene da tempo con le numerose basi statunitensi, Sigonella e Augusta in testa, e con l’aeroporto militare di Trapani Birgi. La base MUOS porterà guerra, inquinamento e danni alla salute, militarizzazione del territorio e repressione, più soldi e potere alla mafia.

No al militarismo!

Sostenere il movimento No MUOS significa anche rilanciare la lotta contro il militarismo, la lotta per la riconversione dell’industria bellica, contro le spese militari, contro ogni guerra, contro le nuove installazioni militari. Significa lottare contro le politiche che attaccano la libertà e le condizioni di vita e di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori. La militarizzazione è lo strumento usato dal governo per imporre le politiche di austerità, la repressione dei movimenti di lotta passa ormai anche dall’impiego dell’esercito, come nel caso della Val di Susa, dove centinaia di soldati, assieme alle forze dell’ordine, occupano la valle in cui da vent’anni la popolazione si oppone alla costruzione della TAV.

I governanti si arrogano il diritto di decidere sulle nostre vite e sull’ambiente in cui viviamo: dal Nord al Sud, il movimento No TAV ed il movimento No MUOS ci mostrano come l’azione diretta e l’autorganizzazione delle popolazioni siano gli unici strumenti per fermare la devastazione ambientale ed i piani di guerra!

Collettivo Anarchico Libertario
Federazione Anarchica Livornese

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23/11 ore 17 Piazza Grande: Presidio antimilitarista in solidarietà con la lotta NO MUOS

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Livorno 23/11

ore 17 in Piazza Grande (angolo via Pieroni)

 presidio informativo antimilitarista e in solidarietà al movimento NO-MUOS

 

Gli anarchici sostengono la lotta contro il MUOS

Il MUOS è un nuovo sistema satellitare di comunicazioni, sviluppato dal Dipartimento della Difesa statunitense, che servirà al collegamento di forze militari USA terrestri, aeree e navali in ogni parte del mondo. Il progetto prevede il lancio di quattro satelliti e la costruzione di quattro basi a terra, una di queste a Niscemi, in Sicilia. Da mesi un ampio movimento popolare porta avanti con decisione la lotta contro questa ennesima base di guerra.

La costruzione del trasmettitore, da parte della Marina USA, devasta un parco naturale, mentre l’eventuale attività del trasmettitore aumenterà il livello di emissioni elettromagnetiche estremamente nocive per la salute.

La costruzione di questo terminale confermerebbe ancora il ruolo della Sicilia come colonia militare e come nodo strategico per gli interventi di aggressione nel mediterraneo, come del resto già avviene da tempo con le numerose basi statunitensi, Sigonella e Augusta in testa, e con l’aeroporto militare di Trapani Birgi. La base MUOS porterà guerra, inquinamento e danni alla salute, militarizzazione del territorio e repressione, più soldi e potere alla mafia.

No al militarismo!

Sostenere il movimento No MUOS significa anche rilanciare la lotta contro il militarismo, la lotta per la riconversione dell’industria bellica, contro le spese militari, contro ogni guerra, contro le nuove installazioni militari. Significa lottare contro le politiche che attaccano la libertà e le condizioni di vita e di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori. La militarizzazione è lo strumento usato dal governo per imporre le politiche di austerità, la repressione dei movimenti di lotta passa ormai anche dall’impiego dell’esercito, come nel caso della Val di Susa, dove centinaia di soldati, assieme alle forze dell’ordine, occupano la valle in cui da vent’anni la popolazione si oppone alla costruzione della TAV.

 

I governanti si arrogano il diritto di decidere sulle nostre vite e sull’ambiente in cui viviamo: dal Nord al Sud, il movimento No TAV ed il movimento No MUOS ci mostrano come l’azione diretta e l’autorganizzazione delle popolazioni siano gli unici strumenti per fermare la devastazione ambientale ed i piani di guerra!

Venerdì 29 novembre

presso la Federazione Anarchica Livornese

in Via degli Asili 33

ore 17:30

iniziativa/dibattito

Solidarietà con il movimento No-Muos

Interverrà  il compagno Pippo Gurrieri, della Federazione Anarchica Siciliana, attivo nel Coordinamento NO-MUOS.

 

ore 20:30

apericena

 

a seguire

proiezione del video: “Come il fuoco sotto la brace”

sull’esperienza del movimento NO-MUOS a Niscemi

 

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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Venerdì 15 ore 21.00 Circ.4: Incontro pubblico sulle acque nucleari del Cisam

da senzasoste.it

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