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Primo Maggio a Carrara, Trieste, Parma

da anarres.info

Primo Maggio a Carrara, Trieste, Parma

Il Primo Maggio in molte località si riduce spesso ad una sfilata rituale del sindacalismo di Stato e degli apparati istituzionali.

primo-maggio-usi-3A Parma ormai da sei anni, sotto l’impulso dell’Unione Sindacale Italiana, sindacati di base, centri sociali, anarchici della FAI, gruppi antisfratto,  occupanti di case, reti di migranti danno vita ad una propria manifestazione che quest’anno ha raccolto più consensi di quella di CGIL, CISL, UIL.
Ascolta il resoconto di Massimiliano di Parma

A Trieste da decenni gli anarchici, pur partecipando al corteo del Primo Maggio. non sfilavano con uno spezzone proprio. Quest’anno l’area libertaria della città e gli anarchici dall’isontino, da Pordenone e dalla vicina Slovenia hanno dato vita ad uno spezzone di oltre 300 persone (in una manifestazione che ne raccoglieva circa duemila). 1maggio_2013_trieste
Ascolta la diretta con Federico di Trieste

carrara_primo_maggio_libertari_2013A Carrara il corteo del Primo maggio è tradizionalmente un corteo anarchico, che attraversa il centro cittadino con deposizioni di fiori alle lapidi di Ferrer, ai martiri del lavoro, ai rivoltosi del 1894 in Lunigiana, al monumento a Meschi.
Come ogni anno, prima del corteo ci sono i comizi.
Quest’anno il focus della manifestazione, oltre le questioni repressive, è stata la testimonianza di una lotta ancora piccola che potrebbe crescere, quella contro il terzo valico tra Genova e Tortona.

Ascolta il resoconto di Gianluca di Carrara

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Lo specchio rotto. Il Primo Maggio a Torino

da anarres.info

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Il Primo Maggio all’ombra della Mole è una giornata di lotta e di festa che coinvolge decine di migliaia di persone. Un enorme contenitore, che raccoglie tante anime, spesso molto diverse, talora esplicitamente contrapposte. La piazza del Primo Maggio torinese è lo specchio delle tensioni politiche e sociali che attraversano la città.

Uno specchio che quest’anno non è riuscito a riflettere un’immagine unica. Uno specchio spezzato in due in modo netto.
La distanza, già grande, tra gonfaloni, sindaci, sindacati di Stato, partito Democratico e l’altra piazza, quella di chi occupa le case vuote, si oppone al Tav, alla precarietà, alla servitù del lavoro, alla devastazione delle risorse, alla diseguaglianza per legge, quest’anno si è fatta enorme.

Come già lo scorso anno Fassino ha fatto il corteo tra gente che fischiava, protestava, esibiva cartelli. Gruppi organizzati che non hanno partecipato al corteo, ma soprattutto tante persone senza bandiera lì per gridare la propria incommensurabile distanza dall’apparato istituzionale.
Durante il comizio Fassino è stato fischiato da più parti, nonostante anarchici ed antagonisti fossero ancora ben lontani da piazza San Carlo.
Continua l’odissea dei Democratici. Lo scorso anno non erano riusciti ad entrare in piazza, perché gli anarchici si misero di traverso, obbligandoli a deviare. Quest’anno gli è stato impedito di sfilare, come da tradizione, in coda con gli altri partiti, dietro antagonisti ed anarchici.
I loro nerboruti difensori, il servizio d’ordine della Idra che pesta, bastona e usa spray al pepe senza troppi scrupoli, avevano annunciato già il giorno prima la loro diserzione perché contrari all’accordo con il PDL.
Senza picchiatori, il PD, accerchiato da una piazza ostile, ha dovuto farsi sorreggere dalla celere in assetto antisommossa, infilandosi in fretta in coda alle altre forze istituzionali. Oltre le prime file di contestatori, c’era un’intera piazza che premeva perché se ne andassero.

Dice bene il nuovo presidente del consiglio dei ministri, Enrico Letta, quando sostiene che il vero nemico del governo sono i tanti, ormai la maggioranza nel paese, che hanno scelto di non votare.
La nascita dell’esecutivo guidato da Enrico Letta è l’ultima tappa di un lungo processo di ridefinizione dei partiti istituzionali intorno a blocchi di interessi, che, alla bisogna, possono trovare spazio per una convergenza.
L’affermarsi di una democrazia autoritaria è il necessario corollario delle politiche di demolizione di ogni forma di tutela sociale attuate con disinvoltura dai governi centro sinistra come da quelli di centro destra. Se i meccanismi violenti della governance mondiale impongono di radere al suolo ogni copertura economica e normativa per chi lavora, la parola passa al manganello, alla polizia, alla magistratura. Se la guerra è l’orizzonte normale per le truppe dei mercenari tricolori presenti in armi in Afganistan come in Val Susa, la repressione verso chi si ribella non può che incrudirsi.
Gli esiti delle recenti elezioni hanno dimostrato la plasticità di una classe politica che ha saputo uscire dall’impasse dei numeri, mettendo nell’angolo le opposizioni.

Il Primo Maggio, distanti anche fisicamente dallo spezzone istituzionale, i movimenti di opposizione sociale hanno dato voce e visibilità a chi non è più disponibile a pagare perché i cento uomini più ricchi del mondo divengano sempre più ricchi mentre i tre quarti del pianeta sopravvivono a stento.
Tra i quattro e i cinquecento compagni e compagne hanno partecipato allo spezzone rosso e nero aperto dallo striscione “Né stato né padroni. Azione diretta”.
Il segnale che oggi i percorsi di autogestione e la pratica dell’azione diretta sono condivisi da sempre più persone, in un percorso collettivo che trova alimento nell’anarchismo sociale e, insieme, contribuisce a moltiplicarne nella pratica gli orizzonti.

La crisi morde sempre più forte, specie nelle nostre periferie, dove sono le pratiche di autogestione, riappropriazione e solidarietà a porre un argine alla guerra contro i poveri che i governi di centro sinistra e quelli di centro destra hanno promosso negli ultimi vent’anni.
Le esperienze più interessanti di questi anni sono quelle che hanno saputo coniugare autogestione e conflitto, individuando nell’esodo conflittuale un modo per costruire lottando e lottare costruendo. In una tensione che non si allenta ogni TAZ, ogni zona liberata, è una base per incursioni all’esterno. Parimenti ogni momento di conflitto riesce ad oltrepassare la mera dimensione resistenziale quando si innesta in pratiche di riappropriazione diretta di spazi politici e sociali.
La crisi della politica di Palazzo ci offre una possibilità inedita di sperimentazione sociale su vasta scala di un autogoverno territoriale che si emancipi dai percorsi istituzionali.

Un buon Primo Maggio. Un Primo Maggio di solidarietà e lotta.

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Pisa 05/05 in ricordo di Franco Serantini

riceviamo e pubblichiamo:
Domenica 5 maggio: in ricordo di
FRANCO SERANTINI
Incontro/pranzo auto-organizzato in ricordo di Franco Serantini.
Ciascuno porti qualcosa da condividere.
Ore 12h ritrovo in piazza Serantini.
Oltre a condividere un pranzo in libertà invitiamo tutti i compagni/e e tutte le persone sensibili alle ingiustizie sociali, piccole e grandi, a partecipare a questo momento conviviale in ricordo di Franco e a proporre argomenti di discussione e riflessione collettiva durante il pomeriggio.
Compagni/e in ricordo di Franco
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Primo Maggio a Carrara

alcune foto prese dalla rete

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Primo Maggio 2013 a Carrara

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22/04 “QUEIMADA” APERITIVO+CINEFORUM

CINEFORUM APRILE 2013

Ultimo appuntamento con il cineforum di aprile:

Lunedì 22/04 presso la F.A.L. in via degli Asili 33, Livorno

ore 20 aperitivo

ore 21:30 proiezione di: “Queimada” di G. Pontecorvo, 1969

 

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SABATO 20/04 COMITATO “LIVORNO NON SI PIEGA!” IN PIAZZA

Sabato 20 Aprile alle ore 18:00 si terrà si terrà in Piazza Cavour a Livorno il primo presidio del Comitato Cittadino LIVORNO NON SI PIEGA nato in solidarietà agli indagati per i fatti del 30 Novembre, 1° e 2  Dicembre 2012. Il presidio avrà lo scopo di raccogliere adesioni al  comitato e di procedere ad una prima raccolta di fondi.

da: http://www.senzasoste.it/interventi/livorno-non-si-piega–nasce-il-comitato-in-difesa-dei-36-fra-indagati-e-rinviati-e-giudizio-sabato-presidio-in-citta

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Anniversario della strage del Moby Prince, ventidue anni di lotta

 

da: Umanità Nova n.14 del 21 aprile 2013

Anniversario della strage del Moby Prince, ventidue anni di lotta

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A distanza di ventidue anni dalla strage della Moby Prince, i familiari delle vittime continuano a lottare per la verità e la giustizia. Grazie ai forti legami di solidarietà creati negli ultimi anni tra le associazioni delle vittime delle stragi, al corteo di quest’anno hanno partecipato con i propri striscioni numerose delegazioni: l’Associazione “Il mondo che vorrei” e l’Assemblea 29 giugno di Viareggio, l’associazione “R. Toffolutti” di Piombino per la sicurezza sul lavoro, l’Associazione Familiari e Vittime Amianto di Casale Monferrato, Medicina Democratica.

Il Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni attivo ormai da oltre un anno ha lo scopo proprio di sviluppare e rafforzare la solidarietà e l’unità perché simili stragi non siano dimenticate, non rimangano impunite e non abbiano a ripetersi.

 

Nei giorni immediatamente precedenti a mercoledì 10 aprile, anniversario della strage del Moby Prince, è stato dato molto risalto sui media, ed in particolare sulla stampa locale e nazionale, alla notizia per cui sarebbe stato “svelato il mistero” della nave Theresa.

Theresa è un nome in codice che compare nelle registrazioni radio della notte della tragedia, e che una recente inchiesta associa alla nave militarizzata statunitense Gallant 2, che si trovava nella rada del porto di Livorno e che, assieme ad altre sei navi anch’esse presenti al largo del porto, doveva trasportare alla vicina base americana di Camp Darby il suo carico di armi utlizzate nella Guerra del Golfo. Al di là del sensazionalismo giornalistico, non si tratta che di un dettaglio all’interno di una vicenda molto più complessa. I trasporti militari statunitensi ed i loro traffici possono essere degli attori nello scenario della strage, ma difficilmente dei protagonisti.

 

In ogni caso l’approccio alla vicenda Moby Prince non può passare attraverso la categoria del “mistero”. Come in tutti i gravi incidenti sul lavoro, come in tutte le stragi, per quanto le vicende possano essere oscure, le responsabilità sono sempre molto chiare. Cercare misteri da svelare e complotti da scoprire, la maggior parte delle volte rischia di nascondere l’evidenza dei fatti. Come le vittime dell’amianto, come le persone uccise nella strage di Viareggio, come centinaia di altre, i 140 morti della Moby Prince sono vittime del profitto capitalista e del potere.

 

Per questo il Coordinamento di Comitati e Associazioni lotta oltre che per la verità e la giustizia sulle stragi, anche per la sicurezza sul lavoro, contro le grandi opere, per la salute dei cittadini.

Una grande lotta, che riesce a unire situazioni molto diverse, costruendo una forte rete di solidarietà.

 

La dichiarazione del neo-presidente del Senato Pietro Grasso, che proprio il 10 aprile ha annunciato la “costituzione di una commissione per le stragi irrisolte”, indipendentemente dall’esito concreto che avrà, non è certo determinata da un’improvvisa apertura da parte della classe politica ma deve essere letta in questo contesto di lotta.

 

Come ha affermato nel corso della commemorazione Daniela Rombi, madre di una delle vittime della strage di Viareggio, non sono i venti che cambiano nelle istituzioni, ma l’unità e la determinazione dei familiari, dei lavoratori e dei cittadini a rompere il silenzio sulle stragi e a vigilare sul futuro.

 

Riportiamo di seguito l’intervento fatto durante la celebrazione del 10 aprile di quest’anno da Giacomo Sini, vicepresidente dell’Associazione “140” familiari delle vittime del Moby Prince e compagno del Collettivo Anarchico Libertario di Livorno.

 

“Spesso mi viene fatta una domanda che può far riflettere molto sulla tragedia della Moby Prince e sull’ombra che da sempre la copre come vicenda di cui è bene parlare in alcuni termini e non in altri, relegandola nel buio e fermandosi a definirla come un tragico avvenimento del passato.
La domanda è la seguente: Perché la vostra associazione prende parola a serate organizzate da associazioni e movimenti che si battono per non far costruire una grande opera e difendono il diritto alla salute? Perché siete stati all’Aquila? Perché andate a Viareggio? Che ci andate a fare ad una serata organizzata sulla sicurezza nei posti di lavoro ? Cosa c’entra in tutto questo la Moby Prince ?
La risposta vien da sé se andiamo a guardare alla concretezza della vicenda. Le vittime della moby prince, non mi stancherò mai di ricordarlo, sono anch’esse state uccise in primis da ben precise logiche di profitto che ad oggi continua a colpire con le sue dinamiche di massimizzazione nel più totale disinteresse alla sicurezza individuale e collettiva. Le vittime della Moby prince hanno anch’esse dovuto affrontare una seconda morte voluta della legislazione italiana che ha difeso direttamente gli interessi imprenditoriali e che ad oggi continua a farlo in modo ben più che evidente, offendendo la memoria di tanti assassinati non scordiamoci dell’ultima sentenza che ha ridotto le condanne ai responsabili della tragedia della Thyssen ).
È sempre bene rinfrescare a tutti la memoria e ricordare quindi che la tragedia del Moby prince non fu un incidente fortuito ed avvenuto per errore umano, come sentenziò il giudice Lamberti, non fu una strage avvenuta per una serie concatenata di complottismi come un certo giornalismo d’impatto vuole far continuare a credere, ma presentò una ben più triste e drammatica realtà, che rende ben visibili i reali responsabili di tutta la vicenda .
Non scordiamoci che 140 persone perirono in un traghetto che viaggiava, per volere diretto dell’armatore Onorato, in condizioni di sicurezza molto precarie, sulle quali non sto a inoltrarmi nuovamente nei particolari ma che sono comunque sempre fondamentali da evidenziare per muovere una accusa; quello stesso armatore che ad oggi continua a far viaggiare le proprie navi nella medesima pessima condizione senza impedimenti di alcun tipo. Accusa generica la mia? ripensiamo allora al numero di incidenti riscossi da Navarma negli ultimi 20 anni, tutti da attribuire al caso ed alla sfortuna ?
Una realtà nella quale molte delle vittime furono membri dell’equipaggio e quindi lavoratori marittimi, la più grande tragedia su di un posto di lavoro in Italia, ma su questo si tace e si preferisce ricordare ufficialmente la strage come causata dalla negligenza dell’equipaggio stesso e dall’errore umano, ribaltando così l’accusa.
In questo exploit di responsabilità così evidenti leggo ancora con rammarico che si continua a parlare di complotti, di navi americane che scambiavano armi, di scenari sensazionalistici da guerra e di poteri occulti attorno a tutta la vicenda, tenendo così lontana l’attenzione su di alcune delle concrete responsabilità della morte dei nostri familiari.
In uno scenario nazionale nel quale si parla continuamente di salvaguardare il mondo dell’impresa e quindi il diretto interesse di padroni d’azienda, leggo di incentivi pubblici e finanziamenti agevolati che difficilmente menzionano la parola “sicurezza” .
In uno scenario nel quale la giustizia di stato ha una diretta responsabilità nell’avere scagionato la posizione di un armatore senza porlo sul banco degli imputati, leggo di un indennizzo di quasi 150 mila euro affidato alle povere famiglie di due pescatori indiani uccisi da marò italiani, in cambio di un loro silenzio e di una salvaguardia degli interessi commerciali tra due stati a difesa degli interessi di potenti armatori. Storia simile e tristemente nota a noi familiari nel momento in cui la Navarma Lines tentò di comprare la nostra dignità chiedendo apertamente di non essere parte civile in un eventuale processo.
Perdonatemi la rabbia e la concitazione delle frasi, ma sono ormai stufo di ascoltare tante parole dall’alto, di rammarico e di solidarietà, ma nessuna forma di concreta giustizia da ormai ventidue anni. Non ci può far più niente ? Non è vero.
Sono completamente d’accordo con Loris infatti, quando dice chiaramente che si debba tener conto di dover presentare con forza prove inconfutabili, coerenti e reali per riproporre all’attenzione della magistratura la riapertura del caso Moby Prince.
Aldilà della rabbia che ogni anno non smette mai di cessare, sono profondamente felice ed orgoglioso, come ho già ricordato in ricorrenze precedenti, di vedere stringersi attorno alla nostra vicenda ed a simili tragedie sempre più persone che non danno spazio alla rassegnazione ed allo sconforto ma che si uniscono e portano avanti campagne di controinformazione ed iniziative di lotta importanti.
Ecco perché ci rechiamo a Viareggio, ecco perché appoggiamo quei movimenti che si schierano in difesa dei diritti individuali e collettivi contro grandi opere, ecco perché è importante che sia nata la famosa associazione delle associazioni.
Sono sempre più convinto che le mobilitazioni di base e le battaglie comuni a difesa di una differente idea di giustizia possano portare ad una vittoria contro gli abusi e la sopraffazione.
Una idea che non deve individuare la sua esistenza solamente nelle ragioni peculiari del raggiungimento di una giustizia legale, ma che deve scardinare e colpire in toto le dinamiche di massimizzazione d’interessi e profitti, andando ad individuare nel loro crescere indisturbati ed assassini un avversario da sconfiggere per la sicurezza di ogni individuo, affinché ogni piccola vittoria di verità e giustizia diventi davvero il primo passo per bloccare chi continua a rimanere impunito . “

 

Dario Antonelli

 

Il settimanale anarchico Umanità Nova è disponibile a Livorno nei seguenti punti di diffusione:

– Edicola Dharma, Viale di Antignano 110

– Edicola in Piazza Damiano Chiesa

– Edicola in Piazza Grande all’angolo con Via Pieroni, di fronte al bar Sole

– Libreria Belforte in Via della Madonna 31

– Presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33, durante l’apertura settimanale del giovedì dalle 18 alle 20 ed in occasione di assemblee, dibattiti o altre iniziative nella sede.

Il giornale è anche diffuso in piazza durante manifestazioni, presidi e banchetti.

www.umanitanova.org

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Oggi a Pisa presidio contro la repressione

Oggi a Pisa presidio contro la repressione in solidarietà con i due denunciati della manifestazione anarchica del 12 maggio 2012, organizzata dall’Assemblea degli Anarchici Toscani a quarant’anni dall’assassinio di Franco Serantini.

Qui sotto il manifesto degli organizzatori.

Contro la repressione, estendere la solidarietà e rilanciare le lotte!

 

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“Libertarias” APERITIVO+CINEFORUM

Libertarias

presso la Federazione Anarchica Livornese, in Via degli Asili 33, Livorno

 

ORE 20 APERITIVO

ORE 21:30 PROIEZIONE DI

“Libertarias”
di Vincente Aranda, 1996, 125′

Spagna, Luglio 1936. Le masse popolari fermano la sollevazione dei militari contro il governo repubblicano. Anarchici, rivoluzionari e lavoratori in armi bruciano i simboli del potere e danno inizio alla rivoluzione.

Al centro della vicenda c’è Maria, una giovane monaca in fuga dal suo convento che viene liberata da un gruppo di miliziane anarchiche dell’organizzazione femminista libertaria Mujeres Libres. Assieme a loro Maria sarà sul fronte dell’Ebro, per liberare Saragozza.

Il film è un omaggio a tutte le donne che hanno combattuto per la rivoluzione e contro il fascismo.

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