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PRESENTAZIONE DI “1922” CON ALESSIA CESPUGLIO

 

Domenica 30 luglio

PRESENTAZIONE DI “1922” CON ALESSIA CESPUGLIO

h 19:30 aperitivo – h 21:00 presentazione

Via degli Asili 33 – Livorno

c/o Federazione Anarchica Livornese

Tra il 1 e il 2 agosto 1922 squadre fasciste provenienti da tutta la Toscana lanciano la caccia agli antifascisti livornesi, facendo irruzione nei quartieri popolari che resistono all’invasione.

Ripercorriamo questa storia con Alessia Cespuglio autrice del libro e dello spettacolo, realizzato con il sostegno della So.crem, edito da Vittoria Ignazu Editore.

Introduce Tiziano Antonelli della Federazione Anarchica Livornese

Dialoga con l’autrice e l’editore Riccardo Greco

Posted in Anarchismo, Antifascismo, Generale, Iniziative.

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Le nuove missioni di guerra dell’Italia – da Scilla al Tanai

articolo pubblicato sul settimanale anarchico Umanità Nova n. 21 del 18/06/23

Da Scilla al Tanai

Nuove missioni di guerra dall’Africa all’Ucraina

prevista discussione alla camera il 23 giugno

La delibera sulle missioni militari all’estero per l’anno 2023 è stata approvata tra i provvedimenti che il Consiglio dei Ministri ha simbolicamente discusso nella seduta del Primo Maggio. Ciò rende evidente come questo sia un ulteriore attacco alle classi sfruttate, insieme al decreto che impone nuove misure peggiorative delle condizioni di lavoro.

Nella delibera vengono sostanzialmente confermate le linee strategiche già definite negli scorsi anni. L’impegno nell’Europa continentale, in particolare ad Est e nei Balcani; la presenza nel settore asiatico, con le importanti missioni in Libano e Iraq; lo sviluppo dell’intervento in Africa; il sempre più rilevante ruolo delle missioni navali e aeree. Questo impianto viene dunque confermato, con 39 missioni per cui viene richiesta la proroga, e 4 nuove missioni per cui il Governo richiede l’approvazione, una di addestramento alle forze armate dell’Ucraina, una in Libia, una in Niger e una in Burkina Faso.

Il 18 maggio il Ministro degli Esteri Tajani e quello della Difesa Crosetto hanno presentato la delibera con una comunicazione alle commissioni Difesa della Camera e Esteri e Difesa del Senato. Di solito infatti l’esame da parte del Parlamento si svolge principalmente nelle commissioni, che presentano poi una relazione che viene sommariamente discussa dalle camere. Secondo il calendario dei lavori è prevista per il 23 giugno alla Camera dei Deputati la discussione in assemblea sulla relazione delle commissioni Difesa ed Esteri sull’argomento.

Vediamo come si articolano le 4 nuove missioni secondo i documenti e le dichiarazioni dei ministri:

Ucraina

La missione EUMAM Ucraina è una missione militare dell’Unione Europea con compiti di addestramento sia delle Forze Armate sia delle Forze di Difesa Territoriale ucraine. Impegna fino a 80 militari italiani, sia presso il comando generale della missione a Bruxelles, sia presso i comandi tattici, dove si svolgono le attività di addestramento, in Polonia e Germania. Alcuni moduli addestrativi dovrebbero inoltre svolgersi in italia, dopotutto a questo servono le tante basi presenti sul territorio. La missione è già in corso e ha compiuto l’addestramento di 16000 militari, si propone di raggiungere i 30000 entro la fine dell’anno. Questa missione è un ulteriore passo della partecipazione italiana, nel quadro di quella dell’UE, alla guerra in corso in Europa orientale. Segna il sempre maggiore coinvolgimento del paese in un conflitto che, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, è diventato uno dei più cruenti contesti di guerra a livello globale, e certamente quello più pericoloso per il rischio di escalation continentale e globale.

Addirittura commentatori vicini agli ambienti militari segnalano la “opacità” da parte del governo riguardo a questa missione. Questa opacità è dopotutto in linea con la politica mantenuta dallo stato italiano, che ha imposto il segreto di stato sulle liste delle armi inviate all’Ucraina.

Libia

La missione EUBAM Libia è anch’essa inserita nel quadro UE ed è orientata, come descritto anche nella sigla, alla “assistenza” nella gestione delle frontiere. Per la missione, guidata da una funzionaria della Agenzia delle Dogane. è previsto l’impiego massimo di 3 unità di personale, da attingere in parte anche dalle fila della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza. Una missione di dimensioni ridotte quindi, che va a completare il quadro della articolata presenza militare italiana in Libia, ormai continua dal 2016. Questa missione ha comunque una sua specifica rilevanza perché va ad inserirsi nella cosiddetta politica di esternalizzazione delle frontiere. Lo scopo dichiarato è quello del “rafforzamento delle strutture statuali preposte alla sicurezza, in particolare nei settori della gestione delle frontiere e della giustizia penale, al fine di contribuire agli sforzi per smantellare le reti della criminalità attive nel traffico di migranti, nella tratta di esseri umani e nel terrorismo.” Obiettivo da raggiungere attraverso la stesura di un “libro bianco sulla gestione integrata delle frontiere”, e l’assistenza “alla pianificazione strategica nell’ambito del Ministero degli interni e del Ministero della giustizia”. Una missione apparentemente quasi innocua, ma che è complementare alla famigerata e contestata missione di supporto alla guardia costiera libica. È riconosciuto come le autorità libiche siano responsabili di atrocità in mare e sulla terraferma nei confronti delle persone immigrate e di coloro che cercano di attraversare il Mediterraneo. Con questa nuova missione non si forniscono direttamente strumenti per perseguire queste politiche di morte e tortura, ma, forse anche peggio, si cerca di legittimare le autorità libiche come guardiani delle frontiere d’Europa. La prospettiva, stando alle dichiarazioni di esponenti del governo, è quella di adattare alla Libia il modello adottato dalla UE con la Turchia, per trattenere i profughi sulle coste libiche. O addirittura quella della deportazione verso la Libia, una volta che il paese sarà classificato come “sicuro”.

Niger

La missione EUMPM Niger è una missione militare dell’UE decisa nel dicembre 2022 dal Consiglio UE nel quadro della Strategia Integrata dell’Unione per il Sahel. È già stata avviata il 20 febbraio scorso, e ha una durata prevista di tre anni. Il comando della missione è stato assegnato ad un ufficiale italiano, oltre all’Italia anche la Germania partecipa alla missione inviando proprie truppe. Il governo ha definito in 20 unità il massimo impegno dell’Italia in questa missione in termini di personale. Lo scopo della missione è quello di “sostenere le forze armate del Niger nella lotta contro i gruppi terroristici armati e nella protezione della popolazione civile.” Stando a quanto indicato questo aiuto si realizzerebbe attraverso formazione e supporto organizzativo, e non attraverso un intervento diretto nelle aree di conflitto. La nuova missione si inserisce nella già consolidata presenza italiana in Niger, dove ormai dal 2017 è attiva una missione bilaterale, e le forze armate italiane hanno una propria base. Svolgendo compiti di addestramento per le forze armate locali, l’Italia sembra aver consolidato in questi anni la propria presenza nel paese, portando nel 2023 a oltre 500 il numero dei militari schierati. Il Niger è così divenuto il “bastione” dell’Italia nel Sahel, ruolo che mantiene anche in una fase come quella attuale di crisi della presenza europea nella regione. La cacciata dei francesi dal Mali, che hanno visto fallire l’operazione Barkhane, e il conseguente ritiro delle missioni italiane nel paese con la chiusura anticipata della Task Force Takuba nel 2022, rappresentano un fallimento della politica aggressiva europea nel Sahel, spiegabile solo in parte con la penetrazione dei mercenari russi dell’agenzia Wagner. In Mali l’Italia si è voluta inserire insieme agli altri paesi europei in una guerra sanguinosa e senza sbocco che la Francia stava conducendo da anni, senza ottenere altro risultato che esasperare le drammatiche condizioni sociali del paese. La nuova missione europea in Niger è quindi parte di un più generale riorientamento dell’UE nel Sahel, a fronte della sconfitta strategica in Mali.

Burkina Faso

La missione bilaterale in Burkina Faso è una delle principali novità tra le missioni per cui il governo chiede l’approvazione. Stando alla relazione si tratta anche in questo caso di una missione a scopo addestrativo delle forze armate e di polizia locali, per cui si indica un impegno massimo di 50 militari. Si noti che la base giuridica per questa missione è l’accordo di cooperazione nel settore della difesa tra Italia e Burkina Faso siglato nel 2019. Il Burkina Faso ha subito nel settembre 2022 un colpo di stato, il secondo in un anno, ed è attualmente governato dalla giunta militare guidata da Ibrahim Traoré. Sulla base di un accordo con un governo deposto, si avvia quindi una missione di addestramento delle forze armate di un regime di dittatura militare. Forze armate che tra l’altro sono state ritenute responsabili negli ultimi mesi di massacri di civili nei villaggi fulani, nel corso delle cosiddette operazioni antiterroristiche. Non sarebbe una novità che l’Italia addestri bande di assassini visto quanto già accade con il supporto alla guardia costiera libica, nell’addestramento alle forze speciali del Sudan o alla polizia somala. Dopotutto le stesse forze armate italiane hanno acquisito in Africa un curriculum di tutto rispetto in termini di atrocità commesse. Ad ogni modo, l’importante per l’Italia è non lasciare anche il Burkina Faso sotto la sola influenza russa, e assicurare una presenza in un paese la cui instabilità potrebbe contagiare i paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea, dove gli interessi dell’ENI sono molto forti.

Diplomazia militare

Questa è quella che viene definita “diplomazia militare”: offrire moduli addestrativi secondo standard internazionali in cambio di accordi per lo sfruttamento delle risorse, per l’installazione di strutture militari, per la gestione delle frontiere. La diplomazia portata con le punte delle baionette lascia però facilmente il passo alla guerra. Dopotutto anche i principali motivi che muovono l’azione del governo vanno in questa direzione. Al vuoto proposito della ricerca della stabilità regionale, si associa sempre la difesa dell’interesse nazionale, in una prospettiva predatoria e aggressiva di cui già parlavamo negli scorsi anni, quando questa espressione iniziò a farsi strada. Ora questa dimensione aggressiva trova sponda concreta nella sempre più profonda linea di conflitto globale che vede confrontarsi Russia e Cina da una parte e NATO e UE con l’Italia dall’altra. È una dimensione di conflitto che si sta cristallizzando in fronti sempre più definiti, non solo in Europa orientale, ma anche in Medio oriente, nei Balcani e in Africa, e le missioni italiane sono in prima linea. Si tratta, come si è ormai avuto modo di vedere, di una politica trasversale ai partiti di opposizione e di governo, che i fascisti che oggi guidano il paese sono solo i più decisi a portare avanti. Sta al movimento anarchico, alle realtà antimilitariste, ai movimenti dal basso saper opporre un argine adeguato a queste politiche che puntano dritte al baratro della guerra.

Dario Antonelli

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incontro-dibattito: Non per soldi ma per denaro, il reddito proletario fra guerra, tasse, inflazione

Non per soldi ma per denaro
il reddito proletario fra guerra, tasse, inflazione

Martedì 13 giugno
alla FAL in Via degli Asili 33
ore 19,30 aperitivo
ore 21,00 incontro dibattito

Il governo attacca il reddito del proletariato e dei ceti popolari
Le scelte operate dal governo Meloni sono tutte a vantaggio delle classi privilegiate:

– abolizione del reddito di cittadinanza
– modifica degli scaglioni IRPEF a vantaggio dei redditi medioalti
– aumento della precarietà del lavoro.

E poi

Tagli alla sanità e alla scuola, agli investimenti per l’edilizia popolare, aumento degli sfratti e dei licenziamenti, riduzione degli sconti in bolletta, nessuna riduzione dell’età per andare in pensione.
Il capitalismo, il mercato hanno bisogno dell’appoggio del governo per ridurre il prezzo della forza lavoro per aumentare i profitti dei padroni, che interviene raccontandoci che questi sacrifici sono necessari perché siamo in guerra, ma in guerra contro chi? Lo stato italiano invia le proprie truppe ai quattro angoli del mondo per conquistare le fonti di materie prime, allargare i mercati ed esibire prodotti dell’industria bellica nazionale.

Che cosa ha a che vedere questo con i bisogni popolari? Se non ci convinciamo è pronta la repressione: licenziamenti, fogli di via, denunce e manganelli aspettano chi non si rassegna.

Smascheriamo le menzogne del governo
costruiamo reti di solidarietà autogestite
rafforziamo i sindacati di base e conflittuali

possiamo migliorare le nostre condizioni di vita con l’azione diretta e l’unità delle classi sfruttate.

Federazione Anarchica Livornese

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ASSEMBLEA E PRESIDIO – BASTA VIOLENZA IN DIVISA

“C’è poco da scegliere tra le mele marce”
Basta violenza in divisa!

Di fronte agli ultimi fatti di violenza in divisa a Livorno e a Milano scendiamo in piazza, reagiamo alla prepotenza del potere. Fermiamo la violenza quotidiana in divisa, repressiva, sessista e razzista.
Non si tratta di una mela marcia, è tutto il cesto che è marcio.

31 maggio
ASSEMBLEA CITTADINA
Ore 18 Piazza XX Settembre

2 giugno
PRESIDIO
Ore 19 Piazza Micheli / Quattro Mori

Lo scorso 24 maggio, durante un arresto, un carabiniere ha tirato un calcio in faccia a un giovane di 28 anni che si trovava già a terra e aveva le mani bloccate da un altro carabiniere che cercava di immobilizzarlo. Questa ennesima violenza in divisa, documentata da un video, è diventata un caso locale e nazionale suscitando larga indignazione. Una violenza razzista, dal momento che il giovane colpito dal calcio è di nazionalità tunisina.

Quello stesso giorno a Milano quattro agenti della polizia locale hanno colpito violentemente alla testa con il manganello Bruna, 41 anni, di origini brasiliane. Dopo averla fatta cadere a terra lungo un’aiuola hanno continuato a colpirla selvaggiamente alla testa e sul corpo. Scene di violenza transfobica, sierofobica, sessista e razzista che anche in questo caso sono state documentate da un video, suscitando la rabbia che ha portato a manifestazioni a Milano e in altre città.

Questi casi sono solo la punta dell’iceberg della violenza quotidiana in divisa. Quante violenze avvengono nelle piazze, nelle strade, sui posti di lavoro, nelle caserme, nelle carceri, senza che vi siano dei video? Ma anche di fronte a delle inequivocabili registrazioni video c’è chi si inventa fantasiose ricostruzioni per giustificare la violenza o per dire addirittura che si è trattato di gesti involontari. I media ufficiali screditano le persone che hanno subito violenza, addebitando loro più o meno velatamente la responsabilità dell’aggressione subita: sembrano o fanno finta di non vedere i colpi battuti mentre si trovavano a terra, inermi.
I vertici locali dei Carabinieri annunciano di aver “trasferito a servizio non operativo” il militare responsabile del calcio. Una sanzione disciplinare ridicola rispetto alla richiesta di licenziamento giunta da più parti, che però conferma la gravità dei fatti. Ad ogni modo, al di là delle responsabilità del singolo carabiniere, è chiaro che la violenza è un problema strutturale delle forze di polizia.

Secondo dati del 2016 l’Italia è il terzo paese con più agenti di polizia per abitante, superato solo dalla Russia e dalla Turchia. La militarizzazione e la violenza in divisa non l’ha creata il governo Meloni, che comunque sogna una svolta autoritaria, ha inasprito le norme repressive e vuole abolire il reato di tortura, che già era estremamente limitato. È una violenza strutturale di fronte agli occhi di tuttx. Basti pensare a livello locale a Maurizio Tortorici, a Marcello Lonzi, a Fares Sghater. Ma anche alla violenza repressiva che colpisce chi protesta e le lotte sociali, come nel caso delle cariche alla Stazione Marittima e in Piazza Cavour il 30 novembre e 1 dicembre 2012, o delle cariche sugli Scali del Refugio il 1 agosto 2018.

Per queste ragioni abbiamo deciso di convocare un’assemblea e un presidio. Per costruire legami di solidarietà, per resistere e liberarci dalla violenza in divisa, dal patriarcato, dal sessismo e dal razzismo.

 

Livorno Antifascista

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Piombino – NO AL RIGASSIFICATORE CONTINUIAMO LA LOTTA

PIOMBINO – 27 MAGGIO 2023

NO AL RIGASSIFICATORE
CONTINUIAMO LA LOTTA

h 10:30 Presidio in Piazza Cappelletti

h 13:30 Pranzo presso la Federazione Anarchica Elbano Maremmana (Via Pietri, 9, Piombino) (tel. 3807359929)

h 15:30 Incontro aperto alla cittadinanza

QUANTA ENERGIA SERVE PER ALIMENTARE IL DOMINIO?

Federazione Anarchica Elbano Maremmana
Coordinamento Anarchico Toscano

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Viva il primo maggio anarchico!

Viva il primo maggio anarchico

Lavoratrici, lavoratori

Il Primo Maggio 1886 a Chicago una grande manifestazione operaia chiedeva la riduzione dell’orario di lavoro a otto ore giornaliere. Cinque organizzatori sindacali, cinque anarchici, Adolph Fisher, Albert Parsons, August Spies, George Engel e Louis Lingg, furono assassinati dallo stato dell’Illinois nel 1887 per rappresaglia. In ricordo di questo assassinio i congressi operai internazionali successivi deliberarono che ogni anno il primo maggio sarebbe stato un giorno internazionale di lotta per ricordare i Martiri di Chicago e per la riduzione dell’orario di lavoro.

Fu la componente anarchica ad imporre questa scelta, mentre i socialisti legalitari e autoritari volevano una giornata da tenersi nella prima domenica di maggio a sostegno delle proprie candidature elettorali possiamo quindi dire che se oggi il primo maggio viene celebrato in quasi tutto il mondo è grazie al movimento anarchico.

Oggi il governo fascista vorrebbe celebrare l’irreggimentazione del movimento operaio, attraverso la restituzione del cosiddetto cuneo fiscale ai capitalisti, attraverso l’aumento della precarietà del lavoro, attraverso la limitazione del diritto di sciopero e delle libertà sindacali. Ha infatti annunciato un nuovo decreto che dovrebbe essere approvato proprio il Primo Maggio. Il governo sceglie chiaramente di ostentare la propria posizione antiproletaria e antipopolare, approvando proprio in questa giornata un provvedimento che colpisce le condizioni di vita e di lavoro delle generazioni più giovani e della classe lavoratrice in genere. I precedenti governi si giustificavano attribuendo la responsabilità ai mercati, il governo attuale spudoratamente Rivendica di fare gli interessi della classe capitalistica come interessi della nazione e allo stesso tempo, come nella lettera della presidente del Consiglio il 25 aprile, cerca di criminalizzare chi difende i diritti delle classi sfruttate accusandolo di essere anti nazionale.

Dal suo insediamento il governo fascista non ha fatto che prendere misure a vantaggio delle classi privilegiate, riversando odio e persecuzione a danno dei ceti più deboli e più poveri.

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario oggi, Primo Maggio 2023, chiamano le lavoratrici e i lavoratori, le classi sfruttate, i ceti popolari ad un percorso comune di lotta nel ricordo dei Martiri di Chicago per una società basata sull’abolizione della proprietà privata e per una vita libera e dignitosa per ogni persona.

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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Presentazione di “Piombo con piombo”

Piombo con piombo

Giovedì 27 aprile
Ore 18.00 Presentazione del libro “Piombo con piombo, il 1921 e la guerra civile italiana” (Carocci, 2023)
Con il curatore Giorgio Sacchetti
Ore 20.00 aperitivo
L’iniziativa si terrà presso la presso la Federazione Anarchica Livornese in via degli Asili 33
Partire da una prospettiva storica per affrontare la questione della violenza
Terza iniziativa del ciclo di incontri rivolto a chi vuole sapere cos’è l’anarchia fuori dalle menzogne dei media ufficiali o dai luoghi comuni che circolano sui social.
Il 1921 è un anno fondamentale nell’elaborazione del movimento anarchico sul concetto di violenza. Si scatena l’aggressione delle bande armate, legali e illegali, del governo e delle classi dominanti contro il movimento operaio, le organizzazioni e i militanti, che cadono a decine. Il movimento anarchico ha un ruolo d’avanguardia nell’organizzare l’autodifesa di massa contro il fascismo, ma al tempo stesso si impegna in una riflessione sulla violenza politica, per battere l’intossicazione che l’avanzata del fascismo sparge anche fra le minoranze rivoluzionarie. Per sconfiggere il fascismo, le pratiche di autodifesa non sono sufficienti; solo una rivolta etica contro l’ideologia del dominio può sconfiggere la barbarie
Federazione Anarchica Livornese

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27 Marzo Crosetto a Livorno – NO A UN MARE DI ARMI!

No a un mare di armi!

Presidio
27 marzo Ore 14
P.zza S Jacopo in Acquaviva, Livorno
Il 27 marzo si terrà a Livorno presso l’Accademia Navale l’evento “La civiltà del mare” organizzato da Marina Militare, CNR e Fondazione Leonardo, il colosso dell’industria bellica italiana.
Saranno presenti i ministri della Difesa Guido Crosetto e della Protezione civile e del Mare Nello Musumeci insieme a esponenti dello Stato Maggiore della Difesa, vertici del mondo industriale e accademico strettamente legati alla ricerca e alla produzione militare.
Un grande evento per presentare un “libro bianco” sulla nuova politica marittima che il governo, insieme ai vertici militari e industriali, prefigura per l’Italia.
L’appuntamento si inserisce in quella campagna di normalizzazione della guerra che Crosetto sta promuovendo anche con la costituzione di un “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa”. Di fatto un comitato per la propaganda di guerra, mirata soprattutto a penetrare nelle scuole e tra le generazioni più giovani. Di questo organismo fanno parte esponenti di spicco del mondo dei media, del mondo delle armi, della cultura, dell’università e dell’economia, alcuni dei quali saranno anche tra i relatori dell’evento livornese.
Il Comitato, secondo Crosetto, dovrà promuovere la “Difesa” come strumento di politica estera e volano dell’economia, e divulgare presunte verità dei fatti e informazioni “verificate”. Quindi economia di guerra e controllo dei media.
Proprio mentre nel Mediterraneo i governi continuano a lasciare morire chi naufraga cercando di raggiungere le coste dell’Europa, questo evento-passerella all’Accademia Navale chiarisce una volta per tutte la visione di chi ci governa: il mare deve essere solo risorsa da sfruttare per l’estrazione di gas, petrolio, minerali e terre rare, per la posa di cavi e gasdotti. Il mare deve essere militarizzato, per la proiezione neocoloniale nel “Mediterraneo allargato” o come snodo per sottomarini nucleari, armi e congegni bellici.
La vita nel e intorno al Mediterraneo è in pericolo come in nessun altro mare per l’alto inquinamento da traffico marittimo e da sversamento dei paesi rivieraschi, per i cambiamenti climatici in accelerazione ben oltre le previsioni, per la pesca intensiva attuata da multinazionali. In particolare, le coste italiane ospitano ben 11 porti nuclearizzati (fra cui il nostro) e l’Italia stessa non ha ancora ratificato il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) approvato dall’ONU. Invece di proporre soluzioni a questi enormi problemi il governo promette di aumentare le spese militari e destinare ingenti risorse per militarizzare ulteriormente il Mediterraneo mascherandolo dietro la parola “Difesa”.
Diamo una risposta a questa propaganda militarista, diamo voce ai movimenti radicati a Livorno e nelle città vicine. Come le tante iniziative contro le guerre, o la lotta contro le basi e le industrie di morte, tra cui Cheddite e Leonardo, fino all’opposizione al trasporto di armi nei porti e negli aeroporti.
Scendiamo in piazza per respingere questa politica di guerra.
Il mare non è un sito industriale, estrattivo, militare. Il mare non deve essere un cimitero, ma un luogo condiviso dai popoli, com’è stato per secoli, in cui siano favorite e rafforzate le operazioni di soccorso da parte di qualunque imbarcazione. Diciamo sì a un mare vivo e pulito, sì alla cultura della pace! Difendiamoci dalle armi!
Coordinamento per il ritiro delle missioni militari all’estero
Rete Livorno contro le guerre

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Cos’è l’anarchismo? Prima iniziativa di un ciclo di incontri

ANARCHIA

tre momenti di confronto per chi vuole sapere cos’è l’anarchia fuori dalle menzogne dei media ufficiali o dai luoghi comuni che circolano sui social

Le iniziative si terranno tutte presso la FAL in via degli Asili 33

Mercoledì 22 marzo
Dalle ore 19.30 aperitivo
Alle ore 21.00 discussione

Cos’è l’anarchismo?
“espropriazione dei detentori dei suolo e del capitale a vantaggio di tutti, abolizione del governo”
Si parlerà di cos’è il movimento anarchico a partire dal “Programma Anarchico” del 1920
(https://federazioneanarchica.org/archivio/programma.html)

Giovedì 30 marzo
Dalle ore 19.30 aperitivo
Alle ore 21.00 discussione

Il concetto anarchico di rivoluzione
“La funzione dell’anarchismo non è tanto di profetare un avvenire di libertà, quanto di prepararlo”
Si parlerà di anarchia e rivoluzione a partire da alcuni brani da “Dittatura e Rivoluzione” di Luigi Fabbri
(https://umanitanova.org/il-concetto-anarchico-della…/ ; https://umanitanova.org/liberta-o-dittatura-il-concetto…/)

Giovedì 27 aprile
Alle ore 18.00 presentazione del libro
Dalle ore 20.00 aperitivo

Presentazione del libro “Piombo con piombo, il 1921 e la guerra civile italiana” (Carocci, 2023)
Con il curatore Giorgio Sacchetti
Partire da una prospettiva storica per affrontare la questione della violenza
(https://www.carocci.it/prodotto/piombo-con-piombo)

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Ad un anno dall’inizio della guerra in Ucraina: riempiamo le piazze contro la guerra e il militarismo

Ad un anno dall’inizio della guerra in Ucraina: riempiamo le piazze contro la guerra e il militarismo

Contro tutte le guerre, per un mondo senza eserciti e frontiere.

È trascorso un anno da quando la guerra è tornata ad infuriare nel cuore dell’Europa, con un coinvolgimento diretto del nostro paese. Il governo italiano si è schierato in questa guerra inviando armi, moltiplicando il numero di militari impiegati in ambito NATO nell’est europeo e nel Mar Nero, aumentando la spesa bellica sino a toccare i 104 milioni di euro al giorno.

Dal quel 24 febbraio è partita una corsa al riarmo su scala globale, perché la guerra in Ucraina ha nel proprio DNA uno scontro interimperialistico di enorme portata.

Il rischio di una guerra devastante su scala planetaria è sempre più forte. Il prezzo di questa guerra lo pagano le popolazioni ucraine martoriate dalle bombe, dal freddo, dalla mancanza di medicine, cibo, riparo.
Lo pagano le popolazioni russe, sottoposte ad un embargo devastante. Lo pagano oppositori, sabotatori, obiettori e disertori che subiscono pestaggi, processi e carcere.
Lo paghiamo noi tutti stretti nella spirale dell’inflazione, tra salari e pensioni da fame, fitti e bollette in costante aumento.

La guerra in Ucraina è solo un tassello di un mosaico molto più complesso.
Lontano dai riflettori tante altre guerre investono vaste aree del pianeta, dove gli interessi scatenati dalla crisi energetica e dalla voracità per le materie prime innescano una sempre maggiore spirale di violenza. In Africa, dove l’Italia è impegnata in 18 missioni militari, la bandiera con il cane a sei zampe dell’ENI sventola accanto al tricolore.
Nel Mediterraneo la guardia costiera libica rifornita di mezzi e foraggiata dal governo italiano respinge i migranti in viaggio verso le frontiere chiuse dell’Europa. Le leggi varate dal governo Meloni contro le navi delle ONG servono a rendere più difficile il salvataggio dei naufraghi.

Mentre la guerra rende sempre più precarie le nostre vite, il business delle armi non va mai in crisi. Anzi. I profitti dell’industria bellica sono in costante aumento e si moltiplicano gli investimenti nella ricerca con un coinvolgimento sempre più forte delle università.
Giocano la carta del ricatto occupazionale, facendo leva su chi fatica ad arrivare a fine mese.
Occorre capovolgere la logica perversa che vede nell’industria bellica il motore che renderà più prospero il nostro paese. Un’economia di guerra produce solo altra guerra. Il benessere, quello vero, è altrove, nell’accesso non mercificato alla salute, all’istruzione, ai trasporti, alla casa fuori e contro la logica feroce del profitto.
Provate ad immaginare quanto sarebbero migliori le nostre vite se la ricerca e la produzione venissero usate per per la cura invece che per la guerra.
L’industria bellica è il motore di tutte le guerre.

In Russia e in Ucraina c’è chi rifiuta la guerra e il militarismo, chi getta la divisa perché non vuole uccidere e non vuole morire per spostare il confine di uno Stato.
Migliaia e migliaia di persone dalla Russia hanno attraversato i confini disobbedendo all’obbligo di andare in guerra, affrontando la via dell’esilio, rischiando anni di carcere.
Dal febbraio 2022 in Ucraina le frontiere sono chiuse per tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni. La debole legge sull’obiezione di coscienza in Ucraina è stata sospesa e le 5.000 domande di servizio civile respinte.
In Russia c’è un esodo che si è intensificato da quando il governo ha annunciato il richiamo dei riservisti.
Molti altri restano e lottano, nonostante la durissima repressione che colpisce antimilitaristi e pacifisti in entrambi i paesi.
In Ucraina c’è chi su posizioni non violente, anarchiche o femministe ha scelto di non schierarsi, di non combattere in questa guerra costruendo reti di solidarietà materiale con le vittime dei bombardamenti, con chi ha perso il lavoro o è obbligat* dalle leggi di guerra del governo Zelensky a turni massacranti spesso senza paga.
In Russia e in Ucraina c’è chi lotta perché le frontiere siano aperte per chi si oppone alla guerra.
Noi facciamo nostra questa lotta contro le frontiere, per l’accoglienza di obiettori, renitenti, disertori da entrambi i paesi.

Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia.
Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche. L’antimilitarismo, l’internazionalismo, il disfattismo rivoluzionario sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini. Sfruttamento ed oppressione colpiscono in egual misura a tutte le latitudini, il conflitto contro i “propri” padroni e contro i “propri” governanti è il miglior modo di opporsi alla violenza statale e alla ferocia del capitalismo in ogni dove.
Le frontiere sono solo linee sottili su una mappa: un nulla che solo militari ben armati rendono tragicamente reali.

Nel nostro paese l’opposizione alla guerra è rimasta molto forte, nonostante la propaganda militarista martellante. C’è chi, pur avendo operato per la guerra cerca di intercettare i consensi persi nelle urne. Sono i pacifisti con l’elmetto, che in occasione del primo anniversario della guerra, torneranno a fare capolino nelle strade invocando il cessate il fuoco, senza opporsi all’invio delle armi, all’uso delle basi, alle missioni all’estero, all’aumento della spesa militare.

Noi non ci stiamo. Invocare il cessate il fuoco senza opporsi al militarismo è un mero esercizio retorico.

Opporsi alle guerre, all’aumento della spesa militare, all’invio di armi al governo Ucraino, lottare per il ritiro di tutte le missioni militari all’estero, per la chiusura e riconversione dell’industria bellica, per aprire le frontiere ai disertori, agli obiettori e a tutti i migranti, è un concreto ed urgente fronte di lotta.
Per fermare le guerre non basta un no. Bisogna mettersi di mezzo. A partire dai nostri territori, dove ci sono fabbriche d’armi, caserme, poligoni di tiro, porti ed aeroporti militari.
Gettiamo sabbia nel motore del militarismo!

Scendiamo in piazza il 24 e il 25 febbraio!

Sosteniamo le manifestazioni lanciate dagli antimilitaristi a Niscemi,
Pisa, Livorno, Torino…

Assemblea antimilitarista

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