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NUOVI ARRESTI A FIRENZE. NON SI FERMA L’ATTACCO REPRESSIVO CONTRO L’OPPOSIZIONE POLITICA E SOCIALE

da: http://sostienifirenze4maggio.noblogs.org/
SUI FATTI DEL 13 GIUGNO

Già la retata del 4 maggio scorso aveva suscitato grande scalpore a livello cittadino e nazionale, con 5 arresti domicilari e 17 obblighi di firma: un tentativo evidente di frammentare il movimento, unito alla criminalizzazione mediatica di pratiche portate quotidianamente avanti dalle migliaia di persone scese in piazza durante le mobilitazioni di quest’anno.

A distanza di poco più di un mese la scena si ripete: stamani, 13 giugno, alle 6:30, 16 persone sono state svegliate da agenti della Digos nelle loro case. 6 di questi ragazzi sono ora agli arresti domicilari, con misure ancor più pesanti rispetto a quelle di maggio: non possono comunicare con nessuno, a meno che non viva nella loro stessa casa. A 9 è stato invece notificato l’obbligo di presentazione all’autorità giudiziaria, cioè l’obbligo di andare a firmare nel commissariato di turno svariate volte a settimana; come se non bastasse un compagno di Milano è stato rinchiuso in carcere, a San Vittore, dopo aver partecipato alla manifestazione in solidarietà agli arrestati di maggio. In totale gli indagati e i denunciati, tra studenti universitari, medi e compagni/e di realtà cittadine sono più di 90.

Quello di stamani si è configurato come l’ennesimo attacco alla libertà personale di ognuno a manifestare le proprie idee. Quest’anno Firenze è scesa in piazza per una scuola pubblica e accessibile a tutti, per città dove sia possibile porsi contro porvvedimenti del governo di turno senza essere manganellati, per un paese dove non esistano “lager democratici” dove persone vengono rinchiuse e umiliate, perché la memoria degli anni del fascismo non lasci spazio alle nuove destre: Firenze è scesa in piazza per un mondo migliore.

Riteniamo sia importante continuare a portare questi temi nelle piazze, manifestare contro ciò che di questo mondo ci digusta e per ciò che in questo mondo vorremmo creare. Durante quest’anno, come negli scorsi, nelle strade di Firenze non eravamo in 90. Eravamo migliaia. Facciamo appello proprio a queste migliaia di persone che con noi hanno condiviso momenti di lotta e di aggregazione, perché in questo momento tornino a manifestare le proprie idee nelle piazze e nelle strade, e perché portino la loro solidarietà ai compagni e alle compagne colpiti da questi provvedimenti.

Un abbraccio ai compagni e le compagne arrestati, amici, fratelli, che proprio in questo momento non devono mollare.

OGGI PRESIDIO h18 SOTTO LA PREFETTURA! via cavour, Firenze

Rete dei Collettivi Fiorentini

 

Nuovi arresti a Firenze. Non si ferma l’attacco repressivo contro l’opposizione politica e sociale

Non si ferma l’ondata repressiva nei confronti delle realtà politiche e sociali fiorentine. Questa mattina, esaurita la cosiddetta “operazione “400colpi”, la Digos ha proceduto all’arresto di 7 compagni/e e l’obbligo di firma per altri 9.
Di questi uno è stato rinchiuso nel carcere di San Vittore, e gli altri 6 agli arresti domiciliari.
Le motivazioni sono riconducibili ai comportamenti tenuti durante le manifestazioni in risposta agli arresti del 4 maggio.
Non vogliamo stare qui a disquisire sulla entità dei fatti per i quali sono state emesse le custodie cautelari, o se siano o meno troppo pesanti, ma ci interessa rilevare il quadro repressivo che da troppo tempo impunemente si dispiega su tutte le componenti sociali e politiche nella nostra città.
Il clima è cambiato e non ci vuole molto a capirlo, ma nemmeno può essere una facile semplificazione o una sua inconscia accettazione.
Hanno iniziato con gli avvisi orali per gli studenti, hanno proseguito con sei mesi di arresto per un semplice petardo, con gli arresti della famosa operazione 400 colpi, con gli obblighi di firma, con la presunta associazione a delinquere per giustificare le misure cautelari, per arrivare poi agli arresti di oggi. Trentacinque compagni/e tra studenti, militanti di centri sociali sono attualmente sotto misure restrittive, ovvero resi inoffensivi, privati della libertà individuale, ma allo stesso tempo privati della loro possibilità di essere in prima persona dentro le lotte di cui sono parte, e continuano ad esserlo al nostro fianco.

Firenze città aperta! Questo era lo slogan con cui veniva elogiata la Firenze del social forum. Se non pensavamo che lo fosse allora, è ben chiaro a tutti che ancor meno possa descrivere quella attuale.

Firenze città della repressione, degli spazi chiusi, delle piazze blindate, degli sgomberi dei richiedenti asilo, delle operazioni mediatiche ben funzionali alle strategie repressive verso le legittime richieste degli studenti. La città dove anche l’Ataf partecipa attivamente alla repressione con le denunce verso i manifestanti per interruzione di pubblico servizio.
Un clima in cui sarebbe un errore non sentirsi direttamente coinvolti per chiunque pensi che sia necessario non sottacere davanti alle ingiustizie, non fermarsi davanti ai divieti o alle nuove disposizioni restrittive quando le ragioni di chi lotta sono quelle della “giustizia”, quella vera. La giustizia che non nasce dai tribunali, dalle divisioni investigative, ma quella che da sempre anima le istanze di chi lotta in una fabbrica come in una scuola, nelle carceri e in quartiere.

SOLIDARIETA’ A TUTTI/E I COLPITI DALLA REPRESSIONE

Centro Popolare Autogestito Firenze Sud
Cantiere Sociale K100
Collettivo Politico Scienze Politiche
Collettivo di Lettere e Filosofia

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I referendum del 12 giugno Non al voto. Alla piazza!

Da Umanità Nova, settimanale anarchico, n.20 del 12 giugno 2011

 

Non abbiamo nessuna fiducia negli strumenti adottati dalle istituzioni. Nemmeno nei confronti dei referendum che potrebbero andare oltre la nostra critica al principio di delega ma non superano il criterio “democratico” della maggioranza che impone le sue volontà alle numerose minoranze.

Del resto anche nel meccanismo referendario le maggioranze politiche sono delle minoranze sociali.

Il sistema “democratico rappresentativo” dimostra, giorno dopo giorno, la sua incapacità di rappresentare la composita realtà sociale ed in essa misconosce, per definizione e costitutivamente, le istanze degli oppressi e degli sfruttati. Oppressione e sfruttamento che sono politici, economici, sociali, di genere, religiosi, etc.

Agire dentro i gangli del sistema si è dimostrato fallimentare – parafrasando un recente articolo della Rivista Anarchica – perché il sistema non può negarsi e quindi è alieno a qualsiasi istanza di reale libertà, giustizia sociale e solidarietà.

Fatte queste premesse metodologiche e di merito possiamo commentare il movimento di opinione che si è sviluppato attorno ai referendum; commentarne i contenuti, gli eventuali esiti ma, cosa che ci importa di più, vedere le inferenze che queste manifestazioni politico-istituzionali producono nel corpo sociale anche in quei contesti che, dal basso, contestano l’ordine presente delle cose.

Noi siamo sempre stati parte attiva nelle manifestazioni che hanno detto no al nucleare. Non da oggi.

Altrettanto dicasi per le rivendicazioni di un’acqua pubblica (ma non statale), gratuita, pulita.

Sulla questione del così detto “legittimo impedimento” non abbiamo mancato di sottolineare il carattere autocratico delle leggi ad-personam; le derive autoritarie (tendenzialmente totalitarie) apportate dalle politiche e dalla cultura del centro-destra. Ma, a parte il fatto che anche il così detto centro-sinistra non ha mancato (e non manca) di segnalarsi per un programma classista (in difesa della borghesia, of course), segregazionista (chi ha inventato i CPT?), autoritario (i sindaci sceriffi ve li ricordate?), come si fa, da libertari, a voler abrogare una norma che intralcia la giustizia?

Anche in questo caso, con la logica del male “minore”, ci si dovrebbe schierare a favore di quei magistrati che firmano fogli di via, arresti, perquisizioni, intercettazioni, che riempono le galere (amministrative e penali) di immigrati, di diseredati, di quella parte più sfruttata e oppressa della società, che perseguitano l’opposizione sociale, quella reale.

Che si viva in uno stato di polizia non c’è bisogno che lo dica il presidente del consiglio. Da che pulpito?!? Se ne fosse convinto sarebbe logico che si dimettesse o che facesse quanto in suo potere per abrogare il 90% del codice di procedura penale e altrettanto delle leggi in vigore.

Ma, è evidente, egli preserva gli interessi (anche i più inconfessabili) delle classi dirigenti e lascia in vigore o promulga le leggi che servono a mantenere in piedi questo sistema.

Segnalavamo, in tempi non sospetti (vedi http://www.umanitanova.org/n-27-anno-90/non-siamo-illusionisti), il carattere “nuovo” e “di base” del movimento che ha promosso i referendum sull’acqua. Spesso ci siamo trovati a condividere delle iniziative e delle lotte con i soggetti che hanno costituito questi comitati. Sempre abbiamo chiarito la nostra posizione di “scetticismo” circa la possibilità di raggiungere un qualche scopo con la via referendaria. Anche se è giusto, come obiettivo “intermedio” sottrarre la gestione dell’acqua, l’oro blu, agli aguzzi denti dei pescecani di turno, non si risolve il problema lasciando la gestione dell’acqua pubblica in mano ai carrozzoni lottizzati e clientelari. Pur immaginando che l’esito positivo dell’abrogazione degli articoli “Servizi pubblici di rilevanza economica” e “Tariffa del servizio idrico integrato” (vi risparmio i commi successivi, roba da mal di testa) possa fermare la speculazione delle aziende private sull’acqua (ma i produttori di acque minerali che sfruttano le concessioni demaniali dove li mettiamo?) questo no risolverebbe gli alti costi “di servizio” e gli sprechi “colabrodo” della gestione statale (nelle sue articolazioni) dell’acqua.

D’altra parte se parliamo di “ Servizi pubblici di rilevanza economica” cosa diciamo della gestione della scuola (le private, le confessionali), della sanità (il processo di esternalizzazione ha coperto il 70% delle risorse della sanità, per non parlare di tutto il giro delle cliniche private “convenzionate”), dell’assistenza e della previdenza sociale?

Così come per la gestione dell’energia e dei rifiuti è evidente come questo modello sociale sia indirizzato al collasso. Non basta quindi, evidentemente, fermare la costruzione delle centrali

nucleari (obiettivo necessario ma non sufficiente) ma immaginare una società completamente diversa che non vuole affatto dire una società più povera o più parca ma una società che utilizzi in modalità eco-sociali le risorse e sviluppi le attività in questo contesto con l’unica finalità di garantire un benessere diffuso senza altri vincoli come quelli oggi presenti, tutti tesi a garantire la piramide sociale. Uno dei settori nei quali maggiori sono gli sprechi di energia è quello dei trasporti. Giusto per fare un esempio, se anziché moltiplicare i viaggi delle merci ai fini delle logiche della produzione flessibile si utilizzassero pianificazioni intelligenti di stock “a chilometro zero” si risparmierebbero miliardi di barili di petrolio equivalenti; o se anziché avere lavoratori che devono fare 50-60 km per raggiungere il posto di lavoro (quando altrettanti lavoratori fanno il percorso contrario) si avessero delle regole di collocamento “rigide” anche in questo caso il risparmio energetico sarebbe enorme. Infine anche quand’anche fosse messa al bando la produzione di energia tramite la fissione nucleare se non cambia il modello di produzione basandosi su “piccole” fonti che producono tanto perché in rete fra loro, la concentrazione della produzione di energia riprodurrebbe i costi di gestione, sicurezza, trasporto, etc, non risolvendo ancora una volta il problema.

Abbiamo cercato di dialogare con i problemi che i quesiti referendari pongono. Giusto per non essere tacciati di voler il “tanto peggio”. Ma, com’è evidente, non abbiamo trovato ragioni sufficienti per appassionarci alla partecipazione “democratica” indicando, ancora una volta come non ci siano alternative, reali, a questo sistema se non in una prospettiva rivoluzionaria.

E, rifacendoci a quanto di più vivo e vivace si sta manifestando nel contemporaneo, prendendo spunto dal nord-Africa ma anche dalla Spagna, dalla Grecia e, perché no, dalla “libera repubblica della Maddalena”, diciamo: non al voto. Andiamo in piazza.

WS

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No Tav. La lunga attesa

Da: “Umanità Nova”, settimanale anarchico, n.19 del 5 giugno 2011

Una lunga attesa. Tante notti ad aspettare l’attacco della polizia alla
Libera Repubblica della Maddalena, tante notti con un occhio aperto e uno
chiuso. Con la paura che prende ed accelera il cuore, qualcuno con il
timore per i propri figli adolescenti spensierati e giocosi tra una
barricata e una partita a carte. Altri pensano all’età non più verde e
agli acciacchi, altri ancora con negli occhi il gusto della sfida con i
potenti che vogliono rubare e devastare. Tutti decisi a resistere. A piè
fermo. Bugianen. Tutti consapevoli dell’importanza di non cedere un
centimetro agli invasori, ben sapendo che la lotta sarà lunga e si
misurerà alla distanza: tenere la Maddalena non è facile per nessuno.
Giorno dopo giorno, la comunità resistente, memore di Venaus, si è
raccolta nei boschi e lungo la strada: brevi assemblee e lunghe giornate
di lavoro, perché tutto fosse a posto, la barricata come la cucina da
campo, il cartello informativo come il comunicato stampa.

Barricate mobili e fandonie della stampa
Dal 24 al 30 maggio. La Libera Repubblica della Maddalena è nei boschi
della Val Clarea. Il punto di incontro è la casetta in muratura costruita
nell’area destinata al cantiere TAV. La casetta, tirata su da muratori No
Tav tra l’autunno e l’inverno, sorge su uno dei terreni comperati dai No
Tav con la campagna “acquista un posto in prima fila”. La Libera
Repubblica della Maddalena sta affondando radici solide nella terra che
gli uomini dello Stato vogliono devastare. Intorno al presidio Clarea di
ora in ora si moltiplicano le tende, il via vai è continuo. C’è chi porta
da mangiare, chi da bere, chi lavora per rinforzare le difese. Tanta
gente. Giovani, meno giovani ed anziani. Gente diversa per storia,
percorsi politici e sociali, modo di vestire e di parlare. Al Clarea si
mescolano le tante differenze che sono la ricchezza di un movimento, che
al momento giusto non ha né padri né padrini, un movimento che cammina
sulle proprie gambe. I ragazzi saltano qua e là, gustando il sapore di
avventura, tra la casa sull’albero e il pilone votivo – abusivo come tutto
qui – tirato su lungo il sentiero. Turi, anarchico e non violento, ha
deciso di digiunare per sette giorni. Niente cibo e niente parola, se non
in assemblea.
Dopo il fallito attacco delle forze del (dis)ordine statale della notte
tra domenica 22 e lunedì 23 maggio la stampa si è scatenata. Ogni pretesto
era buono.
I sassi lanciati in un’autostrada deserta, perché chiusa da ore dalle
forze del disordine, si sono moltiplicati di ora in ora. Prima erano 200
poi sono diventati 700.
I giornali hanno descritto la notte di resistenza alla Maddalena come
“attacco ad operai, automobilisti e polizia”. Nessuno ha notato
l’incongruenza di sassi che non hanno colpito nessuno, che non hanno fatto
male a nessuno.
Il Segretario della CISL Bonanni, ha annunciato una manifestazione in
difesa degli operai contro i facinorosi. Gli altri sindacati di stato, pur
tutti schierati con la lobby del Tav, si sono mostrati più prudenti: sanno
bene che le gite in Val Susa non portano troppa fortuna. Ne sanno qualcosa
i tanti politici piemontesi che negli anni hanno provato a fare comparsate
e all’ultimo hanno preferito dare forfait.
Bonanni e i suoi non si sono mai preoccupati degli operai che hanno
costruito le gallerie Tav nel Mugello: un morto per ciascuno degli 83
chilometri di tunnel della Bologna Firenze. Da che parte stanno lo sanno
tutti. La mossa di mandare avanti i mezzi delle ditte Martina e Italcoge
si fa più chiara: la speranza è dividere il movimento, opponendo gli
interessi di una zona schiacciata dalla crisi a quelli di chi difende il
territorio.
Un gioco sporco. Sporchissimo. Negli ultimi vent’anni i tagli nelle
ferrovie hanno tranciato via 95.000 posti di lavoro. Gli incidenti, le
carrozze spaccate e sporche, le linee soppresse sono lo specchio di scelte
che privilegiano il trasporto di lusso a quello per chi lavora e studia.
La tutela dell’ambiente, la sanità, la scuola potrebbero impiegare molta
più gente del Tav.
Poco importa: le menzogne, passando di bocca in bocca, di giornale in
giornale possono diventare verità di fede. Fortuna che sempre più gente
decide di aprire occhi e orecchie.

Dopo la notte di resistenza di lunedì 23 le le barricate erette lungo la
strada che porta al piazzale della Maddalena sono state smontate per
consentire ai vignaioli, ai turisti, ai ragazzi in gita di accedere ai
campi e all’area archeologica. I No Tav hanno piazzato un gazebo accanto
al ponte dopo la centrale Enel. Un piccolo presidio per accogliere ed
informare chi arrivava e per spiegare con gentile fermezza che poliziotti,
carabinieri e gente del Tav non erano graditi.
Naturalmente i carabinieri del capitano Mazzanti hanno preteso di passare:
i No Tav hanno detto no, mettendo un camper di traverso. Nel comunicato
scritto all’assemblea del 25 maggio si chiariva che “La Val Clarea è
un’area posta sotto tutela dal movimento No Tav che non accetta la
presenza di forze dell’ordine con il chiaro intento di guadagnare terreno
per poi installare il cantiere del tunnel geognostico.”
La digos ha fotografato e filmato tutto. Il giorno dopo il quotidiano La
Stampa scriveva di 15 anarcoinsurrezionalisti denunciati al “posto di
blocco”.

Giovedì 26 l’assemblea popolare al Polivalente di Bussoleno è di quelle
che restano nella memoria. Il teatro è stracolmo: tanti restano in piedi,
si accovacciano a terra, si affollano sul palco, ascoltano da fuori
tendendo l’orecchio.
Arriva per un breve intervento anche Plano, il presidente della Comunità
Montana, che pubblicamente si rimangia le parole del giorno prima alla
stampa, negando di aver mai chiesto compensazioni. I giravolta della
politica sono spesso veloci, velocissimi. Senza l’appoggio delle liste
civiche Plano può dire addio alla sua poltrona.
Tante anime ma idee chiare: la partita si gioca sui monti. Noi con la
forza delle nostre ragioni, gli uomini dello Stato armati di tutto punto.

Il giorno dopo, ormai è venerdì 27, si riuniscono politici ed
imprenditori, destra e sinistra e parlano chiaro. Faremo il cantiere costi
quel che costi. In una conferenza stampa indetta all’Unione Industriali
l’assessore regionale Bonino dice a chiare lettere “”Non c’è nessun limite
di ingaggio, quando si tratta di azioni che tutelano l’incolumità dei
cittadini. Noi siamo a fianco delle forze dell’ordine, sappiamo che il
lavoro che dovranno affrontare sarà complicato e che avranno anche fare
con agitatori di professione o persone addestrate alle tecniche di
guerriglia, che hanno scagliato sassi da 120 chili”. È il via libera per
la mattanza.

Sabato 28 nei boschi di Chiomonte e su al piazzale della Maddalena i
bambini giocano nel bosco, in cucina fervono i preparativi per la cena,
Heidi Giuliani ci racconta del luglio del 2001, quando un uomo dello Stato
sparò in faccia a suo figlio. C’è anche un operaio della Fincantieri che
porta la solidarietà dei lavoratori genovesi in lotta.

La notte tra il 29 e il 30 maggio pareva quella buona. Il prefetto avverte
la Comunità Montana, che istituisce un’unità di crisi a Bussoleno, con
distaccamento di amministratori No Tav alla Maddalena.
La risposta popolare è chiara e forte. Centinaia e centinaia di No Tav
accorrono all’appello: qualcuno, con i bambini, passa al pomeriggio,
tanti, i più, arrivano con il buio.
La cucina da campo va avanti tutta la notte, sfornando pasta, insalate,
frittate, dolci, caffé, the per tutta la notte.
Si fanno assemblee, si discute, si lavora, a gruppi la gente parla di
quello che ci aspetta.
La carta della paura, giocata da politici e imprenditori, non ha
funzionato. I più prudenti si sono comperati i caschi da lavoro con il
simbolo del treno crociato, altri ancora si sono portati quelli da
arrampicata, altri suggeriscono ad altri di coprirsi la testa con le mani.
Alcuni ricordano la notte di Venaus, quando le truppe dello Stato
sollevarono la barricata buttando giù quelli che ci stavano sopra.
Le barricate della Maddalena, perfezionate dai liberi tecnici No Tav, sono
sempre più belle.
Le ore passano, i lampeggianti blu non spezzano la magia della notte.
Una lunga nottata. All’alba tanti vanno filati dalla barricata al lavoro.

All’assemblea del giorno prima c’era anche un partigiano valsusino: un
uomo gracile dalla voce chiara: il filo rosso della gente che resiste si
allaccia, si stringe, diventa vincolo di lotta.
Oggi come allora in montagna non ci sono professionisti della politica, né
agitatori di professione, né persone addestrate alla guerriglia. Oggi come
allora ci sono gli anarchici e i comunisti, i cattolici e gli atei, ma
soprattutto c’è tanta gente che non vuole piegare la testa. La libertà non
ha prezzo.

Maria Matteo

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11 maggio: violenta repressione poliziesca contro il movimento sociale in Grecia

riceviamo e pubblichiamo

Solidarietà dall’Internazionale di Federazioni Anarchiche

L’11 maggio, un appello allo sciopero generale è stato lanciato in Grecia. Da questo sono nate manifestazioni in tutto il paese, brutalmente represse ad Atene. Questo grave attacco poliziesco arriva in un clima di forte tensione: denunce di militanti, attacchi fascisti a spazi occupati e a migranti. Fin dall’inizio della manifestazione, che vedeva uniti decine di migliaia di partecipanti, la polizia ha attaccato violentemente lo spezzone libertario e quello dei sindacati di base. Molti sono stati i feriti e decine gli arrestati. Un manifestante è tra la vita e la morte per le percosse subite. Il governo greco è accusato dai manifestanti di tentativo di omicidio.

L’Internazionale di Federazioni Anarchiche sostiene i manifestanti, i movimenti sociali e i gruppi anarchici nelle lotte contro le misure di regressione sociale imposte dal governo greco e dal FMI.

Condanniamo la repressione poliziesca e la violenza dello Stato. Appoggiamo il movimento anarchico greco e le lotte popolari che, in Grecia come in altri paesi, quotidianamente costruiscono le nuove forme di resistenza e di alternativa sociale.

 

CRIFA di Reggio Emilia 22-5-2011

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APERITIVO+CINEFORUM

Giovedì 26 maggio presso la Federazione Anarchica Livornese in Via dgli Asili 33, ultimo appuntamento per il cineforum organizzato dal Collettivo Anarchico Libertario

ore 20:30 Aperitivo con abbondante buffet!

ore 21:30 proiezione di “Carandiru” di Hector Babenco

 

http://img53.imageshack.us/img53/3857/carqu5.jpg

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it

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Comunicato su Piazza Cavallotti

La mattina del 19 maggio vicino Piazza Cavallotti, la Polizia Municipale ha compiuto l’ennesima retata contro i ragazzi senegalesi che lavorano nella zona del mercato, un ragazzo è finito in ospedale ed un altro è stato fermato e successivamente rilasciato grazie alla mobilitazione di decine di migranti, che hanno raggiunto in corteo il Municipio la mattina stessa, sarà processato giovedì 26. Già dal giorno seguente sono continuati i “controlli”. E’ chiara la volontà di esasperare la situazione dall’arroganza con cui vengono condotte tali operazioni, tanto che la Polizia Municipale ha intimato ai giornalisti di non fare foto o riprese video. Ormai da anni la Polizia Municipale viene impiegata per questi “controlli”, che non sono altro che operazioni repressive e persecutorie nei confronti di chi è solo colpevole di trovarsi in una condizione di sfruttamento e discriminazione. I controlli, le denunce, le requisizioni di merce, le minacce e le aggressioni nei confronti degli “abusivi” senegalesi così come lo sgombero e la devastazione dei campi “nomadi” rientrano in quella politica razzista condivisa dal PD e dal Governo. Una politica che non fa altro che peggiorare le condizioni dei più sfruttati ed emarginati, che mira a spezzare la solidarietà tra gli sfruttati e ad alimentare il razzismo stesso. Tutto questo si materializza nell’uso della violenza da parte dello stato. L’amministrazione comunale ha deciso qualche mese fa di armare ancora meglio la sua polizia, oltre alla pistola, saranno attrezzati con spray urticante e manganello. Questo risponde alla volontà di organizzare in senso sempre più autoritario e repressivo il governo della città. La mattina del 19 maggio però non sono riusciti a spezzare la solidarietà, decine e decine di persone hanno reagito difendendo un ragazzo senegalese aggredito fisicamente dalla Polizia Municipale che gli è letteralmente saltata addosso. Sono intervenuti la polizia di stato, i carabinieri, la DIGOS, ma ci sono voluti i pompieri istituzionali per provare a placare gli animi. La reazione della gente però non si è fermata ed un corteo ha raggiunto il Municipio per chiedere la liberazione del ragazzo senegalese fermato. E’ necessario che episodi di solidarietà come quello dimostrato dai passanti e dai migranti stessi, diventino la base di una pratica quotidiana, non solo per vigilare e reagire contro gli attacchi repressivi ma soprattutto per liberarsi da ogni forma di sfruttamento ed oppressione.

 

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it

http://collettivoanarchico.noblogs.org 21/05/2011

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Piazza Cavallotti: due giorni di retate e di solidarietà

da senza soste.it:

 

Piazza Cavallotti, tensione fra vigili e ambulanti senegalesi. Protesta davanti al Comune

chips-1Momenti di tensione fra ambulanti senegalesi e vigili urbani in piazza Cavallotti davanti al Comune. Tutto è iniziato questa mattina verso le 10 quando i vigili hanno messo in atto l’ennesimo intervento per sequestrare il materiale di vendita ad un ragazzo senegalesi di piazza Cavallotti. Uno di loro scappando ha perso il materiale ma i vigili lo hanno raggiunto saltandogli addosso con veemenza e, secondo le testimonianze, anche con inutile violenza. Una scena che ha portato una reazione anche da parte dei numerosi passanti che hanno solidarizzato col gruppo di ambulanti che cercavano di liberare l’amico. Da lì sono nati momenti di tensione fra vigili e ambulanti senegalesi che allora hanno deciso di andare in corteo verso il Comune per protestatre contro il comportamento persecutorio dei vigili e per reclamare la liberazione dell’amico.

Sul posto sono giunte macchine della digos, dei carabinieri e della polizia oltre che alcuni operatori sociali e M’baie Diop (vicino a Arci e Pd) a fare da mediatore. 6 vigili, come loro consuetudine, si sono fatti refertare al pronto soccorso (solita manovra per scagionarsi e fare notizia, tanto paga l’Inail…).

Le tensioni fra vigili e ambulanti di piazza Cavallotti scoppiarono già almeno 3 anni fa senza che tuttavia si fossero mai riscontrati conflitti o situazioni particolari con gli altri ambulanti o i clienti del mercato. Poi negli ultimi 2 anni lo sceriffo Pucciarelli e i suoi vigili hanno deciso di intervenire in modo sempre più “spettacolare” e persecutorio nei confronti dei senegalesi. Una logica che rientra nella ristrutturazione del corpo dei vigili urbani sempre più impegnati nell’ordine pubblico e nella “difesa del decoro urbano”. Basta vedere che proprio questa “squadra” è diventata la più numerosa all’interno del corpo stesso. Nel puro stile dell’amministrazione livornese, forti con i deboli e deboli con i forti.

red. 19 maggio 2011

 

Vigili e senegalesi: spuntano anche le perquisizioni

senegalesi_comuneQuesto pomeriggio, ironia della sorte, il Pd aveva organizzato un incontro sull’immigrazione alla circoscrizione 2. Ospiti Andrea Spini, docente dell’Università di Firenze, il sindaco Cosimi, il segretario toscano del Pd Manciulli e Diop M’baie, rappresentante della comunità senegalese giunta in massa all’incontro.

Dopo quello che era accaduto stamani la parte politica ha evitato di presentarsi lasciando al docente fiorentino l’onere e l’onore di parlare dei fenomeni migratori e del modello toscano. In mezzo ad una circoscrizione gremita non potevano tuttavia mancare gli accenni ai fatti della mattina. E dalle testimonianze è emerso un quadro inquietante (riportiamo in fondo all’articolo una testimonianza di chi ha seguito tutti gli avvenimenti della mattinata).

In particolare ha colpito la denuncia di Diop M’baie circa una lunga serie di perquisizioni avvenute negli ultimi mesi nelle case dei senegalesi a Livorno. Perquisizioni ordinate dalla Procura ed eseguite dai vigili urbani come metodi inquietanti. Dalle stesse parole di M’baie è merso infatti che i vigili si sono presentati spesso anche di notte, senza qualificarsi e mostrando il mandato di perquisizione solo al momento di andarsene. Una cosa vergognosa perquisire chi si arrangia per mangiare di fronte a un totale lassismo verso tutte quelle forme di sfruttamento che nessun vigile o altra autorità si sogna mai di monitorare: a partire dagli affitti-strozzinaggio agli immigrati (e non solo) ammassati nelle case fino ai cantieri dove gli immigrati (e non solo) sono carne da macello.

Ma d’altra parte cosa ci si deve aspettare da un corpo come i vigili urbani, ristrutturato dallo sceriffetto Pucciarelli, con il benestare di Cosimi, con il gruppo più numeroso di vigili affidato alla mansione dell’ordine pubblico e della lotta al degrado sotto la guida del vigile Cenerini che imperversa con le proprie squadracce.

La questione piazza Cavallotti rimane irrisolta. Dall’incontro di oggi nessuna proposta, nemmeno quella più semplice di iniziare un percorso per adibire uno spazio riservato a mercatino come hanno fatto molte città in Italia. E da domani si riparte, con i vigili in prima linea e gli ambulanti senegalesi a scappare. Meno male che questa volta anche i cittadini che hanno assistito alla scena si sono rivoltati di fronte a queste sceneggiate. Probabilmente in molti si stanno accorgendo che la reotrica della legalità è ormai esaurita. In un paese fatto di economia sommersa, democrazia negata, inciuci, banche delinquenti e aziende rapaci, la legalità a senso unico e verso il basso è diventata una barzelletta. red. 19 maggio 2011 (nella foto le macchine di vigili e carabinieri che presidiano la protesta sotto il Comune)

Ecco un riassunto della mattinata fra Piazza Cavallotti e Comune

Da parte del Sindaco Alessandro Cosimi finalmente una parola chiara, sulla legalità tolleranza zero. In pratica questo è il succo della dichiarazione del primo cittadino subito dopo aver partecipato a un incontro con un gruppo di senegalesi, il loro rappresentante Diop, alla presenza del comandante dei Vigili Urbani Pucciarelli. Motivo dell’incontro urgente è quanto accaduto in Piazza Cavallotti questa mattina dove un giovane africano venditore ambulante è stato arrestato, picchiato e trascinato per strada dai vigili urbani livornesi accorsi in aiuto (così sostengono) di alcune vigilesse strattonate dal senegalese che tentava di riavere la merce che gli era stata sequestrata. Una scena, di violenza inutile, hanno detto i cittadini e gli esercenti del mercato che hanno assistito all’azione dei “rambo” modello livornese. Una reazione immediata a favore dei senegalesi che la dice lunga sul metodo, e sul merito di quanto fatto dai vigili urbani.

Da quanto si è potuto appurare, dal racconto degli stessi ragazzi senegalesi che si sono riversati sotto il comune per chiedere l’immediato rilascio del loro compagno che nel frattempo era stato fermato, 3 uomini e una donna in borghese si sono presentati al venditore e gli hanno contestato alcune irregolarità. Sostengono che nessuno si è qualificato come vigile urbano e non hanno neppure chiesto se il giovane fosse in possesso o meno di licenza. Pare infatti che il giovane, il cui unico guaio, forse, è quello di essere colorato, sia in possesso di regolare licenza di vendita e che non commerciasse affatto con prodotti taroccati o falsi d’autore. C’è anche da riferire, sempre a detta dei giovani senegalesi, che negli ultimi tempi vi sarebbe stato un progressivo aumento dei controlli, addirittura con vere e proprie perquisizioni nelle abitazioni dei giovani. Alla domanda se i vigili urbani avessero mostrato un permesso di perquisizione degli alloggi, i ragazzi hanno dichiarato che non è stato mostrato loro nessun documento e in alcuni casi sono stati sequestrati materiale e soldi senza che fosse rilasciata nessuna ricevuta. Come sempre accade, in questi casi, ben 5 vigili urbani si sono fatti refertare in ospedale per le presunte violenze subite, mentre sembra che il ragazzo senegalese sia stato, colpito a pedate anche quando si trovava a terra.

Insomma ancora una brutta storia di quella che viene definita città ospitale e tollerante, dove si fanno convegni e incontri (magari con il sindaco Tosi anche lui per la tolleranza zero) o come quella prevista nel pomeriggio organizzata dal PD. Ma da anni, nessuno che abbia il coraggio di affrontare la questione della comunità senegalese per quello che è, una realtà di giovani che cercano di far campare le loro famiglie facendo quello che trovano da fare, senza rubare o spacciare droga. Il tutto, magari, pagando svariate centinaia di euro per affittare stanze dai soliti cittadini che votano per Cosimi Sindaco, che guarda si alla legalità, ma solo a senso unico.

 

Le squadracce di Pucciarelli colpiscono ancora: perquisizioni e tensione al mercato

Ancora una mattinata di tensioni in zona Piazza Cavallotti

SquadracciaLe squadracce dello sceriffetto Pucciarelli hanno deliberatamente creato tensione come rappresaglia per i fatti di ieri mattina. I vigili infatti hanno fermato un senegalese e ispezionato la sacca per controllare il contenuto. A questa provocazione hanno subito risposto gli amici del ragazzo che hanno circondato la macchina dei vigili. A ciò è seguita la richiesta di documenti ai presenti, compresi i giornalisti a cui è stato intimato di non scattare foto e fare video.

Sembra davvero arrivato il momento di convocare in zona mercato tutta la cittadinanza che ritiene questi comportamenti da Far West o da ventennio, per attuare una vigilanza democratica nella nostra città.

20maggio

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Torino. Processo “Borghezio” rimandato ad ottobre

Venerdì 20 maggio. Doveva essere l’ultima udienza del processo che vede
alla sbarra due anarchici accusati di aver dato del fascista ad un
fascista. A sorpresa la giudice ha richiesto altre testimonianze ed ha
rimandato le arringhe e la sentanza a lunedì 10 ottobre.
In aula c’era un folto gruppo di solidali, mentre all’esterno i compagni
di Food not Bombs hanno allestito una colazione solidale sotto lo
striscione “l’antifascismo non si arresta”.

Ricordiamo brevemente i fatti.
Alla vigilia del 25 aprile 2009 davanti alla sede provinciale della Lega
in via Poggio apparve un fantoccio con la faccia di Borghezio appeso a
testa in giù, come Mussolini a piazzale Loreto. Manifesti analoghi furono
affissi in città. Un gesto simbolico per mostrare che il fascismo è al
governo e in parlamento.
Borghezio è uno dei volti del fascismo di oggi.
Nel 1993 viene condannato ad una multa di 750.000 lire per aver picchiato
un bambino marocchino.
Nel 2000, a capo di un manipolo di camicie verdi, sull’intercity Torino
Milano, fa partire una vera “pulizia etnica” contro un gruppo di ragazze
nigeriane spruzzando i sedili e le malcapitate con il “flit”, il
disinfettante.
Il primo luglio dello stesso anno appicca il fuoco al ricovero di alcuni
immigrati rumeni sotto un ponte. Per un pelo non ci scappa il morto. Dopo
un’iniziale condanna a 8 mesi se la caverà in Cassazione con una multa.
Lo scorso anno in Francia, ad un convegno dell’estrema destra, credendosi
a microfoni spenti, Borghezio dava consigli ai suoi camerati per “non
essere considerati immediatamente fascisti nostalgici, bensì come una
nuova forza regionalista, cattolica, eccetera … ma, dietro tutto ciò,
siamo sempre gli stessi”.
I fascisti sono al governo nel nostro paese. Stanno chiudendo ogni spazio
al dissenso alla contestazione politica e sociale.

I nostri due compagni sono accusati aver detto e scritto che Borghezio è
un fascista ed un razzista.
Sono accusati di aver voluto ricordare, alla vigilia del 25 aprile, che la
Lega Nord è il fascismo che torna.
Oggi il fascismo colpisce ogni giorno.
I CIE, centri per immigrati senza carte, sono i lager del nuovo secolo.
Uomini e donne vi assaggiano processi lampo, soprusi, pestaggi,
umiliazioni, stupri.
Il diritto legale di vivere nel nostro paese è riservato solo a chi ha un
contratto di lavoro, a chi accetta di lavorare come qui nessuno più era
obbligato a fare. Oggi i migranti, con permesso o in nero, sono i nuovi
schiavi di quest’Europa fatta di confini e filo spinato. Gente la cui vita
vale poco o nulla.
È scritto nelle leggi. Leggi razziste.
Ogni giorno, ogni ora, qualcuno muore in mare, inghiottito dalle norme che
impediscono la libera circolazione degli individui. Hanno detto di voler
fermare “l’invasione”: hanno trasformato il Mediterraneo in un cimitero.
Campi di concentramento e deportazioni non sono ricordo di un infame
passato ma sono nelle nostre città, a pochi metri dai giardinetti dove
giocano i nostri figli.
Contro il razzismo di Stato non basta la testimonianza, non basta
l’indignazione. Bisogna mettersi in mezzo: contrastare retate e
deportazioni, rifiutare ronde e militari in strada, sostenere chi lotta
nei CIE, chi sciopera contro la schiavitù legale, chi cerca di scavalcare
i muri e buttare giù le barriere.
Ribellarsi è giusto, l’indifferenza è complicità.

L’Italia è in guerra.
Come ai tempi di Mussolini. Quelli come Bossi, Maroni, Borghezio sono
fatti della stessa pasta.
E gli anarchici, oggi come allora, finiscono in tribunale.
Se non si può dire che Borghezio è un fascista e un razzista, se per
questo si rischia una condanna, se ne va quel che resta della libertà di
dire e di fare.
È in gioco sin la possibilità di criticare l’ordine costituito. È in gioco
libertà di tutti.

Per info e contatti:
Federazione Anarchica Torinese – FAI
Corso Palermo 46 – riunioni ogni giovedì dalle 21
fai_to@inrete.it – 338 6594361

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MANIFESTO CORTEO A FIRENZE CONTRO LA REPRESSIONE

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RIUNIONE SULL’OPERAZIONE REPRESSIVA DEL 4 MAGGIO

Come Collettivo Anarchico Libertario abbiamo pensato che fosse importante creare un momento di confronto sull’operazione repressiva che il 4 maggio ha colpito a Firenze decine di compagne e compagni.
5 compagni agli arresti domiciliari, 17 a cui è stato imposto l’obbligo di firma, 22 perquisiti, 78 gli indagati. Un’indagine colossale architettata da Digos, Ucigos e servizi segreti interni (AISI).
Un’ondata repressiva su vasta scala che colpisce con violenza il movimento studentesco fiorentino in tutte le sue componenti.
Si è quindi deciso, in accordo anche con altri soggetti, di convocare una riunione sulla questione per martedì 17 alle ore 18 presso la FAL in via degli Asili 33, vista anche la necessità di organizzare anche a Livorno iniziative di solidarietà.
Tutte le realtà ed i singoli sono invitati a partecipare.

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