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A Coltano, Pisa si attende l’arrivo dei migranti. No alla strategia della paura!

da:  http://www.kronstadt-toscana.org

 


Mentre le scelte razziste del governo e dell’opposizione contribuiscono a creare la fittizia situazione d’emergenza , a Coltano, vicino a Pisa, gli sciacalli del Partito Democratico si fanno carico di   applaudire e sostenere le reazioni figlie di anni di campagne xenofobe e razziste dei media main-stream. E’ infatti in corso un presidio a Coltano, al quale , almeno ieri sera, era presente per la maggior parte dei partecipanti ceto politico del Pd, che chiede di non fare il Lager/Cie a Coltano.

Lo chiede però non riflettendo sulla barbarie che subirebbero migranti ai quali  come uomini, donne, quindi individui, dovremmo rispondere soddisfacendo i loro bisogni più basilari come il diritto alla libertà di movimento, alla casa , a cure sanitarie, ma viene chiesto di bloccare la costruzione della tendopoli sulla base del tipico pensiero “no nel mio giardino”.

Speriamo che come compagne e compagni  si riesca a mettere in  condivisione le nostre intelligenze per trovare dei punti di incontro  che ci permettano di agire collettivamente, al fine di sfatare le bieche campagne di Partito Democratico, maggioranza di governo in Toscana e a Pisa, come del Pdl, spiegando a tutte le cittadine e a tutti i cittadini come la politica  del mettere gli autoctoni contro i migranti risponda solo alla logica del divide  et impera.  I governi di tutte le epoche e di tutti i colori hanno come pietra miliare della loro continuità di mantenimento del potere la logica del controllo dei suoi sudditi, fomentando sentimenti di paura, distorcendo la realtà al fine di arrestare processi di creazione di coscienza critica e dividere gli anelli più deboli dei settori sociali più svantaggiati a finché si facciano la guerra gli uni contro gli altri invece di unirsi contro padroni e politici.

Berni

A seguire pubblichiamo il contributo tratto dal blog  Femminismo a Sud: http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2011/03/30/a-coltano-pisa-si-attende-larrivo-dei-migranti-no-alla-strategia-della-paura/

A Coltano, Pisa si attende l’arrivo dei migranti. No alla strategia della paura!

Recinzione con doppio filo spinato, casottini fatiscenti, rifiuti tossici, il tutto in una pianura assolata in un territorio paludoso. Un lager in mezzo alle campagne pisane. E descrivere il luogo preposto dal governo in toscana per accogliere parte dei migranti approdati a Lampedusa come un lager non è un’esagerazione. Questo luogo un campo di reclusione lo è stato davvero, nel 1945 gestito dall’esercito americano ed utilizzato come carcere per i soldati della R.S.I. La preoccupazione è capire quante persone dovrebbe ospitare un luogo tanto inospitale e non attrezzato, che trattamento riceveranno i migranti rinchiusi qua dentro, per quanto tempo verranno privati della loro libertà prima che venga accolta la domanda di rifugiati politici. Ci saranno donne e bambini? Sarà permesso alle associazioni che vogliono aiutare a iniziare a lavorare sull’integrazione con queste persone di interagire ed entrare nella struttura?

Sono tante le domande che frenetiche si stanno accavallando in queste ore. Nessun* vuole che questo diventi un CIE o un luogo di sofferenze e violazione dei diritti umani. Vogliamo che ci venga permesso di poter vedere e filmare quello che succede, che ci venga data l’opportunità di dare una mano, di ascoltare e saper dare una risposta alle esigenze di queste persone prese e rinchiuse tra reti di filo spinato. Al momento sappiamo che saranno almeno 500, probabilmente tunisini e che i vigili del fuoco predisporranno delle tende, mentre la gestione sanitaria sarà affidata alla croce rossa. Arriveranno forse domani o dopodomani.

Negli ultimi giorni in televisione e sui giornali non si è fatto altro che parlare di “emergenza”, di “crisi”, di navi della speranza. Di grandi sforzi di fronte ad una catastrofe incontenibile, al rischio di epidemie, di rapine e saccheggi. La realtà è che Lampedusa è stata abbandonata a se stessa, e la gestione e la sopravvivenza delle persone sbarcate è stata lasciata al buon senso e al cuore dei lampedusani e dei volontari accorsi a dare una mano. Ci hanno bombardato di messaggi violenti, esasperanti, svuotando questa vicenda di ogni briciolo di umanità ed empatia. Politici che delineano il far-west, presidi deserti di neo-fascisti, accorsi a piantare la bandierina del razzismo prima che lo facciano gli altri, e ancora migranti da “rispedire al mittente”, “fora di ball“, “rimpatri forzati“. E subito dopo proteste, presidi e interviste di preoccupazione e sciagura ai cittadini dei luoghi preposti a tendopoli.

Colpisce il totale disinteresse per i volti, le parole e le storie di questi giovani, giovanissimi, per lo più uomini, che sono arrivati in italia. La totale disumanizzazione, non sono più persone, sono trattati come pacchi da imballare e rispedire. Peggio. Dalle parole e dalle smorfie che passano in televisione si capisce che dovremmo considerarli ancora peggio, sono l’immondizia che non vogliamo nelle discariche dietro casa, sono le scorie tossiche che inquinerebbero la nostra sicurezza e le nostre città modello.

Mi sento presa in giro, usata, manipolata. Vogliono fare di me, di noi, persone pronte ad odiare, o temere, a comando, allo scattare del codice rosso dell’emergenza nazionale. Mi sono rifiutata di indignarmi come donna a comando per il bene della nazione il 13 febbraio e mi rifiuterò di essere usata per giustificare la violazione di diritti umani in corso oggi. Anch’io non voglio C.I.E., lager, campi profughi, ma non perché se ne dovrebbe occupare qualcun’altro o perché ho paura che queste persone siano una minaccia. Non li voglio perché ho visto la doppia rete di filo spinato dentro cui verranno rinchiusi, e perché so che il caldo che sta arrivando e l’umido della campagna pisana creeranno nugoli di zanzare che riempiranno le tende dove dormiranno ammassati per chissà quanto tempo questi ragazzi. So che nelle carceri e nei C.I.E le persone denunciano abusi e violenze e non oso immaginare cosa possa succedere in un lager del genere a cui a breve, molto probabilmente, non potremmo neanche più avvicinarci.

Io davvero mi auguro che gli abitanti di Pisa, come quelli di Lampedusa, non si facciano ingannare dalla campagna mediatica che li vorrebbe armati di fiaccole o forconi. Che osservino quello schifo di filo spinato e si immaginino anche solo per un attimo cosa vuol dire toccarne il ferro arrugginito immaginando l’incognita del proprio futuro. Che provino a creare ed immaginare un’altra soluzione a questa vicenda, un’alternativa all’accettazione passiva di un campo di concentramento dietro casa o alla lotta perché si faccia ma non “a casa mia”. Se il governo non è stato o non ha voluto essere all’altezza di gestire con umanità e solidarietà questa situazione, come società e come individui abbiamo la possibilità di dimostrare che siamo invece capaci di farlo. Di non giocare al ribasso, lasciandoci intrappolare nelle manipolazioni mediatiche di chi vorrebbe più soldi per costruire C.I.E. o di chi sull’intolleranza verso i migranti ha costruito la sua politica.

Dobbiamo accogliere queste persone, capirne la paura, la disperazione e il disagio. Evitare che si ripeta l’incubo che hanno vissuto sui barconi e a lampedusa e fornirgli servizi e diritti. Dobbiamo impegnare le nostre lotte, le nostre energie, le nostre preoccupazioni affinché nessuno venga maltrattato o privato ingiustamente della libertà. Non stiamo parlando di folle oceaniche o esodi biblici. Sono poche migliaia di giovani in fuga da paesi violentati dalla guerra e da regimi dittatoriali. I nostri paesi europei sono responsabili politicamente di quanto loro stanno vivendo oggi; trattare queste persone come criminali, come animali o come scorie è violarne i diritti e raddoppiare il carico di violenze di cui sono già vittime.

Consapevoli che sarà difficile e faticoso aiutare queste persone non barrichiamoci dietro emergenze costruite solo per impaurirci e trovare in noi dei complici per attuare scelte politiche disumane.

Tutto questo mi riguarda: oggi abbiamo, nostro malgrado, la possibilità di valutare qual è il grado di civiltà e umanità del nostro paese, prendendo come punto di riferimento il trattamento che viene riservato alle persone più “deboli” presenti sul nostro territorio. I migranti sbarcati a Lampedusa sono senza documenti, senza soldi, senza protezione. Quello che sarà di loro e quello che vivranno nei prossimi giorni è responsabilità nostra. Se i loro diritti di esseri umani saranno barbaramente violati vuol dire che nella nostra società ciò è ammesso e tollerato e il nostro silenzio di fronte a questo sarà solo complicità.

lafra

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Profughi a Coltano : Lo speciale in diretta di Aut Aut

da:http://www.autautpisa.it

Filippeschi e Maroni[Aggiornamenti]

18:10 Arriva anche il sindaco di San Giuliano Terme: anche lui, però, risposte non ne ha. La situazione è molto tesa e le voci dei cittadini trasmettono esasperazione. Se la strategia del governo è quella di mettere sotto stress comunità e città ci sta riuscendo perfettamente.

17:30 Sindaco e vice-Sindaco si uniscono al presidio, ma senza nessuna risposta o idea.

17:00 Continua il presidio permanente a Coltano. Mentre giungono comunicati e prese di posizione contro il proposito del governo di rinchiudere in una grande tendopoli centinaia di migranti portati da Lampedusa, quasi si trattasse di pacchi, la tensione sale:

 

i cittadini annunciano che il presidio continuerà anche di notte, a dimostrazione della totale indisponibilità ad accettare l’arrivo dei migranti. Il rischio è che le motivazioni umanitarie che spingono un’enorme parte del tessuto sociale pisano a rifiutare con forza l’assurda “soluzione” imposta dal Governo, vengano oscurate dal risveglio dei peggiori istinti che il Governo sembra fomentare.

I migranti non devono essere reclusi in un ex-campo di concentramento perchè è stupido e disumano, non perchè, come sembra sostenere qualcuno, a Coltano ci sono già anche troppi zingari.

Di seguito il comunicato che convoca un’assemblea per domani, alle 18.30, al circolo Utopia in via San Lorenzo a Pisa

Siamo giunti a conoscenza, come ulteriore conseguenza della nefasta guerra in Libia, che approderanno a Pisa in zona interna all’ex base NATO di Coltano migliaia di profughi. Premesso che l’emergenza, quando i migranti, o ancora più vistosamente i profughi, sono solo poche migliaia risponde più a una montatura propagandistica che a una situazione reale, e quindi semplicemente dando loro i diritti come rifugiati politici si potrebbe evitare di abbandonare a se stessi migliaia di persone su un isola, ci sembra opportuno intervenire con una sensibilizzazione della popolazione affinché non ci siano fraintendimenti. I profughi non sono mai stati un problema, i migranti non dovrebbero esserlo. La vera incognita è quella delle politiche governative che speculano sulla pelle di questi dannati della terra. Il rischio più grosso è infatti che in Toscana il presidente Rossi e la sua giunta colgano l’occasione per adottare misure repressive obbligando i migranti in un luogo invece di sostenere la necessità di dare diritti a questi ultimi come rifugiati politici e rispondere alle loro esigenze più basilari. Inoltre, questo avvenimento increscioso, ovvero quello di creare un vero e proprio campo “lager”, potrebbe aprire la strada alla possibile costruzione di un CIE in Toscana e a Pisa. Sulla base di queste considerazioni proponiamo di incontrarci con tutte le realtà cittadine antirazziste per costruire un percorso comune.

Giovedì 31 marzo 2001 ore 18.00 in Via S. Lorenzo 38 sede del Circolo Utopia.


 

14.00 Si è tenuta stamattina in comune la conferenza stampa convocata dal Sindaco Filippeschi in merito al “campo profughi” di Coltano. Se non si stesse vivendo una tragedia umanitaria sulla pelle di migliaia di uomini e donne migranti la conferenza stampa di questa mattina avrebbe quasi dei lati tristemente umoristici.

Il sindaco Filippeschi si è presentato ai giornalisti col migliore sguardo da anima smarrita a sua disposizione, lamentandosi che con la costruzione di un campo a Coltano vengono annichilite tutte le sue migliori idee per l’area, e provando in tutti i modi a dimostrare la sua mortificazione nel vedere i progetti suoi e del presidente della regione Rossi svanire. Nessun Cie “umanitario”, nessun piccolo parco adibito al concentramento e alla reclusione dei migranti, ma gestito comunque da bravi volontari per dare un’aria più rassicurante alla struttura. No, niente di tutto ciò. Il ministro Maroni che, come detto da Filippeschi, la situazione cittadina la conosce bene, visto che solo qualche mese fa è venuto a Pisa a stringere il famoso patto per Pisa sicura, ha rimandato al mittente qualsiasi idea “socialdemocratica” di Cie o distribuzione dei profughi. Per Maroni quando si fanno le cose vanno fatte per bene. Se di campo profughi si parla allora bisogna fare la tendopoli e non bisogna neanche mascherarsi tanto dietro parole come “accoglienza” e simili.

La realtà, tragica e per nulla grottesca, è che il sito scelto a Coltano è un vecchio campo militare per nulla adatto ad un’operazione del genere. O meglio per nulla adatto se, per l’appunto, di accoglienza si vuole parlare. Una zona a forte rischio di allagamento e dalla natura paludosa, con strutture che non sono adatte ad ospitare nessun essere umano visto che sono sprovviste di finestre, servizi igienici, acqua e corrente elettica. Una struttura che, ma forse questo al ministro Maroni è particolarmente gradito, conserva la sua natura militare con ampi fossati e recinzioni.

La realtà il punto è che tutta l’operazione viene calata completamente dall’alto e questo lo diciamo non per simpatia a Filippeschi visto che l’unica obiezione che riesce a porre è che lui ha già “800 zingari!”… No, l’aspetto spaventoso di tutta questa vicenda è che, proprio come a Lampedusa, si cerca di costruire una politica dello shock nella popolazione, creando il panico, provando a costruire il mostro dell’orda pronta a invadere le nostre case. Ed è su questo tentativo che l’incapacità e la confusione politica dell’amministrazione pisana può trasformarsi da farsa grottesca in tragedia.

C’è da mobilitarsi, costruire in tanti accoglienza, e opposizione alla tendopoli. E, soprattutto, libertà di circolazione per i migranti.

 

Vedi anche:

Tendopoli dei profughi a Coltano, Filippeschi dice NO.

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Lampedusa. Sul confine della vergogna

da: http://senzafrontiere.noblogs.org

Mercoledì 30 marzo. Oggi a Lampedusa è arrivato anche Berlusconi. Camicia nera, demagogia e promesse. Adesso che c’è lui tutto andrà a posto. Finora “non aveva le idee chiare” ma ora sa cosa si deve fare e lo sta facendo. Sgombero dell’isola, pulizia, rimpatri, agevolazioni fiscali e anche la candidatura al Nobel per la Pace. Su questo scoglio di frontiera la neolingua del premier chiama pace la guerra. Intanto la premiata ditta gabbie e polizia è all’opera. Tendopoli miserabili, e la minaccia dei rimpatri. Sempre che il governo di Tunisi sia in grado di mantenere gli impegni presi con Maroni e Frattini e di incassare il premio pattuito.

Vale la pena leggere la cronaca e l’analisi dalla Sicilia di Taz, laboratorio di comunicazione libertaria.
Alla fine ci sono riusciti. Con le rivolte del Nordafrica e con lo scoppio della guerra dichiarata dalle potenze occidentali alla Libia, l’aumento degli sbarchi di immigrati e profughi nell’isola siciliana di Lampedusa è servito al governo italiano per non gestire una situazione che si è trasformata, inesorabilmente, in una emergenza. Nel momento in cui scriviamo, le presenze di immigrati a Lampedusa hanno superato le 6.000 unità. Davvero una quantità considerevole se si pensa che i lampedusani residenti sono, abitualmente, cinquemila. In realtà, il vero problema è un altro, e cioè le condizioni inumane nelle quali il governo ha abbandonato al loro destino gli immigrati e, insieme a loro, la popolazione autoctona.
Per giorni e giorni il governo ha indugiato nel predisporre un piano sostenibile per un’accoglienza decente e per la progressiva evacuazione dell’isola, e così – a fronte di una oggettiva intensificazione degli sbarchi – non si è provveduto a un contestuale decongestionamento di Lampedusa. Una volontà politica criminale che discende direttamente dalla generale impostazione repressiva delle leggi in materia di immigrazione in Italia.
L’emergenza-Lampedusa rappresenta un quadro, grottesco e realistico nello stesso tempo, della pericolosità sociale di chi sta governando il paese.

A Lampedusa gli immigrati sono stati dapprima stipati nel Centro di prima accoglienza, pieno fino all’inverosimile (1.500 persone), altri 450 nella ex base Loran, 420 nelle strutture ecclesiastiche, e ben 4.000 nella stazione marittima, nell’area del porto e sulla “collina della vergogna” dove essi stessi hanno improvvisato un accampamento. Si tenga presente, giusto per fare un esempio, che a Lampedusa per alcuni giorni 2.000 immigrati non hanno mangiato perché la cooperativa che gestisce il Centro è abilitata a fornire un massimo di 4.000 pasti. Inevitabili le proteste dei migranti, e altrettanto inevitabile la reazione rabbiosa dei lampedusani: dapprima i blocchi del porto con la volontà di non fare attraccare più alcun barcone, e poi l’occupazione dell’aula consiliare del Comune in segno di protesta. A fare da sfondo a tutto questo, il radicato sentimento di frustrazione della popolazione isolana, di fatto costretta a subire le scelte dissennate del governo centrale. Il conflitto si sta consumando, pur nella sua fisiologica ritualità, anche a livello istituzionale, con la Regione siciliana – presieduta dal governatore Lombardo – che ha denunciato le mancate promesse da parte del Ministro dell’Interno Maroni in direzione di una distribuzione degli immigrati su tutto il territorio nazionale. D’altra parte, quel galantuomo di Umberto Bossi ha sbrigativamente liquidato l’argomento auspicando che gli immigrati se ne vadano «fuori dalle palle» il prima possibile.
Infatti, dopo che l’emergenza è stata creata ad arte, il governo ha giocato un’altra, incredibile, carta: le tendopoli. Tredici siti di proprietà demaniale (per lo più di origine militare) sarebbero stati individuati in tutta Italia per allestire accampamenti destinati alla “sistemazione” dei migranti (il governo ci ha già abituati a questo genere di provvedimenti sull’onda delle “emergenze”). Ancora una volta però, sembra che siano solo la Sicilia e il Sud a dover sostenere il peso di questa strategia terroristica del governo. Le tendopoli in fase di allestimento potrebbero contenere 800 persone ciascuna, e si trovano a Manduria (in provincia di Taranto), a Caltanissetta (vicino al Centro di identificazione ed espulsione) e a Kinisia, vicino Trapani. In quest’ultimo caso, si tratta dell’area dell’ex aeroporto militare, a pochissima distanza dall’attuale base militare di Birgi (da dove partono i Tornado italiani che fanno la guerra in Libia). L’ex aeroporto di Kinisia si trova in aperta campagna, è un edificio diroccato e abbandonato, e la tendopoli sarà montata sulla pista e in tutta la vasta area circostante. Anche qui, la popolazione locale ha già dato segni di pericolosa insofferenza bloccando i mezzi dei vigili del fuoco per impedire la realizzazione dell’accampamento. I trapanesi che vivono nella tranquilla periferia rurale della città non vogliono gli immigrati “per non fare la fine di Lampedusa”, “perché abbiamo paura”, “perché temiamo per i nostri bambini”. Reazioni scomposte e irrazionali che si aggiungono alla rabbia per il danno economico derivato dalla forzata (prima totale poi parziale) chiusura dell’aeroporto civile a seguito dell’inizio delle operazioni di guerra. Al di là di questa brutta piega che stanno prendendo gli eventi, non si può ignorare come la Sicilia occidentale si confermi un terreno di inaudita sperimentazione repressiva sulla pelle degli immigrati. A Trapani ci sono già un Centro d’Identificazione ed espulsione (Cie) e un Centro richiedenti asilo, entrambi colmi. E poi c’è il nuovo Cie di contrada Milo, in fase di ultimazione.
Dall’altra parte dell’isola, c’è il “Villaggio della solidarietà” (ex residenza dei militari Usa di Sigonella) a Mineo, in provincia di Catania. Anche in questo caso, l’approssimazione si è accompagnata a un innalzamento ingiustificato della tensione e dell’ingestibilità. Adesso quello di Mineo è ufficialmente un Centro per richiedenti asilo (CARA), era stato concepito per trasferirvi i rifugiati già presenti in tutti i Centri italiani, ma poi – con l’emergenza – ha finito con l’ospitare anche alcuni immigrati subsahariani appena arrivati a Lampedusa.
Ed è qui che – mentre scriviamo – si aspetta l’arrivo di sei navi (una militare, la San Marco, e altri cinque traghetti) per l’immediata evacuazione dell’isola, dopo settimane di incuria e lassismo. Ma è davvero concreta la sensazione che, in tutta questa vicenda, gli immigrati siano trattati come pacchi postali da ri muovere, deportare e parcheggiare senza alcun criterio di umanità.
All’origine di questo scempio ci sono molti fattori. Le leggi razziste, innanzitutto, che rendono materialmente impossibile la vita degli immigrati marchiati come “irregolari”. Se ci si potesse spostare liberamente, la maggior parte di questi problemi non ci sarebbero. Le persone non sarebbero considerate “extracomunitarie”, né si creerebbero pretestuose distinzioni tra “clandestini”, “profughi” e “richiedenti asilo” con tutta la burocrazia assassina che ne deriva. E poi c’è la situazione internazionale. Non è possibile pretendere che le persone non cerchino di fuggire dalle situazioni di pericolo o di precarietà. Le rivolte nel Maghreb e l’instabilità sociale e politica in Tunisia ed Egitto sono tutti motivi più che comprensibili per emigrare. Infine, non bisogna dimenticare che siamo in guerra. I paesi occidentali hanno scatenato l’intervento militare in Libia, l’Italia si è accodata volentieri in questa impresa scellerata, e adesso si pretende di non avere a che fare con le sue conseguenze disastrose.
Agli anarchici spetta un compito epocale, quello di fare fronte a questa deriva infame. In questa fase la lotta antirazzista non può prescindere da un rilancio dell’attività antimilitarista. In entrambi i casi occorre lavorare nel corpo sociale per arginare gli effetti nefasti del terrorismo mediatico con cui il governo dipinge gli immigrati come pericolosi invasori, descrive l’intervento in Libia come un provvedimento umanitario, impaurisce e distrae l’opinione pubblica costruendo a tavolino le situazioni emergenziali per poi giustificare strette repressive e discriminatorie assolutamente devastanti.

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Livorno: riunione sulla guerra e sulla costruzione del campo profughi di Coltano

GIOVEDI’ 31 MARZO ORE 21:30
AL CSA GODZILLA
RIUNIONE SULL’INTERVENTO IN LIBIA
E SULLA COSTRUZIONE DI UN CAMPO PROFUGHI A COLTANO

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Appello riunione a Pisa su campo profughi a Coltano

Appello per una riunione presso il circolo Utopia in via s. Lorenzo 38 Giovedì 31 Marzo 2011 ore 18.00

Siamo giunti a conoscenza, come ulteriore conseguenza della nefasta guerra in Libia, che approderanno a Pisa in zona interna all’ex base NATO di Coltano migliaia di profughi..
Premesso che l’emergenza, quando i migranti, o ancora più vistosamente i profughi, sono solo poche migliaia risponde più a una montatura propagandistica che a una situazione reale, e quindi semplicemente dando loro i diritti come rifugiati politici si potrebbe evitare di abbandonare a se stessi migliaia di persone su un isola, sembra opportuno intervenire con una sensibilizzazione della popolazione affinché non ci siano fraintendimenti.
I profughi non sono mai stati un problema, i migranti non dovrebbero esserlo. La vera incognita è quella delle politiche governative che speculano sulla pelle di questi dannati della terra.
Il rischio più grosso è infatti che in Toscana il presidente Rossi e la sua giunta colga l’occasione per adottare misure repressive obbligando i migranti in un luogo invece di sostenere la necessità di dare diritti a questi ultimi come rifugiati politici e rispondere alle loro esigenze più basilari. Inoltre, questo avvenimento increscioso, ovvero quello di creare un vero e proprio campo “lager”, potrebbe aprire la strada alla possibile costruzione di un CIE in Toscana e a Pisa.
Sulla base di queste considerazioni proponiamo di incontrarci con tutte le realtà cittadine antirazziste per costruire un percorso comune.

Giovedì 31 marzo 2001 ore 18.00 in Via S. Lorenzo 38 sede del Circolo Utopia.

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Il campo per i profughi sarà a Coltano

 

riportiamo la notizia presa da internet.
DA: http://www.pisanotizie.it/news/news_20110329_tendopoli_coltano_profughi_libia.html
Coltano: una tendopoli per i profughi libici
L’area dovrebbe essere quella dell’ex-campo di concentramento americano. L’ira del presidente Rossi: “Noi con questa scelta non c’entriamo nulla. E’ una scelta d’imperio del Governo”. “Il sindaco Filippeschi: “E’ molto negativo che su vicende come questa venga data una notizia senza alcun confronto preventivo con il Comune. E’ un metodo barbaro”.
 

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E’ arrivata nella tarda serata di ieri la notizia secondo la quale il Governo avrebbe deciso la sede di Coltano come luogo dove potrebbe sorgere la terza tendopoli, dopo quelle di Manduria e Trapani, per ospitare i migranti sbarcati a Lampedusa. Non si tratta di un’area militare ma di un’area del demanio dove tra il maggio e il settembre 1945 la 92a Divisione ‘Buffalo’ della V Armata Usa gestiva un campo di concentramento in cui furono rinchiusi circa 35 mila ex militari della Repubblica Sociale Italiana. L’intenzione del Governo, al cui piano definitivo stanno lavorando i tecnici dell’unità di crisi del Viminale, e che sarà oggi sul tavolo del Consiglio dei ministri per la sua approvazione definitiva prevede la realizzazione di una tendopoli su cui i numeri ancora non vi sono certezze ma si dovrebbe arrivare intorno alle 1000 alle presenze. Questa notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno per il presidente della Regione Enrico, Rossi che aveva dato da subito una disponibilità all’accoglienza dei profughi libici nel territorio toscano ma in modalità e forme molto assolutamente diverse per metodo e merito: non una mega-tendopoli ma diversi centri di accoglienza di ridotte dimensioni in tutte le provincie toscane. E la reazione di Rossi è stata durissima: ” “Noi con questa scelta non c’entriamo nulla. E’ una scelta d’imperio del Governo”. “Avevamo dato la disponibilità all’accoglienza – prosegue Rossi – ed eravamo pronti. Per domani (oggi per chi legge) era già stata convocata una riunione con sindaci e presidenti di provincia, associazioni del volontariato insieme al prefetto di Firenze, proprio per esaminare un primo elenco di possibili luoghi dove organizzare l’ospitalità per i profughi”. “Il governo invece agisce d’imperio e decide per conto suo, senza consultare nessuno. In questo modo – conclude Rossi – non ci può essere alcuna collaborazione”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche la prima reazione del sindaco di Pisa, Marco Filippeschi: “E’ molto negativo che su vicende come questa venga data una notizia senza alcun confronto preventivo con il Comune. E’ un metodo barbaro”. “Si dice solo che sorgerà su un’area che non appartiene alla Difesa – ha aggiunto Filippeschi – ma non si sa quale perché nessuno ci ha mai detto niente di ufficiale e nessun confronto è stato avviato prima con il territorio, nonostante noi avessimo già messo in guardia le autorità dalle criticità che abbiamo. Senza contare che Coltano è un’area che appartiene per intero al parco naturale di San Rossore”. Sarà quindi decisiva la giornata di oggi in base a quanto verrà deciso a Roma e a come andrà l’incontro che si terrà a Firenze e a cui parteciperanno gli assessori competenti di tutte le città della Toscana e i Presidenti delle Province.
da:
http://www.tmnews.it/web/sezioni/news/PN_20110329_00015.shtml 

Firenze, 29 mar. (TMNews) – Il Governo avrebbe individuato in un’area a Coltano, nei pressi di Pisa, il luogo della terza tendopoli che, oltre a Manduria e Trapani, dovrà ospitare i migranti di Lampedusa. A tale ipotesi gli amministratori locali reagiscono tutti con sorpresa e dissenso, sia per le modalità di questa scelta, sia perché, a Coltano, la tendopoli si situerebbe all’interno del parco di San Rossore. Una zona, che, accusa il sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, non appartiene alla Difesa: “è un modo di agire barbaro -dice Filippeschi- nessuno ci ha mai detto niente di ufficiale e nessun confronto è stato avviato prima con il territorio”. Anche il presidente della Toscana, Enrico Rossi, prende le distanze da “questa scelta con cui noi non c’entriamo nulla. Il Governo ha agito da solo, d’imperio”.

Da parte di Filippeschi e Rossi vi è poi il rifiuto di accentrare i profughi in unico luogo. “Sarebbe meglio diversificare i siti di accoglienza -sottolinea il presidente della Regione- puntiamo a spazi piccoli, strutture per un massimo di 200 persone” e ricorda come “l’unica condizione scaturita dal tavolo col Governo è che si ospiti un profugo ogni mille abitanti”. Ma tutto lascia pensare che il luogo individuato da Roma sia questa vecchia stazione di trasmissione, ora dismessa, provvista di recensione, già usata dagli americani nella seconda guerra mondiale.

A Coltano c’era un campo di concentramento di prigionieri di guerra organizzato dagli alleati in Toscana, i PWE 336, 337 e 338. Vi furono rinchiusi circa 35 mila ex militari della Repubblica Sociale Italiana, tra i reclusi si ricordano gli attori Walter Chiari, Dario Fo, Enrico Maria Salerno, Raimondo Vianello, il giornalista Enrico Ameri, e i politici Mirko Tremaglia e Giuseppe Turini. Quanto alla prigionia di Ezra Pound esistono due tradizioni: l’una ricorda il poeta a Coltano, l’altra a Metato, sempre a pochi chilometri da Pisa.

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RIUNIONE ASSEMBLEA CONTRO I CENTRI DI ESPULSIONE

Giovedì 17 marzo si è riunita l’Assemblea contro i Centri di Espulsione.

E’ emerso da tutti il bisogno di far sviluppare di nuovo nell’Assemblea quella continuità e quella progettualità che ultimamente è mancata. Negli ultimi mesi infatti, l’attività si è concentrata attorno ad iniziative che nascevano su spinta di singole situazioni d’emergenza (brescia, lampedusa). Iniziative importantissime ma che rischiano di restare di carattere episodico.

La situazione attuale inoltre impone una maggiore presenza ed attenzione verso certi temi. Si è infatti parlato di diverse questioni: La campagna razzista che sfrutta gli sbarchi dei profughi per alimentare la paura, le rivolte nei Centri di Espulsione nelle scorse sttimane, le deportazioni dei richiedenti asilo a Mineo in Sicilia, le notizie non ufficiali secondo cui la Regione Toscana avrebbe ripreso a muoversi per localizzare il luogo di costruzione del C.I.E. sul territorio regionale.

 

E’ stato deciso di convocare per martedì 29 marzo una nuova riunione dell’Assemblea contro i Centri di Espulsione per discutere ancora di questo e per pensare a possibili iniziative. Sono invitati a partecipare tutti coloro che hanno preso parte al percorso locale contro i C.I.E. e tutti coloro che intendono opporsi ai C.I.E. in Toscana ed altrove.

 

RIUNIONE ASSEMBLEA CONTRO I CENTRI DI ESPULSIONE

MARTEDI’ 29 ORE 21:30

PRESSO LA FAL IN VIA DEGLI ASILI 33

 

 

Assemblea contro i centri di espulsione

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Livorno: presidio contro la guerra in Libia

da: http://www.kronstadt-toscana.org

 

Venerdì 25 marzo si è tenuto a Livorno un presidio unitario contro l’intervento militare in Libia.

Presenti varie sigle politiche anche se con due diversi appelli: C.S.A Godzilla, Collettivo Anarchico Libertario, Coordinamento Studentesco Livornese, Sinistra Critica, Unicobas, Unione Sindacale di Base. E poi Rifondazione Comunista, SEL, ARCI ed Emergency.

Circa un centinaio di persone erano presenti in Piazza Cavour, per quella che è stata la prima iniziativa di un percorso di mobilitazione che si rende necessario per creare una concreta opposizione all’ennesimo saccheggio da parte degli stati, del capitale, dell’industria bellica e dell’apparato militare.

Sono in programma anche a Livorno, per la prossima settimana, altre iniziative, sia unitarie che specifiche, contro l’intervento in Libia.

Segue il volantino del Collettivo Anarchico Libertario distribuito in questi giorni in città:

NO ALLA GUERRA!

Sabato 19 marzo, una coalizione che vede in prima fila Francia, USA e Gran Bretagna, ha dato inizio ad una serie di bombardamenti sulla Libia con raid aerei e missilistici.
Anche l’Italia sta partecipando, fornendo strutture logistiche e inviando i propri aerei, a quella che fin da subito si è configurata come una vera e propria guerra.
Questo avviene mentre la propaganda parla come sempre di “intervento umanitario”, presentando il conflitto come un modo per aiutare il popolo libico contro l’oppressione di Gheddafi. Ma non c’è niente di più falso.
Una guerra non è mai umanitaria. Quegli stati che adesso muovono guerra a Gheddafi lo hanno sostenuto fino a poche settimane fa, fino a quando è riuscito a garantire la stabilità dell’area e gli interessi delle varie potenze. Il popolo libico si troverà schiacciato tra l’oppressione della dittatura di Gheddafi e la guerra portata dalle forze della coalizione.
Quella che è scattata sabato 19 marzo non è una missione umanitaria, ma una vera e propria “corsa alla Libia”.
Nella confusione sulla guida della coalizione e nella spaccatura della N.A.T.O. emerge la competizione in corso tra le potenze per l’influenza sulla futura Libia. Con il primo bombardamento da parte della Francia è iniziata una corsa nella quale si è inserita anche l’Italia per difendere gli interessi dell’ENI e per mantenere la propria influenza sull’area.
Ad oggi non è ancora chiaro come continuerà il conflitto, non è da escludere che ci possa essere un intervento di terra.

Dobbiamo opporci a questa guerra!

Contro l’ennesima carneficina in nome degli interessi degli stati e dei capitalisti
Contro l’ennesima carneficina mascherata da intervento “umanitario”.
Contro una guerra neocoloniale ed imperialista, in cui si decide la spartizione del Nord Africa a partire dalla Libia, l’influenza sull’area ed il controllo delle risorse del territorio, prime fra tutte petrolio e gas naturale.
Contro le presunte soluzioni di quegli organismi diplomatici che servono solo a legittimare gli interessi degli stati e a creare nuovi equilibri per il capitale.
Contro una guerra che come sempre verrà pagata duramente dai lavoratori e dalle lavoratrici siano di origine italiana o straniera in termini di sfruttamento, di precarietà, di riduzione dei servizi, di repressione del dissenso, di razzismo.

Ribelliamoci a chi ci dice che le stragi le guerre ed i bombardamenti sono umanitari
Ribelliamoci a chi, a forza di ricatti, continua a chiederci sacrifici a causa della crisi, mentre i soldi per le spese militari, le guerre ed i bombardamenti ci sono sempre.
Ribelliamoci a chi sulla pelle degli sfruttati aumenta i propri profitti, in Italia come in Libia, come nel resto del mondo.
Ribelliamoci a chi ci impone quotidianamente la violenza della guerra, del razzismo, della polizia, del militarismo, dello sfruttamento.
Ribelliamoci ovunque alla guerra, allo stato, al capitale!

Collettivo Anarchico Libertario – Livorno

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Firenze: Conciatori resiste!

da: http://www.kronstadt-toscana.org/
Pubblicato da berni il 25 – marzo – 2011

Ieri mattina alle ore 8.30-9.00 è stato sventato il primo tentativo di sgombero dell’immobile sito in via dei Conciatori a Firenze nel quartiere Santacroce.

Fin dalla sera precedente moltissimi compagni e compagne hanno partecipato alla cena sociale, sempre a offerta libera, al circolo Anarchico  e hanno continuato a presidiare l’immobile, durante tutta la notte.

Il progetto conciatori racchiude una molteplicità di soggetti, associazioni, collettivi, movimenti e gruppi nati  dagli stessi abitanti del quartiere.

Sono stati infatti occupati altri locali dell’immobile svenduto all’asta dal comune , poco più di mille euro al metro quadro a santacroce sono irrisori, con l’evidente tentativo di effettuare le solite operazioni speculative.

I compagni e le compagne anarchici e i gruppi, associazioni e cittadini del quartiere hanno risposto con la creazione dal basso di ulteriori momenti di aggregazione, dibattito politico  e riflessione  rispetto a quelli che già erano presenti prima della svendita all’asta.

Il progetto conciatori infatti nasce proprio per restituire alle persone la possibilità di sviluppare progettualità dal basso negli spazi che devono restare pubblici, dove per pubblico si intende a disposizioni di tutti e tutte.

La realizzazione di laboratori di auto-produzione del sapone come nella festa del gennaio scorso, la ludoteca per bambini e la nascita di molte altre iniziative evidenzia l’urgenza di rispondere ad un bisogno sociale, quello di conoscersi, di condividere e relazionarsi fuori dagli ambienti lavorativi o del “divertimento ufficiale”. I cittadini le compagne e i compagni insieme ad associazioni gruppi e movimenti in via dei conciatori lo hanno fatto e lo stanno facendo attraverso il metodo dell’autogestione, ossia,   attraverso la decisione in prima persona da parte degli individui all’interno di assemblee orizzontali, in un processo di continua definizione di risposte a una molteplicità di bisogni che di volta in volta emergono.

Oltre alle attività in questi mesi sono nati anche dei gruppi, come l’esempio di un collettivo femminista che denota l’urgenza non solo di creare eventi, ma riflessione dibattito e progettualità attorno a tematiche di primo piano come possono essere le questioni di genere.

Ieri 24 marzo l’ufficiale giudiziario, accompagnato dai vigili urbani non ha potuto svolgere lo sfratto/sgombero dell’immobile.  Al loro arrivo i vigili si sono trovati di fronte al presidio mattutino al quale erano presenti circa 150 persone, quelle persone, che attivamente nelle ultime due settimane hanno creato quasi ogni giorno eventi, presidi, momenti di riflessione e dibattito su come  rispondere ai tentativi di dissolvere un’esperienza di socialità altra, progettualità altra e di solidarietà  fra i membri di una collettività.

Al termine del presidio si è svolta un’assemblea per decidere come continuare la resistenza ai continui attacchi di chi ha solo l’interesse a mantenere i propri privilegi tramite speculazioni, giochi di potere e controllo/normalizzazione di tutto ciò che non è funzionale al proprio potere e al proprio profitto.

Berni

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Intervento di un anarchico libico: I segni della sconfitta della rivoluzione in Libia

da: a-infos

I segni della sconfitta della rivoluzione in Libia

In poche ore, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha deciso di dare inizio agli attacchi aerei contro la Libia. La Francia  era già pronta la notte prima.

Condanniamo questa risoluzione internazionale. E respingiamo totalmente ogni intervento straniero in Libia, da qualsiasi parte, e specialmente quello francese. Quella Francia, che ha venduto a Gheddafi armi per un valore di miliardi, armi che ora vengono usate per colpire i libici, quella stessa Francia che ha continuato a fare affari con Gheddafi fino a 3 settimane fa.

Noi condanniamo questo intervento che trasformerà la Libia in un inferno peggiore. Si tratta di un intervento che sta rubando la rivoluzione agli stessi libici, una rivoluzione che sta costando loro migliaia di morti fra uomini e donne.

E’ un intervento che dividerà la stessa resistenza libica.

Ed anche se queste operazioni riuscissero a far cadere Gheddafi (o ad ucciderlo) come fu per Saddam Hussein, vorrà dire che dovremo agli Americani ed ai Francesi la nostra libertà e possiamo stare sicuri che ce lo ricorderebbero ogni istante.

Come possiamo accettare questa situazione? Come spiegheremo tutte queste vittime alle generazioni future e tutti quei cadaveri ovunque?

Essere liberati da Gheddafi solo per diventare schiavi di coloro che lo hanno armato e lo hanno sostenuto in tutti questi anni di violenza e di repressione autoritaria?

Dopo il primo errore –aver militarizzato la rivoluzione popolare – stiamo commettendo il secondo errore – l’istituzione di una nuova dirigenza o di figuri che provengono dai resti  del regime libico della Jamahiriya. Ed il nostro terzo errore si sta realizzando inevitabilmente: chiedere aiuto ai nostri nemici. Spero solo che non commetteremo anche un quarto errore: e cioè l’occupazione e lo sbarco dei marines.

Sarkozy e la Francia sono nostri nemici; e lo sono anche di tutto il Terzo Mondo. Non nascondono il loro disprezzo nei nostri confronti. A Sarkozy importa solo di essere ri-eletto l’anno prossimo.

L’uomo che ha organizzato l’incontro tra Sarkozy ed i rappresentanti del consiglio nazionale ad interim non è altri che Bernard-Henri Lévy, un filosofo ciarlatano, e per coloro che non lo conoscono, si tratta di un attivista sionista francese che si impegna strenuamente a difesa di Israele e dei suoi interessi. Costui è stato visto recentemente in Piazza Tahrir per vigilare che i giovani rivoluzionari non se la prendessero con Israele.

Cosa possiamo dire delle bombe che arrivano?

Che esse non sanno distinguere tra chi è  pro-Gheddafi e chi è contro.

Le bombe colonialiste, come ben si sa, hanno il solo scopo di difendere gli interessi dei commercianti di armi. Costoro hanno venduto armi per miliardi ed ora ne chiedono la distruzione…. Poi noi compreremo altre armi col nuovo governo ed è una vecchia storia che si ripete. Ma ci sono persone che non sanno imparare senza commettere gli stessi vecchi errori di sempre.

Credo sia tutto molto chiaro: si tratta di un vero errore strategico, un errore che il popolo libico pagherà forse per anni. Forse per un tempo persino più lungo deI governo di Gheddafi e della sua famiglia.

Mi appello oggi, in queste ore in cui la Libia sta bruciando come una nuova Baghdad, a tutti i libici, a tutti gli intellettuali agli artisti, ai laureati, a chi sa scrivere ed a chi è analfabeta, alle donne ed agli uomini, affinché rifiutino questo intervento militare di USA, Francia, Gran Bretagna e regimi arabi che lo sostengono. Al tempo stesso faccio appello a tutti i popoli perchè ci sostengano: faccio appello agli Egiziani, ai Tunisini, ai Francesi, persino ai Cinesi, a tutti i popoli del mondo, perchè siano benvenuti il loro appoggio e la loro solidarietà.

Ma per quanto riguarda i governi, tutti i governi, noi non gli chiediamo niente, se non di lasciarci in pace, di lasciarci risolvere Il problema con Gheddafi per conto nostro.

Saoud Salem

anarchico libico

 

 

Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali

17 marzo 2011

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