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Lampedusa brucia

(da Umanità Nova n.8 del 1 marzo 2009: http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2009/un08/art5715.html)

La rivolta nel lager di Lampedusa si è conclusa con la
distruzione di un’intera ala della struttura. C’erano stati
pesantissimi scontri tra immigrati e polizia, con feriti e contusi da
ambo le parti. Tra le macerie fumanti, il questore di Agrigento Di
Fazio ha giocato la carta mediatica dichiarando che l’intervento dei
suoi uomini ha fatto sì che nessuno morisse in quell’incendio.
Può darsi. Ma botte, manganellate e lacrimogeni per stroncare la
rivolta erano stati elargiti a piene mani da questi eroi in divisa. I
protagonisti della protesta erano tunisini, letteralmente impazziti di
fronte alla prospettiva di essere rimpatriati dopo una detenzione lunga
ed estenuante. In un’isola, Lampedusa, il cui orizzonte di mare si
perde a vista d’occhio e la libertà è un soffocante
miraggio. Un’isola in cui i bravi ragazzi del questore Di Fazio avevano
pestato, giusto qualche giorno prima, un uomo beccato da solo tra le
vie del paese. Dopo averlo mandato all’ospedale, gli agenti si sono
giustificati dicendo che l’avevano scambiato per un clandestino evaso
dal centro di identificazione. Complimenti.
Nel rogo di Lampedusa non è morto nessuno, per fortuna. Ma non
sarebbe stata la prima volta, dato che a Trapani – quasi dieci anni fa
– sei immigrati erano rimasti intrappolati nel lager in fiamme
perché i poliziotti non trovavano le chiavi per aprire le celle.
Dopo tutti questi anni, il quadro è addirittura peggiorato. I
lager ci sono sempre, ci si rimane di più, e lo stato è
sempre più spietato. Dopo la rivolta lampedusana, sono
cominciate delle deportazioni per distribuire gli immigrati in vari
altri centri sparsi per l’Italia. Come a Torino, in corso Brunelleschi,
dove i deportati hanno dato vita ad altre proteste e a uno sciopero
della fame. Una richiesta di aiuto raccolta dagli anarchici e dagli
antirazzisti torinesi, riuniti in presidio per far sapere ai reclusi
che la solidarietà internazionalista esiste ancora.
Nella stessa settimana è stato approvato il decreto-sicurezza
con cui il governo ha voluto condensare tutta la brutalità delle
sue politiche frullando insieme emergenza stupri, immigrazione
clandestina e ronde autorganizzate per dare in pasto all’opinione
pubblica una sbobba fatta di rancore forcaiolo e razzismo consacrato.
Nessuna riflessione sul fatto che a stuprare siano soprattutto mariti e fidanzati italiani.
Nessun pudore nell’identificare meschinamente immigrazione e
criminalità. Nessun riguardo per il principio fondamentale
secondo cui le responsabilità degli individui – anche sul piano
penale o giuridico – vanno ascritte solo ed esclusivamente agli
individui medesimi, e non a interi gruppi sociali. Ma l’attacco agli
immigrati procede su questi binari totalitari, senza troppi
complimenti. Sulla base di tutto questo, il decreto fa sì che i
medici possano denunciare i clandestini direttamente in corsia.
Potrebbero non farlo, è vero. Ma come la mettiamo con le Asl
delle città settentrionali, lottizzate dalla Lega Nord, in cui
potrebbe essere molto difficile sottrarsi al rischio di essere a sua
volta denunciati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina? Per
non parlare poi della legalizzazione, prevista per decreto, delle ronde
di cittadini che già da tempo imperversano nelle province padane
aizzate dai capipopolo leghisti e fascisti.
Infine, tornando ai centri di identificazione ed espulsione, nel
decreto-sicurezza viene dilatato fino a sei mesi il periodo di
detenzione di ogni immigrato. E, al momento in cui scriviamo, il
Viminale ha fatto sapere che sono in cantiere altri lager in tutta
Italia, nelle Marche, in Campania, in Umbria, in Veneto, possibilmente
lontani dai centri abitati e vicini a un aeroporto. Benvenuti in
Italia.
 
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

Posted in Antimilitarismo, Antirazzismo, Carcere, Generale.

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