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Truppe in Libia, Niger e Tunisia – Ribelliamoci alla guerra!

articolo pubblicato sul settimanale anarchico Umanità Nova n. 3 del 2018

Truppe in Libia, Niger e Tunisia

Ribelliamoci alla guerra!

Il 17 gennaio la Camera ha approvato il rinnovo delle missioni militari all’estero. Oltre al rinnovo di quelle già in atto, è stato deciso un nuovo impegno strategico in Africa per la difesa della sicurezza degli interessi nazionali. Libia, Niger (con intervento anche in Nigeria, Mauritania, Mali e Benin), Tunisia, Sahara Occidentale, Repubblica Centrafricana, sono questi i paesi dove saranno inviate le truppe. Prima di votare le nuove missioni di guerra i deputati hanno osservato un minuto di silenzio per gli operai morti a Milano nella fabbrica Lamina. Questo rende chiaro a coloro che ancora non lo avessero capito, chi pagherà in termini di servizi, sicurezza sul lavoro, salute e condizioni di vita il maggiore tributo per sostenere l’espansione della politica di guerra italiana.

Siamo di fronte all’avvio ufficiale di una strategia militare complessiva in Africa da parte dell’Italia.

Fino ad ora le forze armate della Repubblica che “ripudia la guerra” avevano già una presenza relativamente consistente in Africa. In particolare negli ultimi anni si è rafforzata la presenza nel Corno d’Africa; dall’intervento in Somalia nel 1993, venticinque anni fa, infatti i militari italiani non hanno più lasciato l’ex colonia. Attualmente sono presenti in modo significativo militari italiani per le missioni UE in Somalia e per la missione navale antipirateria tra il Golfo di Aden, il Bacino Somalo e l’Oceano Indiano. In Gibuti inoltre, dove tutte le potenze che hanno interessi imperialistici in Africa, compresa la Cina, hanno basi militari, anche l’Italia ha una base militare nazionale, dove è dislocato un contingente militare. L’Italia già partecipava con un contributo rilevante anche alla missione MFO in Egitto, che avrebbe l’obiettivo di vigilare sul rispetto degli accordi di Camp David e dei trattati di pace tra Egitto e Israele. Anche nell’area saheliana l’Italia aveva stabilito negli ultimi anni una presenza con la partecipazione di poche decine di militari alle missioni UE e UN in Mali e alla missione UE in Niger. Per quanto riguarda la Libia, oltre alla Missione UE di supporto al governo libico detto di Accordo Nazionale, guidato da Sarraj, e alla missione “Ippocrate” che con l’espediente dell’assistenza medica aveva portato i primi soldati sul campo, dal marzo 2015 è stata avviata l’operazione Mare Sicuro (che dalla scorsa estate comprende una missione di supporto alla guardia costiera libica), con l’impiego di 700 militari, 5 mezzi navali e mezzi aerei. Erede dell’operazione Mare Nostrum, il cui nome tristemente evocativo non poteva non preannunciare il rigurgito colonialista, Mare Sicuro è nato come una sorta di blocco navale antimigranti e si è di fatto configurato come un’operazione militare a difesa degli interessi ENI, specie a protezione del complesso di Mellitah, che ha segnato l’avvio della strategia su terra della guerra italiana in Libia iniziata con i bombardamenti del 2011.

In Libia la nuova missione con comando a Tunisi sostituirà due precedenti missioni, quella di supporto alla guardia costiera libica e la missione “Ippocrate” che con 300 militari sul campo, nel 2016 era stata presentata come una missione di mera assistenza medica con la costruzione di un ospedale da campo a Misurata. Ora saranno schierati 400 militari e 130 mezzi terrestri, obiettivo della missione, secondo il Governo è «rendere l’azione di assistenza e supporto in Libia maggiormente incisiva ed efficace, sostenendo le autorità libiche nell’azione di pacificazione e stabilizzazione del Paese e nel rafforzamento delle attività di controllo e contrasto dell’immigrazione illegale, dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza.» Saranno mantenute la missione UE a sostegno del governo Sarraj e la missione Mare Sicuro, dunque con la nuova missione a terra dagli obiettivi pienamente militari si consolida la presenza di occupazione militare italiana in Libia partecipando alla razzia del paese. In Libia sono presenti tra gli altri anche statunitensi, francesi, russi, qatarini, mentre altri stati come la Germania pur senza inviare forze sul terreno partecipano, non meno direttamente, al confronto tra potenze per garantirsi interessi economici e influenza politica nella regione.

In Niger saranno invece inviati 470 militari per una missione i cui compiti principali saranno secondo il Governo «supportare, nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel (Niger, Mali, Mauritania, Chad e Burkina Faso), lo sviluppo delle Forze di sicurezza nigerine (Forze armate, Gendarmeria Nazionale, Guardia Nazionale e Forze speciali della Repubblica del Niger) per l’incremento di capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza; concorrere alle attività di sorveglianza delle frontiere e del territorio e di sviluppo della componente aerea della Repubblica del Niger.» Come già con Mare Sicuro e con la Libia, ora con il Niger la sorveglianza delle frontiere, il contrasto ai “trafficanti di esseri umani” diviene pretesto per giustificare l’invio di truppe e mezzi militari.

In Tunisia saranno inviati 60 militari per una operazione finalizzata all’addestramento delle forze militari e di sicurezza tunisine per la costituzione del Quartier Generale di un Nuovo Comando di Brigata della NATO. Questa che appare come la missione meno consistente sul piano delle unità militari coinvolte è quella più grave e preoccupante.

Gli interessi economici sono enormi. Il più noti sono certo l’uranio in Niger, gli interessi ENI in Libia e Nigeria, ma anche il mercato ampio e appetibile delle ex-colonie francesi (e non solo), un mercato che ha pure una moneta unica, il franco CFA, erede e continuatore della politica coloniale francese. Dalla Tunisia inoltre passa il gasdotto che porta in Italia il gas algerino. Tuttavia per indagare la trama di interessi internazionali che si giocano in Africa e che vedono confrontarsi tra gli altri Francia, UE, Cina e USA, e considerare come l’intervento dell’Italia si inserisca in questo quadro, sarebbe necessaria una specifica trattazione.

Gli interessi politici sono altrettanto forti. Basti pensare al ruolo politico della presenza di un numero consistente di militari italiani in Tunisia finalizzato alla costituzione di un Quartier generale per un Comando di Brigata NATO. Da una parte si può fare una considerazione di carattere globale, dal momento che la costituzione di un Comando di Brigata NATO in Tunisia risulta molto preoccupante perché rappresenterebbe una base di proiezione in Africa dell’alleanza atlantica. Dall’altra va considerato il grave atto di ingerenza politica interna in un paese come la Tunisia, dove è ancora vivo l’insegnamento dell’insurrezione vittoriosa contro Ben Ali, dove le generazioni che hanno animato la “rivoluzione interrotta” non sono state schiacciate dalla repressione come in Egitto, dove ancora esistono le organizzazioni di base di donne e giovani disoccupati, dove attualmente sono in corso grandi proteste contro il carovita e le misure di austerità, represse nel sangue, dove ancora c’è la possibilità di un rovesciamento del governo sotto la pressione delle proteste popolari, inviare delle truppe costituisce un atto politico. Il Governo Italiano con le sue truppe addestrerà chi spara sulla folla e farà da garante al Fondo Monetario Internazionale sulla stabilità politica interna della Tunisia, la quale dovrebbe varare nuove riforme strutturali su richiesta del FMI che porteranno ad un peggioramento delle condizioni di vita della maggior parte della popolazione.

È importante notare come una delle principali giustificazioni ideologiche di queste nuove missioni cerchi di costruire un piano di consenso pubblico tentando di comprendere in modo trasversale uno dei principali temi del dibattito politico, quello sull’immigrazione. La lotta contro i trafficanti di uomini è un pretesto valido sia in salsa umanitaria sia in salsa xenofoba, dopotutto è stata la strage di Lampedusa, voluta e preparata dalla classe politica italiana, ad aprire la strada a Mare Nostrum e poi a Mare Sicuro. Allo stesso modo i lager libici, voluti e difesi militarmente dal governo italiano, divengono pretesto, per quello stesso governo, per inviare truppe in Niger e fermare “prima” i “trafficanti di uomini”.

Chiaramente le mire neocoloniali e gli interessi italiani in Africa non sono mai finiti. Ma il consolidamento della presenza in Libia, l’invio di un contingente in Niger e la presenza in Tunisia per conto della NATO, assieme al riconoscimento di una “strategia africana”, segnano l’ingresso in una nuova fase. Infatti con l’invio delle truppe e l’avvio di una strategia militare ci troviamo di fronte ad una nuova pericolosa e criminale impresa, un punto di non ritorno per una politica militare aggressiva. Il Parlamento repubblicano ha deciso di intraprendere ufficialmente una strada già percorsa dalla monarchia e dal fascismo, e che ha gettato l’Italia in due guerre mondiali, nella dittatura, nella distruzione. Anche questa volta, come nel passato monarchico e fascista, non ci sarà nessun “posto al sole”. La “salvaguardia degli interessi nazionali” non può far sperare in alcun effetto positivo diretto o indiretto per la grande maggioranza della popolazione, non ci saranno aumenti di salari, riduzioni dei canoni d’affitto o delle bollette, non ci sarà un aumento dei posti di lavoro, o dei servizi sociali, si continuerà ad andare in pensione sempre più tardi e si continuerà ad emigrare o a morire prima per colpa dei tagli alla sanità. Chi ci guadagnerà veramente, se ha fatto bene i propri calcoli, sarà la classe dirigente, gli industriali, i finanzieri, i generali. Se i calcoli risulteranno sbagliati saremo comunque noi a dover pagare, con ulteriori sacrifici e privazioni. Intanto le prime stime di spesa, solo per le nuove missioni africane, parlano di 118.798.581 euro. Che vanno ad aggiungersi al resto della spesa militare, per il 2017 64 milioni al giorno, per un totale di oltre 23 miliardi. A noi dunque resteranno solo tasche vuote, peggiori condizioni di vita e di lavoro e un aumento dei rischi e delle restrizioni connesse alla guerra: maggiore controllo sociale, restrizione delle libertà, militarizzazione del territorio, gerarchizzazione della società, repressione del dissenso, aumento della propaganda paranoide sul rischio terrorismo, coinvolgimento più o meno diretto nella guerra e nei suoi più tragici effetti.

Chi alla Camera ha votato a favore dell’avvio delle nuove missioni, è certo responsabile dell’avvio ufficiale della nuova fase di ingerenza militare italiana in Africa, ma questa decisione non è un’improvvisata. Questa decisione è stata preparata negli anni, in modo definito quantomeno dalla partecipazione dell’Italia alla guerra d’aggressione alla Libia nel 2011, quando il governo tenne segreto il ruolo italiano nei bombardamenti aerei sul territorio libico. Quindi non è responsabilità del solo governo Gentiloni, ma di quei partiti che con fasi alterne hanno governato il paese negli ultimi 25 anni. Le politiche di guerra che hanno dato un nuovo “protagonismo internazionale” all’Italia tra anni ‘90 e 2000, hanno avuto come fautori e sostenitori personaggi che ora si presentano alle prossime elezioni arruolati in liste “alternative”, anche se fino a ieri erano arruolati nelle file del governo. Tra questi D’Alema, oggi esponente del Movimento Democratico Progressista, è il più noto, ma vi sono anche alcuni dei relitti di Rifondazione Comunista. Chi prima ha voluto e votato la guerra contro la Federazione Jugoslava nel 1999 e chi ha sostenuto poi col voto parlamentare l’occupazione dell’Afghanistan, ha contribuito a preparare la nuova avventura coloniale dell’Italia e ne è dunque corresponsabile. Il fatto che il voto parlamentare su questioni di tale rilevanza sia avvenuto con una convocazione straordinaria della Camera dopo lo scioglimento del Parlamento in vista delle elezioni di marzo, in piena campagna elettorale, mostra quanto siano illusorie le pretese di rappresentanza diretta o di potere popolare, specie all’interno di queste istituzioni. Il Movimento 5 Stelle e Liberi Uguali, che avrebbero avuto per alcuni il “merito” di ottenere che la questione venisse sottoposta al voto parlamentare, hanno utilizzato il Parlamento come semplice tribuna di campagna elettorale.

Nel 2015 a Tunisi si tenne un incontro anarchico del Mediterraneo, convocato dai gruppi libertari e anarchici tunisini che sono sorti nel periodo rivoluzionario del 2011. Durante tale incontro, anche su spinta delle delegazioni della Federazione Anarchica Italiana e della Federazione Anarchica Siciliana, venne considerato il rischio di ingerenza militare e politica europea nel paese, che avrebbe potuto aggravare il rischio segnalato dai compagni tunisini di una chiusura autoritaria e repressiva degli spazi di agibilità e libertà apertisi con l’insurrezione del 2011. Al termine dell’incontro venne per questo pubblicato un breve comunicato in cui si affermava il comune impegno di solidarietà internazionalista contro ogni involuzione autoritaria e contro ogni guerra. Dobbiamo sostenere i nostri compagni e tutti gli sfruttati che subiscono l’ingerenza coloniale e la prepotenza politica e militare dello Stato italiano in altri paesi.

L’urgenza di oggi, ora più che mai di fronte alle nuove missioni in Africa, è quella di partire dalle situazioni di lotta, dagli organismi di base, dalle realtà autogestite e solidali in cui siamo presenti per rilanciare un intervento antimilitarista nuovo, ancorato alle più calde questioni sociali, in una prospettiva rivoluzionaria e internazionalista di liberazione sociale. L’urgenza è opporsi alla guerra, alle varie forme in cui essa si riproduce a livello interno, specie in termini di militarizzazione e controllo sociale, così come alle missioni di guerra all’estero di cui le nuove missioni colonialiste in Africa sono l’ultimo e più grave sviluppo.

Dario Antonelli

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Presidio alla Benetton: Maldonado vive! Solidarietà ai Mapuche!

 

SOLIDARIETÀ ALLA POPOLAZIONE MAPUCHE E AL MOVIMENTO ANARCHICO ARGENTINO
SANTIAGO MALDONADO E RAFAEL NAHUEL VIVONO NELLE NOSTRE LOTTE

PRESIDIO A LIVORNO
DAVANTI A BENETTON
Venerdì 2 febbraio
h 15:30
di fronte al negozio Benetton in Via Grande 185

La Benetton è tra le principali responsabili del saccheggio delle terre della popolazione Mapuche, nella Patagonia argentina e cilena. In Argentina il governo tenta di mettere al bando i movimenti sociali, le organizzazioni politiche e sindacali che solidarizzano con la popolazione Mapuche che lotta contro la devastazione dei propri territori da parte della Benetton e altre multinazionali. La polizia e le bande paramilitari usano la violenza più brutale, sparando sui manifestanti, rapendo e uccidendo oppositori.

I Mapuche e le compagne e i compagni che sostengono localmente la loro lotta chiedono il nostro supporto. Il “Rapporto RAM”, reso pubblico a dicembre 2017, preparato dal Ministero della Sicurezza Nazionale argentino congiuntamente ai governi delle province patagoniche, prepara la strada ad una gravissima montatura repressiva sostenendo l’esistenza di un complotto terroristico che coinvolge organizzazioni Mapuche, organizzazioni politiche, sociali e sindacali, tra cui anche la Federazione Libertaria Argentina, che fa parte dell’Internazionale di Federazioni Anarchiche.

Il 1 di agosto nella provincia di Chubut nella Patagonia argentina, persone appartenenti alla comunità indigena Mapuche, assieme a solidali, hanno bloccato una strada vicina alla sede locale della Benetton (tra le più importanti nel paese) per protestare contro l’acquisizione del territorio Mapuche da parte della grande multinazionale. La polizia ha attaccato la manifestazione sparando colpi di pistola mentre i manifestanti cercavano di difendersi come potevano. Durante l’operazione di polizia l’anarchico Santiago Maldonado è stato arrestato, caricato con violenza su un furgone bianco -come testimoniato da molte persone- e portato via; da allora è risultato disperso, desaparecido. Il suo corpo è stato trovato in un fiume in Patagonia due mesi dopo, un brutale ricordo delle 30.000 persone che risultarono desaparecidas durante il periodo della Junta (la dittatura militare guidata dai generali Videla, Massera e Agosti), un marchio indelebile nella storia Argentina, conservato nella memoria collettiva allo stesso modo dei crimini nazisti.

Un altro compagno, Rafael Nahuel, è stato anch’egli ucciso, era un giovane di origine Mapuche membro di un gruppo chiamato Coletivo Al Margen. Aveva preso parte alle proteste a sostegno delle rivendicazioni Mapuche. Il 25 novembre 2017, in occasione del funerale di Santiago Maldonado, le forze di polizia hanno organizzato uno sgombero nel territorio Mapuche. Le persone presenti sono state colpite da proiettili di gomma e di piombo, mentre venivano spruzzate di spray al peperoncino. Una donna e Rafael Nahuel sono stati colpiti. La donna è sopravvissuta, Rafael è stato ucciso.

In diversi paesi del mondo in questi giorni si stanno svolgendo azioni e iniziative contro la repressione assassina dello Stato argentino, in solidarietà con il movimento anarchico di quel paese e con tutti coloro che lottano contro la violenza statale e padronale. L’Internazionale di Federazioni Anarchiche (IFA) ha lanciato un appello per concentrare nella settimana tra il 29 gennaio e il 7 febbraio iniziative di lotta e solidarietà contro le sedi di rappresentanza del governo argentino e la multinazionale dell’abbigliamento Benetton.

Il marchio “United Colours of Benetton” vorrebbe presentare la multinazionale come multietnica e antirazzista. In realtà Benetton sta acquistando enormi appezzamenti di terreno in Argentina, sottratti inizialmente alla popolazione indigena Mapuche di Cile e Argentina. La multinazionale quindi è complice e responsabile di quanto sta accadendo.

PRESIDIO A LIVORNO
Venerdì 2 febbraio
h 15:30
di fronte al negozio Benetton in Via Grande 185

SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE!

Federazione Anarchica Livornese – FAI
cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

Collettivo Anarchico Libertario
collettivoanarchico@hotmail.it
collettivoanarchico.noblogs.org

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Solidarietà Mapuche – settimana di lotta

da umanitanova.org

appello della Commissione di Relazioni Internazionali della FAI

SOLIDARIETÀ ALLA POPOLAZIONE MAPUCHE E AL MOVIMENTO ANARCHICO ARGENTINO

In diversi paesi del mondo si terranno tra il 29 gennaio e il 4 febbraio azioni e iniziative contro la repressione assassina dello Stato argentino e in solidarietà con il movimento anarchico di quel paese e con tutti/e coloro che lottano contro la violenza statale e padronale. L’Internazionale di Federazioni Anarchiche(IFA) ha lanciato un appello alla “week of action”, una settimana in cui concentrare iniziative di lotta e solidarietà contro le sedi di rappresentanza del governo argentino e la multinazionale dell’abbigliamento Benetton.

Ironicamente, lo slogan “United Colours of Benetton” presenta la multinazionale come multietnica e antirazzista nei suoi valori fondanti. In realtà Benetton sta acquistando enormi appezzamenti di terreno in Argentina, sottratti inizialmente alla popolazione indigena Mapuche di Cile e Argentina.

Gli/le attivisti/e Mapuche e altri/e che si oppongono a questi progetti sono stati/e additati/e come “terroristi/e” dallo Stato nel tentativo di indebolire il supporto nei loro confronti e giustificare ulteriori operazioni repressive. In particolare il “Rapporto RAM”, preparato dal Ministero della Sicurezza Nazionale argentino congiuntamente ai governi delle province patagoniche, prepara la strada ad una gravissima montatura repressiva sostenendo l’esistenza di un complotto terroristico che coinvolge organizzazioni Mapuche, organizzazioni politiche, sociali e sindacali, tra cui anche la Federazione Libertaria Argentina, che fa parte dell’Internazionale di Federazioni Anarchiche.

In agosto l’anarchico Santiago Maldonado è stato rapito e trovato ucciso. Un altro compagno, Rafael Nahuel, è stato anch’egli ucciso. I/le Mapuche e le compagne e i compagni che sostengono localmente la loro lotta chiedono il nostro supporto per difendere i/le propri/e compagni/e e le proprie comunità.

Il comunicato che segue è sostenuto dall’Internazionale di Federazioni Anarchiche, di cui fa parte anche la Federazione Anarchica Italiana.

PER IL COMPAGNO ANARCHICO SANTIAGO MALDONADO E RAFAEL NAHUEL UCCISI DALLO STATO ARGENTINO

Il 1 di agosto nella provincia di Chubut nella Patagonia argentina, persone appartenenti alla comunità indigena Mapuche, assieme a solidali, hanno bloccato una strada vicina alla sede locale della Benetton (tra le più importanti nel paese) per protestare contro l’acquisizione del territorio Mapuche da parte della grande multinazionale. La polizia ha attaccato la manifestazione sparando colpi di pistola mentre i manifestanti cercavano di difendersi come potevano.

Durante l’operazione di polizia l’anarchico Santiago Maldonado è stato arrestato, caricato con violenza su un furgone bianco –come testimoniato da molte persone- e portato via; da allora è risultato disperso, desaparecido.

Il suo corpo è stato trovato in un fiume in Patagonia due mesi dopo, un brutale ricordo delle 30.000 persone che risultarono desaparecidas durante il periodo della Junta (la dittatura militare guidata dai generali Videla, Massera e Agosti), un marchio indelebile nella storia Argentina, conservato nella memoria collettiva allo stesso modo dei crimini nazisti.

Il rapimento e l’uccisione del compagno Santiago Maldonado ha innescato forti e numerose mobilitazioni in Argentina. Lo Stato e la polizia hanno negato ogni responsabilità, mentre i media hanno avviato una campagna mirata a criminalizzare le comunità resistenti Mapuche e gli anarchici. La propaganda insinuava teorie cospiratorie sulla scomparsa di Maldonado mentre indicava tutti coloro che si oppongono ai piani padronali, e specialmente gli anarchici, come i “nemici interni” e come una minaccia per lo stato da colpire.

Le comunità indigene Mapuche – in Cile ed Argentina – stanno lottando per difendere il proprio territorio dalla depredazione e dalla distruzione condotta dalle grandi multinazionali a cui vengono accordate queste terre dallo Stato. Questi sono gli stessi territori che sono stati sottratti alle popolazioni indigene attraverso una serie di guerre e genocidi dai tempi dei “Conquistadores” del continente Americano. I Mapuche, nella loro lotta, hanno affrontato le persecuzioni, la prigionia e la violenza sia dei meccanismi repressivi statali sia delle bande parastatali che operano per conto dei padroni su entrambi i versanti delle Ande. A Chubut, una larga parte della comunità Mapuche, reclama i propri territori ora ufficialmente di proprietà della Benetton equivalenti ad appena 1/3 del totale di 900.000 ettari che la multinazionale ha comprato in tutto il paese.

Santiago Maldonado è stato ucciso perché, come anarchico, ha scelto di opporsi e lottare al fianco del popolo indigeno, di schierarsi al fianco degli esclusi. Contro gli sfruttatori, contro i piani distruttivi ed antisociali dello Stato e delle élite economiche.

Rafael Nahuel era un giovane di origine Mapuche membro di un gruppo chiamato Coletivo Al Margen. Aveva preso parte alle proteste a sostegno delle rivendicazioni Mapuche. Il 25 novembre 2017, in occasione del funerale di Santiago Maldonado, le forze di polizia hanno organizzato uno sgombero nel territorio Mapuche. Le persone presenti sono state colpite da proiettili di gomma e di piombo, mentre venivano spruzzate di spray al peperoncino. Una donna e Rafael Nahuel sono stati colpiti. La donna è sopravvissuta, Rafael è stato ucciso.

I compagni Santiago Maldonado e Rafael Nahuel saranno nel lotte in corso in ogni angolo della terra assieme a tutti i compagni e tutte le compagne che hanno dato la loro vita lottando per un mondo più libero e più giusto senza diseguaglianze, sfruttamento e repressione.

Solidarietà internazionale

– Con i/le nostri/e compagni/e in argentina che stanno resistendo alla repressione dello Stato argentino

– Con le comunità Mapuche e con tutte le persone indigene che stanno difendendo la propria terra dai moderni conquistadores della Benetton

Commissione Relazioni Internazionali-FAI

Iniziative in Italia:

Colleferro 26/01 serata benefit e informativa allo Spaccio Popolare in Via consolare latina 187 dalle 18

Roma 27/01 serata benefit e informativa allo Spazio Anarchico 19 luglio in via Rocco Da Cesinale 19 dalle 19

Torino 29/01 presidio di fronte alla Benetton in via Po h.17

Livorno: 02/02 presidio di fronte alla Benetton (Via grande) h 15:30

Trieste 03/02 presidio di fronte alla Benetton in via S.Lazzaro h.17

Reggio Emilia 03/02 presidio vicino alla Benetton

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DAF su Afrin: Gli stati in guerra con i popoli perderanno

Pubblichiamo il comunicato del DAF organizzazione anarchica attiva ad Istanbul e nell’area anatolica contro l’attacco militare sferrato dalla Repubblica di Turchia contro Afrin e la Rojava.

GLI STATI IN GUERRA CON I POPOLI PERDERANNO

Afrin appartiene a chi vive ad Afrin. I popoli che vivono ad Afrin sono nati in queste terre e sono morti in queste terre. Vivere là non ha nessun rapporto con piani o programmi. Non sono ad Afrin per motivi strategici. Afrin per loro è l’acqua, il pane, il cibo, il gioco, la storia, gli amici, i compagni, gli amanti, la strada, la casa, il quartiere. Ma per lo stato è solo una strategia. Una strategia che non ha alcuna preoccupazione per Afrin e i popoli che vivono ad Afrin.

L’attacco su Afrin è una strategia della Guerra dell’Energia che ha portato al collasso della Siria e che distruggerà molti stati nella regione. Gli stati creano l’illusione di portare avanti queste guerre “per i propri cittadini”. Fanno una propaganda nazionalista conservatrice per convincere i propri cittadini di questo concetto errato. Questa è un’ineludibile necessità sia all’interno che all’esterno. Mentre è richiesta per le elezioni a livello interno, è valida per i tavoli a livello esterno. I governanti che si muovono in un processo del tutto commerciale come l’estrazione, il trasporto e la vendita di risorse energetiche utilizzano tutti i materiali che hanno per accrescere i propri guadagni. In queste discussioni in cui sono importanti il numero di fucili, quello di carri armati e quello di aeroplani di cui si dispone, il numero più importante è il numero di soldati. Un soldato non è diverso da qualsiasi altro materiale bellico. Questo è il motivo per cui viene creata la falsa propaganda nazionalista conservatrice.

Chi prenderebbe parte ad una guerra per far guadagnare qualcun altro? Chi combatterebbe per la benzina che ovunque è venduta da stati o multinazionali, e una goccia costa più del pane? Noi, che viviamo il fatto che tutti i prezzi aumentano quando aumenta il prezzo di un litro di benzina, noi che perdiamo sempre, perché dovremmo sempre combattere per quelli che vincono sempre? In realtà nessuno combatterebbe per loro. Essi lo sanno e per questo motivo hanno bisogno del nazionalismo e del conservatorismo.

Ora essi stanno gridando dai giornali e delle televisioni, gli slogan di falsità: “nazionale, nazionale, nazionale!”, “volontà della nazione, unità nazionale”. Non possono mai dire chiaramente: “Noi rubiamo anche sui centesimi”, “combatti o combatti, noi ti venderemo la benzina e tutto il resto. Noi te la faremo produrre, te la faremo consumare, e ti sfrutteremo.” Questo è il piano, il programma, la strategia, la guerra degli stati. Noi popoli – che siamo obbligati ad essere cittadini degli stati – possiamo cambiare tutto. Oggi i popoli di Afrin vivono liberi perché hanno cambiato tutto. Come a Kobanê, a Cizére, in Chipas. E questa è la differenza critica tra la guerra del popolo e la guerra degli stati. In questa guerra, lo stato attacca e attacca senza regole affinché il suo sistema vinca di più. Bombarda con carri armati e aeroplani. Ferisce, uccide, ammazza e vuole far prigioniera tutta la vita. Mentre per la guerra dei popoli, c’è libertà.

Negli ultimi due giorni, ogni bomba sganciata su Afrin, ogni proiettile è un proiettile sparato contro la libertà. Lo stato turco vuole accrescere la sua quota sul tavolo, per questo ha iniziato l’attacco contro Afrin. È una strategia creata dal nazionalismo e dal conservatorismo che sono basati sulla falsità. È una strategia tutta elettorale. È una strategia pienamente commerciale. La guerra dello stato è strategia. Ma la guerra dei popoli è libertà. E nessuno stato può sconfiggere i popoli che lottano per la libertà.

I POPOLI DI AFRIN VINCERANNO

Azione Anarchica Rivoluzionaria-DAF

22/01/18

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Parte la guerra d’Africa: truppe in Libia, Niger e Tunisia

da umanitanova.org

Parte la guerra d’Africa: truppe in Libia, Niger e Tunisia

Il 17 gennaio la Camera ha approvato il rinnovo delle missioni militari all’estero. Oltre al rinnovo di quelle già in atto, è stato deciso un nuovo impegno strategico in Africa, per la difesa della sicurezza degli interessi nazionali. Libia, Niger (con intervento anche in Mauritania e Benin), Tunisia, Sahara Occidentale, Repubblica Centrafricana. Questi i paesi dove saranno inviate le truppe.

Gli interessi economici sono enormi. Il più noto è certo l’uranio in Nigeria, ma anche il mercato ampio e appetibile delle ex-colonie francesi (e non solo), un mercato che ha pure una moneta unica, il franco CFA, erede e continuatore della politica coloniale francese. Dalla Tunisia inoltre passa il gasdotto che porta in Italia il gas algerino.

Gli interessi politici sono altrettanto forti. Basti pensare al ruolo politico della presenza di un numero consistente di militari italiani in Tunisia finalizzato alla costruzione di un Quartier generale NATO. In un paese come la Tunisia, dove è ancora vivo l’insegnamento dell’insurrezione vittoriosa contro Ben Ali, dove le generazioni che hanno animato la “rivoluzione interrotta” non sono state schiacciate dalla repressione come in Egitto, dove ancora esistono le organizzazioni di base di donne e giovani disoccupati, dove attualmente sono in corso grandi proteste contro il carovita, represse nel sangue, dove ancora c’è la possibilità di un rovesciamento del governo sotto la pressione delle proteste popolari, inviare delle truppe costituisce un atto politico. Il Governo Italiano con le sue truppe fa da garante al Fondo Monetario Internazionale sulla stabilità politica interna della Tunisia, la quale dovrebbe varare nuove riforme strutturali su richiesta del FMI.

Sia chiaro, mire neocoloniali e interessi italiani in Africa non sono mai finiti. L’invio delle truppe e l’avvio di una strategia militare sono però una nuova pericolosa e criminale impresa, un punto di non ritorno per una politica militare aggressiva. Anche questa volta, come nel passato monarchico e fascista, non ci sarà nessun “posto al sole”. La “salvaguardia degli interessi nazionali” non può far sperare in alcun effetto positivo diretto o indiretto per la grande maggioranza della popolazione, non ci saranno aumenti di salari, riduzioni dei canoni d’affitto o delle bollette, non ci sarà un aumento dei posti di lavoro, o dei servizi sociali e si continuerà ad andare in pensione sempre più tardi e si continuerà ad emigrare o a morire prima per colpa dei tagli alla sanità. Chi ci guadagnerà veramente, se ha fatto bene i propri calcoli, è la classe dirigente, gli industriali, i finanzieri, i generali. Se i calcoli sono sbagliati saremo comunque noi a dover pagare, con ulteriori sacrifici. Intanto le prime stime di spesa, solo per le nuove missioni africane, parlano di 118.798.581 euro. Che vanno ad aggiungersi al resto della spesa militare, per il 2017 64 milioni al giorno, per un totale di oltre 23 miliardi. A noi dunque resteranno solo tasche vuote, peggiori condizioni di vita e di lavoro e un aumento dei rischi e delle restrizioni connesse alla guerra: maggiore controllo sociale, restrizione delle libertà, militarizzazione del territorio, gerarchizzazione della società, repressione del dissenso, aumento della propaganda paranoide sul rischio terrorismo, coinvolgimento più o meno diretto nella guerra e nei suoi più tragici effetti.

Chi oggi alla Camera ha votato a favore dell’avvio delle nuove missioni, è responsabile dell’avvio ufficiale della nuova fase di ingerenza militare italiana in Africa. Ma questa decisione non è un’improvvisata, è stata preparata negli ultimi anni, quantomeno dalla partecipazione dell’Italia alla guerra d’aggressione alla Libia nel 2011, quando il governo tenne segreto il ruolo italiano nei bombardamenti aerei sul territorio libico. Quindi non è responsabilità del solo governo Gentiloni, ma di quel blocco PD-Forza Italia che con fasi alterne ha governato il paese negli ultimi 25 anni. Le politiche di guerra che hanno dato un nuovo “protagonismo internazionale” all’Italia tra anni ‘90 e 2000, hanno avuto come fautori e sostenitori personaggi che ora si presentano alle prossime elezioni arruolati in liste “alternative”, anche se fino a ieri erano arruolati nelle file del governo. Tra questi D’Alema, oggi esponente del Movimento Democratico Progressista, è il più noto, ma vi sono anche alcuni dei relitti di Rifondazione Comunista. Chi prima ha voluto e votato la guerra contro Federazione Jugoslava nel 1999 e chi ha sostenuto poi col voto parlamentare l’occupazione dell’Afghanistan, ha contribuito a preparare la nuova avventura coloniale dell’Italia.

Il fatto che il voto parlamentare su questioni di tale rilevanza sia avvenuto con una convocazione straordinaria della Camera dopo lo scioglimento del Parlamento in vista delle elezioni di marzo, in piena campagna elettorale, mostra quanto siano illusorie le pretese di rappresentanza diretta o di potere popolare, specie all’interno di queste istituzioni. Il Movimento 5 Stelle e Liberi Uguali, che avrebbero avuto per alcuni il “merito” di ottenere che la questione venisse sottoposta al voto parlamentare, hanno utilizzato il Parlamento come semplice tribuna di campagna elettorale.

L’urgenza di oggi, ora più che mai di fronte alle nuove missioni in Africa, è quella di partire dalle situazioni di lotta, dagli organismi di base, dalle realtà autogestite e solidali in cui siamo presenti per rilanciare un intervento antimilitarista nuovo, ancorato alle più calde questioni sociali, in una prospettiva rivoluzionaria di liberazione sociale. L’urgenza è opporsi alla guerra, alle varie forme in cui essa si riproduce a livello interno, specie in termini di militarizzazione e controllo sociale, così come alle missioni di guerra all’estero di cui le nuove missioni colonialiste in Africa sono l’ultimo e più grave sviluppo.

Dario Antonelli

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La guerra d’Africa al voto in Parlamento

da umanitanova.org

La guerra d’Africa al voto in Parlamento

Truppe in Libia, Niger e Tunisia

Da questa mattina (17 gennaio) alla Camera è in discussione per il voto il rinnovo delle missioni militari all’estero. Oltre al rinnovo di quelle già in atto, sarà deciso un nuovo impegno strategico in Africa, per la difesa della sicurezza degli interessi nazionali. Libia, Niger (con intervento anche in Mauritania e Benin), Tunisia, Sahara Occidentale, Repubblica Centrafricana. Questi i paesi dove il governo vuole inviare truppe. La decisione avrebbe già la maggioranza con il voto di PD e Forza Italia.

Gli interessi economici sono enormi. Il più noto è certo l’uranio in Nigeria, ma anche il mercato ampio e appetibile delle ex-colonie francesi (e non solo), un mercato che ha pure una moneta unica, il franco CFA, erede e continuatore della politica coloniale francese. Dalla Tunisia inoltre passa il gasdotto che porta in Italia il gas algerino.

Gli interessi politici sono altrettanto forti. Basti pensare al ruolo politico della presenza di un numero consistente di militari italiani in Tunisia finalizzato alla costruzione di un Quartier generale NATO. In un paese come la Tunisia, dove è ancora vivo l’insegnamento dell’insurrezione vittoriosa contro Ben Ali, dove le generazioni che hanno animato la “rivoluzione interrotta” non sono state schiacciate dalla repressione come in Egitto, dove ancora esistono le organizzazioni di base di donne e giovani disoccupati, dove attualmente sono in corso grandi proteste contro il carovita, represse nel sangue, dove ancora c’è la possibilità di un rovesciamento del governo sotto la pressione delle proteste popolari, inviare delle truppe costituisce un atto politico. Il Governo Italiano con le sue truppe fa da garante al Fondo Monetario Internazionale sulla stabilità politica interna della Tunisia, la quale dovrebbe varare nuove riforme strutturali su richiesta del FMI.

Sia chiaro, mire neocoloniali e interessi italiani in Africa non sono mai finiti. L’invio delle truppe però, e l’avvio di una strategia militare sono una nuova pericolosa e criminale impresa, un punto di non ritorno per una politica militare aggressiva. Anche questa volta, come nel passato monarchico e fascista, non ci sarà nessun “posto al sole”. La “salvaguardia degli interessi nazionali” non può far sperare in alcun effetto positivo diretto o indiretto per la grande maggioranza della popolazione, non ci saranno aumenti di salari, riduzioni dei canoni d’affitto o delle bollette, non ci sarà un aumento dei posti di lavoro, o dei servizi sociali e si continuerà ad andare in pensione sempre più tardi e si continuerà ad emigrare o a morire prima per colpa dei tagli alla sanità. Chi ci guadagnerà veramente, se ha fatto bene i propri calcoli, è la classe dirigente, gli industriali, i finanzieri, i generali. Se i calcoli sono sbagliati saremo comunque noi a dover pagare, con ulteriori sacrifici. Intanto le prime stime di spesa, solo per le nuove missioni africane, parlano di 118.798.581 euro. Che vanno ad aggiungersi al resto della spesa militare, per il 2017 64 milioni al giorno, per un totale di oltre 23 miliardi. A noi dunque resteranno solo tasche vuote, peggiori condizioni di vita e di lavoro e un aumento dei rischi e delle restrizioni connesse alla guerra: maggiore controllo sociale, restrizione delle libertà, militarizzazione del territorio, gerarchizzazione della società, repressione del dissenso, aumento della propaganda paranoide sul rischio terrorismo, coinvolgimento più o meno diretto nella guerra e nei suoi più tragici effetti.

Chi oggi alla Camera voterà a favore dell’avvio delle nuove missioni, sarà responsabile dell’avvio ufficiale della nuova fase di ingerenza militare italiana in Africa. Ma questa decisione non è un’improvvisata, è stata preparata negli ultimi anni, quantomeno dalla partecipazione dell’Italia alla guerra d’aggressione alla Libia nel 2011, quando il governo tenne segreto il ruolo italiano nei bombardamenti aerei sul territorio libico. Quindi non è responsabilità del solo governo Gentiloni, ma di quel blocco PD-Forza Italia che con fasi alterne ha governato il paese negli ultimi 25 anni. Le politiche di guerra che hanno dato un nuovo “protagonismo internazionale” all’Italia tra anni ‘90 e 2000 hanno avuto come fautori e sostenitori personaggi che ora si presentano alle prossime elezioni arruolati in liste “alternative”, anche se fino a ieri erano arruolati nelle file del governo. Tra questi D’Alema, oggi esponente del Movimento Democratico Progressista, è il più noto, ma vi sono anche i relitti di Rifondazione Comunista. Chi ha voluto e votato la guerra contro Federazione Jugoslava nel 1999 e chi ha sostenuto poi l’occupazione dell’Afghanistan, ha contribuito a preparare la nuova avventura coloniale dell’Italia.

Il fatto che il voto parlamentare su questioni di tale rilevanza avvenga con una convocazione straordinaria della Camera dopo lo scioglimento del Parlamento in vista delle elezioni di marzo, in piena campagna elettorale, mostra quanto siano illusorie le proposte di rappresentanza diretta o di potere popolare, specie all’interno di queste istituzioni. L’urgenza di oggi, che passi o meno il voto delle nuove missioni africane, è quella di partire dalle situazioni di lotta, dagli organismi di base, dalle realtà autogestite e solidali in cui siamo presenti per rilanciare un intervento antimilitarista nuovo, ancorato alle più calde questioni sociali, in una prospettiva rivoluzionaria di liberazione sociale. L’urgenza è opporsi alla guerra, alle varie forme in cui essa si riproduce a livello interno, specie in termini di militarizzazione e controllo sociale, così come alle missioni di guerra all’estero di cui le nuove missioni colonialiste in Africa sono l’ultimo più grave sviluppo.

Dario Antonelli

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Diserta la guerra, diserta le elezioni!

Diserta la guerra
diserta le elezioni

Assemblea-dibattito
per rilanciare la lotta contro la guerra e contro ogni governo

Sabato 20 gennaio
h. 17:30
Presso la sede della FAL
in Via degli Asili 33, Livorno


I giovani sono una fetta di mercato appetibile, ricercati da chi vuole usarli e sfruttarli.
Anche il Presidente della repubblica Sergio Mattarella tiene presente questo businness e nel discorso di fine anno ha fatto appello ai ragazzi del ’99, che sono iscritti per la prima volta nelle liste elettorali, perché partecipino in massa alle elezioni.

Ha paragonato gli attuali ragazzi del ’99 con quelli della prima guerra mondiale, quando i nati nel 1899, non ancora diciottenni, vennero mandati al macello al fronte per fermare l’esercito austro-ungarico dopo la disfatta di Caporetto. Il paragone ci dice molto sulla considerazione che hanno le classi dominanti per le masse oppresse e sfruttate: esse contano solo come carne da cannone, e l’accostamento fra i nuovi elettori e i massacrati nelle trincee della guerra del 1915-1918 per la grandezza di Casa Savoia dovrebbe illuminare i giovani del 1999 sul destino che li attende.

Sulla stessa falsa riga Mattarella ha parlato del “lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa”. Ma ancora oggi in Ucraina è in corso un sanguinoso conflitto. I paesi europei in questi decenni sono comunque stati in guerra, Francia e Regno Unito soprattutto, dalla crisi di Suez alla guerra d’Algeria. Mentre l’Italia, proprio nel 1999, partecipa alla guerra contro la Federazione Jugoslava (Serbia), contro la Libia nel 2011, e oggi invia truppe di occupazione in Niger.

La pace dei padroni e dei governanti consiste solo nella possibilità di sfruttarci sempre di più.
Come le guerre sono immani massacri per la gloria dei generali, per l’arricchimento dei pescecani capitalisti e per il potere degli Stati, così le elezioni servono solo a consolidare il potere della borghesia. I giovani che andranno a votare per la prima volta riceveranno solo l’illusione di poter cambiare le cose.

Ogni volta che la democrazia ha minacciato gli interessi delle classi privilegiate, queste hanno usato tutta la violenza del potere che deriva dal monopolio della ricchezza per rovesciare il sistema democratico e imporre governi succubi del potere economico. Questa è l’origine del fascismo e del nazismo.

La Repubblica è basata sul lavoro, il lavoro è la fonte di ogni ricchezza di cui minoranze privilegiate si appropriano grazie all’ordinamento giuridico e alla proprietà dei mezzi di produzione.

I giovani del 1999, come i loro antenati di cento anni fa, aspirano ad una società più giusta e più libera, ma la partecipazione alle elezioni è uno degli inganni di cui si serve il Governo per mantenere l’attuale organizzazione sociale. L’astensionismo quindi è un primo segnale di insubordinazione, a cui deve seguire un impegno concreto per cambiare le cose.

Le menzogne di Mattarella sono uno strumento di governo. Gli uomini politici con l’inganno cercano di spingere le masse oppresse e sfruttate ad accettare l’oppressione e lo sfruttamento. D’altra parte la menzogna, per essere efficace, deve dare un’immagine distorta della realtà e delle intenzioni delle classi dominanti, degli obiettivi che intendono raggiungere con le loro menzogne.

Noi siamo di parte, dalla parte degli sfruttati e della rivoluzione sociale. La critica della visione offerta dalla comunicazione ufficiale è la premessa indispensabile alla critica dello sfruttamento e dell’oppressione, alla trasformazione sociale. I ragazzi del ’99 hanno già provato sulla propria pelle le contraddizioni dell’attuale formazione sociale; ora è bene che prendano coscienza delle possibilità che hanno di cambiarla, con l’azione diretta e l’autorganizzazione.

Federazione Anarchica Livornese – FAI
cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

Collettivo Anarchico Libertario
collettivoanarchico@hotmail.it
collettivoanarchico.noblogs.org

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Pisa: Benefit per Umanità Nova

 

Roots And Culture, il reggae-benefit per Umanità Nova che si tiene a Pisa periodicamente dal gennaio del 2008 (quando vi fu la prima edizione al csa Rebeldia), per il decimo anniversario torna ai grandi spazi e va al Cantiere Sanbernardo (la chiesa sconsacrata che alcuni intenditori definiscono “il centro sociale più stiloso d’Italia”). Il programma di venerdì 12 gennaio prevede alle 18 un dibattito sull’informazione e la controinformazione ai tempi dei trolls a cui parteciperà un redattore di Umanità Nova e poi apericena vegetariana e musica reggae e dub fino a chiusura con Buska Sound e Roots Militant HiFi. Tutti i proventi della serata verranno versati a sottoscrizione di Umanità Nova

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Il pifferaio del Quirinale

Il pifferaio del Quirinale

Il punto centrale del discorso che Sergio Mattarella, attuale presidente della repubblica, ha tenuto il 31 dicembre è l’appello ai ragazzi del ’99, che sono iscritti per la prima volta nelle liste elettorali, perché partecipino in massa alle elezioni.
Ha paragonato gli attuali ragazzi del ’99 con quelli della prima guerra mondiale, quando i nati nel 1899 vennero avviati al fronte per fermare l’esercito austro-ungarico dopo la rotta di Caporetto. Il paragone ci dice molto sulla considerazione che hanno le classi dominanti per le masse oppresse e sfruttate: esse contano solo come carne da cannone, e l’accostamento fra i nuovi elettori e i massacrati nelle trincee della guerra 15-18 per la grandezza di Casa Savoia dovrebbe illuminare i giovani del 1999 sul destino che li attende.
Del resto, anche la considerazione sul “lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa”, visto che ancora oggi in Europa, perché l’Ucraina è in Europa, è in corso un sanguinoso conflitto. Ma i paesi europei sono comunque stati in guerra, Francia e Regno Unito soprattutto, dalla crisi di Suez alla guerra d’Algeria, ma anche l’Italia che fra l’altro, proprio nell’anno in cui nascevano i nuovi elettori, partecipava alla guerra di aggressione contro la Federazione Jugoslava, e poi partecipava all’aggressione nei confronti della Libia.
La pace dei padroni e dei governanti consiste solo nella possibilità di sfruttarci sempre di più.
Come le guerre sono immani massacri per la gloria di assassini gallonati, per l’arricchimento dei pescecani capitalisti e il potere degli Stati, così le elezioni servono solo a consolidare il potere della borghesia. I giovani che andranno a votare per la prima volta riceveranno solo la speranza illusioria di poter cambiare le cose. Ogni volta che la democrazia ha minacciato gli interessi delle classi privilegiate, queste hanno usato tutta la forza e l’influenza che deriva dal monopolio della ricchezza per rovesciare il sistema democratico e imporre governi succubi del potere economico. Questa è l’origine del fascismo e del nazismo.
E’ bene inoltre che i giovani chiamati a sostenere questa infame baracca che chiamano Stato, non si facciano illusioni sui reali poteri dei rappresentanti del popolo. Lo Stato vive solo grazie al debito pubblico, cioè grazie ai finanziamenti che il sistema del credito, cioè l’oligarchia finanziaria, concede al Governo. Le tasse servono solo a pagare gli interessi su un debito pubblico sempre crescente. Ogni provvedimento del Governo ha bisogno di essere finanziato, il denaro viene fornito dal mercato, cioè dall’oligarchia finanziaria, che è la vera arbitra dell’azione del Governo. Qualunque sia la maggioranza che vince le elezioni, l’azione del Governo sarà finanziata nella misura in cui corrisponde agli interessi dei creditori.
Come dice giustamente Mattarella, partecipando alle elezioni si diviene protagonisti della vita democratica, ci si impegna a pagare un debito che altri hanno contratto per noi, che è stato usato a vantaggio di una minoranza privilegiata. La Repubblica è basata sul lavoro, il lavoro è la fonte di ogni ricchezza che minorane privilegiate si appropriano grazie all’ordinamento giuridico e alla proprietà dei mezzi di produzione.
I giovani del 1999, come i loro antenati di cento anni fa, aspirano ad una società più giusta e più libera, ma la partecipazione alle elezioni è uno degli inganni di cui si serve il Governo per mantenere l’attuale organizzazione sociale. L’astensionismo quindi è un primo segnale di ribellione, a cui deve seguire un impegno concreto per cambiare le cose.
Le menzogne di Mattarella sono uno strumento di governo.
Sostiene Francesco Guicciardini che uno Stato, per sopravvivere, ha bisogno di due cose: le armi e la religione. L’affermazione del Guicciardini è stata variamente tradotta: forza e consenso, coercizione e persuasione, Stato e Chiesa, o, nella versione anarchica, violenza e inganno.
Gli interventi degli uomini politici rientrano nella seconda categoria: con l’inganno cercano di spingere le masse oppresse e sfruttate ad accettare l’oppressione e lo sfruttamento. D’altra parte la menzogna, per essere efficace, deve dare un’immagine distorta della realtà e delle intenzioni delle classi dominanti, degli obiettivi che intendono raggiungere con le loro menzogne.
La critica di queste menzogne non è quindi solo un esercizio moralistico, il nostro scopo non è ristabilire la verità perché anche noi siamo uomini di parte, siamo dalla parte degli sfruttati e della rivoluzione sociale. La critica della visione offerta dalla comunicazione ufficiale è quindi la premessa indispensabile della critica dello sfruttamento e dell’oppressione, della trasformazione sociale. I ragazzi del ’99 hanno già provato sulla propria pelle le contraddizioni dell’attuale formazione sociale; ora è bene che prendano coscienza delle possibilità che hanno di cambiarla, con l’azione diretta e l’autorganizzazione.
Tiziano Antonelli

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La Strage è di Stato, la storia è collettiva

 

La strage è di Stato, la storia è collettiva


In occasione dell’anniversario della strage di Piazza Fontana e dell’assassinio di Giuseppe Pinelli, il Collettivo Anarchico Libertario e la Federazione Anarchica Livornese organizzano un dibattito presso la propria sede, in Via degli Asili 33, sabato 16 dicembre alle ore 17,30.


Il 12 dicembre 1969 scoppiano alcune bombe; quella posta nella Banca Nazionale dell’Agricoltura, a Milano, fa 16 vittime. Le indagini si indirizzano subito verso il movimento anarchico e l’estrema sinistra. Migliaia di fermi e perquisizioni si svolgono in tutta Italia, alcuni giovani anarchici vengono arrestati.
La notte fra il 15 e il 16 dicembre 1969, dopo giorni di interrogatorio ininterotto, muore Giuseppe Pinelli. Verrà gettato dal quarto piano della Questura di Milano per simulare un suicidio.


Con l’assassinio del compagno Pinelli le istituzioni statali, mandanti della strage, intendevano mettere a tacere il movimento anarchico e attribuirgli la responsabilità della strage. Per anni gli anarchici, gli antifascisti, militanti di partiti e sindacati saranno impegnati nella controinformazione, nelle mobilitazioni di massa, nelle manifestazioni antifasciste represse inutilmente con violenza, che portarono alla morte del compagno Franco Serantini. Subissato dalla protesta sociale e dal crollo della montatura poliziesca, il Governo fu costretto a rilasciare i compagni ingiustamente carcerati e a riconoscere la loro innocenza, avviando processi inconcludenti contro i servi fascisti.


Oggi come ieri i fascisti sono sempre quelli delle bombe e delle violenze, contro le donne, i lavoratori, i disoccupati; sono quelli della disoccupazione, della miseria e della guerra, risultati della dittatura di Mussolini.
Oggi come ieri sono al servizio del governo che li protegge. Non si può battere il fascismo se non si batte il governo e la sua politica antiproletaria.
Oggi come ieri è possibile battere governo e fascisti con la controinformazione, la mobilitazione di massa, l’antifascismo militante.

Discutiamo insieme sabato 16 alle 17, 30 – in Via degli Asili 33

Collettivo Anarchico Libertario
Federazione Anarchica Livornese

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