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IL GOLPE È LO STATO, LA RIVOLUZIONE È LIBERTÀ!

Comunicato del gruppo DAF di Istanbul sul tentato colpo di stato in Turchia

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IL GOLPE È LO STATO, LA RIVOLUZIONE È LIBERTÀ!
17 luglio 2016

Il golpe è stato una costante in questa area geografica sin dal golpe militare del 1980, e, si è ripresentato dopo 36 anni, la notte del 15 luglio. Molti edifici statali sono stati bloccati per alcune ore durante la mobilitazione militare che ha avuto come epicentro Istanbul e Ankara. Il golpe è iniziato con il sorvolo da parte di aerei da combattimento ad Ankara e con il blocco dei ponti a Istanbul da parte dei soldati, ed è continuato con la cattura del capo di stato maggiore, preso come ostaggio, con il rumore dei carri armati e degli spari nelle strade. Molti edifici statali sono stati colpiti dagli F16 e dagli elicotteri, inclusi il palazzo del parlamento e il quartier generale dell’Organizzazione dell’Intelligence Nazionale; ci sono stati scontri armati in molti luoghi tra polizia e soldati. A seguito degli eventi è stata interrotta la trasmissione della televisione nazionale di stato ed è stata letta la dichiarazione dei golpisti firmata dal “Consiglio di Pace in Casa”. Al termine del “golpe delle 5 ore” sono stati uccisi più di cento soldati, oltre ottanta poliziotti e più di ottanta civili scesi in piazza contro il golpe. 2839 soldati, tra i quali molti alti in grado, sono stati arrestati.

Durante questo periodo di 36 anni, il golpe come strumento di oppressione, violenza e soppressione politica, è stato utilizzato dall’esercito più volte come una minaccia. Nessun dubbio per noi, gli oppressi, che il golpe significhi tortura, soppressione e massacro dei popoli in questa area geografica e in questi periodi. È evidente che una struttura che prende il proprio potere attraverso i massacri che compie, continuerà a compiere massacri nel nome della “protezione dell’unità indivisibile del paese”. Il recente golpe è il risultato delle lotte interne allo stato tra gruppi di potere. Forse, l’esistenza celata di gruppi di potere con forti ramificazioni anche all’estero ha portato all’allargamento degli attori e degli interessi in gioco. Comunque non c’è dubbio che coloro che hanno visto il proprio potere rafforzato a seguito di questo golpe di cinque ore sono l’attuale governo e il capo dello stato.

La notte iniziata come un golpe militare si è trasformata in una “festa della democrazia” mentre il potere di Stato riconquistava il controllo. Il partito di governo, l’AKP, si è guadagnato il titolo di “respingitore del golpe” con la sua vittoria, dall’alto della sua legittimazione per il suo “esser stato eletto”. Durante tutta la notte, tutti i canali televisivi hanno mandato in onda trasmissioni che sono servite per questa vittoria e hanno propagandato l’illusione della democrazia personificata in Tayyip Erdoğan. Questa propaganda è stata continuata anche dai media considerati di opposizione. In questa lotta per il potere di stato, i media non solo hanno preso le parti di Tayyip Erdoğan, ma hanno anche avuto il ruolo di spingere le persone nelle strade.

Come i media, i partiti parlamentari d’opposizione non si sono “risparmiati” nel dar sostegno all’AKP fin dall’inizio di questa vicenda: sono caduti nella trappola del “prevenire che altri facciano politica” gestita dal potere di stato. La loro presa di posizione di “stare dalla parte della democrazia contro il golpe” ha coperto come una maschera la loro mancanza di consapevolezza politica. Questo indica chiaramente che nel breve periodo, questi non mobiliteranno nient’altro che non sia di rinforzo alle politiche del potere di stato. Definire come “sostenitori della democrazia” coloro che ripetono “morirò quando Tayyip Erdoğan mi dirà di morire, sparerò quando mi dirà di sparare”, che riempiono le piazze con slogan come “vogliamo la pena di morte”, che sono concentrati nel linciare chiunque gli passi davanti; non è forse questo un segno di stagnazione politica degli stessi partiti d’opposizione?

Con questo golpe e con la vittoria contro di esso, l’AKP ora ha creato le condizioni per compiere una trasformazione ideologica della società. Quel “50% che con difficoltà restava in casa” che veniva dipinto come una minaccia da Tayyip Erdoğan durante le proteste di Gezi Park, era nelle strade. La cultura fascista che è parte importante della trasformazione ideologica che si sta compiendo dal sistema legislativo alla vita sociale, è stata risvegliata con coloro che sono stati mobilitati nelle strade dallo stato. Non è solamente questo; costoro sono stati rappresentati come persone che stavano cercando di mantenere il proprio potere democratico… Non è difficile indovinare come queste “mobilitazioni democratiche” affronteranno gli oppressi in diversi modi e luoghi. Abbiamo già avuto notizia di episodi di linciaggio contro chi non ha sostenuto il rafforzato potere dello stato.

Questa lotta fra gruppi di potere per ottenere il controllo dello stato che opera al di sopra delle crescenti ingiustizie economiche e politiche non è altro che la prosecuzione dell’autorità degli oppressori sugli oppressi, per poter distruggere la libertà degli oppressi. Non c’è dubbio che né la dittatura, visibile o invisibile, né le strutture militari o civili, né il golpe, né le elezioni di poteri politici che sono i nemici del popolo, abbiano qualcosa a che fare con la volontà del popolo. Noi, che crediamo che una vita libera non possa essere creata da un golpe o dalle elezioni, riconosciamo l’esistenza dello Stato come un golpe contro la libertà e la nostra rivolta continuerà fino a quando non esisterà un mondo libero.
Lo Stato stesso è il golpe, rivoluzione è libertà.
Ciò di cui tutti abbiamo bisogno non è nutrire speranze nelle lotte fra autorità ma sapere che la speranza è rivoluzione per la libertà.

Devrimci Anarşist Faaliyet (DAF)
Azione Anarchica Rivoluzionaria (DAF)

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Solidarietà, anche con i Rom

Solidarietà, anche con i Rom

Un’ennesima persecuzione contro gli ultimi si è verificata a Livorno.

Secondo gli organi di informazione, la polizia municipale ha smantellato un accampamento di nomadi in Via del Levante, con tanto di foto dei rifiuti abbandonati. Secondo un quotidiano on-line, l’operazione sarebbe scattata dopo una denuncia della LIPU.

Non occorre andare tanto in là con gli anni per ricordarsi quando attorno a Via di Levante c’erano i campi. Poi è venuta l’idea di farci un’area per spettacoli viaggianti, ma è durata poco, visto che l’amministrazione comunale ha preferito la speculazione edilizia. Il Nuovo centro è stato e continua ad essere una colata di cemento; mentre per la messa in sicurezza del Rio Maggiore si sono sconvolti, campi, habitat e corsi d’acqua per chilometri.

Ora, i responsabili di tutto sarebbero quattro disgraziati che cercano di campare alla meglio tra le cattedrali di un’abbondanza da cui sono esclusi. Chi controlla il rispetto dei contratti fra le ditte edili che lavorano al nuovo centro, l’intreccio di appalti e subappalti, gli scarichi e quant’altro?

Semplice dare la caccia ai rom, un popolo che non hai mai fatto la guerra a nessuno, fanno paura a tutti e non c’è nessuno che li difende. I responsabili del degrado di un’area a vocazione agricola non sono certo le povere famiglie vessate.

Commissione di Corrispondenza

della Federazione Anarchica Livornese

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La lotta dei lavoratori portuali è la lotta di tutti i lavoratori livornesi, dei disoccupati, dei precari!

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La lotta dei lavoratori portuali è la lotta di tutti i lavoratori livornesi, dei disoccupati, dei precari!

Venerdì 22 i lavoratori dell’Agenzia per il Lavoro Portuale e di InTempo sciopereranno per 24 ore, mentre dalle ore 9,30 ci sarà un presidio di fronte alla Prefettura. La giornata di lotta è stata proclamata per l’assunzione dei lavoratori InTempo (il nucleo storico di 27 lavoratori) in ALP, assunzione già concordata con la dirigenza ALP e poi disattesa su pressione delle associazioni che fanno riferimento a Confindustria.
Il presidente di ALP, Massimo Provinciali, è segretario generale dell’Autorità Portuale, e questa detiene il 49% del capitale di ALP.
La Confindustria si batte per imporre il lavoro a chiamata, il lavoro a tempo determinato, il lavoro precario, per piegare i lavoratori alle proprie esigenze e sfruttarli di più. L’Autorità Portuale, che dovrebbe tutelare il rispetto delle leggi, dei regolamenti e dei contratti in porto, a difesa dell’interesse pubblico e quindi anche dei lavoratori, si rivela docile strumento della Confindustria. La CGIL, come ormai da tempo, svolge i lavori sporchi per padroni e istituzioni. Mentre i lavoratori portuali sono in stato di agitazione, apre una trattativa e firma un accordo al ribasso senza informare i lavoratori e le rappresentanze sindacali, perché i membri delle RSU aderiscono ad un sindacato di base e conflittuale, l’Unicobas.

La Federazione Anarchica Livornese invita i cittadini, i lavoratori, i precari, i disoccupati a sostenere la lotta dei lavoratori portuali e a partecipare al presidio, indetto dalle RSU e dalla segreteria provinciale dell’Unicobas, di fonte alla Prefettura venerdì 22 luglio a partire dalle 9,30.

Federazione Anarchica Livornese

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Kavala – I FASCISTI TIRANO FUORI LE ARMI DURANTE UN’AZIONE ANTIFASCISTA

Dai compagni di Kavala, grecia

I FASCISTI TIRANO FUORI LE ARMI DURANTE UN’AZIONE ANTIFASCISTA – Antifascismo militante ovunque – Kavala Antinazi

Kavala – Sabato 21 Maggio Alcuni nazi della città hanno fatto irruzione nel festival di 10 giorni dell’Università di Kavala, dove hanno dimostrato apertamente la loro vigliaccheria e distrutto la macchina della compagna di uno dei due antifascisti presi di mira, che era lì al festival. Sono poi immediatamente scomparsi, dato che hanno avuto la sfortuna di essere stati visti, mentre compivano la loro eroica azione, da molti occhi testimoni che casualmente passavano lì dove era parcheggiata la macchina e in quel momento.

Kavala – Domenica 22 Maggio Mentre i due antifascisti presi di mira erano al festival di 10 giorni, nel porto di Kavala quattro carogne fasciste sono state scoperte da alcuni antifascisti e sia loro che le loro macchine hanno avuto la lezione che si meritavano. Da veri codardi quali sono, essendo incapaci di gestirsi le conseguenze delle loro azioni fasciste, uno di loro, senza vergogna, mentre scappava ha tirato fuori la sua pistola e dopo aver sparato in aria, ha puntato la sua pistola verso gli antifascisti, che si sono fermati di colpo. Il deliro malato fascista di certo non si è fermato qui, hanno preso e picchiato gravemente una antifascista, che non ha esitato ad affrontare i vigliacchi, le hanno puntato alla testa la pistola e l’hanno presa a calci anche una volta svenuta a terra. Mentre alcuni antifascisti stavano accorrendo ad aiutarla, due dei quattro fascisti (Triantaphyllos Alexandridis and Andreas Rigoulis Sold) che stavano ripiegando – essendo sono stati traditi dagli altri due fascisti che li hanno lasciati lì da soli – hanno urlato “d’ora in poi solo con le armi” mentre mostravano le armi.

Di sicuro questo è il risultato della reale cooperazione e della rassomiglianza tra la polizia e la feccia di estrema destra, e della piena consapevolezza da parte della polizia delle azioni quotidiane dei fascisti con coltelli, pistole e qualsiasi altra cosa che stimoli il loro pene. A causa di tutte queste cose che connettono la polizia, i misantropi e i topi di fogna, nelle ore seguenti la città è stata messa sotto regime poliziesco, con gli sbirri sparsi in tutte le zone della città, dall’Università di Kavala fino al porto, facendo continui controlli a qualsiasi sospettato (possibilmente antifascista).
Permettendo così alla loro mano destra (i fascisti) di andare in giro liberamente e di mostrarsi per le strade in cerca di antifascisti, agendo evidentemente come parastato di polizia.

Gli antifascisti stavano difendendo il loro squat, e poi si sono raggruppati e hanno dato il via ad una protesta determinata, con una forte energia antifascista diretta verso il centro della città per cercare, con molta rabbia, i nazisti bastardi che già erano stati avvisati dalla polizia dell’arrivo del blocco antifascista nel centro città, dalla caccia che i fascisti avevano iniziato si sono ritrovati a nascondersi. Il corteo si è diretto poi al commissariato per insultare in ogni modo gli sbirri impauriti, che hanno tentato disperatamente di negare la loro responsabilità nell’incitamento e nella protezione alle gang fasciste della città. Il corteo è poi tornato allo squat Vyronos 3 e gli antifascisti si sono messi a guardia dello squat.
In mezz’ora i rigurgiti fascisti Triantaphyllos Alexandridis e Andreas Rigoulis si sono spostati nella zona dello squat con la macchina del secondo, che è un veicolo con il contrassegno disabili, perché suo padre è in sedia a rotelle, e che senza problemi il suo figlio neo nazista usa costantemente per le spedizioni fasciste.
Lasciateci dire che il sopracitato padre, il giorno che Kasidiaris – un parlamentare di Alba Dorata – organizzò un dibattito pieno d’odio all’Hotel Galaxy a Kavala, se ne stava di fianco alla polizia che si era disposta di fronte a Mikel (un bar di via Venizelos) impedendo al blocco antifascista di spostarsi in direzione dell’hotel che ospitava i rappresentanti del partito neonazista, i responsabili dell’assassinio di Pavlos Fyssas. Quel giorno, dopo che tutti i fascisti della città si erano definiti solamente patrioti e tentavano in tutti i modi di convincerci che non avevano niente a che fare con la politica di partito, cioè con Alba Dorata, sono stati pubblicati online da alcuni giornali dei video dell’evento che mostrano Triantaphyllos Alexandridis, Andreas Rigoulis e Kostas Tonios (uno dei dirigenti del neonato partito di estrema destra L.E.P.E.N., e uno dei 13 che hanno denunciato i due antifascisti presi di mira) tutti lì ad ascoltare le parole dello scagnozzo degli assassini (= Alba Dorata) che furbamente cercavano di nascondersi dietro agli altri partecipanti per non farsi riprendere dalle telecamere.

I fascisti che si muovevano attorno allo squat, sono stati visti dagli antifascisti che hanno urlato ai Nazi di avvicinarsi, e come ci si poteva immaginare, quando loro erano a una distanza sicura rispetto alla zona dello squat e al gruppo che stava difendendo lo spazio, lo schifoso vigliacco Triantaphyllos Alexandridis è uscito dalla macchina e ha provocando gli antifascisti di venire verso di lui, cosa che loro hanno fatto, e come risultato è risalito velocemente nell’auto scomparendo all’istante, cosa in cui i fascisti sono davvero abili ed esperti.

Martedì 24 maggio Gli antifascisti hanno fatto un corteo determinato nel centro della città. Circa 50 antifascisti hanno distribuito volantini descrivendo gli eventi sopra menzionati e scandendo costantemente slogan antifascisti. Il dipartimento di polizia si trovava lungo il tragitto del corteo, là ancora una volta i poliziotti sono stati insultati. La polizia ha tenuto un comportamento cauto, restando schierata dentro l’ingresso del dipartimento, indossando l’attrezzatura antisommossa. Il corteo si è concluso allo squat e sono stati distribuiti volantini presso i vicini blocchi di condomini, per rendere noti gli eventi e le ragioni del corteo.
Mercoledì 25 maggio Circa 100 antifascisti si sono riuniti a Faliro Park e hanno informato le persone che erano là riguardo agli attacchi fascisti che avevano avuto luogo a Kavala negli ultimi giorni. I compagni hanno appeso uno striscione in un luogo del parco dove potesse essere visibile dalla strada principale, hanno distribuito volantini e hanno intonato slogan antifascisti. All’inizio le forze di polizia hanno girato per la città, con due squadre antisommossa alla sede di Alba Dorata, le squadre DIAS in moto nel quartiere Vironos dove vive il nuovo Roupakiases (Roupakiases è il nazista di Alba Dorata assassino di Pavlos Fyssas) della città e ovviamente tutti gli agenti in borghese di Kavala setacciavano il centro della città, concentrandosi su Faliro Park e il quartiere intorno allo squat.
Naturalmente, i poliziotti in borghese non potevano mancare dal parco deve gli antifascisti si erano riuniti; questi poliziotti in borghese, codardi come i loro servi neonazisti, sono venuti al parco con le proprie figlie e i propri figli per ficcanasare, spingendo i propri figli sulle altalene a 5 metri dalla folla radunata. Per rispetto dei bambini che non sono responsabili della mancanza di senso della vergogna dei propri padri poliziotti, i compagni hanno deciso di non insultarli.
Dopo un’ora gli antifascisti hanno preso la strada principale dopo il parco e è iniziato il corteo, diretto verso il quartiere in cui vivono i due nazisti ( Triantafphyllos Alexandridis e Andreas Rigoulis) per tutta la durata del corteo, polizia antisommossa, polizia in moto (squadre DIAS) e agenti in borghese hanno seguito gli antifascisti. Possiamo dire che tutta la polizia di Kavala e tutto ciò che erano riusciti a portare dalle città vicine era persente.
Il corteo era molto acceso, slogan contro la polizia e contro i fascisti sono stati intonati incessantemente e i compagni hanno informato il quartiere sul nuovo Roupakiases che hanno nella loro area ed il fatto che la polizia non solo ha nascosto la minaccia con la pistola, ma anche che tutto questo è successo sotto la loro protezione.
I poliziotti hanno seguito la marcia fino a quando si è conclusa allo squat Vironos 3, tenendosi a meno di 20 metri dagli antifascisti e provocandoli con i loro commenti ironici. Quando il corteo è arrivato alla strada proprio sotto lo squat, gli antifascisti si sono fermati e hanno chiuso la strada ai poliziotti, rendendo loro chiaro che avrebbero dovuto fare dietro-front e andarsene. In particolare quando i residenti della zona hanno iniziato ad uscire sui balconi e ad essere informati degli eventi e delle ragioni del corteo, i poliziotti se ne sono andati totalmente irritati. Tale insoddisfazione dalla parte dei poliziotti era evidente ogni volta che il corteo si fermava e informava il quartiere.

A KAVALA COME IN OGNI ALTRO POSTO,
DISTRUGGI I FASCISTI IN OGNI QUARTIERE

POLIZIOTTI E NAZI SONO LA STESSA BANDA
FASCISTI TORNATE NELLE FOGNE

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Solidarietà ai compagni sotto processo a Kavala

Solidarietà ai nostri compagni di Kavala (Grecia) che devono affrontare oggi 18/05/16 un’udienza per il processo che mette sotto accusa la loro lotta contro il fascismo, lo Stato e il capitalismo

Ieri a Livorno il Collettivo Anarchico Libertario ha posto uno striscione nel centro cittdino in solidarietà con i compagni sotto processo.

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Riportiamo di seguito buona parte del comunicato redatto dal COLLETTIVO AUTONOMO DI KAVALA, dallo SQUAT VIRONOS 3 e dal FONDO DI SOLIDARIETÀ PER I COMPAGNI IMPRIGIONATI E PERSEGUITATI. Questo comunicato è stato pubblicato lo scorso febbraio in occasione di un’udienza del processo che venne rinviata.

“La cosiddetta crisi di Imia (isolotto conteso tra Grecia e Turchia, che dette luogo ad una crisi tra i due paesi tra il dicembre del 1995 e il gennaio del 1996 – i nazionalisti greci celebrano con manifestazioni il 26 gennaio, data in cui un prete e il sindaco di Kalymnos issarono sull’isolotto la bandiera greca) del 1996 , da un lato è servita alle politiche imperialiste dei due stati (Grecia e Turchia), dall’altro, attraverso l’isteria nazionalista che ha provocato, ha contribuito a metter su il banchetto degli armamenti. Dopo i fatti di Imia, lo Stato Greco, approfittando dell’“alibi” del rischio di guerra, ha proceduto in un investimento senza controllo nei programmi di armamento militare. Questi sono i “bei tempi”, quando il business nazionalista è così lucrativo da ingrassare politici, uomini d’affari, ufficiali militari e giornalisti.

Al fianco dello stato ufficiale che ancora oggi utilizza questi fatti nella sua agenda politica (vedi: Kammenos, Ministro della Difesa della sinistra-fascista che ha lasciato una corona di fiori sull’isolotto di Imia), c’è anche qualcun altro che ha guadagnato in questo affare. Per anni, il para-stato fascista si è approfittato dell’incidente di Imia inscenando celebrazioni di odio. Dal 2011 in avanti, il Movimento Patriottico di Kavala, con il pretesto dell’incidente di Imia, organizza ogni anno una manifestazione con appello nazionale, alla quale prendono parte altri fascisti e ultraconservatori, da Larissa, Drama, Thessaloniki, Komotini e Alessandropoli. Questa chiamata di odio nella nostra città è la seconda manifestazione di ultraconservatori a livello nazionale per Imia, dopo quella di Alba Dorata; in modo simile, in entrambe le manifestazioni si possono sentire marce militari, vedere i partecipanti inquadrati in formazione militari facendo saluti nazisti, mentre viene dato fuoco alle bandiere antifasciste.

Quindi, ogni anno, la notte precedente, membri del movimento patriottico sorvegliano la piazza in cui la loro celebrazione di odio ha luogo, mentre minacciano e aggrediscono chiunque non gradiscano.

Nelle prime ore del mattino di domenica 26/01/2014, poche ore prima dell’inizio della manifestazione antifascista in Faliro Park, gli odierni collaborazionisti-nazisti di Kavala hanno ancora una volta assunto il fin troppo noto ruolo di spie. Solo che questa volta il loro ruolo è stato aggiornato e non limitato a fare la spia. Hanno spaccato la vetrina e tentato di dar fuoco al negozio che appartiene a un nostro compagno, preso di mira per la sua attività antifascista. Il negozio era situato nei pressi di Agios Nikolaos e le vite di coloro che abitano l’edificio sono state messe in pericolo. Il nostro compagno, una volta avvisato dell’attacco al suo negozio, si è precipitato a vedere che cosa fosse successo. Pochi istanti più tardi arrivano alcuni agenti in borghese, avvisati dai residenti della zona. In quel momento il nostro compagno viene informato che prima dell’attacco al suo negozio, uno scontro ha avuto luogo tra un gruppo di antifascisti e un gruppo di membri del Movimento Patriottico; questi ultimi si trovavano là per sorvegliare l’area del Parco Municipale per il loro evento su Imia del mattino seguente. Il nostro compagno poi è andato all’ufficio di polizia, dal momento che era stato informato dai poliziotti che in quanto proprietario dell’esercizio erano richieste da lui alcune formalità, dal momento che il tentato incendio è un reato perseguibile d’ufficio; questo indipendentemente dal fatto che egli intendesse o mento intraprendere un’azione legale o utilizzare i canali della giustizia civile.

Dopo un’attesa di tre ore alla stazione di polizia, il nostro compagno ha scoperto di essere in arresto dal momento che era stata depositata contro di lui un’accusa da parte di membri del Movimento Patriottico. Ovviamente, i poliziotti, ad un altro piano dello stesso edificio stavano confezionando con i “patrioti” le accuse nei suoi confronti. L’accusa principale è il reato di “disturbo dell’ordine pubblico a volto coperto”. L’unica “prova” per l’accusa è costituita dalle testimonianze dei membri del Movimento Patriottico. Durante l’attesa di tre ore al dipartimento di polizia, sono sfilati tutti gli alti ufficiali, passando dal Direttore della Sicurezza, Simoudis, al Capo del Dipartimento, A. Koskeridis.

Ma i “puri patrioti” spie non si sono fermati là. Circa 20 di loro restando nel Parco Municipale hanno attaccato e picchiato due studenti universitari, chiamandoli “feccia anarchica”, quando questi ultimi stavano tornando a casa dopo una notte passata fuori; i due studenti non avevano alcun tipo di affiliazione politica con il movimento anarchico e antiautoritario.

Il mattino seguente, la manifestazione antifascista organizzata, convocata dal Collettivo Autonomo di Kavala, dallo squat Vironos 3 e da individualità antifasciste, ha avuto luogo in Faliro Park. Dai primissimi momenti della manifestazione, era presente un imponente dispiegamento di forze di polizia con squadre antisommossa (circa 10 squadre), forze speciali (OPKA) e agenti in borghese. Gli anifascisti si sono riuniti a Faliro Park, tra le 150 e le 170 persone da Kavala e altre città, hanno bloccato la strada di fronte al parco, mentre allo stesso tempo i furgoni della polizia hanno chiuso ogni strada che portasse al Parco Municipale, dove si stava tenendo la manifestazione fascista. Non solo Alba Dorata e Movimento Patriottico hanno preso parte alla manifestazione fascista, ma anche altri gruppi neo-nazisti come l’Esercito Nazional-Socialista di Macedonia, il gruppo Uncommitted Meandros Nationalists, Movimenti Patriottici da altre città e altri fascisti più o meno conosciuti dal Nord della Grecia. Dopo la fine della manifestazione antifascista, le persone hanno formato cordoni tenendosi l’un l’altro e si sono diretti verso lo squat Vironos 3, con le squadre antisommossa che li hanno seguiti e poi sono passate intorno allo squat offendendo e facendo gesti agli antifascisti.

Con un compagno ancora trattenuto in custodia per due giorni dopo la ridicola accusa contro di lui da parte di membri del Movimento Patriottico, nel pomeriggio di lunedì 27 gennaio 2014, il secondo compagno (fratello del primo), è stato anch’egli preso di mira per la sua azione antifascista. È stato informato che un’accusa pendeva pure contro di lui, anche in questo caso da parte di membri del Movimento Patriottico, e si è presentato volontariamente presso il Dipartimento di Polizia di Kavala. Questo secondo compagno, fino alle ore del mattino di domenica, stava cercando di salvare ciò che era rimasto del negozio di suo fratello. I nostri compagni sono stati trattenuti in custodia per una settimana prima di essere condotti dal pubblico ministero.

Venerdì 31/01/2014, dopo essere comparsi di fronte al magistrato, i nostri due compagni sono stati rilasciati, con un’abbondanza di accuse, alle seguenti condizioni: non è loro permesso di lasciare il paese e devono comparire al locale dipartimento di polizia entro i primi cinque giorni ogni mese fino a quando non si terrà il processo. La cauzione era di 2000 euro per entrambi più le spese processuali, che ammontavano a 950 euro.

[…]

In tutto questo periodo, fino ad oggi, nessun fascista è stato arrestato o incriminato per aver distrutto il negozio del nostro compagno e non vi è stato alcun esame preliminare, nonostante le accuse pendenti contro i fascisti.

È importante notare che prima di ogni udienza i fascisti hanno cercato di provocarci con il loro comportamento, minacciando e scrivendo disgustosi slogan nazionalisti e nazisti, assieme ai nomi dei nostri compagni sotto processo, sui muri della città e anche vicino alla casa dove i compagni vivono. Allo stesso tempo hanno organizzato diversi agguati per intimidire e colpire alcuni dei nostri compagni, col tentativo di creare un clima di tensione proprio prima delle udienze. Non c’è bisogno di dire che non sono riusciti nel loro intento, dal momento che i fascisti sono quelli che fuggono ogni volta che incontrano i nostri compagni nelle strade.

La collaborazione tra la polizia di Kavala, il Movimento Patriottico e il resto dei gruppi neonazisti ha un obiettivo: reprimere ed attaccare ogni resistenza locale vi sia nella comunità di Kavala – come il Collettivo Autonomo e lo squat Vironos 3 – e terrorizzare tutti gli altri.

Nessun compagno sarà lasciato solo nelle mani dello Stato. Solidarietà con i nostri compagni arrestati!”

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POMERIGGIO ANARCHICO A PISA IN SOSTEGNO ALLA LOTTA CONTRO GLI INCENERITORI E IN RICORDO DEL COMPAGNO FRANCO SERANTINI

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POMERIGGIO ANARCHICO A PISA IN SOSTEGNO ALLA LOTTA CONTRO GLI INCENERITORI E IN RICORDO DEL COMPAGNO FRANCO SERANTINI

7 MAGGIO

ore 16,00: gli anarchici toscani organizzano un presidio in Piazza Garibaldi contro il progetto di nuovi inceneritori e in preparazione della manifestazione del 14 maggio a Firenze;

ore 18,00, in ricordo del compagno Franco Serantini, morto in carcere il 7 maggio 1972, massacrato di botte dalla polizia mentre si opponeva ad un comizio fascista: Lungarno Gambacorti, il luogo dove Franco fu fermato, deposizione di una corona di fiori, subito dopo in piazza Serantini (Piazza S.Silvestro) a ricordare nuovamente Franco con canti e convivialità.

Testo del volantino che sarà distribuito in Piazza Garibaldi sabato 7 maggio

AZIONE DIRETTA, AUTORGANIZZAZIONE,
PER UN MONDO SENZA NOCIVITA’

Già oggi in Toscana sono attivi inceneritori, fra gli altri a Pisa, a Montale, a Livorno, che danneggiano gravemente la salute delle popolazioni. Il governo nazionale e i poteri locali, asserviti al mondo degli affari, asserviti a chi lucra sulla malattia e la morte delle persone, stanno progettando di costruirne ancora di nuovi, come quelli previsti a Livorno e a Firenze-Sesto Fiorentino. Ancora nuovi eco-mostri al servizio di un modello di produzione e di società ingiusto, oppressivo, irrazionale, basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Dobbiamo fermarli!

SABATO 14 MAGGIO ORE 14,30 A FIRENZE DA VIA DI NOVOLI, PARCO SAN DONATO

MANIFESTAZIONE CONTRO TUTTI GLI INCENERITORI ORGANIZZATA DALLE MAMME NO INCENERITORE, DALL’ASSEMBLEA PER LA PIANA CONTRO LE NOCIVITA’ E DA ZERO WASTE ITALY

Gli anarchici toscani partecipano a fianco dei lavoratori del settore, in difesa dei posti di lavoro, del reddito, contro le esternalizzazioni e le privatizzazioni, per l’affermazione dell’igiene urbana come servizio pubblico, al di fuori e contro la logica del profitto e della burocrazia statale.

Anarchici Toscani

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Abbattiamo tutte le frontiere! In Grecia, in Italia e ovunque – testimonianza da Idomeni

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Abbattiamo tutte le frontiere! In Grecia, in Italia e ovunque – Testimonianza da Idomeni


A Idomeni, in Grecia, al confine con la Macedonia, oltre diecimila persone che da diversi paesi cercano di raggiungere l’Europa sono bloccate alla frontiera dalle recinzioni di filo spinato erette nei mesi scorsi e dalla polizia macedone che le sorveglia respingendo con la violenza coloro che provano ad attraversare il confine. In tale contesto lo sviluppo di pratiche di azione diretta e di solidarietà è stato fondamentale sia per fronteggiare le aggressioni della polizia e costruire iniziative di lotta comuni, sia per la gestione dell’immenso campo che si è formato al confine. Per questo a Idomeni è stato e continuerà ad essere importante l’intervento degli anarchici.

Ovunque, dalla Grecia al Brennero, aumenta la militarizzazione vengono ripristinati i blocchi alle frontiere, eretti muri per bloccare, deportare e internare decine di migliaia di persone che per i governi non sono che forza lavoro a basso costo o strumento di pressione politica.

Ne parleremo con un compagno del Collettivo Anarchico Libertario appena tornato da Idomeni.

Mercoledì 20 aprile
ore 20 aperitivo
ore 21 dibattito

A questo link è possibile vedere una parte del foto reportage ad Idomeni del compagno Giacomo Sini

http://www.giacomosini.com/Ezidis-of-Idomeni

Collettivo Anarchico Libertario
Federazione Anarchica Livornese

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Orti urbani: CONTRO LE SPECULAZIONI, AUTOGESTIONE!

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CONTRO LE SPECULAZIONI, AUTOGESTIONE!

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario esprimono la propria solidarietà alla lotta del collettivo degli Orti urbani di via Goito che il 9 aprile manifesta per dire no alla cementificazione dell’area verde di via Goito, recuperata ad uso agricolo e area di attività e parco per tutti. L’esperienza degli Orti Urbani rappresenta un importante momento di contrasto, alla speculazione edilizia e alla proprietà privata, ed ha respinto decisamente il recente tentativo dei proprietari del terreno di entrare nell’area per distruggere ciò che è stato fatto e iniziare i lavori per cementificare. La manifestazione del 9 aprile rappresenti una risposta importante per la riappropriazione degli spazi sottratti alla collettività, contro la speculazione e le logiche del profitto.

Gli orti urbani di via Goito, gestiti in modo collettivo e attraverso pratiche autogestionarie, sono una’esperienza da valorizzare nel contesto cittadino, nell’ambito delle lotte condotte dal basso in forma autorganizzata, in contrasto con le istituzioni che difendono gli interessi della proprietà privata e di chi sfrutta persone e territori.

La questione ambientale è un elemento centrale delle lotte sociali: le mobilitazioni condotte da anni in Val Susa contro la TAV, le lotte condotte in Sicilia contro il MUOS, le centinaia di lotte sostenute nel paese contro le devastazioni e i saccheggi del territorio imposti da governo o amministrazioni locali con la politica delle più o meno grandi opere evidenziano l’inconciliabilità tra le esigenze delle popolazioni e la logica del profitto.

A queste proteste i governi rispondono spesso con la repressione o addirittura con l’uso dell’esercito. Eppure queste mobilitazioni sono sempre più numerose e diffuse, e l’esperienza degli Orti urbani di Livorno ne è un esempio.

La risposta allo scempio del territorio data da questi movimenti di lotta mostra chiaramente che la pratica legalitaria, i percorsi istituzionali quali ricorsi, petizioni, referendum non offrano alcuna garanzia e tutela. Solo l’autoorganizzazione e l’autogestione rappresentano una risposta in grado di garantire gli interessi collettivi.

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it / collettivoanarchico.noblogs.org

Federazione Anarchica Livornese

cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

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PISA: Presidio + Dibattito – Verso Lo Sciopero Del 18: Contro La Guerra, Solidarieta’ Al Kurdistan

antimilitarismo

PER LO SCIOPERO GENERALE DEL 18 MARZO,
CONTRO LA GUERRA,
CON L’AUTOGOVERNO DEI KURDI DELLA ROJAVA

Sabato 12 marzo PISA
h 16 Presidio in Piazza Garibaldi
h 18 Assemblea pubblica – Polo Carmignani, Aula 1, Piazza dei Cavalieri

Venerdì 18 marzo FIRENZE ore 9,30 Piazza Dalmazia Corteo per lo Sciopero Generale

Precarietà, sfruttamento e disoccupazione segnano in modo sempre più forte la vita della maggior parte delle persone.
Negli ultimi anni, agitando lo spettro della crisi economica, i governi che si sono succeduti hanno imposto politiche di austerità e sacrifici, che hanno portato ad un peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro della maggior parte della popolazione.
Di fronte alla crescente disoccupazione, padroni e governanti, per accrescere i propri profitti e difendere i propri privilegi, cercano di imporre sempre peggiori condizioni di lavoro, salari sempre più bassi, meno sicurezza sul lavoro, tagli alla sanità, più inquinamento, restrizione della libertà sindacale.

Con mezzi diversi ma con i medesimi interessi sia la destra xenofoba e fascista sia i partiti di governo tentano di dividere i lavoratori tra più garantiti e meno garantiti, tra italiani e stranieri, tra disciplinati e fannulloni, tra sottomessi e combattivi, spianando così la strada alle politiche del governo.

Il governo Renzi sta conducendo una vera e propria guerra interna contro i lavoratori e gli strati popolari. Gli effetti di questa guerra li possiamo vedere quotidianamente sulla nostra pelle: ticket sanitari alle stelle che costringono milioni di persone a rinunciare alle cure; scuole fatiscenti con classi sempre più numerose; riduzione dei salari e delle pensioni; grandi opere e produzioni nocive, che devastano i territori e avvelenano abitanti e lavoratori; estrema precarizzazione del lavoro, dalle esternalizzazioni al lavoro interinale, dai tirocini alle prestazioni gratuite; quasi totale licenziabilità con il Jobs Act ed in ultimo restrizione della libertà di associazione e di sciopero, grazie all’infame accordo sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 firmato dai sindacati concertativi.

Questo attacco viene condotto dal governo con un approccio militare e autoritario.
Alle proteste popolari si risponde a suon di manganellate, denunce e licenziamenti.
Con la giustificazione del contrasto del terrorismo e della criminalità il governo ha riempito di soldati le città italiane, mentre in alcuni casi i militari sono già stati impiegati per la repressione interna, come ad esempio in Val di Susa contro il movimento NO TAV.

La militarizzazione della società e dei rapporti sociali corre parallela alle politiche di guerra condotte dal governo. Miliardi di euro vengono sottratti ai servizi pubblici per finanziare il settore militare, alla faccia della crisi si continua ad investire nella ricerca militare e l’industria bellica continua a fare affari d’oro. L’adesione alla NATO e la presenza di basi statunitensi nel paese coinvolge automaticamente l’Italia in molti dei conflitti in corso. Inoltre lo Stato italiano si prepara anche a nuovi interventi diretti in zone di guerra, come dimostra la creazione di nuove unità d’intervento rapido. Alle missioni di guerra “ufficiali” si aggiunge la presenza di militari italiani in Iraq, e il supporto logistico al militarismo degli USA, mentre per la prossima missione di morte in Libia, Renzi ora dice che l’Italia non parteciperà all’attacco, ma come si sa con lui non c’è da star “sereni”.

La politiche economiche e sociali del governo sono dunque strettamente connesse alle politiche di guerra, per questo come Anarchici Toscani parteciperemo alla manifestazione del 18 marzo a Firenze e sosteniamo lo sciopero generale indetto per quella giornata.
Riteniamo che iniziative di lotta come queste siano importanti e che necessiterebbero, per avere una maggiore efficacia, per sviluppare un effettivo radicamento nei territori legare le iniziative di lotta anche a problemi locali che affliggono i lavoratori e le popolazioni in genere.

Come Anarchici Toscani riteniamo importante che nella giornata di lotta del 18 marzo si manifesti anche la solidarietà internazionalista verso chi lotta in Kurdistan e in Rojava, il Kurdistan occidentale in territorio siriano.
La guerra così come le politiche di austerità si determinano in campo internazionale, nello scontro tra potenze capitalistiche e statali che competono tra loro per il dominio e per il controllo delle risorse.
In questo quadro fosco che minaccia l’umanità c’è una piccola luce rappresentata dalle popolazioni della Rojava, dal movimento kurdo e dai rivoluzionari, tra cui anche gli anarchici, che lottando e combattendo per la propria libertà cercano anche di sperimentare forme di vita sociale alternativa alla logica della gerarchia, della sopraffazione e del profitto.
Quanto avviene in Turchia, ed in particolare nel Bakûr, il Kurdistan settentrionale in territorio turco, ci mostra il vero volto dello Stato e del suo apparato militare. Coprifuoco, rastrellamenti, bombardamenti, omicidi, arresti e torture, carri armati nelle strade e assedio di quartieri e villaggi insorti. Le vittime tra la popolazione civile, i militanti politici e gli attivisti sindacali sono migliaia solo negli ultimi mesi. Quanto avviene in Rojava, il Kurdistan occidentale in territorio siriano, ci mostra un’esperienza alternativa e rivoluzionaria. Sotto la spinta del movimento curdo la popolazione ha cercato di darsi nuove forme di organizzazione politica e sociale. Per difendere queste forme di sperimentazione sociale e di autogoverno territoriale le forze di autodifesa popolari della Rojava (YPG/YPJ) hanno dovuto combattere le truppe di Al-Nusra e dello Stato Islamico, hanno dovuto anche scontrarsi con le truppe siriane fedeli ad Assad e vengono quotidianamente attaccate dall’esercito turco. Le potenze come USA e Russia che intervengono nella regione cercano invece di conquistarsi, anche sulla pelle delle popolazioni della Rojava, posizioni favorevoli di influenza per l’accesso alle risorse e la futura gestione politica della pacificazione.
La lotta in Kurdistan ci mostra dove possa arrivare la repressione militare messa in atto da un governo ed allo stesso tempo quali siano le potenzialità rivoluzionarie del processo di sperimentazione sociale in atto in Rojava e quali siano le forze che tentano di bloccare tale processo. Sosteniamo la lotta per la libertà del popolo Kurdo l’esperienza rivoluzionaria della Rojava. Lottiamo contro la guerra e il militarismo, contro tutti gli Stati e tutti i padroni.

VENERDI’ 18 MARZO SCIOPERO GENERALE
MANIFESTAZIONE A FIRENZE
ORE 9:30 IN PIAZZA DALMAZIA

ANARCHICI TOSCANI
Per contatti: anarchicitoscani@autistiche.org

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Ginevra, sospesi colloqui per la spartizione della Siria – contro la guerra, solidarietà alla Rojava e antimilitarismo

questo articolo è stato pubblicato sul settimanale anarchico Umanità Nova
ovunque kobane

Ginevra, sospesi colloqui per la spartizione della Siria
contro la guerra, solidarietà alla Rojava e antimilitarismo

Il 5 febbraio l’esercito turco ha attaccato con armi pesanti la città di Tell Abyad (Girê Spî) in Rojava, il Kurdistan occidentale in territorio siriano, dispiegando in Turchia le proprie truppe nella città di confine di Akçakale.
Già il 20 gennaio numerosi colpi di artiglieria sparati dall’esercito turco hanno colpito a Tell Abyad il quartier generale delle YPG, le Unità di Protezione del Popolo che controllano la città dal giungo 2015, quando, dopo aver sconfitto le truppe dello Stato Islamico, sono riusciti a ricongiungere i cantoni di Cezire e Kobane della Rojava.
In un recente comunicato l’ufficio stampa delle YPG ha affermato che gli attacchi contro le proprie postazioni di confine da parte delle forze militari turche vanno avanti ininterrottamente dal 24 ottobre scorso. Questa zona è strategica. Attraverso il confine che divide Tell Abyad e Akçakale passavano, prima dell’arrivo delle YPG, rifornimenti in uomini e armi per lo Stato Islamico, è infatti uno dei punti di frontiera in cui la collaborazione tra Stato Turco e Stato Islamico è stata più evidente.

Gli attacchi turchi su Tell Abyad delle ultime settimane non sono che gli ultimi episodi della strategia turca di intervento diretto in Siria contro la popolazione curda e le forme di organizzazione sociale che si sta dando la Rojava. Questa strategia, che è stata caratterizzata anche da una sanguinosa stretta autoritaria e repressiva in Turchia contro le organizzazioni del movimento curdo, contro la sinistra rivoluzionaria, contro i dissidenti e contro la popolazione civile, è stata inaugurata nel luglio dello scorso anno dopo la liberazione di Tell Abyad da parte delle YPG e delle YPJ (Unità di Protezione delle Donne), ed è stata annunciata pubblicamente dal Consiglio Nazionale di Sicurezza Turco (MGK) presieduto dal Presidente della Repubblica Erdoğan, con una dichiarazione in cui si affermava che la Turchia “non permetterebbe mai la formazione di uno stato curdo lungo i propri confini”.

Il 24 luglio 2015 sono iniziati raid aerei dell’esercito turco contro le postazioni del PKK in Iraq e Turchia e contro quelle delle YPG in Siria, i bombardamenti riscossero in quei giorni l’approvazione del Segretario generale della NATO Stoltenberg. Da allora sono continuati i bombardamenti dell’esercito turco in territorio siriano contro le postazioni delle YPG. Se inizialmente il governo turco tentava di mascherare questi attacchi, dichiarando che il proprio esercito era impegnato in azioni contro lo Stato Islamico, alla fine di ottobre il Primo ministro turco Ahmet Davutoğlu ha confermato l’attacco da parte di unità turche contro le postazioni delle YPG vicine al confine presso Tell Abyad, rivendicandone la legittimità in nome della sicurezza del proprio paese.

Uno degli episodi più eclatanti è avvenuto il 24 dicembre scorso, quando alcune unità dell’esercito turco hanno oltrepassato il confine tra Turchia e Siria entrando in Rojava, attraversando i villaggi di Sermisax e Banokiya, a est di Qamişlo, per assumere il controllo di una collina strategica a circa un chilometro dal confine che permetterebbe all’esercito turco di controllare le aree circostanti in territorio siriano. Circa 200 soldati, accompagnati da alcuni bulldozer e supportati da veicoli militari ed armi pesanti, dopo aver rimosso il filo spinato dal confine, hanno costruito trincee vicino ai villaggi per difendere le posizioni acquisite. La popolazione locale, che ha ha protestato contro questa intromissione, è stata minacciata dalle truppe turche.

La stessa guerra viene condotta dallo Stato turco all’interno dei propri confini. Tra luglio e agosto numerosi quartieri di Istanbul e Diyarbakir (Amed) e di altri centri del Bakûr, il Kurdistan settentrionale in territorio turco, sono insorti dichiarando l’autogoverno, costruendo barricate per fermare i rastrellamenti messi in atto dalle forze di sicurezza turche nei confronti di militanti rivoluzionari, reali o presunti, turchi e curdi, che a centinaia venivano arrestati, spesso torturati. Alcuni sono stati uccisi nelle proprie case o in strada, o addirittura fatti sparire, altri hanno dovuto subire, una volta uccisi, sui propri corpi senza vita, le angherie e le brutalità dei militari e della polizia. Si è trattato di un’insurrezione nata innanzitutto dalla necessità di difendersi dalla violenza del terrorismo di Stato, ma che allo stesso tempo, con la dichiarazione di autogoverno, seguiva una prospettiva politica e sociale ben chiara, rivolta verso l’esperienza della Rojava.
Per reprimere queste rivolte lo Stato turco ha impiegato l’esercito, carri armati, mortai, artiglieria, cecchini e armi da guerra per riprendere il controllo delle strade, coprifuoco e rappresaglie per mantenerlo.
Come la situazione drammatica della città di Cizre, simbolo della resistenza a terrorismo di Stato in Turchia ci mostra quotidianamente, il coprifuoco, i bombardamenti e le rappresaglie continuano, provocando numerose vittime.

In questo contesto il 29 gennaio si era aperta a Ginevra la III conferenza sulla situazione di guerra in Siria, organizzata dall’inviato ONU in Siria Staffan de Mistura. La conferenza, che secondo gli organizzatori dovrebbe concludersi in sei mesi, vede riunite le principali potenze coinvolte nel conflitto, tra cui Stati Uniti, Russia, Iran, Turchia, Arabia Saudita, nonché rappresentanti del governo di Damasco, l’Alto Comitato per i Negoziati (HNC) che rappresenta in quella sede l’opposizione siriana riunendo 32 forze sunnite, rappresentanti di minoranze e di organizzazioni non governative. I colloqui però sono già stati sospesi, e non riprenderanno fino al 25 febbraio.

Il mancato invito di una rappresentanza della Rojava alla conferenza, è stato preso in considerazione solo in modo marginale dai media ufficiali, che hanno in genere spiegato tale esclusione come una scelta alla cui base vi sarebbe la contrarietà della Turchia.
In dichiarazioni rilasciate per ANF (Ajansa Nûçeyan a Firatê, agenzia di stampa vicina al movimento curdo), Salih Muslim, leader del PYD (Partito dell’Unità Democratica, maggiore forza politica della Rojava, membro del KCK, il Gruppo di Comunità del Kurdistan di cui è parte anche il PKK), che si è recato a Ginevra per protestare contro la scelta di non invitare rappresentanze curde dalla Siria, ha affermato che i curdi non riconosceranno Ginevra III dal momento che non sono stati invitati.Ha dichiarato che non c’è solo la Turchia ad opporsi alla loro presenza ai colloqui di pace ma tutte quelle forze che sono contrarie ad un riconoscimento politico dei curdi e che sono contrarie al sistema democratico che sta sperimentando la Rojava. Muslim ha anche affermato che sono le forze regionali sostenute da “Turchia, Sauditi, Regime siriano e Iran” quelle che si schierano contro di loro, mentre Russia e Stati Uniti devono capire che non è più possibile escludere i curdi, che ormai sarebbero una “potenza” (power nella versione iin lingua inglese dell’intervista) nella regione. Secondo Muslim inoltre non è esclusa la possibilità che una rappresentanza della Rojava sia invitata in un secondo momento.

Emerge chiaramente, anche dalle parole di Muslim, che l’esclusione della componente curda dai colloqui di Ginevra, è da ricondursi in gran parte al progetto sociale e politico di autogoverno condotto in Rojava, che è ritenuto pericoloso dalle potenze regionali e mondiali che intervengono in Siria. Probabilmente la partecipazione di una rappresentanza della Rojava può porre problemi a livello diplomatico e di diritto internazionale; il PYD e l’Amministrazione Democratica Autonoma della Rojava sono considerati solo come un’entità semi-autonoma e, per alcune fazioni dell’opposizione, sono sostenitori di Assad. Ma non è per questo che tali rappresentanze sono state escluse.

Questo ci è dimostrato dalla guerra che lo Stato turco sta conducendo sia contro i rivoluzionari e la stessa popolazione civile all’interno dei propri confini sia contro l’Amministrazione Autonoma della Rojava e la sperimentazione sociale e politica fondata sul confederalismo democratico che là si sta mettendo in atto. Una guerra sostenuta dalla NATO, dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea.
Ma non c’è solo la Turchia. In un contesto come quello siriano, in cui grazie alla mediatizzazione del terrore dello Stato Islamico ogni tipo di intervento militare sembra essere giustificato, le potenze si scontrano per difendere i propri interessi economici e strategici, ma anche di influenza. Sul piatto infatti non vi è solo la gestione del potere in Siria e la possibile uscita di scena di Assad, ma anche la gestione della questione curda.

Chi si riunisce a Ginevra punta a prendere la fetta più grossa in una pacificazione della Siria che ridisegnerà gli equilibri del Medio Oriente. Per questo, almeno fino a quando rappresenterà una pericolosa alternativa politica e sociale, la Rojava sarà esclusa o marginalizzata da colloqui e negoziati.

Non è mio compito e non ho le competenze per entrare nel merito delle scelte diplomatiche e di relazioni del PYD e dell’Amministrazione Autonoma della Rojava. Mi limito a dire che è proprio il carattere alternativo della Rojava, messo a rischio in un contesto di guerra tanto complesso, che deve essere difeso, continuando sulla strada del processo rivoluzionario se la popolazione della Rojava vuole avere la possibilità di mantenere il proprio autogoverno e sviluppare liberamente le forme di organizzazione sociale che preferisce.
Per questo anche l’attività di solidarietà con la Rojava deve emanciparsi dalla narrazione ufficiale che vede i curdi come unici veri combattenti nella guerra contro il terrorismo e per questo presentabili al tavolo delle trattative.

I curdi hanno preso le armi in Rojava molti anni prima che arrivasse lo Stato Islamico. I cantoni della Rojava non sono nati per combattere lo Stato Islamico ma per autogovernare delle regioni controllate dalle YPG e dalle YPJ in cui la popolazione sotto la spinta di un movimento popolare e del PYD stava iniziando a sperimentare l’applicazione del confederalismo democratico, inteso come un’alternativa alla “modernità capitalista”. La guerra contro Al-Nusra prima e lo Stato Islamico ora è una lotta per l’autodifesa, non l’avanguardia dell’occidente democratico contro il Califfato.

Come anarchici sostenere la lotta per la libertà del popolo curdo e l’esperienza della Rojava significa sostenere la prospettiva rivoluzionaria dell’esperimento sociale che è in atto.
Mentre a Ginevra i potenti cercano un accordo per spartirsi il mondo e imporre la loro pace, si rende ancora più necessario rilanciare l’iniziativa antimilitarista.

Dario Antonelli

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