Skip to content


CRISI DEI RIFIUTI A LIVORNO: CON I LAVORATORI, PER RIFIUTI ZERO – presentazione opuscolo e dibattito

CRISI DEI RIFIUTI A LIVORNO
CON I LAVORATORI
PER RIFIUTI ZERO

Il disastro dell’igiene urbana si manifesta a Livorno come in altre città. Nella nostra città è l’intersezione di due crisi: da una parte l’aumento dei rifiuti, prodotti in misura crescente da questa società orientata all’usa e getta, dall’altra la crisi delle aziende destinate alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti. la crisi di queste aziende è dovuta in primo luogo all’inefficienza della gestione del problema da parte degli enti pubblici, che hanno abbandonato la gestione dei rifiuti alla logica del profitto e alle aziende private.

Di fronte all’aggravarsi della crisi e all’incapacità della giunta comunale di venirne a capo, il vescovo di Livorno, Simone Giusti, è sceso in campo in difesa dell’Aamps e del nuovo inceneritore. Il capo della Chiesa cattolica a Livorno accusa la scelta di non costruire l’inceneritore di essere “ideologica”. Di fronte a questa accusa gli anarchici rivendicano il fatto di battersi per un ideale di società giusta e libera, in cui la salute e ambiente sono priorità. La religione di Simone Giusti dimostra invece di essere più sensibile alle sofferenze dei portafogli di chi specula sulla salute e sull’ambiente.
Affaristi e politici hanno speculato per decenni sulla pelle dei lavoratori e degli abitanti della zona.
Hanno privatizzato il servizio, aumentando le tasse, diviso i lavoratori tra garantiti e non, contrapposto al diritto alla salute il ricatto occupazionale.

E’ stata l’azione dal basso, dei cittadini, degli attivisti, dei comitati che ha messo in luce il progressivo avvelenamento e danno alla salute causato dalla gestione sconsiderata dei rifiuti, e il rischio di dissesto per l’Aamps.
Gli anarchici ritengono che solo dalla ripresa di quel percorso, con l’azione diretta, con l’autorganizzazione, con l’unione fra cittadini e lavoratori sia possibile rimettere al centro le questioni della salute e dell’ambiente, del lavoro e del reddito, che hanno tutte gli stessi nemici: la logica del profitto e la proprietà privata.

Sabato 13 – ore 17,00
Presso la FAL in Via degli Asili 33, Livorno

presentazione del documento realizzato
dalla Federazione Anarchica Livornese
e dal Collettivo Anarchico e Libertario

Livorno: rifiuti sociali, politici e religiosi
AAMPS, una gestione dissennata da cinquant’anni
Per l’ambiente, la salute e i lavoratori
Una società senza rifiuti

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative, Lavoro, Nocività-Salute.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , .


Solidarietà ai compagni sotto processo a Kavala!

riceviamo e pubblichiamo il testo prodotto in vista della prossima udienza del processo-montatura contro i compagni di Kavala. In loro sostegno abbiamo organizzato a Livorno tre giornate di benefit e dibattiti il 18, 19 e 20 dicembre scorso.

Solidarietà ai compagni sotto processo a Kavala!

La cosiddetta crisi di Imia (isolotto conteso tra Grecia e Turchia, che dette luogo ad una crisi tra i due paesi tra il dicembre del 1995 e il gennaio del 1996 – i nazionalisti greci celebrano con manifestazioni il 26 gennaio, data in cui un prete e il sindaco di Kalymnos issarono sull’isolotto la bandiera greca) del 1996 , da un lato è servita alle politiche imperialiste dei due stati (Grecia e Turchia), dall’altro, attraverso l’isteria nazionalista che ha provocato, ha contribuito a metter su il banchetto degli armamenti. Dopo i fatti di Imia, lo Stato Greco, approfittando dell’“alibi” del rischio militare, ha proceduto in un investimento senza controllo nei programmi di armamento militare. Questi sono i “bei tempi”, quando il business nazionalista è così lucrativo da ingrassare politici, uomini d’affari, ufficiali militari e giornalisti.

Al fianco dello stato ufficiale che ancora oggi utilizza questi fatti nella sua agenda politica (vedi: Kammenos, Ministo della Difesa della sinistra-fascista che ha lasciato una corona di fiori sull’isolotto di Imia), c’è anche qualcun altro che ha guadagnato in questo affare. Per anni, il para-stato fascista si è approfittato dell’incidente di Imia inscenando celebrazioni di odio. Dal 2011 in avanti, il Movimento Patriottico di Kavala, sul pretesto dell’incidente di Imia, organizza ogni anno una manifestazione con chiamata nazionale, alla quale prendono parte altri fascisti e ultraconservatori, da Larissa, Drama, Thessaloniki, Komotini e Alessandropoli. Questa chiamata di odio nella nostra città è la seconda manifestazione di ultraconservatori a livello nazionale per Imia, dopo quella di Alba Dorata; in modo simile, in entrambe le manifestazioni si possono sentire marce militari, vedere i partecipanti inquadrati in formazione militari facendo saluti nazisti, mentre viene dato fuoco alle bandiere antifasciste.

Quindi, ogni anno la notte precedente, membri del movimento patriottico sorvegliano la piazza in cui la loro celebrazione di odio ha luogo, mentre minacciano e aggrediscono chiunque non gradiscano.

Nelle prime ore del mattino di domenica 26/01/2014, poche ore prima dell’inizio della manifestazione antifascista in Faliro Park, i collaborazionisti-nazisti contemporanei di Kavala hanno ancora una volta assunto il fin troppo noto ruolo di spie. Solo questa volta il loro ruolo è stato aggiornato e non confinato al solo spiare. Hanno spaccato la vetrina e tentato di dar fuoco al negozio che appartiene a un nostro compagno, preso di mira per la sua attività antifascista. Il negozio era situato nei pressi di Agios Nikolaos e le vite di coloro che abitano l’edificio sono state messe in pericolo. Il nostro compagno, una volta avvisato dell’attacco al suo negozio, si è precipitato a vedere che cosa fosse successo. Pochi istanti più tardi arrivano alcuni agenti in borghese, avvisati dai residenti della zona. In quel momento il nostro compagno viene informato che prima dell’attacco al suo negozio, uno scontro ha avuto luogo tra un gruppo di antifascisti e un gruppo di membri del Movimento Patriottico; questi ultimi si trovavano là per sorvegliare l’area del Parco Municipale per il loro evento su Imia del mattino seguente. Il nostro compagno poi è andato all’ufficio di polizia, dal momento che era stato informato dai poliziotti che in quanto proprietario dell’esercizio erano richieste da lui alcune formalità, dal momento che il tentato incendio è un reato perseguibile d’ufficio; questo indipendentemente dal fatto che egli intendesse o mento intraprendere un’azione legale o utilizzare i canali della giustizia civile.

Dopo un’attesa di tre ore alla stazione di polizia, il nostro compagno ha scoperto di essere in arresto dal momento che era stata depositata contro di lui un’accusa da parte di membri del Movimento Patriottico. Ovviamente, i poliziotti là, ad un altro piano stavano confezionando con i “patrioti” le accuse nei suoi confronti. L’accusa principale è il reato di “disturbo dell’ordine pubblico a volto coperto”. L’unica “prova” per l’accusa è costituita dalle testimonianze dei membri del Movimento Patriottico. Durante l’attesa di tre ore al dipartimento di polizia, sono sfilati tutti gli alti ufficiali, passando dal Direttore della Sicurezza, Simoudis, al Capo del Dipartimento, A. Koskeridis.

Ma i “puri patrioti” spie non si sono fermati là. Circa 20 di loro restando nel Parco Municipale hanno attaccato e picchiato due studenti universitari, chiamandoli “feccia anarchica”, quando questi ultimi stavano tornando a casa dopo una notte passata fuori; i due studenti non avevano alcun tipo di affiliazione politica con il movimento anarchico e antiautoritario.

Il mattino seguente, la manifestazione antifascista organizzata, convocata dal Collettivo Autonomo di Kavala, dallo squat Vironos 3 e da individualità antifasciste, ha avuto luogo in Faliro Park. Dai primissimi momenti della manifestazione, era presente un imponente dispiegamento di forze di polizia con squadre antisommossa (circa 10 squadre), forze speciali (OPKA) e agenti in borghese. Gli anifascisti si sono riuniti a Faliro Park, tra le 150 e le 170 persone da Kavala e altre città, hanno bloccato la strada di fronte al parco, mentre allo stesso tempo i furgoni della polizia hanno chiuso ogni strada che portasse al Parco Municipale, dove si stava tenendo la manifestazione fascista. Non solo Alba Dorata e Movimento Patriottico hanno preso parte alla manifestazione fascista, ma anche altri gruppi neo-nazisti come l’Esercito Nazional-Socialista di Macedonia, il gruppo Uncommitted Meandros Nationalists, Movimenti Patriottici da altre città e altri fascisti più o meno conosciuti dal Nord della Grecia. Dopo la fine della manifestazione antifascista, le persone hanno formato cordoni tenendosi l’un l’altro e si sono diretti verso lo squat Vironos 3, con le squadre antisommossa che li hanno seguiti e poi sono passate intorno allo squat offendendo e facendo gesti agli agli antifascisti.

Con un compagno ancora trattenuto in custodia per due giorni dopo la ridicola accusa contro di lui da parte di membri del Movimento Patriottico, nel pomeriggio di lunedì 27 gennaio 2014, il secondo compagno (fratello del primo), è stato anch’egli preso di mira per la sua azione antifascista, è stato informato che un’accusa pende pure contro di lui, anche in questo caso da parte di membri del Movimento Patriottico, e si è presentato volontariamente presso il Dipartimento di Polizia di Kavala. Questo secondo compagno, fino alle ore del mattino di domenica, stava cercando di salvare ciò che era rimasto del negozio di suo fratello. I nostri compagni sono stati trattenuti in custodia per una settimana prima di essere condotti dal pubblico ministero.

Venerdì 31/01/2014, dopo essere comparsi di fronte al magistrato, i nostri due compagni sono stati rilasciati, con un’abbondanza di accuse, alle seguenti condizioni: non è loro permesso di lasciare il paese e devono comparire al locale dipartimento di polizia entro i primi cinque giorni ogni mese fino a quando non si terrà il processo. La cauzione era di 2000 euro per entrambi più le spese processuali, che ammontavano a 950 euro.

La prima udienza era stata fissata per il 10/06/2015, quando i nostri compagni hanno chiesto un aggiornamento dovuto all’assenza dei loro avvocati difensori. La seconda udienza era fissata per il 09/12/2015, che è stata a sua volta posposta a causa dello sciopero nazionale degli avvocati. La prossima udienza è fissata per il 10 febbraio 2016 presso il Tribunale di Xanthi.

In tutto questo periodo, fino ad oggi, nessun fascista deve essere arrestato o incriminato per aver distrutto il negozio del nostro compagno e non vi è stato alcun esame preliminare, nonostante le accuse pendenti contro i fascisti.

È importante notare che prima di ogni udienza i fascisti hanno cercato di provocarci con il loro comportamento, minacciando e scrivendo disgustosi slogan nazionalisti e nazisti, assieme ai nomi dei nostri compagni sotto processo, sui muri della città e anche vicino alla casa dove i compagni vivono. Allo stesso tempo hanno organizzato diversi agguati per intimidire e colpire alcuni dei nostri compagni, col tentativo di creare un clima di tensione proprio prima delle udienze. Non c’è bisogno di dire che non sono riusciti nel loro intento, dal momento che i fascisti sono quelli che fuggono ogni volta che incontrano i nostri compagni nelle strade.

La collaborazione tra la polizia di Kavala, il Movimento Patriottico e il resto dei gruppi neonazisti ha un obiettivo: reprimere ed attaccare ogni resistenza locale vi sia nella comunità di Kavala – come il Collettivo Autonomo e lo squat Vironos 3 – e terrorizzare tutti gli altri.

No comrade alone in the hands of the State. Solidarity with our arrested comrades!

Wednesday, 10 February 2016 at the Court of Xantli, 9:00am. Let’s all be there.

SOLIDARITY IS OUR WEAPON

Nessun compagno sarà lasciato solo nelle mani dello Stato. Solidarietà con i nostri compagni arrestati!

Mercoledì 10 febbraio 2016 al tribunale di Xanthi, h 9. Tutti presenti.

LA SOLIDARIETÀ È LA NOSTRA ARMA

COLLETTIVO AUTONOMO DI KAVALA

SQUAT VIRONOS 3

FONDO DI SOLIDARIETÀ PER I COMPAGNI IMPRIGIONATI E PERSEGUITATI

norepressione

Posted in Anarchismo, Antifascismo, Internazionale, Repressione.

Tagged with , , , , , , .


Internazionalismo, Resistenza, Autogestione Tre giornate di solidarietà tra il Mediterraneo e l’Europa

manifesto

Internazionalismo, Resistenza, Autogestione
Tre giornate di solidarietà tra il Mediterraneo e l’Europa

Benefit per i compagni sotto processo a Kavala, Grecia

Venerdì 18/12
h 17 dibattito: Immigrazione nella Fortezza Europa – controllo, morte e sfruttamento attraverso i confini europei. Intervento di compagni dalla Grecia, dall’Inghilterra (AFN – rete Antifascista) e locali
h 20 aperitivo
h 22 concerto con: Kaos for Cause, 57100, Malasuerte

Sabato 19/12
h 17 dibattito: Autorganizzazione delle lotte sociali e di classe ad Atene – l’intervento nei movimenti sociali, l’esperienza delle assemblee popolari, la lotta nei quartieri. Interventi di compagni dalla Grecia e locali
h 20 aperitivo
h 22 concerto: Jolly Roger, VillaSound
a seguire djset

Domenica 20/12
h 17 dibattito: Pratiche resistenti – l’azione antifascista di fronte alla provocazione fascista e alla repressione dello Stato. Interventi di compagni dalla Grecia, dall’inghilterra (AFN – rete Antifascista) e locali.
Il caso della montatura ordita ai danni dei compagni a Kavala in Grecia. Intervento in diretta di compagni sotto processo a Kavala
h 20 cena sociale

Collettivo Anarchico Libertario
Ex Caserma Occupata

Posted in Antifascismo, Antirazzismo, Generale, Iniziative, Internazionale, Lavoro.

Tagged with , , , , , , , , , , , .


“ELETTROSHOCK. La storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute” PRESENTAZIONE LIBRO+APERITIVO

locandina 121215

FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE & COLLETTIVO ANARCHICO LIBERTARIO insieme al COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD

SABATO 12 DICEMBRE 2015
c/o FAI – via degli Asili 33 – Livorno

presentano

ore 17:30 – “ELETTROSHOCK. La storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute” – 2014 ed. sensibili alle foglie

A cura del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
A seguire
Aperitivo libertario

per info antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org

Posted in Generale, Iniziative, Repressione.

Tagged with , , , , , .


Contro lo Stato di Guerra

paris

Questo articolo è stato pubblicato sul n. 39 di Umanità Nova

Contro lo Stato di Guerra

Arresti preventivi, perquisizioni, prescrizioni. Divieto per ogni manifestazione, botte, fermi e denunce per chi sfida il divieto. Lo “stato d’urgenza”, dichiarato in Francia dal consiglio dei ministri all’indomani degli attentati dello scorso 13 novembre, ed esteso a tre mesi con il voto parlamentare in cui ha espresso parere favorevole anche il PCF (Partito Comunista Francese), viene attuato con zelo dalle autorità. La sospensione della libertà in nome della sicurezza, che si concretizza anche nella violenta repressione di piazza contro ogni manifestazione, già messa in atto dalla polizia in numerose città francesi, raggiunge il grottesco a Parigi dove la Prefettura di polizia ha cercato di impedire ogni tipo di protesta contro la COP21: dal grave intervento di poliziotti armati di fucili automatici contro quattro studenti che la mattina del 3 dicembre cercavano di bloccare il proprio liceo a Parigi, al ridicolo schieramento di 7 camionette e oltre quaranta agenti in tenuta antisommossa per sciogliere con la forza un gruppo di 12 persone che il 1 dicembre stavano inscenando in Place de la Bastille una performance di danza.

La repressione del dissenso, in qualsiasi modo esso si manifesti, è un punto cardine delle leggi antiterrorismo, dello stato d’emergenza. Le legislazioni speciali che sospendono alcune libertà individuali per rafforzare e facilitare l’intervento delle autorità in situazioni di emergenza, che si tratti di una guerra, di un attacco terroristico o di un disastro naturale, sono sempre rivolte non solo a colpire la minaccia esterna, ma anche quella interna che può mettere in discussione la legittimità dell’autorità.

Per restare rivolti al contesto francese la storia del Carnet B è molto esplicativa in questo senso.

Nel dicembre 1886 il generale Georges Boulanger, allora Ministro della Guerra, dà istruzione alle prefetture per la sorveglianza degli stranieri. Vengono istituiti il Carnet A per schedare gli stranieri in grado di servire l’esercito presenti sul territorio francese, e il Carnet B per schedare tutti gli stranieri e i francesi sospettati di spionaggio. Nella più generale riforma dell’esercito attuata da Boulanger nella prospettiva revanscista di preparazione della guerra contro la Germania, questi schedari facevano parte del sistema di organizzazione della mobilitazione militare e indicavano le persone che dovevano essere sorvegliate e, in caso di guerra, arrestate dalla Gendarmeria che era incaricata dell’esecuzione degli ordini delle autorità militari. Con questi provvedimenti appare evidente il ruolo che viene ad assumere il controllo della popolazione nella politica di guerra.

Nel 1910 entra ufficialmente nel Carnet B una nuova categoria di soggetti pericolosi, quella degli antimilitaristi, che comprende tutti coloro che per ragioni politiche potevano sabotare la mobilitazione. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale gran parte degli schedati lo sono in quanto antimilitaristi, sindacalisti, socialisti, anarchici, mentre solo meno di un terzo sono schedati per sospetta attività di spionaggio. Nell’agosto del 1914, per la mobilitazione che in pochi giorni avrebbe portato all’inizio della guerra, su ordine del Ministero dell’Interno, il Carnet B non venne utilizzato, in quanto l’allineamento dei vertici della CGT e della SFIO alle posizioni belliciste nel quadro dell’Union Sacrée, in particolare dopo l’assassinio di Jean Jaurès, lasciava pensare che non ci sarebbe stato alcun sabotaggio significativo della mobilitazione e che anzi, proprio i vertici socialisti e sindacalisti avrebbero potuto contribuire a portare gli operai su posizioni di sostegno alla guerra. Solo alcuni singoli antimilitaristi infatti vennero arrestati, per particolare zelo delle prefetture.

Il Carnet B non sembrerebbe essere una vera e propria legislazione speciale. Si tratta infatti di un sistema permanente e non eccezionale di sorveglianza e controllo, che realizza uno schedario, a tutti gli effetti una lista di proscrizione in cui sono elencate le persone di arrestare in caso di guerra, in un contesto in cui le autorità stesse avevano creato una condizione permanente di imminente stato di guerra. Un sistema di controllo che era funzionale alla politica aggressiva di quei settori della classe dirigente francese che spingevano per una nuova guerra contro la Germania. Solo al termine del secondo conflitto mondiale la situazione cambia: il Carnet B viene abolito nel 1947 e meno di dieci anni dopo, nel 1955 nel contesto della guerra d’Algeria, viene organizzato in una legge e proclamato per la prima volta lo “stato d’urgenza”. Non si tratta più di organizzare in nome della revanche la mobilitazione contro il nemico germanico, ma di fornire al potere esecutivo degli strumenti per intervenire efficacemente per sedare un’insurrezione, l’attenzione è quindi ancora più rivolta alla sorveglianza, al controllo e alla repressione. Si tratta di strumenti definiti da una legge in vigore da 60 anni, ben collaudati e già applicati, l’ultima volta nel 2005, durante la rivolta delle banlieues. Sia nel caso del Carnet B sia nel caso dello “stato d’urgenza” quindi si tratta non di misure eccezionali, ma di strumenti definiti e organizzati in modo permanente la cui attuabilità viene preparata in tempo di “pace” con indagini ed esercitazioni specifiche, strumenti che vengono impiegati in situazioni spesso create dalle stesse autorità.

Quando si sciolgono con la violenza le manifestazioni, quando si hanno centinaia e centinaia di casi di perquisizioni condotte arbitrariamente, di arresti preventivi, di provvedimenti di forte restrizione della libertà nei confronti di militanti, attivisti, avvocati, studenti, semplici sospetti, non siamo di fronte agli effetti collaterali di leggi antiterrorismo che dovrebbero colpire solo i barbari tagliagole dello Stati Islamico. Siamo di fronte alla normale attuazione dello “stato d’urgenza”, in questo contesto il presidente francese Hollande giunge ad affermare che è “scandaloso” che qualcuno abbia osato opporsi al divieto di manifestare.

Lo stato d’emergenza quindi, detto anche d’eccezione, non ha niente di eccezionale. Senza entrare in un dibattito teorico sulla legittimità delle legislazioni speciali, i recenti fatti ci mostrano come la normalità per i governanti sembra adesso essere costituita dalla mancanza di libertà mentre la manifestazione di una protesta o di un dissenso, addirittura divengono fatti “scandalosi”, sono le eccezioni da reprimere.

La guerra è già in corso e le bombe si fanno sentire pure a Parigi, è in atto anche la mobilitazione anche se si tratta di una mobilitazione per le urne e non per il fronte. In Francia rispetto alle scorse elezioni regionali l’affluenza è salita di qualche punto percentuale, mentre il Front National ha conseguito al primo turno del 6 dicembre risultati importanti ed è in testa in sei regioni su tredici. Questo dato, anche se andrà poi verificato con l’esito del secondo turno, associato a quello dell’aumento delle domande per entrare nell’esercito e a quello sull’elevato consenso attorno alla decisione di dichiarare lo stato d’emergenza dopo gli attacchi del 13 novembre, presenta un quadro piuttosto fosco. Se da una parte c’è molta propaganda e probabilmente non c’è tutta questa coesione attorno alle politiche antiterrorismo, dall’altra in un simile contesto bisogna avere la forza e la capacità di prendere una posizione chiara e di trovare gli strumenti adeguati per contrapporsi allo stato di guerra e alla deriva autoritaria.

Nessuno vuole che le bombe esplodano nella strada appena dietro la propria casa. Nessuno, che viva a Parigi, Roma, Beirut, Kabul o Istanbul. Per questo dobbiamo fermare la guerra, lottando proprio contro bombardamenti e leggi speciali che invece alimentano la guerra.

La guerra non consiste solo in missioni, bombardamenti, interventi all’estero. La guerra è anche quella combattuta dentro i confini di un paese. Qui la guerra è il contingente militare schierato in Val di Susa contro il movimento NO TAV, la guerra è nelle strade delle città pattugliate dai militari armati, la guerra è il divieto di manifestare, che a Roma già ha impedito negli ultimi mesi ad alcuni cortei sindacali di sfilare. La guerra è nelle politiche imposte dal governo per peggiorare le condizioni di vita dei lavoratori e della maggior parte della popolazione.

Dopo la Turchia, oggi anche la Francia ci mostra quale sia il ruolo dell’apparato militare quando i governi devono imporre con la forza delle scelte, quando si va verso una guerra, quale sia il loro ruolo nell’imprimere una stretta autoritaria all’intera società.

Per questo opporsi alla guerra così come al militarismo e alla militarizzazione si rende sempre più necessario. Demistificare la retorica securitaria e guerrafondaia e organizzare un movimento antimilitarista significa dare una risposta concreta all’attuale situazione.

Un esempio concreto ci è rappresentato dal movimento NO MUOS in Sicilia, il movimento popolare che da anni si oppone alla realizzazione della base per telecomunicazioni satellitari della US Navy a Niscemi. La lotta condotta con ampio coinvolgimento popolare da parte dei comitati di base NO MUOS, pur dovendosi scontrare con l’arroganza delle istituzioni, è riuscita a rallentare i lavori della base. Tanto che in data 20 novembre l’Avvocatura di Stato ha chiesto al Consiglio della Giustizia Amministrativa della Sicilia di accelerare i tempi circa il procedimento riguardante il MUOS, in quanto gli sviluppi conseguenti agli attentati di Parigi del 13 novembre renderebbero necessaria l’immediata risoluzione della controversia e l’attivazione del sistema MUOS. Sicuramente si tratta di un’argomentazione strumentale da parte dell’Avvocatura di Stato, ma certo è che ad oggi, mentre si intensificano i bombardamenti e la tensione tra le potenze che intervengono nella regione mediorientale è sempre più forte uno strumento come il MUOS non è a disposizione degli USA e dei suoi alleati per i loro interventi militari.

Questo caso, pur essendo solo un esempio, ci mostra come costruire forme di resistenza alla repressione e organizzare l’azione antimilitarista in contesti più ampi possibile, sia l’unico modo per porre un argine all’involuzione autoritaria e alla guerra.

Dario Antonelli

Umanità Nova si può trovare anche a Livorno presso le edicole di Via Garibaldi 7, di Piazza Damiano Chiesa, di Piazza Grande (angolo Bar Sole), di Viale Carducci (angolo Via del Risorgimento), di Viale di Antignano 110, di Piazza Micheli (lato Quattro mori), di Piazza della Vittoria (angolo Via Magenta) presso il Bar Dolcenera in Via della Madonna (angolo Viale degli Avvalorati), la Libreria Belforte in Via Roma 69 e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33 (apertura ogni giovedì dalle ore 18 alle ore 20).

 

Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale, Internazionale, Repressione.

Tagged with , , , , , , , .


10 ANNI DI COLLETTIVO ANARCHICO LIBERTARIO 2005 – 2015

1474614_10201018445600189_1504042706_n

10 ANNI DI COLLETTIVO ANARCHICO LIBERTARIO
2005 – 2015

Sabato 5 dicembre
presso la Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33

dalle ore 15
esposizione del materiale prodotto dal collettivo in questi anni

ore 15:30
assemblea per gruppi di discussione tematica
antimilitarismo – antirazzismo – repressione – scuola – lavoro – autogestione

ore 18:30
dibattito sulla situazione di guerra

ore 20:30
aperitivo

a seguire
jamming, musica e canti in libertà, porta il tuo strumento

Collettivo Anarchico Libertario

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative.

Tagged with , , , , , .


Livorno non si piega! – Assemblea cittadina lunedì 30 ore 21

livorno-non-si-piega

Livorno non si piega!
ASSEMBLEA CITTADINA LUNEDI’ 30 NOVEMBRE
PRESIDIO SOLIDALE MERCOLEDI’ 2 DICEMBRE

Il Comitato LIVORNO NON SI PIEGA promuove per lunedì 30 novembre un’assemblea cittadina che si terrà presso la mensa autogestita di via dei Mulini.
Dopo la sentenza per i presidi e le manifestazioni del 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2012, con la quale sono stati colpiti i settori politicamente più attivi della nostra città, il Comitato “Livorno non si piega” lancia una serie di iniziative di mobilitazione per tenere viva quella solidarietà agli imputati che in tre anni la città ha sempre manifestato. Ora più che mai occorre mobilitarsi, per mantenere il sostegno agli imputati, per fare controinformazione, per denunciare una condanna che è tutta politica, per opporsi alle manovre repressive, per affermare ancora di più, in un momento di ulteriore riduzione dell’agibilità politica, la libertà di espressione e di manifestazione.

LUNEDI’ 30 novembre ore 21 assemblea cittadina presso la mensa autogestita via dei Mulini
MERCOLEDI’ 2 dicembre ore 17 presidio solidale in Piazza Cavour

Comitato di Solidaretà “Livorno non si piega!”

Posted in Generale, Iniziative, Repressione.

Tagged with , , , , , , , .


Turchia: elezioni e stato d’eccezione legittimazione e violenza dello Stato

cizre1

articolo pubblicato sul n.36 del settimanale anarchico Umanità Nova

Turchia: elezioni e stato d’eccezione

legittimazione e violenza dello Stato

Le elezioni generali anticipate tenutesi in Turchia il primo novembre hanno restituito la maggioranza dei seggi in parlamento al Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) del Presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdoğan. Lo scorso giugno il partito conservatore-religioso AKP, che governa la Turchia dal 2002, non aveva raggiunto la maggioranza e nessun partito era riuscito a esprimere un governo di coalizione. A giugno la forte perdita di consensi subita dall’AKP ed al medesimo tempo l’avanzata dei fascisti pan-turchisti del Partito del Movimento Nazionalista (MHP), nonché lo storico risultato del Partito Democratico dei Popoli (HDP) che rappresenta le istanze del movimento curdo riunendo varie tendenze della sinistra turca e curda, erano stati segno del fallimento della politica condotta da Erdoğan e dal primo ministro Davutoğlu. Il risultato delle elezioni di giugno fotografava anche una situazione politica e sociale complessa che proveremo di seguito a ricostruire.

L’AKP di Erdoğan e Gül aveva raggiunto il potere all’inizio degli anni 2000 ponendosi come forza di rinnovamento, portatrice di libertà religiosa, liberalizzazioni, democratizzazione della Turchia. Per un decennio Erdoğan ha costruito il proprio potere sostituendo i vertici e i livelli intermedi dell’esercito e degli altri apparati statali con propri uomini, facendo leva sul boom economico segnato dalla speculazione nel settore delle costruzioni e dalle cosiddette “Tigri dell’Anatolia”, che sono stati i simboli per eccellenza della crescita economica della Turchia negli ultimi anni. Ha creato un consenso di massa, un popolo di sostenitori, grazie a una fitta rete clientelare capillarmente presente in ogni ambito sociale: dagli apparati dello Stato, alla giovane classe imprenditoriale, alla nuova classe operaia non sindacalizzata del boom economico. L’AKP di Erdoğan ha poi tentato di assicurarsi il potere con una riforma costituzionale. Per fare questo ha sviluppato la cosiddetta politica neo-ottomana, una rivoluzione dell’ideologia dello Stato turco, da nazionalista-etnico secondo la tradizione kemalista a multietnico islamico, come era appunto l’Impero ottomano. Questo doveva servire da una parte a proporsi come paese di riferimento per l’islam sunnita e acquisire un nuovo ruolo protagonista a livello internazionale, dall’altra a garantire maggiori diritti alle minoranze e aprire delle trattative con i vertici del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) per un processo di pace. Il biennio 2011 – 2012 sembra segnare il trionfo dell’AKP: vittoria schiacciante alle elezioni del giugno 2011, pacificazione delle manifestazioni del Primo Maggio ad Istanbul (con decine di migliaia di poliziotti), inizio del “processo di soluzione” della “questione curda”. Tuttavia si preparano ad esplodere enormi contraddizioni sociali: la crescita economica e la modernizzazione delle grandi città corrisponde ad un peggioramento delle condizioni di lavoro, ad un divario sociale sempre più profondo, a politiche autoritarie e di conservatorismo religioso. Nel 2013 il blocco di potere dell’AKP è entrato in piena crisi. A segnare l’inizio della crisi è la rivolta di massa nata da Gezi Park contro la violenza della polizia a fine maggio 2013 e diffusa in tutta la Turchia, la rivolta non porta alla caduta del governo solo perché alla fine l’AKP si accorda con la vecchia classe dominante. Da quel momento la politica dell’AKP si avvia sulla strada del fallimento. Gli scontri nelle regioni curde contro le nuove installazioni militari che violerebbero il processo di pace, la rivolta giovanile contro la violenza della polizia, la strage della miniera di Soma, lo sviluppo di lotte operaie, l’ampio movimento di solidarietà alla Rojava sviluppatosi durante l’assedio di Kobanê, hanno fatto naufragare i piani dell’AKP. La ripresa della politica di guerra contro il popolo curdo, l’interventismo in Siria e il sostegno allo Stato Islamico in funzione anti-curda e controrivoluzionaria, ha trovato una forte opposizione. In questo contesto l’AKP non solo aveva dovuto accantonare i propri piani ma aveva anche perso il ruolo di garante dell’ordine sociale e politico nella regione, andando incontro alla una sconfitta elettorale dello scorso giugno.

Il presidente turco Erdoğan ha tentato allora di presentare ancora il suo partito ed in particolare il suo blocco di potere come il garante internazionale in una situazione sociale e politica esplosiva, con una rivoluzione in corso appena al di là dei propri confini, nella Rojava, che rischia di estendersi anche nel territorio turco e di mettere in discussione le politiche degli Stati che vogliono assicurare i propri interessi nell’area. L’AKP non solo ha messo da parte i caratteri ideologici che avevano contraddistinto il partito negli anni, strizzando l’occhio ai nazionalisti kemalisti, ma ha gettato definitivamente la maschera della democraticità creando attraverso il terrore le condizioni per la propria rielezione. Per fare questo Erdoğan ha scatenato una guerra vera e propria nei confini della Turchia conto la popolazione civile, contro il movimento curdo e i rivoluzionari. La guerra è stata condotta con gli attentati di Amed, Suruç e Ankara, con gli attacchi con l’esercito in città, quartieri e villaggi insorti contro l’autorità statale per evitare arresti, torture e sparizioni, ma anche per rilanciare il progetto rivoluzionario che viene dalla Rojava. Con i bombardamenti contro le postazioni del PKK e delle YPG/YPJ dentro in territorio turco, iraqeno e siriano. Con la militarizzazione, il coprifuoco, lo stato d’eccezione continuo, con i carri armati nelle strade.

In questo contesto l’AKP ha ottenuto il primo novembre il 49,5% dei voti e ha ottenuto 317 seggi parlamentari su 550. Sono calati al medesimo tempo i voti per l’MHP e per l’HDP che comunque è riuscito ad entrare in parlamento. Dopo le elezioni niente è cambiato, lo stato di guerra continua, basti pensare alla strage in corso a Silvan.

Sono state denunciate irregolarità dai partiti di opposizione, si è parlato anche di brogli. In effetti nello stato di guerra in cui si sono tenute le elezioni, con i militari nei seggi, con le città sottoposte al coprifuoco, con i quartieri fino a poche ore prima delle consultazioni assediati da cecchini e bombardati dai mortai, come si può pensare che le operazioni di voto si siano tenute regolarmente?

Tuttavia gli eventi degli ultimi mesi in Turchia ci dimostrano l’inganno del sistema elettorale, come forma di legittimazione e allo stesso tempo giustificazione dell’arroganza dello Stato.

Di fronte ai risultati delle elezioni del giugno scorso, che non rendevano possibile la creazione di un governo forte, lo Stato ha scatenato una guerra senza quartiere contro i rivoluzionari, ha attuato una politica di terrore e ha militarizzato la società, ha convocato nuove elezioni per formare un governo garante dell’ordine.

I fatti avvenuti in Turchia negli ultimi mesi ci mostrano come un partito possa accantonare totalmente la propria ideologia e i caratteri della propria identità pur di vincere le elezioni, a cosa possa arrivare un governo per mantenersi al potere, a quali mezzi possa ricorrere uno Stato perché non venga messo in discussione l’ordinamento politico e sociale.

Non possiamo correre il rischio di guardare a quello che accade in Turchia attraverso le lenti di un “orientalismo” che ci presenta gli eventi di quella regione come distanti e rispondenti ad altre categorie. Il potere, lo Stato, il capitale sono gli stessi ovunque. Non è la manifestazione di una tendenza al “dispotismo orientale”. La guerra, le stragi non sono un piatto tipico del cosiddetto Medio Oriente. Non solo perché la NATO, gli Stati europei, le potenze regionali, le monarchie arabe, la Russia, la Cina intervengono nell’area alimentando la guerra. Ma perché lo scenario anche nei paesi cosiddetti “occidentali” non è molto diverso.

I governi europei da anni hanno adottato un approccio autoritario e militare per imporre senza concessioni le politiche di austerità. La “solidarietà” nazionale, la coesione sociale, la sicurezza, il taglio degli sprechi, hanno appiattito il dibattito pubblico e la militarizzazione ha provato a mettere a tacere le proteste. I militari nelle strade, che aumentano ad ogni attentato terroristico, sono il vero veicolo del terrore e costituiscono uno stato d’eccezione permanente. La guerra è entrata nel linguaggio dei media come una banalità, è stata normalizzata, legittimata di fatto per garantire la sicurezza degli interessi del paese.

I fatti di Parigi, ci mostrano come la gente non possa morire solo nelle strade di Kobanê o di Cizre. Lo scontro tra gli Stati e le classi dominanti, che si pratichi con la guerra aperta o con la guerra asimmetrica e il terrorismo, semina sempre morte tra la popolazione in modo indiscriminato.

Quello che accade in Turchia ci mostra quanto sia necessario opporsi alle politiche di guerra degli Stati europei e della NATO, al fascismo dei governi, rilanciando l’internazionalismo. Perché lo stato d’eccezione, la guerra, il terrore non sono una condizione eccezionale ma rappresentano la vera natura dello Stato.

Dario Antonelli

Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale, Internazionale, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , , , , .


LA RIVOLUZIONE RUSSA IN UCRAINA – PRESENTAZIONE DEL II VOLUME DEL FUMETTO SU MAKHNO

rivoluzione-russa-in-ucraina

LA RIVOLUZIONE RUSSA IN UCRAINA

Sabato 21 novembre
ore 17,30
presso la Federazione Anarchica Livornese
Via degli Asili 33, Livorno

Presentazione del secondo volume
dell’albo a fumetti
LA RIVOLUZIONE RUSSA IN UCRAINA

Storia per immagini di Nestor Makhno e della rivoluzione dal 1917 al 1921

saranno presenti gli editori (Archivio Germinal di Carrara)
video intervista all’illustratore Jean Pierre Ducret

A seguire aperitivo e serata conviviale

COLLETTIVO ANARCHICO LIBERTARIO
FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative.

Tagged with , , , , , , , .


“Livorno non si piega!”: presenza solidale durante l’ultima udienza di giovedì 19

livorno-non-si-piega

“Livorno non si piega!”: presenza solidale durante l’ultima udienza di giovedì 19

Giovedì 19 novembre alle ore 9 si terrà l’udienza conclusiva del processo per i presidi e le manifestazioni del 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2012. Il PM ha chiesto infatti di fare una replica alle arringhe conclusive degli avvocati difensori effettuate lo scorso 29 ottobre; la sentenza è prevista nella giornata. Arriva così a conclusione il primo grado di un processo avviato da oltre due anni e che ha manifestato essere una colossale montatura finalizzata a reprimere l’agibilità politica nella nostra città mirando a colpire i settori politicamente più attivi  con richieste di condanna che complessivamente assommano a ben 38 anni. Nella scorsa udienza la difesa ha efficacemente smontato il teorema dell’azione preordinata su tre giorni, mettendo in risalto le responsabilità delle forze dell’ordine in relazione ai fatti e segnalando le numerose irregolarità che nella conduzione del processo vi sono state.

Il Comitato fa appello a tutti coloro che hanno a cuore la libertà di manifestazione e di espressione del dissenso affinche  manifestino ancora una volta, come continuamente è stato fatto finora, il sostegno agli imputati attraverso una presenza solidale sotto il tribunale (via Falcone e Borsellino) nel corso dell’udienza di  giovedì 19 novembre, a partire dalle ore 9.
Comitato di solidarietà “Livorno non si piega!”

Posted in Generale, Iniziative, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , .