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Il campo per i profughi sarà a Coltano

 

riportiamo la notizia presa da internet.
DA: http://www.pisanotizie.it/news/news_20110329_tendopoli_coltano_profughi_libia.html
Coltano: una tendopoli per i profughi libici
L’area dovrebbe essere quella dell’ex-campo di concentramento americano. L’ira del presidente Rossi: “Noi con questa scelta non c’entriamo nulla. E’ una scelta d’imperio del Governo”. “Il sindaco Filippeschi: “E’ molto negativo che su vicende come questa venga data una notizia senza alcun confronto preventivo con il Comune. E’ un metodo barbaro”.
 

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E’ arrivata nella tarda serata di ieri la notizia secondo la quale il Governo avrebbe deciso la sede di Coltano come luogo dove potrebbe sorgere la terza tendopoli, dopo quelle di Manduria e Trapani, per ospitare i migranti sbarcati a Lampedusa. Non si tratta di un’area militare ma di un’area del demanio dove tra il maggio e il settembre 1945 la 92a Divisione ‘Buffalo’ della V Armata Usa gestiva un campo di concentramento in cui furono rinchiusi circa 35 mila ex militari della Repubblica Sociale Italiana. L’intenzione del Governo, al cui piano definitivo stanno lavorando i tecnici dell’unità di crisi del Viminale, e che sarà oggi sul tavolo del Consiglio dei ministri per la sua approvazione definitiva prevede la realizzazione di una tendopoli su cui i numeri ancora non vi sono certezze ma si dovrebbe arrivare intorno alle 1000 alle presenze. Questa notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno per il presidente della Regione Enrico, Rossi che aveva dato da subito una disponibilità all’accoglienza dei profughi libici nel territorio toscano ma in modalità e forme molto assolutamente diverse per metodo e merito: non una mega-tendopoli ma diversi centri di accoglienza di ridotte dimensioni in tutte le provincie toscane. E la reazione di Rossi è stata durissima: ” “Noi con questa scelta non c’entriamo nulla. E’ una scelta d’imperio del Governo”. “Avevamo dato la disponibilità all’accoglienza – prosegue Rossi – ed eravamo pronti. Per domani (oggi per chi legge) era già stata convocata una riunione con sindaci e presidenti di provincia, associazioni del volontariato insieme al prefetto di Firenze, proprio per esaminare un primo elenco di possibili luoghi dove organizzare l’ospitalità per i profughi”. “Il governo invece agisce d’imperio e decide per conto suo, senza consultare nessuno. In questo modo – conclude Rossi – non ci può essere alcuna collaborazione”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche la prima reazione del sindaco di Pisa, Marco Filippeschi: “E’ molto negativo che su vicende come questa venga data una notizia senza alcun confronto preventivo con il Comune. E’ un metodo barbaro”. “Si dice solo che sorgerà su un’area che non appartiene alla Difesa – ha aggiunto Filippeschi – ma non si sa quale perché nessuno ci ha mai detto niente di ufficiale e nessun confronto è stato avviato prima con il territorio, nonostante noi avessimo già messo in guardia le autorità dalle criticità che abbiamo. Senza contare che Coltano è un’area che appartiene per intero al parco naturale di San Rossore”. Sarà quindi decisiva la giornata di oggi in base a quanto verrà deciso a Roma e a come andrà l’incontro che si terrà a Firenze e a cui parteciperanno gli assessori competenti di tutte le città della Toscana e i Presidenti delle Province.
da:
http://www.tmnews.it/web/sezioni/news/PN_20110329_00015.shtml 

Firenze, 29 mar. (TMNews) – Il Governo avrebbe individuato in un’area a Coltano, nei pressi di Pisa, il luogo della terza tendopoli che, oltre a Manduria e Trapani, dovrà ospitare i migranti di Lampedusa. A tale ipotesi gli amministratori locali reagiscono tutti con sorpresa e dissenso, sia per le modalità di questa scelta, sia perché, a Coltano, la tendopoli si situerebbe all’interno del parco di San Rossore. Una zona, che, accusa il sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, non appartiene alla Difesa: “è un modo di agire barbaro -dice Filippeschi- nessuno ci ha mai detto niente di ufficiale e nessun confronto è stato avviato prima con il territorio”. Anche il presidente della Toscana, Enrico Rossi, prende le distanze da “questa scelta con cui noi non c’entriamo nulla. Il Governo ha agito da solo, d’imperio”.

Da parte di Filippeschi e Rossi vi è poi il rifiuto di accentrare i profughi in unico luogo. “Sarebbe meglio diversificare i siti di accoglienza -sottolinea il presidente della Regione- puntiamo a spazi piccoli, strutture per un massimo di 200 persone” e ricorda come “l’unica condizione scaturita dal tavolo col Governo è che si ospiti un profugo ogni mille abitanti”. Ma tutto lascia pensare che il luogo individuato da Roma sia questa vecchia stazione di trasmissione, ora dismessa, provvista di recensione, già usata dagli americani nella seconda guerra mondiale.

A Coltano c’era un campo di concentramento di prigionieri di guerra organizzato dagli alleati in Toscana, i PWE 336, 337 e 338. Vi furono rinchiusi circa 35 mila ex militari della Repubblica Sociale Italiana, tra i reclusi si ricordano gli attori Walter Chiari, Dario Fo, Enrico Maria Salerno, Raimondo Vianello, il giornalista Enrico Ameri, e i politici Mirko Tremaglia e Giuseppe Turini. Quanto alla prigionia di Ezra Pound esistono due tradizioni: l’una ricorda il poeta a Coltano, l’altra a Metato, sempre a pochi chilometri da Pisa.

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RIUNIONE ASSEMBLEA CONTRO I CENTRI DI ESPULSIONE

Giovedì 17 marzo si è riunita l’Assemblea contro i Centri di Espulsione.

E’ emerso da tutti il bisogno di far sviluppare di nuovo nell’Assemblea quella continuità e quella progettualità che ultimamente è mancata. Negli ultimi mesi infatti, l’attività si è concentrata attorno ad iniziative che nascevano su spinta di singole situazioni d’emergenza (brescia, lampedusa). Iniziative importantissime ma che rischiano di restare di carattere episodico.

La situazione attuale inoltre impone una maggiore presenza ed attenzione verso certi temi. Si è infatti parlato di diverse questioni: La campagna razzista che sfrutta gli sbarchi dei profughi per alimentare la paura, le rivolte nei Centri di Espulsione nelle scorse sttimane, le deportazioni dei richiedenti asilo a Mineo in Sicilia, le notizie non ufficiali secondo cui la Regione Toscana avrebbe ripreso a muoversi per localizzare il luogo di costruzione del C.I.E. sul territorio regionale.

 

E’ stato deciso di convocare per martedì 29 marzo una nuova riunione dell’Assemblea contro i Centri di Espulsione per discutere ancora di questo e per pensare a possibili iniziative. Sono invitati a partecipare tutti coloro che hanno preso parte al percorso locale contro i C.I.E. e tutti coloro che intendono opporsi ai C.I.E. in Toscana ed altrove.

 

RIUNIONE ASSEMBLEA CONTRO I CENTRI DI ESPULSIONE

MARTEDI’ 29 ORE 21:30

PRESSO LA FAL IN VIA DEGLI ASILI 33

 

 

Assemblea contro i centri di espulsione

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Livorno: presidio contro la guerra in Libia

da: http://www.kronstadt-toscana.org

 

Venerdì 25 marzo si è tenuto a Livorno un presidio unitario contro l’intervento militare in Libia.

Presenti varie sigle politiche anche se con due diversi appelli: C.S.A Godzilla, Collettivo Anarchico Libertario, Coordinamento Studentesco Livornese, Sinistra Critica, Unicobas, Unione Sindacale di Base. E poi Rifondazione Comunista, SEL, ARCI ed Emergency.

Circa un centinaio di persone erano presenti in Piazza Cavour, per quella che è stata la prima iniziativa di un percorso di mobilitazione che si rende necessario per creare una concreta opposizione all’ennesimo saccheggio da parte degli stati, del capitale, dell’industria bellica e dell’apparato militare.

Sono in programma anche a Livorno, per la prossima settimana, altre iniziative, sia unitarie che specifiche, contro l’intervento in Libia.

Segue il volantino del Collettivo Anarchico Libertario distribuito in questi giorni in città:

NO ALLA GUERRA!

Sabato 19 marzo, una coalizione che vede in prima fila Francia, USA e Gran Bretagna, ha dato inizio ad una serie di bombardamenti sulla Libia con raid aerei e missilistici.
Anche l’Italia sta partecipando, fornendo strutture logistiche e inviando i propri aerei, a quella che fin da subito si è configurata come una vera e propria guerra.
Questo avviene mentre la propaganda parla come sempre di “intervento umanitario”, presentando il conflitto come un modo per aiutare il popolo libico contro l’oppressione di Gheddafi. Ma non c’è niente di più falso.
Una guerra non è mai umanitaria. Quegli stati che adesso muovono guerra a Gheddafi lo hanno sostenuto fino a poche settimane fa, fino a quando è riuscito a garantire la stabilità dell’area e gli interessi delle varie potenze. Il popolo libico si troverà schiacciato tra l’oppressione della dittatura di Gheddafi e la guerra portata dalle forze della coalizione.
Quella che è scattata sabato 19 marzo non è una missione umanitaria, ma una vera e propria “corsa alla Libia”.
Nella confusione sulla guida della coalizione e nella spaccatura della N.A.T.O. emerge la competizione in corso tra le potenze per l’influenza sulla futura Libia. Con il primo bombardamento da parte della Francia è iniziata una corsa nella quale si è inserita anche l’Italia per difendere gli interessi dell’ENI e per mantenere la propria influenza sull’area.
Ad oggi non è ancora chiaro come continuerà il conflitto, non è da escludere che ci possa essere un intervento di terra.

Dobbiamo opporci a questa guerra!

Contro l’ennesima carneficina in nome degli interessi degli stati e dei capitalisti
Contro l’ennesima carneficina mascherata da intervento “umanitario”.
Contro una guerra neocoloniale ed imperialista, in cui si decide la spartizione del Nord Africa a partire dalla Libia, l’influenza sull’area ed il controllo delle risorse del territorio, prime fra tutte petrolio e gas naturale.
Contro le presunte soluzioni di quegli organismi diplomatici che servono solo a legittimare gli interessi degli stati e a creare nuovi equilibri per il capitale.
Contro una guerra che come sempre verrà pagata duramente dai lavoratori e dalle lavoratrici siano di origine italiana o straniera in termini di sfruttamento, di precarietà, di riduzione dei servizi, di repressione del dissenso, di razzismo.

Ribelliamoci a chi ci dice che le stragi le guerre ed i bombardamenti sono umanitari
Ribelliamoci a chi, a forza di ricatti, continua a chiederci sacrifici a causa della crisi, mentre i soldi per le spese militari, le guerre ed i bombardamenti ci sono sempre.
Ribelliamoci a chi sulla pelle degli sfruttati aumenta i propri profitti, in Italia come in Libia, come nel resto del mondo.
Ribelliamoci a chi ci impone quotidianamente la violenza della guerra, del razzismo, della polizia, del militarismo, dello sfruttamento.
Ribelliamoci ovunque alla guerra, allo stato, al capitale!

Collettivo Anarchico Libertario – Livorno

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Firenze: Conciatori resiste!

da: http://www.kronstadt-toscana.org/
Pubblicato da berni il 25 – marzo – 2011

Ieri mattina alle ore 8.30-9.00 è stato sventato il primo tentativo di sgombero dell’immobile sito in via dei Conciatori a Firenze nel quartiere Santacroce.

Fin dalla sera precedente moltissimi compagni e compagne hanno partecipato alla cena sociale, sempre a offerta libera, al circolo Anarchico  e hanno continuato a presidiare l’immobile, durante tutta la notte.

Il progetto conciatori racchiude una molteplicità di soggetti, associazioni, collettivi, movimenti e gruppi nati  dagli stessi abitanti del quartiere.

Sono stati infatti occupati altri locali dell’immobile svenduto all’asta dal comune , poco più di mille euro al metro quadro a santacroce sono irrisori, con l’evidente tentativo di effettuare le solite operazioni speculative.

I compagni e le compagne anarchici e i gruppi, associazioni e cittadini del quartiere hanno risposto con la creazione dal basso di ulteriori momenti di aggregazione, dibattito politico  e riflessione  rispetto a quelli che già erano presenti prima della svendita all’asta.

Il progetto conciatori infatti nasce proprio per restituire alle persone la possibilità di sviluppare progettualità dal basso negli spazi che devono restare pubblici, dove per pubblico si intende a disposizioni di tutti e tutte.

La realizzazione di laboratori di auto-produzione del sapone come nella festa del gennaio scorso, la ludoteca per bambini e la nascita di molte altre iniziative evidenzia l’urgenza di rispondere ad un bisogno sociale, quello di conoscersi, di condividere e relazionarsi fuori dagli ambienti lavorativi o del “divertimento ufficiale”. I cittadini le compagne e i compagni insieme ad associazioni gruppi e movimenti in via dei conciatori lo hanno fatto e lo stanno facendo attraverso il metodo dell’autogestione, ossia,   attraverso la decisione in prima persona da parte degli individui all’interno di assemblee orizzontali, in un processo di continua definizione di risposte a una molteplicità di bisogni che di volta in volta emergono.

Oltre alle attività in questi mesi sono nati anche dei gruppi, come l’esempio di un collettivo femminista che denota l’urgenza non solo di creare eventi, ma riflessione dibattito e progettualità attorno a tematiche di primo piano come possono essere le questioni di genere.

Ieri 24 marzo l’ufficiale giudiziario, accompagnato dai vigili urbani non ha potuto svolgere lo sfratto/sgombero dell’immobile.  Al loro arrivo i vigili si sono trovati di fronte al presidio mattutino al quale erano presenti circa 150 persone, quelle persone, che attivamente nelle ultime due settimane hanno creato quasi ogni giorno eventi, presidi, momenti di riflessione e dibattito su come  rispondere ai tentativi di dissolvere un’esperienza di socialità altra, progettualità altra e di solidarietà  fra i membri di una collettività.

Al termine del presidio si è svolta un’assemblea per decidere come continuare la resistenza ai continui attacchi di chi ha solo l’interesse a mantenere i propri privilegi tramite speculazioni, giochi di potere e controllo/normalizzazione di tutto ciò che non è funzionale al proprio potere e al proprio profitto.

Berni

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Intervento di un anarchico libico: I segni della sconfitta della rivoluzione in Libia

da: a-infos

I segni della sconfitta della rivoluzione in Libia

In poche ore, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha deciso di dare inizio agli attacchi aerei contro la Libia. La Francia  era già pronta la notte prima.

Condanniamo questa risoluzione internazionale. E respingiamo totalmente ogni intervento straniero in Libia, da qualsiasi parte, e specialmente quello francese. Quella Francia, che ha venduto a Gheddafi armi per un valore di miliardi, armi che ora vengono usate per colpire i libici, quella stessa Francia che ha continuato a fare affari con Gheddafi fino a 3 settimane fa.

Noi condanniamo questo intervento che trasformerà la Libia in un inferno peggiore. Si tratta di un intervento che sta rubando la rivoluzione agli stessi libici, una rivoluzione che sta costando loro migliaia di morti fra uomini e donne.

E’ un intervento che dividerà la stessa resistenza libica.

Ed anche se queste operazioni riuscissero a far cadere Gheddafi (o ad ucciderlo) come fu per Saddam Hussein, vorrà dire che dovremo agli Americani ed ai Francesi la nostra libertà e possiamo stare sicuri che ce lo ricorderebbero ogni istante.

Come possiamo accettare questa situazione? Come spiegheremo tutte queste vittime alle generazioni future e tutti quei cadaveri ovunque?

Essere liberati da Gheddafi solo per diventare schiavi di coloro che lo hanno armato e lo hanno sostenuto in tutti questi anni di violenza e di repressione autoritaria?

Dopo il primo errore –aver militarizzato la rivoluzione popolare – stiamo commettendo il secondo errore – l’istituzione di una nuova dirigenza o di figuri che provengono dai resti  del regime libico della Jamahiriya. Ed il nostro terzo errore si sta realizzando inevitabilmente: chiedere aiuto ai nostri nemici. Spero solo che non commetteremo anche un quarto errore: e cioè l’occupazione e lo sbarco dei marines.

Sarkozy e la Francia sono nostri nemici; e lo sono anche di tutto il Terzo Mondo. Non nascondono il loro disprezzo nei nostri confronti. A Sarkozy importa solo di essere ri-eletto l’anno prossimo.

L’uomo che ha organizzato l’incontro tra Sarkozy ed i rappresentanti del consiglio nazionale ad interim non è altri che Bernard-Henri Lévy, un filosofo ciarlatano, e per coloro che non lo conoscono, si tratta di un attivista sionista francese che si impegna strenuamente a difesa di Israele e dei suoi interessi. Costui è stato visto recentemente in Piazza Tahrir per vigilare che i giovani rivoluzionari non se la prendessero con Israele.

Cosa possiamo dire delle bombe che arrivano?

Che esse non sanno distinguere tra chi è  pro-Gheddafi e chi è contro.

Le bombe colonialiste, come ben si sa, hanno il solo scopo di difendere gli interessi dei commercianti di armi. Costoro hanno venduto armi per miliardi ed ora ne chiedono la distruzione…. Poi noi compreremo altre armi col nuovo governo ed è una vecchia storia che si ripete. Ma ci sono persone che non sanno imparare senza commettere gli stessi vecchi errori di sempre.

Credo sia tutto molto chiaro: si tratta di un vero errore strategico, un errore che il popolo libico pagherà forse per anni. Forse per un tempo persino più lungo deI governo di Gheddafi e della sua famiglia.

Mi appello oggi, in queste ore in cui la Libia sta bruciando come una nuova Baghdad, a tutti i libici, a tutti gli intellettuali agli artisti, ai laureati, a chi sa scrivere ed a chi è analfabeta, alle donne ed agli uomini, affinché rifiutino questo intervento militare di USA, Francia, Gran Bretagna e regimi arabi che lo sostengono. Al tempo stesso faccio appello a tutti i popoli perchè ci sostengano: faccio appello agli Egiziani, ai Tunisini, ai Francesi, persino ai Cinesi, a tutti i popoli del mondo, perchè siano benvenuti il loro appoggio e la loro solidarietà.

Ma per quanto riguarda i governi, tutti i governi, noi non gli chiediamo niente, se non di lasciarci in pace, di lasciarci risolvere Il problema con Gheddafi per conto nostro.

Saoud Salem

anarchico libico

 

 

Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali

17 marzo 2011

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PRESIDIO CONTRO LA GUERRA IN LIBIA

VENERDI’ 25 MARZO

ORE 17 PIAZZA CAVOUR

LIVORNO


Ancora una volta, dopo le tragedie in Iraq e Afghanistan, con tragica ipocrisia, la retorica umanitaria viene usata per coprire una nuova guerra imposta dall’occidente contro la popolazione di un paese arabo, la Libia. Da settimane il governo di Gheddafi risponde alla rivolta dilagante con bombardamenti e stragi. La risoluzione delle Nazioni Unite, con la scusa del cessate il fuoco e della difesa della popolazione civile, sotto la pressione dei vari governi ha aperto la strada all’intervento militare.

I caccia francesi sorvolano i cieli della Libia, dopo che il governo Sarkozy ha fornito costosissimi aerei da guerra al colonnello Gheddafi; analogamente fa il governo italiano, maggior fornitore di armi alla Libia, sostenitore e collaboratore di Gheddafi nella repressione dei migranti, che ora rulla i tamburi di guerra, appellandosi agli “interessi nazionali”.

L’obiettivo reale delle potenze occidentali che hanno scelto di intervenire militarmente è chiaro: riconquistare margini di controllo geopolitico e sulle risorse energetiche in un’area strategica, dopo l’abbattimento delle dittature in Egitto e Tunisia; cercare di bloccare e stroncare sanguinosamente le rivolte popolari che si stanno allargando nei paesi nordafricani e mediorientali.

La risoluzione delle Nazioni unite ha dato in realtà il via libera a un attacco indiscriminato con la possibilità di intervento di ogni paese con mire imperialiste interessato ad avviare una guerra .

Che in questo dramma la popolazione civile non interessi a nessuno dei paesi belligeranti è provato dalle tensioni all’interno della coalizione degli interventisti sul comando militare delle operazioni.

Nessuno d’altra parte crede alla motivazione umanitaria di governi che restano indifferenti nei confronti di altri popoli e altre repressioni: in Arabia Saudita, in Bahrein, in Siria, nello Yemen o nella stessa Palestina.

Il governo italiano si lancia in una avventura bellica sostenuto da quelle forze dell’opposizione (PD, IDV etc) che continuamente invocano le dimissioni di Berlusconi, ma che non esitano a sostenerlo in una guerra.
Tutto questo con la copertura del presidente Napolitano, che ancora una volta nega che l’intervento sia un atto di guerra, dando una copertura patriottarda e mistificante del ruolo dell’Italia.

Parlare di difesa dei diritti umani dei libici, attraverso interventi militari che inevitabilmente, data la natura del conflitto armato in corso, supereranno la sola interdizione dello spazio aereo, mentre i diritti umani di migliaia di migranti sono da giorni calpestati nell’isola di Lampedusa, è grottesco e offensivo.

La guerra che il governo italiano vuole intraprendere si riverserà anche sul nostro paese, con l’esposizione diretta delle popolazioni di Sicilia e con le ripercussioni generali che si avranno a livello economico e sociale: il restringimento degli spazi di democrazia e di diritti civili, che lo stato di guerra impone di fatto al “fronte interno”; costi economici e sociali di un’ economia di guerra che saranno scaricati sulle spalle dei lavoratori, dei giovani e dei precari, già colpiti da una crisi economica prodotta dagli stessi che avranno i vantaggi economici di questa avventura imperialista.

Le lotte che hanno caratterizzato l’attuale fase di mobilitazione dei lavoratori hanno sempre ribadito con forza l’opposizione alle spese militari e all’economia di guerra.

Oggi più che mai, chi ha sostenuto le lotte dei lavoratori, chi ha voluto combattere una crisi imposta anche per sostenere le spese militari, chi ha sempre denunciato la natura bellica delle missioni umanitarie dice risolutamente

NO a qualsiasi intervento militare in Libia
perchè non esiste guerra umanitaria

perchè nessun intervento militare può sostenere la lotta di liberazione, ma anzi, può solo reprimere il diritto di autodeterminazione dei popoli.

Mobilitiamoci in massa, schierandoci senza esitazioni per la cacciata di Gheddafi e contro i tentativi imperialisti di mettere le mani sulla Libia

Per questo Venerdi 25 ore 17 saremo in piazza con un presidio–manifestazione, primo momento di mobilitazione anche a Livorno :

Per dire No all’intervento militare! No alla concessione delle basi italiane per l’intervento imperialista


Non un uomo, non un soldo per la guerra.

 

Aderiscono all’appello le seguenti organizzazioni politiche, sindacali e realtà presenti sul territorio:

Sinistra Critica, Collettivo Anarchico Libertario, Federazione Anarchica Livornese, Unicobas, Unione Sindacale di Base, C.S.A. Godzilla, Coordinamento Studentesco Livornese

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Mineo. Il governo fa marcia indietro

da: http://senzafrontiere.noblogs.org/

Mercoledì 23 marzo. Ieri vi abbiamo raccontato della deportazione a Mineo dei primi tre richiedenti asilo provenienti dal CARA di Gradisca. Gli altri, blanditi con promesse di casa e lavoro, si stavano abituando all’idea del prossimo trasferimento. Oggi, all’improvviso, è arrivato il contrordine “non partite più”.
I media stanno diffondendo la notizia che il governo avrebbe fatto marcia indietro, rinunciando a concentrare a Mineo tutti i residenti asilo ospitati nei CARA. Oggi hanno cominciato a trasferire i 600 tunisini, imbarcati ieri dalla S. Marco, al “Residence degli aranci”.
Sempre oggi sei voli speciali da cento persone l’uno sarebbero partiti da Lampedusa.
Per quale ragione il governo avrebbe attuato un così rapido cambiamento di rotta?
È possibile che sia stata una questione di tempo.
Le operazioni di trasferimento dai CARA a Mineo stavano andando a rilento: in alcune località, come Roma, la resistenza dei richiedenti asilo e delle associazioni antirazziste stava mettendo i bastoni tra le ruote al ministero dell’Interno. Sul piano istituzionale il presidente della Regione Puglia, Vendola, ha scritto a Maroni denunciando le condizioni disumane in cui avvenivano i trasferimenti dal CARA di Bari a Mineo.
Nel frattempo la situazione a Lampedusa, già grave, stava diventando esplosiva, rendendo difficile tergiversare ancora.
Ancora non è chiaro lo status dei tunisini portati a Mineo: con ogni probabilità saranno considerati clandestini.
L’ambiguità deriva dalle dichiarazioni dello stesso ministro, che ha detto chiaramente che solo i libici hanno diritto a chiedere asilo, mentre i tunisini sono immigrati illegali. Tuttavia sinora la struttura di Mineo ha funzionato come centro per richiedenti asilo. La trasformeranno in un CIE?
Un richiedente asilo, trasferito negli ultimi giorni al “residence degli aranci” da una delle tante strutture della penisola, si è messo in contatto con gli antirazzisti della zona da cui proveniva. Ha raccontato che la situazione è molto tesa: alcuni sarebbero fuggiti, altri hanno inscenato proteste.
Un quadro che potrebbe complicarsi quando la struttura raggiungerà la massima capienza. D’altro canto al ministero dell’interno sono criminali ma non stupidi: immaginavano sin troppo bene che bomba avrebbero innescato concentrando a Mineo duemila tunisini.
Per questo hanno cercato sino all’ultimo di evitarlo.

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ANARCHICI CONTRO LA GUERRA IN LIBIA

volantino che sarà diffuso in città nei prossimi giorni

 

NO ALLA GUERRA!

Sabato 19 marzo, una coalizione che vede in prima fila Francia, USA e Gran Bretagna, ha dato inizio ad una serie di bombardamenti sulla Libia con raid aerei e missilistici.
Anche l’Italia sta partecipando, fornendo strutture logistiche e inviando i propri aerei, a quella che fin da subito si è configurata come una vera e propria guerra.
Questo avviene mentre la propaganda parla come sempre di “intervento umanitario”, presentando il conflitto come un modo per aiutare il popolo libico contro l’oppressione di Gheddafi. Ma non c’è niente di più falso.
Una guerra non è mai umanitaria. Quegli stati che adesso muovono guerra a Gheddafi lo hanno sostenuto fino a poche settimane fa, fino a quando è riuscito a garantire la stabilità dell’area e gli interessi delle varie potenze. Il popolo libico si troverà schiacciato tra l’oppressione della dittatura di Gheddafi e la guerra portata dalle forze della coalizione.
Quella che è scattata sabato 19 marzo non è una missione umanitaria, ma una vera e propria “corsa alla Libia”.
Nella confusione sulla guida della coalizione e nella spaccatura della N.A.T.O. emerge la competizione in corso tra le potenze per l’influenza sulla futura Libia. Con il primo bombardamento da parte della Francia è iniziata una corsa nella quale si è inserita anche l’Italia per difendere gli interessi dell’ENI e per mantenere la propria influenza sull’area.

Ad oggi non è ancora chiaro come continuerà il conflitto, non è da escludere che ci possa essere un intervento di terra.

Dobbiamo opporci a questa guerra.

Contro l’ennesima carneficina in nome degli interessi degli stati e dei capitalisti

Contro l’ennesima carneficina mascherata da intervento “umanitario”.

Contro una guerra neocoloniale ed imperialista, in cui si decide la spartizione del Nord Africa a partire dalla Libia, l’influenza sull’area ed il controllo delle risorse del territorio, prime fra tutte petrolio e gas naturale.

Contro le presunte soluzioni di quegli organismi diplomatici che servono solo a legittimare gli interessi degli stati e a creare nuovi equilibri per il capitale.

Contro una guerra che come sempre verrà pagata duramente dai lavoratori e dalle lavoratrici siano di origine italiana o straniera in termini di sfruttamento, di precarietà, di riduzione dei servizi, di repressione del dissenso, di razzismo.

Ribelliamoci a chi ci dice che le stragi le guerre ed i bombardamenti sono umanitari

Ribelliamoci a chi, a forza di ricatti, continua a chiederci sacrifici a causa della crisi, mentre i soldi per le spese militari, le guerre ed i bombardamenti ci sono sempre.

Ribelliamoci a chi sulla pelle degli sfruttati aumenta i propri profitti, in Italia come in Libia, come nel resto del mondo.

Ribelliamoci a chi ci impone quotidianamente la violenza della guerra, del razzismo, della polizia, del militarismo, dello sfruttamento.

Ribelliamoci ovunque alla guerra, allo stato, al capitale.

 

Collettivo Anarchico Libertario

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Restinco. Fiamme, repressione e una gola tagliata

da: http://senzafrontiere.noblogs.org

Restinco, 21 marzo. Sono inagibili buona parte delle camerate del CIE brindisino, teatro di una rivolta scoppiata nella notte tra lunedì 14 e martedì 15 marzo. Buona parte delle camerate sono state investite dalle fiamme: per bloccare i tunisini protagonisti della sommossa, la questura ha dovuto inviare, oltre ai vigili del fuoco, anche poliziotti dell’antisommossa e della digos.
I giornali danno notizia dell’incendio che ha distrutto il CIE solo sabato 19 marzo.
Gli immigrati sono stati ammassati nella sala mensa. Anche qui, è il modello Gradisca che fa scuola.
Lo dimostra la mancata chiusura del centro salentino annunciata nei giorni scorsi da numerosi giornali. Il capo di gabinetto della prefettura, Erminia Cicoria, dice testualmente: “Restano lì dove sono”.
Nella tarda serata di domenica 20 marzo un ragazzo tunisino si è tagliato la gola, dopo una discussione molto animata con l’ispettore del centro, che lo aveva preso di mira, con amenità del tipo “mi scopo tua sorella”. L’ambulanza venuta a soccorrere il ferito è stata mandata indietro dal medico del CIE. Il ragazzo si troverebbe ora in infermeria. Gli altri reclusi hanno annunciato uno sciopero della fame.

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CIE di Gradisca. Rivolta e fughe

da: http://senzafrontiere.noblogs.org/

Lunedì 21 marzo. Non è durata a lungo la quiete al CIE. Ieri un gruppo di prigionieri avrebbe tentato la fuga. Il sequestro dei cellulari impedisce da tempo i contatti diretti e, quindi, il condizionale è d’obbligo.
Secondo le agenzie sei immigrati sono riusciti a far perdere le proprie tracce mentre sette sono stati arrestati. In serata altri quattro o cinque sarebbero saliti sul tetto ma sono stati obbligati a scendere.
Oggi a Gorizia ci sarà una riunione del comitato per l’ordine e la sicurezza, che discuterà anche del CIE di Gradisca. Da ormai quasi un mese i cento reclusi del CIE sono accampati nelle aree comuni del Centro, ormai quasi completamente distrutto dalle continue rivolte ed incendi.

Intanto nel vicino CARA sempre più forte è il timore che da un giorno all’altro i richiedenti asilo  vengano deportati a Mineo.

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