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CHIUDERE IL 41BIS LIBERTÀ PER TUTTX – Dibattito il 16 dicembre alla FAL

CHIUDERE IL 41BIS

LIBERTÀ PER TUTTX

 

Solidarietà con Alfredo, Anna, Juan e Ivan

VENERDÌ 16 DICEMBRE

PRESSO LA FAL

In Via degli Asili 33, Livorno

Ore 20 cena aperitivo

Ore 21 dibattito

Interverrà l’avvocato Sauro Poli de foro di Firenze, tra i promotori dell’appello contro la deriva repressiva antianarchica

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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Giovedì 15 ore 12 PRESIDIO ALLA CHEDDITE – STOP ARMI PER LA REPRESSIONE IN IRAN

PROIETTILI LIVORNESI SPARATI SUI MANIFESTANTI IN IRAN!

BASTA INVIO D’ARMI ALLA TEOCRAZIA IRANIANA E AI REGIMI AUTORITARI E MILITARISTI!

SOLIDARIETÀ CON CHI SI RIVOLTA IN IRAN! STOP AL COMMERCIO DI ARMAMENTI!

LIVORNO SIA CITTÀ DI PACE, NON COMPLICE DI TEOCRAZIE E IMPERIALISMI

È notizia di qualche giorno fa: la polizia in Iran spara sui manifestanti con proiettili prodotti qui. Nella capitale dell’Iran, a Teheran, e in molte delle principali città, sono state rinvenute, dopo che la polizia era intervenuta sparando con i fucili sui manifestanti, cartucce recanti il marchio 12*12*12*12* utilizzato solo dall’azienda Cheddite.

La Cheddite è un’azienda italofrancese con sede a Livorno che produce cartucce per armi leggere. Non è la prima volta che le cartucce Cheddite sono utilizzate nelle strade sui manifestanti, ne era già stato denunciato il diffuso impiego l’anno scorso da parte del regime militare birmano. Dal 2014 risulta registrata al Registro del Ministero della Difesa per le imprese esportatrici di armamenti ai sensi della Legge 185/90. In quanto produttrice di proiettili leggeri e da caccia le esportazioni della Cheddite possono essere sottoposte a controlli meno rigorosi rispetto alle armi da guerra, in base alla legge 110/75. Tuttavia la vendita di armi anche leggere all’Iran è illegale dal momento che già dal 2011 il paese è sottoposto all’embargo totale della vendita di ogni tipo di arma utilizzabile per la repressione delle proteste di piazza.

L’ipotesi più probabile è che queste armi siano state vendute all’impresa turca Zsr Patlayici Sanayi A.S. e che in seguito questa abbia “triangolato” verso l’Iran. Un passaggio simile pare essersi verificato già nel 2021 verso la Birmania. Dal 2011 l’Italia ha esportato 85,8 milioni di euro di cartucce alla Turchia, che a sua volta nello stesso periodo ha esportato 7,06 milioni di euro di cartucce all’Iran. (Fonte: Domani del 30 novembre 2022).

Siamo pienamente solidali con la rivolta in Iran contro il Governo religioso di Raisi. È il protagonismo delle classi sfruttate e oppresse, dei giovani, delle donne, che sta aprendo percorsi di liberazione e possibilità rivoluzionarie nella regione, mentre le sanzioni del Governo USA hanno contribuito a fortificare la parte più reazionaria della società e della politica iraniana, colpendo le classi popolari e le fasce più fragili della popolazione.

Vogliamo chiarezza su questa vendita di armi, punta dell’iceberg di un export di armi diretto verso fulgide democrazie come l’Egitto, la Turchia o l’Arabia Saudita, che è proseguito senza variazioni sensibili tanto durante i Governi Conte, quanto durante il Governo Draghi e l’attuale Governo Meloni. L’impunità di cui gode la lobby degli armaioli italiani è arrivata al punto tale che Guido Crosetto, ex presidente dell’Aiad, la Federazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza affiliata a Confindustria, è ora Ministro della Difesa del Governo Meloni.

I governi Draghi e Meloni e i partiti che li hanno sostenuti hanno fatto carta straccia della legge 185/90 che vieta la vendita e la cessione di armi a paesi in guerra inviando ingenti rifornimenti di armamenti all’Ucraina.

La città di Livorno, dove oltre alla Cheddite ha sede la Leonardo-Finmeccanica, importante porto di transito internazionale, a due passi dalla base militare americana di Camp Darby, non vuole essere un luogo di produzione e transito di strumenti di morte e repressione.

PRETENDIAMO L’IMMEDIATO STOP DELLE ESPORTAZIONI DELLA CHEDDITE VERSO LA TURCHIA

STOP ALL’ESPORTAZIONE DI ARMI VERSO LA TURCHIA E GLI ALTRI PAESI AUTORITARI E/O IN GUERRA, COME PREVISTO DALLA LEGGE 185/90

NON VOGLIAMO ESSERE COMPLICI DI GUERRA E REPRESSIONE! COSTRUIAMO PACE, DISARMO E SOLIDARIETÀ!

GIOVEDÌ 15 DICEMBRE H 12 PRESIDIO DAVANTI ALLA CHEDDITE

Coordinamento livornese per il ritiro delle missioni militari

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Solidarietà con Alfredo, Anna, Juan e Ivan in sciopero della fame

Solidarietà con Alfredo, Anna, Juan e Ivan in sciopero della fame
Chiudere subito il 41 bis
Libertà per tutte e tutti

Dal 20 ottobre Alfredo Cospito ha iniziato uno sciopero della fame all’interno del carcere di Bancali a Sassari. Sta conducendo questa estrema forma di lotta contro il regime carcerario del 41 bis a cui si trova sottoposto e contro l’ergastolo ostativo che gli potrebbe essere inflitto dal Tribunale d’Assise d’Appello di Torino. In suo sostegno Anna Beniamino, Juan Sorroche e Ivan Allocco sono a loro volta entrati in sciopero della fame.

Sosteniamo la lotta di Alfredo Cospito, e di tuttx coloro che in varie forme si oppongono al 41 bis, all’ergastolo ostativo e ad altre forme di isolamento come l’Alta Sorveglianza. Nella già aberrante istituzione del carcere, il 41 bis e l’ergastolo ostativo rappresentano vere e proprie forme di tortura. Il 41 bis con l’isolamento e le enormi restrizioni su aria, visite, telefonate, corrispondenza, mira all’annientamento delle facoltà e della persona stessa. L’ergastolo ostativo impedisce l’accesso ai cosiddetti benefici penitenziari, quali lavoro esterno, domiciliari, permessi di uscita, a coloro che condannati per specifici reati non collaborano con la giustizia statale, mira a piegare la persona non solo e non tanto per ottenere realmente informazioni ma come forma di sottomissione.

In una fase come quella attuale, segnata da una crescente repressione nei confronti dei movimenti di lotta e delle forme di dissenso stiamo assistendo vera e propria deriva giudiziaria antianarchica denunciata fermamente in un appello promosso a ottobre da venti avvocati che ha presto superato le cento firme.

In tale contesto schierarsi al fianco di coloro che lottano contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo diviene importante su più livelli.

Per respingere l’applicazione di queste vere e proprie forme di tortura nei confronti di Alfredo Cospito.

Per fermare la deriva giudiziaria antianarchica, per cui sempre più frequentemente chi si richiama alle idee anarchiche viene condannato a pene gravissime, sottoposto a regimi carcerari speciali, perseguito per reati spropositati rispetto ai fatti contestati. Basti pensare che alle classiche montature dei reati associativi si sono aggiunti negli ultimi anni il reato di tentato omicidio, l’aggravante di terrorismo e addirittura il reato di strage contro la sicurezza dello stato. Quest’ultimo, come sottolineato da più parti, viene in questa deriva repressiva utilizzato per definire fatti che non hanno provocato vittime, mentre non è stato utilizzato né per la Strage di Piazza Fontana, né per la Strage di Bologna.

Per impedire che lo specifico caso e la più generale stretta autoritaria in atto creino dei precedenti, conducendo ad una sempre più diffusa applicazione del 41 bis nella repressione politica, e ad una più generale deriva di repressione del dissenso, fino alla sistematica applicazione di un vero e proprio diritto penale del nemico.

Per colpire il programma di galera e manganello del nuovo governo, che nel suo primo provvedimento, il decreto-legge 162 del 31 ottobre, fissa ulteriori sbarre alla gabbia dell’ergastolo ostativo inasprendo di fatto questa misura.

Per estendere a settori più larghi questa lotta. Perché nei fatti gli scioperanti della fame stanno portando avanti una lotta per tuttx. Non si tratta solo di lottare contro le aberranti condizioni di carcerazione riservate ad alcuni, che comunque sarebbe necessario. Si tratta di una lotta per la libertà di tuttx.

In questi mesi, al di là delle profonde differenze tra le le varie parti, numerosi gruppi, collettivi e personalità hanno espresso solidarietà con chi sta conducendo lo sciopero della fame. Sarebbe importante però che le prese di posizione si trasformassero in iniziativa concreta, perché l’impegno solidale e la lotta al 41 bis dovrebbe avere carattere più largo e di massa.

Nel 2022 si è registrato nelle carceri italiane il più alto numero di suicidi degli ultimi 10 anni, insieme ai casi di pestaggi che vengono denunciati e al massacro avvenuto nei penitenziari durante le rivolte nel marzo 2020, ciò rappresenta la drammaticità della condizione carceraria. Ma la sola privazione della libertà costituisce già una violenza quotidiana. La lotta contro il 41 bis, l’ergastolo ostativo e l’Alta Sorveglianza oltre a respingere la deriva repressiva in corso, può servire a mettere in discussione il carcere e l’ordinamento sociale che lo ha prodotto, quello di un mondo fondato dell’oppressione e lo sfruttamento. Per la libertà di tutte e tutti.

Collettivo Anarchico Libertario
12/12/22

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Dal gruppo anarchico Karala di Ankara: Dichiarazione sulla guerra

Dal gruppo anarchico Karala di Ankara: Dichiarazione sulla guerra

Nella notte del 9 novembre le terre del Rojava e del sud del Kurdistan sono state bombardate dagli aerei del TSK (Esercito Turco). Le YPG hanno annunciato che il centro della città di Kobane, un ospedale sulla collina di Miştenur, la foresta di Kobane, una centrale elettrica, i granai e molti villaggi sono stati bombardati. Gli invasori, che non hanno ottenuto risultati con le armi chimiche e con numerose operazioni di invasione per mesi, hanno diretto questa volta i loro sforzi contro il Rojava, la terra della rivoluzione.

L’attacco al Rojava, che è stato presentato come una ritorsione per il massacro ad Istanbul della scorsa settimana, in via Istiklal nella zona di Taksim, è un attacco contro il popolo proprio come quello di Istanbul. Entrambi gli attacchi sono stati pianificati nello stesso luogo. Le bombe che ieri hanno colpito gli ospedali in Rojava e le bombe che hanno ucciso i bambini a Taksim sono parte della stessa operazione. Il responsabile di entrambi è lo stato con tutte le sue istituzioni e organizzazioni.

Lo stato turco sta facendo tutto quello che può per prevenire la lotta per la libertà delle popolazioni oppresse. Questi attacchi vanno ben oltre i preparativi elettorali di una forza politica. Indicare il motivo di questi attacchi in un’elezione la cui data non è neanche ancora fissata è sbagliato, così come attribuirne la responsabilità solo al blocco di potere AKP-MHP. I mestatori e gli speculatori parlamentari che pensano anche che le eclissi solari siano legate alle elezioni, creando disinformazione, che è la parte più importante degli attacchi dello stato, sono complici dei massacri.

Gli invasori, che per mesi hanno negoziato l’approvazione degli USA e della Russia per invadere il Rojava, hanno trovato l’ultima risorsa nella cospirazione che hanno messo in atto con l’attacco a Taksim. La principale ragione di questi attacchi, che è possibile lascino spazio ad un’invasione via terra nei prossimi giorni, è la sopravvivenza dello stato. Lo stato turco ha costruito tutte le sue politiche su questa necessità elementare. Per uno stato che persegue politiche di negazione, annichilimento e assimilazione verso le popolazioni oppresse come uno stato nazione, in accordo con i suoi principi fondanti, la lotta per la libertà dei popoli che si oppongono a queste politiche è la principale minaccia.

Lo stato, per sua natura, è ostile alla rivoluzione del Rojava, che esiste come la lotta per la liberta delle popolazioni oppresse. Per questi invasori che sono ostili alla libertà, non c’è scelta possibile se non la distruzione della distruzione della rivoluzione del Rojava. Questa è la principale ragione dei massacri che hanno avuto luogo tra il 7 giugno e il 1 novembre 2015, ed è la stessa cosa che sta avvenendo oggi. Lo stato come è nella necessità di ogni altro centro di potere, o distruggerà la rivoluzione, o sarà distrutto.

Per questo interesse dello stato, è sempre lo stesso nemico ad aver compiuto le stragi alla Stazione dei treni di Ankara, a Suruç e in Istiklal e ad aver bombardato le popolazioni oppresse Miştenur, Afrin, Serekaniye. Dobbiamo fare in modo che la voce di Kobane, città della resistenza, sia udita. Siamo al fianco dei popoli del Rojava contro gli stati invasori.

I popoli che resistono vinceranno! Siwar hatin pêya çûn!*

*Sono arrivati a cavallo, se ne andranno a piedi. (proverbio curdo)

KARALA

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SOLIDARIETÀ ALLE ANTIFASCISTE E AGLI ANTIFASCISTI SOTTO PROCESSO!

SOLIDARIETÀ ALLE ANTIFASCISTE E AGLI ANTIFASCISTI SOTTO PROCESSO!
Testo del volantino distribuito ieri sera al Teatro Goldoni all’ingresso dello spettacolo dedicato ai Fratelli Gigli

Nella memoria del primo antifascismo
solidarietà alle antifasciste e agli antifascisti sotto processo

Nel ricordare il primo antifascismo e coloro che come i fratelli Gigli hanno pagato il prezzo più alto di fronte alla violenza fascista, vogliamo esprimere solidarietà a chi oggi si trova inquisito per aver manifestato il proprio antifascismo in una piazza di questa città.
A Livorno si sta tenendo un processo a 40 antifasciste e antifascisti – dai minorenni ai settantenni – che hanno osato contestare Giorgia Meloni nel febbraio 2018 in Piazza Garibaldi, a poche centinaia di metri da dove furono uccisi Pietro e Pilade Gigli. Sono accusati di “adunata sediziosa” e “resistenza” per una normale contestazione antifascista, in un periodo in cui gli esponenti politici di destra, tra cui Giorgia Meloni, spendevano parole di comprensione per l’attentatore razzista Luca Traini che a Macerata il 3 febbraio 2018 ferì sei persone nere sparando colpi di pistola dalla sua auto.

A 100 anni dal 1922

Nell’estate del 1922 si giocano le ultime carte per fermare la reazione antiproletaria: il paese è attraversato da un crescendo di aggressioni compiute dai fascisti nei confronti delle organizzazioni del movimento operaio e dei singoli militanti; si contano decine di morti fra gli antifascisti. In quei mesi l’Unione Anarchica Italiana e il giornale “Umanità Nova” si battevano per costituire un fronte unico proletario che organizzasse la difesa, come il movimento degli Arditi del Popolo. Su iniziativa del Sindacato Ferrovieri Italiano è costituita l’Alleanza del Lavoro, a cui partecipano tutti i sindacati, con l’appoggio dell’Unione Anarchica, del Partito Repubblicano, del Partito Comunista e del Partito Socialista. L’Alleanza del Lavoro indice uno sciopero generale ad oltranza per fermare le violenze fasciste a partire dalla mezzanotte del 31 luglio. I fascisti finanziati da agrari e industriali, armati da Carabinieri ed Esercito, protetti dalla monarchia e dalla Chiesa, aggrediscono le roccaforti operaie.

In molte città, fra cui Piombino, Ancona, Parma, Civitavecchia, Bari i fascisti vengono respinti anche grazie all’azione degli Arditi del Popolo. Nel momento in cui la resistenza operaia cresce, CGL e PSI, sperando in un ennesimo compromesso, si ritireranno dalla lotta, aprendo la strada alla rappresaglia armata del Governo. Livorno è uno dei centri dello scontro. Tra il 1° e il 2 Agosto 1922 squadre fasciste provenienti da tutta la Toscana lanciano la caccia agli antifascisti livornesi, facendo irruzione nei quartieri popolari che resistono all’invasione.

Molti furono gli assassinati in quei giorni. Popolani, militanti comunisti, anarchici, repubblicani e socialisti, tra i quali Luigi Gemignani, Gilberto Catarsi, Pietro Gigli, Pilade Gigli, Oreste Romanacci, Bruno Giacomini, Genoveffa Pierozzi, Filippo Filippetti.

Federazione Anarchica Livornese // cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it // federazioneanarchica.org

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30 Nov P Grande h 17.30 – DEFEND KURDISTAN – PRESIDIO/MANIFESTAZIONE

DEFEND KURDISTAN – PRESIDIO/MANIFESTAZIONE

Presidio-manifestazione a Livorno
Mercoledì 30 novembre h 17.30
Piazza Grande

Fermiamo i bombardamenti delle forze armate turche!
Impediamo una nuova invasione del Kurdistan!
Sosteniamo il progetto di una società libera, femminista, di pace nel Nord Est della Siria, nel Bashur, in Iran e altrove! Jin Jiyan Azadi!

In queste giornate in tutto il mondo si tengono iniziative contro i bombardamenti che colpiscono la città di Kobane, distruggendo ospedali, granai, centrali elettriche e villaggi. Lo stato turco prepara una nuova invasione di terra. L’Italia continua ad essere uno dei principali fornitori di armamenti della Turchia. Scendiamo in piazza anche qui a Livorno per fermare la guerra, per denunciare la complicità del governo italiano con il regime di Ankara, in solidarietà con chi lotta per una società più giusta e più libera.

Livorno per il Rojava

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RIPRENDIAMOCI I CONSULTORI! – Presidio al consultorio di Cecina

Importante iniziativa a Cecina orrganizzata dai nodi di Livorno e di Pisa di Non Una di Meno insieme ad Obiezione respinta.

Come noto, e uscito anche pubblicamente sulla stampa, attualmente il Consultorio delle valli Etrusche non funziona. Il servizio medico ginecologico è quasi azzerato. In una zona che va da Rosignano a Piombino vengono così ad essere pesantemente sacrificate o a mancare del tutto alcune prestazioni essenziali come visite ginecologiche, prescrizioni contraccettive, assistenza gravidanze a rischio, consultorio giovani, servizi a persone migranti. Il consultorio del comprensorio di Cecina deve funzionare e assicurare tutti i servizi!
Per questo saremo in presidio giovedì 24 novembre alle ore 11:00 all’ingresso dell’ospedale di Cecina (dove ha sede il consultorio), in Via Montanara 14, Cecina (LI).
In un quadro generale di tagli che colpiscono pesantemente la sanità pubblica a vantaggio del privato, la crisi di un servizio essenziale sul territorio, come un consultorio, è tanto più inaccettabile. Ci troviamo di fronte ad una sanità sempre più di classe, che lascia indietro i soggetti più poveri e socialmente più fragili, soprattutto le donne, le persone giovani, le persone straniere, le libere soggettività.
Sappiamo che la ASL locale ha previsto un ulteriore bando per reperire il personale mancante, ma il consultorio non può essere considerato un servizio accessorio, da ridurre e poi forse chiudere, bensì una reale necessità da sostenere con risorse adeguate e con tempestivi e idonei interventi di assunzione.
In Italia ci sono 1800 consultori, la legge ne prevede uno ogni 20.000 abitanti in zone urbane, ogni 10.000/15.000 in zone extraurbane. Ne abbiamo invece solo il 40%. Alla vigilia della giornata internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza di genere il 25 novembre, che ci vede da anni impegnate nel denunciare le varie forme in cui la violenza si presenta, noi diciamo che negare servizi che garantiscono la scelta è violenza!
Il consultorio deve rispondere ai bisogni e alla volontà di libera scelta in materia di salute sessuale, contraccezione, maternità e aborto con un servizio accessibile e gratuito per tuttə, indipendentemente da reddito, fascia di età, cittadinanza, orientamento sessuale.
Per questo come movimento femminista e transfemminista rivendichiamo con forza che tutti i consultori includano anche l’assistenza alle soggettività lgbtqia+ per ora indirizzate ai rari consultori dedicati. Riprenderci i consultori significa riportare in questi spazi l’intento con cui sono nati: non un mero servizio ambulatoriale, ma spazio socio-sanitari, intimamente politici, di cura, incontro e confronto.
Vogliamo che il consultorio di Cecina sia dotato di tutte le figure professionali utili al suo pieno funzionamento. La struttura ospedaliera può intervenire sulle urgenze ma NON PUÒ RICOPRIRE TUTTI I SERVIZI CHE IL CONSULTORIO FORNISCE.
Vogliamo un ampliamento dei servizi territoriali, incluso il consultorio, volti a migliorare la qualità della vita e garantire la libera scelta e l’autodeterminazione per tuttə.
I CONSULTORI SONO NOSTRI, ABBIAMO LOTTATO PER AVERLI E LI VOGLIAMO VIVI E FUNZIONANTI ADESSO!
IL CONSULTORIO DI CECINA DEVE FUNZIONARE!
CONSULTORI APERTI – LIBERI DA OBIETTORI – FUNZIONANTI E DIFFUSI SUL TERRITORIO
Non Una di Meno Livorno e
Non Una di Meno Pisa
Obiezione Respinta

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Il governo risponde alla crisi sociale: galera per chi occupa

[articolo pubblicato su Umanità Nova n. 27 del 13/1/22]

Il governo risponde alla crisi sociale: galera per chi occupa

Il programma del nuovo governo è galera e manganello. Con il suo primo provvedimento il Consiglio di Ministri ha istituito il 31 ottobre un nuovo reato, già entrato in vigore. Dal 2 novembre chi occupa potrà essere condannato da minimo 3 a massimo 6 anni di carcere, se l’occupazione viene messa in atto da più di cinquanta persone per organizzare un raduno che si ritiene possa essere pericoloso per l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica o la salute pubblica. Annunciata come norma “anti-rave” ha in realtà, come si vedrà, un impatto molto più ampio, e non è altro che un nuovo strumento repressivo. Pochi giorni prima, il 25 ottobre, mentre la Camera votava la fiducia al governo, la polizia caricava una protesta studentesca antifascista all’università La Sapienza di Roma. Due studenti feriti e un fermato, vari contusi tra i manifestanti, questo è stato il risultato della violenta carica di polizia per impedire la semplice esposizione di uno striscione all’esterno della sede di Scienze Politiche, nelle cui aule si svolgeva una conferenza organizzata dal gruppo fascista Azione Universitaria, organizzazione legata al partito di Giorgia Meloni. Una chiara lezione del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di concerto con la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni al mondo universitario e studentesco, che rappresenta da sempre un fertile ambiente per i movimenti di protesta e dunque una minaccia per i governi. In meno di una settimana il governo ha quindi chiarito il proprio programma, manganellate e galera per chi protesta e in generale per le classi sfruttate e oppresse.

Ma andiamo a vedere in cosa consiste questo primo provvedimento del governo che introduce pesantissime pene per le occupazioni. Il DECRETO-LEGGE 31 ottobre 2022, n. 162, approvato dalla seconda riunione del Consiglio dei Ministri, sancisce all’articolo 5 l’aggiunta di un nuovo articolo al Codice Penale: l’art. 434 bis, che definisce il reato di “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. Chiaramente il provvedimento tratta anche altri temi non di secondaria importanza, come i cosiddetti benefici penitenziari e gli obblighi di vaccinazione anti-covid. Ma non ci occuperemo qui di tali aspetti, soffermandoci invece sul solo articolo 5 che è stato peraltro al centro del dibattito pubblico degli ultimi giorni.

Il provvedimento infatti è stato presentato dal governo e dai media come “decreto-rave”, come una norma che permetterebbe la repressione e la regolamentazione dei rave o free party. Nei giorni precedenti una martellante, pervasiva e trasversale campagna mediatica aveva orientato l’attenzione del dibattito pubblico, secondo i modelli ben collaudati dell’emergenza, su una normale festa non autorizzata in dei capannoni abbandonati nel modenese. In questo clima è stato annunciato il provvedimento governativo, secondo schemi da propaganda di regime: un necessario intervento di polso, severo ma giusto, per porre fine alla confusione normativa e permettere alle forze dell’ordine di svolgere il proprio lavoro impedendo questi raduni che si tengono a causa dell’eccessiva libertà, provocata dall’inazione dei governi precedenti. In realtà questo genere di feste è già da molti anni soggetto a divieti e massicci interventi repressivi, che il più delle volte sono i principali motivi di pericolo in simili contesti. Ma oltre la propaganda proibizionista e autoritaria, che rimane comunque un importante argomento della destra e dell’estrema destra al governo, gli scenari repressivi che questo provvedimento prepara sono molto più vasti, basta leggere il testo.

« Art. 5 Norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali

1. Dopo l’articolo 434 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 434-bis (Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica). – L’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica.

Chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000.

Per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena è diminuita.

È sempre ordinata la confisca ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonché di

quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell’occupazione.»

Gli ultimi due commi dell’articolo, che qui non sono citati, definiscono l’entrata in vigore del provvedimento il giorno dopo dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e inseriscono questo nuovo reato tra quelli per cui si possono disporre particolari misure di prevenzione personale, assieme a reati di mafia, corruzione e peculato, ai reati associativi, a quelli di insurrezione armata, devastazione e saccheggio e guerra civile.

È evidente alla lettura del testo che questo reato potrebbe comprendere una grande varietà di casi, dalle assemblee in luoghi non regolarmente concessi, a varie iniziative e forme di protesta che si svolgano all’interno di terreni o edifici occupati, ma anche grandi fenomeni di occupazione abitativa, e ovviamente ogni tipo di iniziativa culturale o festa che si tiene senza concessione degli spazi utilizzati. Basta che l’occupazione sia messa in atto da più di cinquanta persone e che avvenga per svolgere un generico raduno, e che tale raduno possa costituire un pericolo. Ovviamente sono le autorità a definire in cosa consista il pericolo, e in ogni caso prima si sgombera, si denuncia, si avviano processi, confische ed eventuali misure preventive. Poi in caso si vedrà in tribunale se il raduno era effettivamente pericoloso.

Lasciando a chi ne ha le competenze specifiche un’analisi giuridica di questo provvedimento, si segnalano alcuni aspetti che risultano evidenti. Innanzitutto questo nuovo reato si affianca a quello già previsto di “Invasione di terreni o edifici”, il consueto reato di occupazione previsto dall’articolo 633 del Codice Penale. Gli stessi esponenti del governo in effetti hanno dichiarato che inizialmente c’era l’intenzione di intervenire aggiungendo un’aggravante proprio al 633 CP, ma che il Consiglio dei Ministri ha poi scelto di introdurre direttamente un nuovo articolo. Già il primo governo Conte nel 2018 era intervenuto con un decreto promosso dall’allora ministro Salvini, inasprendo le pene per il 633 CP innalzando da 2 a 4 gli anni di reclusone previsti. Che conseguenze avrà l’introduzione di un nuovo reato di occupazione? Se anche il nuovo 434 bis dovesse intervenire solo in casi specifici, dal momento che costituisce una fattispecie che prevede pene più gravi da utilizzare a scopo repressivo, sarà un ulteriore tassello di quello che chiamiamo “diritto penale del nemico”? L’eventuale concorrenza tra i due reati di occupazione porterà ad una maggiore applicazione del vecchio 633 e quindi ad un ulteriore accanimento verso le occupazioni abitative, o le occupazioni di luoghi di lavoro, di scuole o università, che comunque già oggi vengono represse?

Queste sono solo alcune riflessioni, e può darsi che vi siano altri interrogativi anche più importanti da porsi. La cosa sicura è che il governo vuole la galera per chi occupa. Perché il minimo di reclusione a 3 anni stabilito dal 434 bis esclude la sospensione condizionale della pena. Certo in molti casi si possono richiedere forme alternative, e ogni situazione poi avrà la sua specificità. Ma è chiaro che il governo ha voluto dare un segnale inequivocabile. È un forte segnale di tutela della proprietà per i grandi proprietari e per gli interessi di rendita. Tutti i governi negli ultimi anni hanno fatto provvedimenti a tutela della proprietà, in particolare dichiarando guerra alle occupazioni. Non solo con il già citato decreto Salvini, ma anche il famoso piano casa Lupi-Renzi, che nel 2014 attaccava le condizioni di vita e i diritti di chi abita in occupazione, negando residenza e allaccio alle utenze.

Di fronte a una prospettiva di profonda crisi sociale, alimentata dalle politiche di guerra che questo governo si propone di implementare, con il rischio di una crisi abitativa come quella che ha segnato la prima metà dello scorso decennio e che fu accompagnata da un grande slancio del movimento delle occupazioni per il diritto all’abitare, il nuovo governo si dota di nuovi strumenti repressivi.

Sono state annunciate modifiche, mentre esponenti del governo giurano che questo nuovo reato non sarà utilizzato contro le occupazioni. Chi manifesta nella legalità non avrà niente da temere, dicono secondo una retorica stantia. Comunque si concluda la questione, il governo con il suo primo provvedimento ha mostrato chiaramente che direzione intende seguire.

Una parte dell’opposizione parlamentare ha definito la norma liberticida e contesta al governo di non occuparsi della crisi sociale, del carovita e dell’aumento delle bollette. Non è corretto. Il governo si sta occupando proprio di questi temi sociali, mostrando quale sarà la risposta delle classi dominanti a eventuali proteste, sfodera il manganello e promette la galera a chi occupa, erigendo nuovi bastioni a difesa del privilegio. Dopotutto è stato anche chi oggi siede all’opposizione a normalizzare e legittimare il fascismo, sono stati gli stessi media progressisti a parlare di destra presentabile, sono stati anche loro a invocare la buona vecchia Madonna del Manganello a tutelare l’interesse nazionale in tempi di guerra.

Dario Antonelli

Umanità Nova si può trovare in distribuzione anche a Livorno:
Bar Dolcenera angolo via della Madonna via avvalorati
Edicola Piazza Grande Angolo Via Cogorano
Edicola Piazza Attias lato Corso Amedeo
Edicola Via Verdi angolo Via San Carlo
Edicola Via Garibaldi 7
Edicola Piazza Damiano Chiesa
Edicola piazza Aldo Moro
Edicola viale Antignano 115

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13 Novembre alla FAL: Ricordiamo Lina Antonelli

Ricordiamo Lina Antonelli a quattro mesi dalla sua improvvisa scomparsa

Domenica 13 novembre ore 17

presso la Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33

Per ricordare la figura di Lina Antonelli che ci ha lascato lo scorso 13 luglio si terrà un’iniziativa domenica 13 novembre alle ore 17 della Federazione Anarchica Livornese, in Via degli Asili 33. Sarà presente Franco Schirone, amico, compagno e autore de “La Gioventù Anarchica”, libro dedicato ad una importante esperienza politica che vide Lina tra le promotrici e protagoniste. Dopo i funerali con le bandiere rosse e nere e un primo momento di commemorazione con compagni, parenti e amici mosso dall’immediata esigenza di trovarsi insieme, questa iniziativa vuole mettere in luce l’impegno di Lina nel movimento.

Lina si trasferì a Roma negli anni sessanta, ed è stata fra le animatrici della Federazione Anarchica Giovanile e di importanti iniziative come il convegno giovanile internazionale, il campeggio tenutosi a Marina di Massa e le prime marce antimilitariste. In quegli anni la ripresa organizzativa e politica della Federazione si accompagnava ai primi movimenti giovanili, studenteschi, operai e culturali. Dopo gli attentati dell’aprile 1969 e la Strage di Stato, Lina fu punto di riferimento per le iniziative a sostegno degli anarchici arrestati e per denunciare l’assassinio di Giuseppe Pinelli. Nei primi anni settanta Lina collaborò con il Comitato politico-giuridico di difesa, di cui facevano parte fra gli altri Anna Pietroni, Aldo Rossi, Placido La Torre, contribuendo a tessere quella rete di esperti legali, giornalisti, militanti politici e sindacali, esponenti della cultura e settori notevoli di opinione pubblica che consentì allora di respingere la manovra dello Stato italiano.

Lina inoltre fece parte della redazione di Umanità Nova quando questa fu affidata al gruppo “Bakunin” di Roma, dopo il X Congresso della Federazione Anarchica Italiana (Carrara, 1971). Il passaggio di testimone della redazione fu anche l’occasione per il rinnovamento della veste grafica e dei contenuti del settimanale.

Tornata a Livorno, Lina non ha mai fatto mancare il suo sostegno, fino all’ultimo, alla  Federazione Anarchica sia a livello nazionale che locale, alla nostra stampa e alle vittime politiche.

È rimasta sempre punto di riferimento per tante compagne e compagni, molto conosciuta dentro e fuori dal movimento anche per il suo carattere unico. Mettendo a disposizione, assieme alla sorella Alba, la sua esperienza e il suo archivio ha dato un notevole contributo alle ricerche sui vari aspetti del movimento anarchico.

Federazione Anarchica Livornese

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Respingiamo il tentativo di criminalizzazione del movimento anarchico

Respingiamo il tentativo di criminalizzazione del movimento anarchico

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario respingono i tentativi di criminalizzazione del movimento anarchico. La prima pagina de Il Tirreno del 4 novembre titolava “Incendi alle antenne, pista anarchica”. L’articolo che seguiva nella cronaca locale di Livorno, ribadiva nel titolo “Ripetitori e centraline incendiate: ora spunta la PISTA ANARCHICA” con le ultime due parole in rosso.

Nell’articolo vengono messi insieme episodi diversi, da centraline elettriche bruciate all’incendio di alcune abitazioni di fortuna, fino addirittura all’incendio di un camper che ha provocato l’intossicazione di un uomo che per fortuna si è salvato.
L’articolo non fa riferimento a nessuna rivendicazione, né ad indizi o motivi che dovrebbero indicare la “pista anarchica”. Si riporta solo in apertura che “La pista anarchica è quella seguita dalla digos”. Senza neanche citare una dichiarazione degli inquirenti.

Tanto è bastato a Il Tirreno per imbastire un simile titolo. Sappiamo bene che la scelta dei titoli, specie di prima pagina, non è casuale. Non si tratta solo di incompetenza ma di una precisa scelta politica.

La scelta redazionale di una simile titolazione in prima pagina, oltre che puramente gratuita, appare gravemente lesiva di tutti coloro che riconoscendosi nel movimento anarchico svolgono quotidianamente la loro azione politica all’interno di coordinamenti, sindacati, comitati, e situazioni di lotta sociale. Respingiamo queste accuse che hanno il solo scopo di criminalizzare chi ogni giorno è attivo sul territorio. Le persone che ci conoscono sanno quanto siano assurde queste ipotesi. Se non si trattasse di questioni gravi, tali ipotesi risulterebbero ridicole anche soltanto per per le formule stereotipate impiegate. Ma ancora più assurdo è ricondurre questi fatti al movimento anarchico. Gli anarchici sono al fianco di chi lotta per la casa, sono altri in questo paese a dare fuoco a camper, roulotte e alloggi di fortuna.

Non è una novità che contro il movimento anarchico siano periodicamente avviate montature e campagne di criminalizzazione, a cui le anarchiche e gli anarchici hanno sempre saputo dare una risposta ferma trovando la solidarietà di ampi settori sociali. Non vogliamo stare a ricordare la strategia della tensione e le tante pagine nere della storia di questo paese. Il momento politico attuale, nella sua specificità, tende a riprodurre schemi già visti e a ricercare anche nella stampa una cassa di risonanza mediatica.

Fa riflettere che proprio il 4 novembre mentre si tengono iniziative antimilitariste a Livorno e in tutto il paese, che vedono impegnato il movimento anarchico a fianco di tante componenti politiche e sociali, vengano pubblicati questi titoli. Il Tirreno dovrebbe spiegare le ragioni di questa scelta redazionale. Le anarchiche e gli anarchici oggi come ieri non si fanno intimidire e sono più che mai presenti nelle lotte. Di questo si dovrebbe parlare e non di fantomatiche piste.

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

05/11/22

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