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LA SICUREZZA DEI PADRONI UCCIDE

da a-infos

 

Il modo migliore per tenere le persone sotto controllo è impaurirle.
Con la crisi economica che ci affama tutti indistintamente, il potere
politico gioca la carta dell’emergenza-sicurezza per distrarre
l’opinione pubblica dalle vere emergenze quotidiane: disoccupazione,
difficoltà ad arrivare a fine mese, precarietà, incertezza del futuro.
Per scaricare le frustrazioni collettive vengono individuati i
bersagli più facili: gli immigrati e, più in generale, i poveri
diventano il capro espiatorio per tutto ciò che va male.
Persino l’infamia degli stupri è stata strumentalizzata per creare il
decreto-sicurezza, un provvedimento con cui, di fatto, si restringe
paurosamente la libertà di espressione e si criminalizza qualunque
comportamento giudicato non compatibile con l’ordine costituito.
Con la scusa della “sicurezza” il governo ha addirittura legalizzato
le ronde. Ovvero, gruppi di esaltati (fascisti e razzisti assortiti)
pronti a perseguitare immigrati, prostitute e barboni con la scusa
della giustizia-fai-da-te.
Anche il mondo del lavoro viene colpito dalla repressione governativa
con gli attacchi al diritto di sciopero. Alla faccia della retorica
sui morti sul lavoro e sulla mancanza di tutele.
Nel frattempo, i politicanti continuano a vivere nei loro privilegi e
i padroni continuano a speculare sulla pelle dei lavoratori e della
povera gente.
Dietro la cortina di fumo della sicurezza si nasconde una realtà
durissima: il paese è devastato e la sua classe politica alimenta
questo disagio, fomenta le guerre fra poveri e il disordine
dell’ingiustizia sociale.
La crisi non è un incidente di percorso ma il risultato più naturale
del capitalismo, un sistema economico assassino e ingiusto che
dimostra ogni giorno di più la sua ferocia.
Lo stato e tutte le articolazioni del potere hanno un solo obiettivo:
difendere gli interessi dei ricchi e perpetuare il loro dominio sulla
società.
Non tutto è perduto se apriamo gli occhi e ci svegliamo dal torpore.
I veri nemici non sono gli immigrati, ma quelli che ci umiliano ogni
giorno con contratti da fame, con pensioni vergognose, con lo
sfruttamento mascherato da flessibilità.
I veri nemici non sono i poveri o i senza casa, ma quelli che fanno
affari miliardari con la speculazione finanziaria alla faccia dei
lavoratori e in barba all’economia reale ridotta al collasso.
I veri nemici non sono quelli che manifestano per la libertà di tutti,
ma quelli che scatenano la paura per poi reprimere e perseguitare in
nome della loro libertà di comandare meglio.

In questi tempi in cui le menzogne sono pane quotidiano, dire la
verità è un atto rivoluzionario.

RILANCIAMO LE LOTTE PER LA LIBERTÀ E L’UGUAGLIANZA !

Coordinamento Anarchico Palermitano

http://coordanarchicopa.blogspot.com

A – I n f o s     Notiziario Fatto Dagli Anarchici
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Economia politica dello stupro

(da Umanità Nova n.9 dell’8 marzo 2009)


Di fronte agli stupri di queste ultime settimane accompagnati dal
vergognoso rito delle strumentalizzazioni in chiave "anti-immigrati" e
"sicurezza" (e con il solito contorno di decreti legge urgenti e
istituzione di ronde fasciste), mi chiedo se siamo condannate alla
ripetizione, una ripetizione oramai logorante e che sembra smentire
quel repetita iuvant che tante volte in questi anni mi sono ripetuta
(ci siamo ripetute).
Mi chiedo (con molta rabbia e nessuna rassegnazione): quante volte
ancora sarà necessario denunciare quella che definisco economia
politica dello stupro? Perché, purtroppo, lo sappiamo: la storia
non è nuova.
Ne parlava già Angela Davis più di vent’anni fa in Sex,
Race and Class, quando denunciava l’uso del "mito dello stupratore
nero" nell’America razzista dei linciaggi e della supremazia bianca. Ma
forse potrebbe tornarci utile cominciare a ricostruire, anche solo per
frammenti, la storia della versione italica del mito.
Il 30 ottobre 2007; a Roma, una donna viene brutalmente aggredita,
picchiata e stuprata. La donna, Giovanna Reggiani, morirà, senza
riprendere conoscenza, qualche giorno dopo, mentre lo stupratore,
Romulus Mailat, sarà in seguito condannato a 29 anni di carcere.
Basta dare un’occhiata ai dati Istat 2007 (che, con variazioni minime,
sono validi a tutt’oggi), per avere conferma che questo episodio,
seppur terribile, non rappresenta un’eccezione: in Italia, patria
dell’amor cortese e del delitto d’onore, milioni di donne sono vittime
di gravi violenze fisiche e psicologiche fino all’omicidio e circa 200
al giorno sono gli stupri (o tentati stupri) che si consumano
nell’assordante silenzio e indifferenza dei media mainstream e dei
poteri pubblici e politici.
Eppure intorno a questa vicenda si scatena immediatamente un’imponente
campagna mediatica e politica che dura molte settimane, al punto che il
nome di Giovanna Reggiani (insieme forse a quello di Hina Salem)
diviene uno dei pochi nomi di donne vittime di violenza sessuale
entrati nella memoria collettiva. Non credo sia superfluo chiedersi
perché.
La risposta è brutale: a differenza di centinaia di altri
episodi che non hanno meritato neanche un trafiletto, questo ha come
"protagonisti" un uomo e una donna dalla "pelle giusta", per dirla con
il titolo di un libro di Paola Tabet. Giovanna Reggiani è la
vittima perfetta (italiana, moglie e lavoratrice esemplare, tra l’altro
attiva nel volontariato cattolico) così come Romulus Mailat
è lo stupratore perfetto: è nel "nostro" paese
illegalmente, vive in una baracca sepolto dall’immondizia, dedito al
furto, è un cittadino rumeno di etnia rom, o meglio (o forse,
strumentalmente, soprattutto) un "romeno" come viene prontamente
ribattezzato dalla maggior parte della stampa (che svela profonda
ignoranza: perché se molti rom hanno la cittadinanza rumena, ve
ne sono anche di macedoni, kosovari e serbi, ma la maggioranza dei rom
è costituita da italiani, proprio come le vittime dell’assalto
compiuto dalla cosiddetta Banda della Uno Bianca al campo nomadi di via
Gobetti, a Bologna).
E’ quanto serve (e basta) a riattivare ancora una volta (e in grande
stile) "l’equazione sciagurata tra violentatore e immigrato", equazione
già denunciata l’anno precedente a Bologna dalle donne migranti
durante una manifestazione contro la violenza sulle donne. Un fatto di
cronaca, simile a centinaia di altri altrimenti passati sotto silenzio,
viene preso a pretesto per scatenare una campagna politica
(ignobilmente sostenuta dalla grande maggioranza degli organi di
stampa) contro "lo straniero stupratore".
Il guadagno che si ricava dall’operazione è doppio. Da una parte
si fomenta, agitando uno dei fantasmi più tenaci di un certo
immaginario in specie maschile, il razzismo mai sopito degli italiani
brava gente (in un clima di isteria collettiva c’è anche chi
assalta con bombe molotov dei campi rom in diverse città
italiane) e un allarme sociale che permette di varare decreti d’urgenza
contro i/le "clandestin*". Dall’altra (e concordemente), amplificando
ad arte la percezione del rischio stupro da parte di sconosciuti
(stranieri) si trasforma la violenza sulle donne in un problema di
"ordine pubblico", in una questione di sicurezza e di controllo del
territorio.
E questo nonostante i dati mostrino che solo il 10% delle violenze
sulle donne è commesso da stranieri e solo il 6% da estranei
(ancora dati Istat 2007), mentre la maggior parte avviene tra quelle
che vengono (impropriamente) definite "pareti domestiche" ad opera di
uomini perfettamente conosciuti dalle vittime. Questi sono per la
maggior parte italiani, in primis mariti e amanti (in specie se "ex") e
parentame vario, ma anche datori di lavoro, insegnati, medici, preti e
tutori dell’ordine (in questi casi quasi esclusivamente italiani).
Nella grande manifestazione contro la violenza maschile sulle donne
tenuta a Roma a qualche mese dalla morte di Giovanna Reggiani, avevamo
ribadito in maniera forte e chiara la nostra volontà di non
essere strumentalizzate per fomentare il cosiddetto scontro di
civiltà e giustificare la deriva securitaria in atto e pratiche
sempre più autoritarie e lesive della libertà di tutti e
tutte e in particolare proprio di quei soggetti che si vorrebbero
"tutelare", cioè noi "donne" (e tra queste in particolare le
migranti). Sappiamo che la violenza contro le donne non ha confini
geografici, né di cultura o religione, ma è l’espressione
di un violento rapporto di potere (che è sociale, politico ed
economico) esercitato dagli uomini (non come categoria "naturale", ma
"sociale": "bianchi", eterosessuali, borghesi, cattolici …) sulle
donne. È questo rapporto che va denunciato, combattuto e
distrutto. Ma il suo smantellamento non sarà possibile senza
affrontare la prova, difficile e urgente, di nuove forme di
articolazione delle lotte antisessiste e antirazziste.

Vincenza Perilli

 

Posted in Antisessismo.

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Cariche sugli studenti davanti a La Sapienza

 

Venerdì
a Pisa di fronte al palazzo de La Sapienza polizia e carabinieri in assetto antisommossa hanno caricato un presidio di studenti e precari che stavano protestando contro la presenza di Pera all’Università. Pera ha presentato il suo libro "perché dobbiamo dirci cristiani" ad un’iniziativa promossa da gruppi cattolici e della destr fascista pisana. La polizia ha caricato poco dopo l’inizio della protesta, quando i manifestanti si sono spostati di fronte all’ingresso principale del palazzo. Senza che ci fosse il minimo segno di tensione, all’improvviso e a freddo la digos ha ordinato di "spingere un po’ ".

informazioni ai seguenti link:

Cariche sugli studenti in Piazza Dante.

http://www.senzasoste.it/content/view/6650/68

Posted in Antimilitarismo, Repressione, Scuola/Università.

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da UN rubrica BelLavoro

( da Umanità Nova del 1 marzo 2009 n.8:  http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2009/un08/art5726.html )

A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese

Irlanda: continua l’occupazione alla Waterford Crystals

E’ giunta alla terza settimana l’occupazione da parte dei lavoratori
della Waterford Crystals, a rischio di chiusura causa dissesto
finanziario: questi assicurano, a rotazione, una presenza continua
nell’azienda di 60 di loro. Dall’inizio dell’occupazione i lavoratori
hanno dato vita ad una manifestazione nel capoluogo della Contea,
Waterford, con una partecipazione di oltre 6.000 persone e hanno
manifestato nella capitale Dublino, dinnanzi agli uffici della Deloitte
& Touche, società incaricata dalla proprietà di
condurre l’amministrazione controllata della Waterford Crystals; mentre
il gruppo "Save Waterford Crystal" su Facebook ha in pochi giorni
raggiunto i 4.600 membri da ogni parte del mondo.
Nello stesso giorno sono sfilate a Dublino ben 3 manifestazioni: quella
dei lavoratori di Waterford, quella dei conducenti della Bus Eireann
(la società di trasporto su strada dell’Eire) e quella degli
studenti (20.000 partecipanti). Gli uni per protestare contro il taglio
dei posti di lavoro, gli altri contro l’aumento  delle rette
scolastiche.

Sciopero alla Dhl contro la riduzione dei diritti e degli occupanti

Nella giornata del 12 febbraio un centinaio di lavoratori della
Dhl  di Corteolona (Pavia) hanno bloccato per 4 ore i cancelli
dello stabilimento, dall’alba fino alle 9,30. I tir  sono stati
bloccati sulla strada, la provinciale per Villanterio,  creando
problemi di circolazione stradale.
Non è la prima volta che iniziative di lotta esplodono nello
stabilimento. Due anni fa il motivo scatenante è stata la morte
di un albanese di 27 anni, caduto da un "muletto" che lo aveva
sollevato a diversi metri di altezza. Dopo questa vicenda ci sono
sempre stati fermenti nel capannone di logistica. Adesso il motivo
principale dello sciopero improvviso è stato il passaggio di
appalto dalla cooperativa Team Logistica alla cooperativa Elaia. Come
è risaputo le gare di appalto sono determinate dalla riduzione
di costi, ma a farne le spese sono solo i lavoratori.
Il rappresentante dello Slai Cobas, il sindacato di base presente
nell’azienda, denuncia: "Al momento della stipula dei contratti
è stato fatto firmare un contratto peggiorativo, con diminuzione
del salario e declassazione dal quinto al sesto livello". Con il trucco
di aver perso alcuni dei contratti firmati non tutti i lavoratori sono
stati riassunti come prevede la normativa. Inoltre si rivendicano le
spettanze (liquidazione, ecc.) dalla gestione precedente (la
cooperativa Team Logistica).
La situazione si è normalizzata solo quando i dirigenti
dell’azienda Dhl si sono impegnati a convocare le cooperative coinvolte
e le rappresentanze dei lavoratori per arrivare ad un accordo.

Portovesme: protesta contro la chiusura degli impianti alla Eurallumina

Durante la recente campagna elettorale in Sardegna era intervenuto
addirittura Berlusconi per tentare di convincere la proprietà
russa della Eurallumina di Portovesme (Cagliari) a non interrompere la
produzione, causando la messa in cassa integrazione di ben 450 addetti
su un totale di 700. Fatto sta che le elezioni sono oramai alle spalle
e che – a quanto pare – le parole di Silvio non sono state accolte con
il dovuto rispetto che si deve ad un amico intimo dell’oligarca Putin.
L’unico risultato certo è che dal 28 febbraio la Eurallumina
cesserà la produzione, colpendo i salari non solo dei 450
dipendenti. Alla Eurallumina infatti è direttamente collegato
l’indotto del quale fanno parte le imprese di appalto, la Alcoa, che si
rifornisce di allumina proprio dalla società in via di chiusura
e di altre aziende, ivi compresa la locale centrale dell’ Enel, per un
totale di circa ulteriori 3.000 posti di lavoro.
Oltretutto, ad un incontro che si doveva tenere a Roma tra i sindacati,
la proprietà e il ministro Scajola, sia il ministro che la
Eurallumina hanno pensato bene di non presentarsi.
Per protesta 5 dipendenti si sono arrampicati su di un silos a 50 metri
di altezza, dove si sono poi incatenati. Nel frattempo  gli altri
operai, sia dell’Eurallumina che delle imprese di appalto hanno
iniziato il presidio degli ingressi delle fabbriche e delle strade di
accesso, mentre alcuni si sono incatenati in solidarietà con i
colleghi sul silos.
 

All’ospedale di Legnano nasce lo sciopero del futuro?

Licenziate a settembre dall’ospedale di Legnano (Milano), che aveva
deciso di affidare i servizi telefonici ad un call center siciliano, le
11 dipendenti che avevano perso il posto di lavoro, dopo sei anni di
impieghi a termine, avevano inscenato uno strip di protesta "Cosa
abbiamo ancora da perdere? Ci lasciano in mutande, ci toglieremo anche
quelle" e si erano messe all’asta su YouTube.
Passano i mesi ma il loro caso non è ancora risolto
perché "Dal Consiglio Regionale al Consiglio Provinciale solo
promesse e sempre la stessa risposta: non dipendeva da loro. L’Ospedale
attribuiva il licenziamento alla legge Brunetta, mentre il Ministro
Brunetta diceva che era ascrivibile ai vertici aziendali. Il Sindaco di
Legnano se ne è lavato le mani ed il Prefetto, vista
l’indifferenza generale, non sapeva cosa fare".
Il 18 febbraio scorso, con il sostegno della rappresentanza sindacale
RdB-CUB, hanno partecipato al presidio davanti a Palazzo Madama insieme
a circa 200 fra delegati della Ricerca, della Sanità, degli Enti
Locali e Lsu, lavoratori che, dopo tanti anni di precariato nella P.A,
con l’approvazione del Ddl A.S. 1167 vedono ora definitivamente
bloccati i processi di stabilizzazione già avviati.
Per l’occasione le 11 dipendenti hanno partecipato bendate portando
riproduzioni del quadro di De Chirico Canto d’Amore, dando vita a
quello che hanno definito il primo "Sciopero del futuro". Sempre
bendate, le lavoratrici hanno poi raggiunto il Ministero della Funzione
Pubblica, dove hanno ripreso il presidio che intendono mantenere fino a
che non otterranno l’incontro richiesto con il ministro Brunetta.

Presidio contro la chiusura della Terex-Comedil di Cusano Milanino

Dal 16 dicembre scorso, gli operai della Terex-Comedil, azienda
produttrice di gru da oltre 80 anni – situata nella cintura industriale
di Milano – presidiano i cancelli giorno e notte contro la decisione
della proprietà italo-statunitense di cessare la produzione e
licenziare il personale, motivandola tutto questo con il solito
ritornello: "l’affitto è oramai troppo alto e siamo in piena
crisi economica".
Da quel giorno infatti i lavoratori – reduci dall’avere appreso la
notizia –  hanno iniziato il presidio, che nel frattempo si
è dotato di una tenda, alcune sedie con un tavolo e, dato il
rigore invernale, anche di una stufa elettrica.
Come in tanti, troppi, casi analoghi, la storia si ripete tragicamente:
il bilancio 2007 in attivo, quello del 2008 ancora in attivo ma in
calo, un accordo con i sindacati a ottobre 2008 che concede alla
azienda di mettere in cassa integrazione 27 operai con l’impegno
però di riprendere l’attività, finché, il 15
dicembre, la improvvisa notifica della chiusura e l’avvio della
procedura di mobilità, senza nemmeno "graziare" i dipendenti con
la cassa integrazione.
Corre il sospetto che si voglia trasferire la produzione in Friuli,
terra di origine della costola Italiana della proprietà, magari
approfittando di aiuti economici che la Lombardia non  concede.
Nel frattempo però i lavoratori hanno vinto una causa contro
l’azienda per condotta anti sindacale, guadagnandosi così altri
75 giorni di stipendio, mentre incombe oramai la data del 1 marzo 2009,
giorno in cui la proprietà esige che l’azienda sia totalmente
smantellata.
Vedremo se la resistenza dei lavoratori Terex-Comedil, come quella dei
lavoratori INNSE, riuscirà a smuovere la solidarietà dei
lavoratori nell’area milanese.

Per contattare questa rubrica
Bel-lavoro@federazioneanarchica.org

Posted in Anarchismo, Lavoro.

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Lampedusa brucia

(da Umanità Nova n.8 del 1 marzo 2009: http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2009/un08/art5715.html)

La rivolta nel lager di Lampedusa si è conclusa con la
distruzione di un’intera ala della struttura. C’erano stati
pesantissimi scontri tra immigrati e polizia, con feriti e contusi da
ambo le parti. Tra le macerie fumanti, il questore di Agrigento Di
Fazio ha giocato la carta mediatica dichiarando che l’intervento dei
suoi uomini ha fatto sì che nessuno morisse in quell’incendio.
Può darsi. Ma botte, manganellate e lacrimogeni per stroncare la
rivolta erano stati elargiti a piene mani da questi eroi in divisa. I
protagonisti della protesta erano tunisini, letteralmente impazziti di
fronte alla prospettiva di essere rimpatriati dopo una detenzione lunga
ed estenuante. In un’isola, Lampedusa, il cui orizzonte di mare si
perde a vista d’occhio e la libertà è un soffocante
miraggio. Un’isola in cui i bravi ragazzi del questore Di Fazio avevano
pestato, giusto qualche giorno prima, un uomo beccato da solo tra le
vie del paese. Dopo averlo mandato all’ospedale, gli agenti si sono
giustificati dicendo che l’avevano scambiato per un clandestino evaso
dal centro di identificazione. Complimenti.
Nel rogo di Lampedusa non è morto nessuno, per fortuna. Ma non
sarebbe stata la prima volta, dato che a Trapani – quasi dieci anni fa
– sei immigrati erano rimasti intrappolati nel lager in fiamme
perché i poliziotti non trovavano le chiavi per aprire le celle.
Dopo tutti questi anni, il quadro è addirittura peggiorato. I
lager ci sono sempre, ci si rimane di più, e lo stato è
sempre più spietato. Dopo la rivolta lampedusana, sono
cominciate delle deportazioni per distribuire gli immigrati in vari
altri centri sparsi per l’Italia. Come a Torino, in corso Brunelleschi,
dove i deportati hanno dato vita ad altre proteste e a uno sciopero
della fame. Una richiesta di aiuto raccolta dagli anarchici e dagli
antirazzisti torinesi, riuniti in presidio per far sapere ai reclusi
che la solidarietà internazionalista esiste ancora.
Nella stessa settimana è stato approvato il decreto-sicurezza
con cui il governo ha voluto condensare tutta la brutalità delle
sue politiche frullando insieme emergenza stupri, immigrazione
clandestina e ronde autorganizzate per dare in pasto all’opinione
pubblica una sbobba fatta di rancore forcaiolo e razzismo consacrato.
Nessuna riflessione sul fatto che a stuprare siano soprattutto mariti e fidanzati italiani.
Nessun pudore nell’identificare meschinamente immigrazione e
criminalità. Nessun riguardo per il principio fondamentale
secondo cui le responsabilità degli individui – anche sul piano
penale o giuridico – vanno ascritte solo ed esclusivamente agli
individui medesimi, e non a interi gruppi sociali. Ma l’attacco agli
immigrati procede su questi binari totalitari, senza troppi
complimenti. Sulla base di tutto questo, il decreto fa sì che i
medici possano denunciare i clandestini direttamente in corsia.
Potrebbero non farlo, è vero. Ma come la mettiamo con le Asl
delle città settentrionali, lottizzate dalla Lega Nord, in cui
potrebbe essere molto difficile sottrarsi al rischio di essere a sua
volta denunciati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina? Per
non parlare poi della legalizzazione, prevista per decreto, delle ronde
di cittadini che già da tempo imperversano nelle province padane
aizzate dai capipopolo leghisti e fascisti.
Infine, tornando ai centri di identificazione ed espulsione, nel
decreto-sicurezza viene dilatato fino a sei mesi il periodo di
detenzione di ogni immigrato. E, al momento in cui scriviamo, il
Viminale ha fatto sapere che sono in cantiere altri lager in tutta
Italia, nelle Marche, in Campania, in Umbria, in Veneto, possibilmente
lontani dai centri abitati e vicini a un aeroporto. Benvenuti in
Italia.
 
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

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[Bergamo] scarcerati i due antifascisti arrestati sabato pomeriggio

fonte indymedia lombardia


da www.radiondadurto.org


02 Mar. Ore: 19.21 – BERGAMO: SCARCERATI I DUE ANTIFASCISTI ARRESTATI SABATO POMERIGGIO
Conferenza stampa oggi in Comune a Bergamo degli antifascisti e delle antifasciste, proclamata per denunciare pubblicamente la caccia all’uomo
fatta da polizia e carabinieri nel pomeriggio di sabato scorso in città
durante il presidio antifascista che intendeva opporsi all’apertura
della sede cittadina di Forza Nuova. Ai 59 compagni e compagne finiti
pesantemente nel mirino della questura orobica sabato potrebbero presto
aggiungersi altri partecipanti al presidio. La Digos orobica ha infatti
annunciato nuove denunce, che dovrebbero scattare una volta terminata
l’analisi dei filmati. I provvedimenti andrebbero ad aggiungersi ai 57
fermi e 2 arresti compiuti sabato come giustificazione alle cariche
indiscriminate contro i manifestanti. Oggi pomeriggio, il 20enne di
Como e il 24enne di Seriate arrestati sabato sono stati scarcerati dal
gip. Entrambi hanno dichiarato di aver solamente tentato di difendersi
dalle manganellate degli agenti, cercando di proteggere chi era caduto
a terra. Il magistrato ha disposto per i compagni coinvolti l’obbligo
di firma due volte la settimana.[…]

 

 

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Corteo studentesco regionale del 20 febbraio

CORTEO STUDENTESCO REGIONALE
FIRENZE-20FEBBRAIO
 


Venerdì 20 Febbraio si è tenuto a
Firenze un corteo lanciato dalle realtà autorganizzate degli studenti
toscani, alla fine del quale è stato occupato il Liceo Castelnuovo dove
si è tenuta un Assemblea Regionale.

Venerdì 20 febbraio, a Firenze, alcune centinaia di studenti sono scese
in piazza per il corteo regionale lanciato delle realtà studentesche
autorganizzate della Toscana.

Sebbene i numeri siano stati prevedibilmente ben distanti dalle
mobilitazioni di ottobre, il corteo è riuscito nel suo intento di
riportare nelle strade la lotta degli studenti, che da anni non
scendevano in piazza nel non facile periodo successivo alle vacanze di
fine anno, oltre che in quello di auto-organizzare la mobilitazione,
costruendola dal basso in autonomia da partiti e sindacati.

Proprio mentre questi ultimi non fanno che fingere di continuare la
lotta a forza di comunicati e “blablabla”, utili solo a farsi un po’ di
pubblicità ma totalmente inutili alla reale trasformazione della realtà
presente, gli studenti scesi in piazza il 20 hanno deciso di continuare
ad Agire, con la stessa rabbia e la stessa determinazione di ottobre.

E’ così che arrivati in Piazza Santissima Annunziata, gli studenti
hanno continuato il corteo verso il liceo Castelnuovo, eludendo la
celere, prima colta di sorpresa e poi bloccata dai cordoni: qualche
schiaffo e qualche calcio prima di rassegnarsi al fatto che il corteo
ormai è (ri)partito e avanza determinato.

Il corteo arriva prima della celere, che intanto la Digos invitava
istericamente a raggiungere il Castelnuovo. Il corteo entra nella
scuola e si dirige in palestra, luogo più idoneo allo svolgimento della
preannunciata Assemblea Regionale di fine corteo. All’assemblea sono
intervenuti studenti di Firenze, Prato, Empoli, Livorno e Pisa.

La questura, che dopo aver fatto di tutto per limitare nei giorni
scorsi il percorso del corteo negando una dopo l’altra le richieste di
autorizzazioni ora si trova con un scuola occupata dopo un corteo non
autorizzato, decide di mostrare i muscoli: diverse camionette e volanti
di Polizia e Carabinieri si appostano nei pressi dell’istituto in
compagnia di una ventina di uomini (?) della Digos.

Al termine dell’Assemblea, gli studenti rimasti all’interno, rimasti
isolati in Palestra dopo che il preside ha fatto chiudere la porta che
la collegava al resto della scuola (e rimasti quindi anche senza
bagni…), sono costretti a barricarsi dentro, dopo un tentativo della
Digos di entrare nella palestra.

Viene minacciato lo sgombero con l’uso della celere, che intanto era stata spostata in San Marco “in attesa di ordini”.

Verso le ore 5 del pomeriggio, gli occupanti rimasti all’interno
decidono di abbandonare l’occupazione uscendo compatti dalla palestra,
e dirigendosi in un ulteriore corteo verso la facoltà di Lettere.

Che i giornali dicano pure quello che vogliono: tenendo conto del
momento di pesante riflusso del movimento, di una data di per sé
difficile pensando al fatto che da anni ormai gli studenti non
scendevano in piazza dopo l’autunno, il corteo è stato un successo per
il fatto stesso di essere riuscito a riportare la lotta nelle strade e,
nonostante il numero modesto, a compiere un importante azione di
riappropriazione come l’occupazione della palestra del Castelnuovo.

… LA RICRE/AZIONE E’ APPENA INIZIATA!

di seguito il comunicato degli occupanti:

OCCUPARE E’ GIUSTO

LOTTARE E’ NECESSARIO!

Oggi venerdì 20 febbraio, al termine del corteo promosso e partecipato
dalle realtà studentesche autorganizzate di tutta la Toscana, gli
studenti hanno deciso di occupare il liceo Castelnuovo di Firenze.
L’occupazione nasce dall’esigenza primaria di liberare uno spazio in
cui ospitare un Assemblea Regionale del movimento studentesco Toscano,
continuando così il percorso di lotta in cui si sono riconosciuti gli
studenti scesi in piazza stamattina, e rilanciando le mobilitazione
dell’autunno scorso.
Con quest’occupazione vogliamo:

Rivendicare il diritto da parte degli studenti e delle studentesse di
auto-gestire la propria scuola, rippropriandosene direttamente e senza
compromessi;
Manifestare la nostra opposizione a tutte le riforme della scuola e
dell’università che si inseriscono in un percorso che va avanti da anni
portando avanti mercificazione della cultura e privatizzazione
dell’istruzione;
Resistere ad ogni processo reazionario e repressivo nelle nostre
scuole, in cui cinque in condotta, videosorveglianza, controllo
elettronico del "rendimento" ed SMS spia stanno andando ad aggravare
sempre ulteriormente il clima oppressivo che già da prima noi studenti
eravano costretti a subire;
Continuare la nostra lotta per una scuola autogestita e libera da ogni
asservimento alle logiche del mercato, che abbandoni il proprio ruolo
di fabbrica di lavoratori obbedienti del domani, e torni ad essere un
luogo di elaborazione e diffusione gratuita di conoscenze.

Nell’ora successiva all’occupazione la celere si è schierata nelle
vicinanze del liceo, mentre tutt’ora la digos continua ad essere
presente. Si fa appello a tutti i compagni a recarsi sul posto e
sostenere l’occupazione.

Assemblea riunitasi al Castelnuovo Occupato il 20 febbraio 2009


Related Link: http://retecollettivi.noblogs.org/

 
 
 
 
 
 
 
 

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