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A SHINGAL, KOBANE E IN TUTTA ROJAVA, L’ISIS È DEHAK E IL POPOLO È KAWA

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A SHINGAL, KOBANE E IN TUTTA ROJAVA, L’ISIS È DEHAK E IL POPOLO È KAWA

In Kurdistan, la popolazione sta lottando contro l’ISIS, la “violenza prodotta” nata dal capitalismo e dagli stati che per i propri profitti danno inizio alle guerre. L’ISIS, che agisce per conto degli stati che perseguono nella regione delle strategie di profitto, sta attaccando la popolazione al grido di “stato islamico!” e “guerra santa, jihad!”. Le persone stanno soffrendo la fame e la sete, si stanno ammalando, restano ferite, stanno fuggendo e morendo. Stanno ancora combattendo in questa lotta per l’esistenza. Il popolo sta combattendo non per gli intrighi e le strategie attorno ai tavoli delle conferenze, non per il profitto, ma per la propria libertà.

Perché la libertà è esistere quando è messa in pericolo l’esistenza stessa. Perché la libertà è vivere. Come la lotta di Kawa, che difendeva la vita resistendo contro Dehak.

Ora USA, EU, Turchia; tutti gli stati che hanno mire di profitto nella regione, stanno stabilendo coalizioni contro l’ISIS, la “violenza prodotta” che in realtà non è del tutto scomoda per loro. Quelli a cui non piace la loro posizione, nella coalizione iniziano a tessere intrighi, le relazioni si fanno tese per poi distendersi e tornare a farsi nuovamente tese, mentre tutte le parti in causa cambiano la propria posizione dalla mattina alla sera e agiscono in modo incoerente.

Dopo tutto, questa è la caratteristica più evidente di qualsiasi stato. Non si può pretendere che gli stati mantengano la posizione, che restino in piedi, perché gli stati sono senza spina dorsale. Gli stati senza spina dorsale, da cui ci si può aspettare solo la ricerca del profitto, sarebbero stati ieri i fondatori dell’ISIS, per pentirsene oggi, e poi riconoscere domani lo Stato Islamico. Mentre il popolo sempre combatterà per il proprio futuro e per la propria libertà, proprio come in passato.

Saluti a tutti coloro che combattono e difendono la vita a Rojava.

Tutti gli intrighi degli stati e del capitalismo saranno annientati, la “violenza prodotta” sarà distrutta, l’ISIS perderà contro i combattenti per la libertà e il popolo sarà vittorioso come sempre. Noi traiamo la nostra fede nella libertà da Kawa che si oppose a Dehak. Noi traiamo la nostra fede nella libertà dai molti compagni che stanno combattendo contro Dehak.

SIAMO TUTTI KAWA CONTRO DEHAK.

DAF – Azione Anarchica Rivoluzionaria – Turchia

(Devrimci Anarşist Faaliyet)

Nota: Kawa e Dehak sono figure della mitologia curda e persiana. Secondo la tradizione curda il fabbro Kawa guidò una sollevazione contro la lunga e sanguinaria tirannia di Dehak, uccidendo il tiranno e riportando in Kurdistan la primavera. Il mito del ritorno della primavera e della morte del tiranno è alla base del Newroz, la festività iranica che per i curdi è divenuta un simbolo di libertà.

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Dopo la veglia omofoba: assemblea venerdì 26 settembre

riceviamo e pubblichiamo

Dopo la veglia omofoba: assemblea venerdì 26 settembre

La giornata dello scorso 14 settembre, con la manifestazione svoltasi in risposta alla veglia omofoba, ha evidenziato come nella città ci siano dinamiche politiche e gruppi di potere che esercitano una profonda influenza nella vita sociale e che pretendono di orientare, oltre a molti aspetti della vita quotidiama, anche alcune forme di controllo e di repressione del dissenso. In un contesto politico cittadino che si è progessivamente modificato, la considerazione di questi ed altri fattori richiede un momento di confronto e di discussione. Per questo motivo il collettivo Mioilcorpo Mialascelta convoca per venerdì 26 settembre alle ore 18.30, presso l’Ex Caserma Occupata in Via Adriana 16, un’assemblea aperta a tutte le realtà e le persone interessate.

MIOILCORPO MIALASCELTA 

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Ucraina, uno scontro tra imperialismi

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articolo da Umanità Nova n.27 del 28 settembre 2014

Ucraina – nessuna pace tra le classi, nessuna guerra tra i popoli

Quella che si sta combattendo in Ucraina non è solo una guerra civile, le forze coinvolte più o meno formalmente e gli interessi in ballo in tale conflitto ci mostrano che la partita si gioca su un piano molto più complesso. Allo scontro interno alla classe dirigente ucraina infatti si sovrappone la contesa tra le potenze imperialiste.

Per capire questo non c’è bisogno di ascoltare i deliri e le minacce del potente di turno, che sia Tusk, Putin o Poroshenko.

Con la strage del 2 maggio scorso nella Casa dei Sindacati di Odessa, la situazione in Ucraina è precipitata in una vera e propria guerra. Una guerra che non è altro che la tragica prosecuzione dello scontro tra Russia, Unione Europea e USA in atto da quasi un ventennio in quella regione.

L’Ucraina ha avuto negli ultimi anni un ruolo chiave nelle relazioni tra Russia e Unione Europea, importanti relazioni economiche dalle quali ovviamente ciascuna delle due parti ha sempre tentato di trarre il massimo profitto; relazioni che hanno attraversato numerose crisi, anche molto gravi, spesso segnate dall’intervento del Fondo Monetario Internazionale, della NATO o da quello diretto degli USA.

Uno scontro tra imperialismi diretto ed evidente, in cui sono in ballo grossi interessi.

Gli interessi relativi agli importanti gasdotti ucraini che permettono alla Russia di rifornire l’Europa di gas; gli interessi strategici per il controllo del Mar Nero e della nuova frontiera che si verrebbe a creare in Ucraina tra Russia e Unione Europea; gli interessi delle aziende strainiere che operano in quel paese, tra cui molte italiane; l’importanza delle regioni industrializzate dell’est ucraino, che negli scorsi anni avevano conosciuto una forte crescita produttiva, e che pesano molto sia sul mercato estero delle esportazioni che su quello interno ucraino; gli interessi coloniali e di influenza della Nato del FMI e della Russia.

Risulta allora chiaro che ci troviamo di fronte all’ennesima guerra tra forze imperialiste. Forze che in realtà sembrano avere interessi solo in parte contrapposti. Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad una tregua più politica che militare, dato che sul campo continuavano a verificarsi scontri armati; tregua che però proprio per la sua valenza politica ha dato modo al governo di Kiev di ratificare l’accordo di adesione all’Unione Europea e di approvare un decreto che concede una certa autonomia alle regioni “separatiste” dell’est, un passo del governo ucraino che è stato accolto con favore da Mosca. Questo ha portato nei giorni scorsi ad un primo accordo tra le parti per la costituzione di un’area smilitarizzatta. Bisognerà vedere quali saranno gli sviluppi della situazione, ma al momento l’impressione è quella che, una volta consolidate le rispettive aree di influenza ed una volta posta sotto maggiore controllo politico, finanziario e militare l’Ucraina, sia interesse di tutti che le relazioni economiche ripartano il prima possibile.

Ancora una volta i lavoratori, come la grande maggioranza della popolazione di queste regioni, non hanno niente da guadagnare dalla guerra, ma ne subiscono solo le drammatiche conseguenze, sul piano umanitario come sul piano delle condizioni di vita e di lavoro.

Paradossalmente di fronte ad uno scenario tanto chiaro di contesa e spartizione tra le potenze imperialiste, sono fortissime le connotazioni ideologiche tra gli schieramenti armati che si affrontano, costituendo un vero e proprio elemento della propaganda di guerra. In questi schieramenti in cui giocano un importante ruolo milizie, mercenari, “volontari” stranieri, e formazioni armate legate direttamente a partiti politici. Queste, facendo leva sulle differenze linguistiche, culturali e religiose della regione, dividono la popolazione alimentando le vecchie forme di nazionalismo ed introducendone di nuove. La rappresentazione ideale del conflitto e delle parti che si affrontano fa sì che lo scontro imperialista si presenti attraverso le lenti della propaganda come un caleidoscopio di forze. A combattere dalla parte delle repubblice dell’est ucraino troviamo eurasiatisti sostenitori della politica di Putin, ultraortodossi russi, cetnici serbi, nazisti polacchi, rossobruni di mezza europa, ceceni, nazisti russi, gruppi della “sinistra” nazionalista e autoritaria; Tra le fila delle milizie che sostengono il governo di Kiev troviamo formazioni naziste e ultranazionaliste ucraine, terzoposizionisti, cosacchi, nazisti polacchi, autonomi nazionalisti, fascisti da tutta europa, “liberali” europeisti. I caratteri di identità nazionale, culturale e religiosa sono da parte russa come da parte ucraina uno strumento della propaganda di guerra.

Questa fortissima ideologizzazione, ma soprattutto i forti interessi in gioco, che fanno girare soldi e armi, hanno portato ad una internazionalizzazione delle milizie. Per cui sono moltissimi e da tutta Europa i piccoli movimenti politici e i gruppuscoli, soprattutto della destra estrema, a inviare delegazioni e volontari combattenti in Ucraina. Anche dall’Italia sono presenti come combattenti noti fascisti. Questi si trovano schierati soprattutto con le milizie più crudeli legate al governo di Kiev, mentre alcuni combattono anche per le regioni “separatiste” dell’est. Sul piano dell’appoggio politico vediamo come le formazioni neofasciste italiane siano divise: alcune propendono per un appoggio al governo di Kiev, altre invece, tra cui anche i gruppuscoli nazisti ed eurasiatisti rossobruni, propendono per un appoggio ai cosiddetti “filorussi” e alla politica di potenza di Putin. Ma c’è anche qualcuno che “da sinistra” ha deciso di sostenere una delle due parti in questa guerra imperialista, probabilmente attirati dal presunto carattere “antifascista” dell’autoproclamato Stato Federale della Nuova Russia; visto anche l’uso, nella propaganda di quello schieramento, di una simbologia che rimanda alla Grande Guerra Patriottica condotta dall’Unione Sovietica contro l’invasione nazista. Peccato che a fianco di tale simbologia “sovietica” si trovino presenti, spesso in modo prevalente, i simboli della chiesa ortodossa russa e soprattutto dello zarismo imperiale, tra cui la bandiera dei Romanov, nera bianca ed oro, adottata come bandiera ufficiale dallo Stato Federale di Nuova Russia il 13 agosto scorso.

Il governo di Kiev rappresenta certamente la principale minaccia per i lavoratori e le popolazioni dell’Ucraina. Un governo che fa largo uso dei paramilitari nazisti, premiandone i capi conferendo loro importanti incarichi. Un governo che chiama “operazione antiterrorismo” il bombardamento delle città del suo stesso territorio, la strage e la deportazione di civili. Un governo che con la guerra sarà ancora più legato dalle potenze imperialiste: il Fondo Monetario internazionale, che già aveva imposto lo scorso anno un innalzamento delle tariffe del gas sulla pelle delle popolazione, completata la colonizzazione ad opera della NATO e indebitata l’Ucraina per altri 17 miliardi, potrà imporre al governo di Kiev qualsiasi condizione.

Certo però chi vuole trovare per forza “il buono” in questo scontro, e vede nella Russia una speranza o anche solo una sponda, si illude. Per la Russia il prestito dell’FMI all’Ucraina significa pagamenti sicuri per il gas. Alla Russia certo interessa avere una posizione di favore per le rinnovate relazioni commerciali con l’Unione Europea. Alla Russia certo non interessano le sorti dei lavoratori o della popolazione ucraina, neanche di quella russofona. Come ci hanno dimostrato la crisi di Crimea e come sembrano confermare gli accordi degli ultimi giorni, a Mosca basta che siano consolidate le sue postazioni strategiche, basta che siano acquisite sicure posizioni di influenza politica ed economica nel nuovo scenario che si presenta.

Ancora una volta la guerra è uno strumento dei governi e del capitale contro i proletari. Ad essa bisogna opporre l’unità e la solidarietà di classe contro la divisione degli sfruttati. Per questo è importante sostenere chi nello scontro tra interessi imperialisti, sfidando la guerra e la repressione, avanza posizioni autonome dagli schieramenti in guerra, internazionaliste e di classe.

Dario Antonelli

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Puoi acquistare il nuovo numero del settimanale anarchico presso le edicole di Piazza Garibaldi, Piazza Damiano Chiesa e di Piazza Grande (angolo Bar Sole), presso l’edicola Dharma Viale di Antignano 110, la Libreria Belforte in Via della Madonna, il bar Dolcenera all’angolo tra Via della Madonna e Viale degli Avvalorati e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33 (apertura ogni giovedì dalle 18 alle 20).

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Manifestazione contro l’omofobia: “Comportamenti gravi da parte della Questura”

da: senzasoste.it

omofobia controveglia













Manifestazione contro l'omofobia del 14 settembre
foto: Giacomo Bazzi

Manifestazione contro l’omofobia: “Comportamenti gravi da parte della Questura”

Vogliamo denunciare la grave situazione venuta a crearsi in città nella serata di domenica 14 settembre. Alcuni singoli cittadini che si stavano recando in Piazza San Jacopo per partecipare ad una manifestazione regolarmente autorizzata in risposta alla veglia omofoba che si teneva alla Terrazza Mascagni sono stati fermati da esponenti di Polizia e Digos che, senza fornire alcuna motivazione, hanno richiesto documenti e proceduto a identificazioni che si sono protratte trattenendo le persone fino ad un’ora.

Questo si è verificato nei pressi del circolo Astra, in via Montebello, in borgo San Jacopo, ma anche all’uscita del casello autostradale. Nei pressi dell’Astra è stato addirittura impedito il transito pedonale sul marciapiede a chiunque procedesse in direzione mare. Il lungomare è stato di fatto militarizzato con posti di blocco al Cantiere e ai cimiteri della Misericordia. Oltre al notevole disagio generale e alle difficoltà di libera circolazione, vogliamo sottolineare che ad alcuni cittadini segnatamente è stato impedito di raggiungere il luogo della manifestazione, con gravissimo attacco al diritto di espressione.

Tutto questo è avvenuto mentre dalla Terrazza uno sparuto gruppo di manifestanti omofobi, ben protetti dalle forze dell’ordine e da personaggi che si aggiravano sul lungomare con fare intimidatorio, lanciavano messaggi inequivocabili di intolleranza, di discriminazione e di odio. Per garantire l’espressione delirante di questi soggetti, il questore aveva vietato nella giornata di sabato che la manifestazione contro l’omofobia si tenesse alla Terrazza, spostandola in piazza San Jacopo, nel tantativo di depotenziarla e farla fallire.

Fortunatamente la partecipazione numerosa e vivace alla contromanifestazione di Piazza San Jacopo, con il corteo spontaneo, la diffusione di volantini, l’affissione di striscioni sul lungomare e lo spettacolo improvvisato davanti all’hotel Palazzo, ha dato una risposta ferma, decisa e condivisa da molti passanti, all’insegna della libertà, rispetto al clima di violenza che omofobi e forze dell’ordine hanno cercato di instaurare.

Invitiamo tutti quanti a solidarizzare contro queste aggressioni e a ribadire con forza la libertà di espressione e manifestazione in difesa dell’autodeterminazione.

Livorno, 17 settembre 2014

Mio il corpo Mia la scelta

Centro Politico 1921

Collettivo Anarchico Libertario

Communia Livorno

Ex Caserma Occupata

Federazione Anarchica Livornese

Sinistra Anticapitalista

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Oltre i muri del nazionalismo e della guerra

bask2014

Oltre i muri del nazionalismo e della guerra

Comunicato dei partecipanti all’ottava edizione della Balkan Anarchist Bookfair

È chiaro che il nazionalismo è uno strumento utilizzato contro le classi sfruttate. Nei Balcani, (specialmente nella regione della ex-Yugoslavia) l’ascesa dell’ideologia nazionalista negli anni ’90 ha reso possibile il brutale attacco capitalista contro la società. Ha inoltre atomizzato la popolazione e distrutto le reti consolidate di cooperazione e solidarietà.

L’esigenza di combattere l’ideologia nazionalista da una prospettiva radicale e antiautoritaria ci ha riuniti a Mostar il 5 ed il 6 settembre 2014, per l’ottava edizione della Balkan Anarchist Bookfair. Veniamo da Bosnia e Herzegovina, Croazia, Serbia, Slovenia, Albania, Romania, Grecia e da altri stati al di fuori dell’area dei Balcani.

In nessun luogo come a Mostar la natura del nazionalismo è tanto chiara, una città divisa in due, con i segni della brutalità del tempo di guerra ancora visibili nelle strade della città.

È essenziale realizzare che questa divisione non è la causa della guerra, ma la conseguenza delle guerre e delle ideologie nazionaliste create dalla classe dominante.

Questo era chiaro ai manifestanti di Tuzla che hanno scritto sui muri “Morte al nazionalismo” come ai manifestanti a Mostar che hanno ridotto in cenere le sedi centrali di entrambe i partiti nazionalisti durante il movimento dello scorso febbraio.

Ancora una volta, in altre parti del mondo, sulla stessa linea vengono creati nuovi nazionalismi e conflitti con conseguenze prevedibili.

Molti in Ucraina oggi pensano di dover rispondere alle false scelte di guerra poste dagli stati e dalle multinazionali (tra loro anche alcuni anarchici e “anarchici” [1]). Noi, tuttavia, affermiamo che il nazionalismo è sempre una ideologia che riproduce lo Stato, un sistema di repressione e sfruttamento, e che contrappone gli sfruttati e gli oppressi gli uni contro gli altri. Oggi vediamo in Ucraina lo stesso meccanismo che era utilizzato anche nelle guerre nella ex-Yugloslavia: il nazionalismo è lo strumento di coloro che detengono il potere per spingere la gente in guerra per gli interessi del capitale. Come anarchici ci siamo opposti ad ogni sforzo bellico nella ex-Yugoslavia attraverso una solidarietà che continua fino ad oggi. Lontani dal pacifismo liberale o dall’ossessione per le armate guerrigliere della sinistra nazionalista, la nostra lotta non prenderà mai le parti delle politiche militariste e di distruzione su cui sono fondati tutti gli stati.

Contro nazionalismo, militarismo e guerra! Contro tutti i governi e gli stati! Per la solidarietà e l’autonomia!

___________________________

[1] Dai nazionalisti anti-coloniali di “Mlada Bosna” della Sarajevo del 1914, influenzati dall’anarchismo, fino al caso specifico dei “posers” come il gruppo “anarco”-nazionalista “Slobodari” della Sarajevo del 2014, ogni tentativo di combinare l’anarchismo con il nazionalismo ha mostrato che semplicemente il risultato è: nazionalismo. “Slobodari”, sono un piccolo gruppo di Sarajevo che si spaccia per anarchico ma che è in contatto con i nazisti ucraini (i cosiddetti autonomi nazionalisti “Resistenza Autonoma”). Hanno molti siti, che creano molta confusione, incluso un sedicente sito della “Balkan anarchist black cross”. Maggiori informazioni qui:

http://www.sabotagemedia.anarkhia.org/2014/03/on-self-styled-libertarians-and-antiauthoritarians-from-bosnia/

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GUERRA E SITUAZIONE INTERNAZIONALE dibattito+aperitivo+proiezione

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GUERRA E SITUAZIONE INTERNAZIONALE dibattito+aperitivo+proiezione

 

SABATO 20 SETTEMBRE
presso la Federazione Anarchica Livornese, Via degli Asili 33

ORE 17
DIBATTITO SULLA SITUAZIONE INTERNAZIONALE
Con particolare attenzione alla guerra in corso in Iraq e in Ucraina e al ruolo degli anarchici contro la guerra.

ORE 20:30
APERITIVO

ORE 21:30
“Ucraina in fiamme”
Documentario sulla situazione ucraina
di Giacomo Sini
proiezione e dibattito

proiezione e dibattito

Gli ultimi anni hanno segnato profondamente il bacino del mediterraneo, l’europa e il medio oriente.

Sollevazioni di massa, nuove dittature, ascesa di forze politiche autoritarie e oscurantiste, disoccupazione e attacco padronale contro la classe lavoratrice, nuove guerre e conflitti regionali che si estendono ad aree più vaste.

La contesa del mondo tra le potenze dà luogo a scontri sempre più diretti. È questo il caso della Libia, della Siria, dell’Ucraina, dell’Iraq.

Ancora una volta possiamo vedere come la guerra sia il principale strumento dei governi per attuare le proprie scelte politiche ed assicurare il proprio potere. I governi, gli apparati dello stato, la borghesia, le caste militari ed ecclesiastiche non solo vogliono la guerra, ma la stanno già facendo. Guerra interna, contro gli sfruttati e contro il dissenso, attraverso il controllo sociale, la militarizzazione del territorio, la repressione. Guerra esterna, con interventi militari che vanno ad inserirsi nello scontro tra le potenze imperialiste.

La narrazione mediatica ci descrive uno scenario internazionale catastrofico e indecifrabile, nel quale l’unica speranza è costituita dal bombardamento o dall’invasione di qualche paese da parte della coalizione di turno. Un ritornello che da una parte terrorizza e crea allarme, arrivando a parlare di “terza guerra mondiale”, mentre dall’altra banalizza e normalizza la guerra stessa, spingendo ad accettare ogni nuova avventura militare e le sue conseguenze, compresi i sacrifici che tali avventure comportano per i lavoratori.

I conflitti attualmente in corso in Ucraina e nella regione compresa tra Iraq e Siria sono i campi di battaglia in cui lo scontro tra le potenze avviene in modo più diretto. In Ucraina ormai da mesi è in atto una guerra civile in cui la contrapposizione tra gli interessi imperialistici di USA, Unione Europea e Russia, si sovrappone alla lotta di potere interna alla borghesia e alla classe dirigente ucraina. Nella regione medio orientale, dal 2011 in Siria si combatte una guerra civile d’interesse globale, che ha visto l’attiva intromissione politica e militare di USA, Francia, Turchia, Iran, Russia, Qatar e non solo. Negli ultimi mesi la guerra in Siria si è estesa a livello regionale, con combattimenti in gran parte dell’Iraq e facendo precipitare la situazione in Libano. L’esercito dello Stato Islamico (ex ISIS), forza che ha avuto un ruolo determinante nell’estensione del conflitto, è uno dei tanti prodotti delle ingerenze imperialiste nella guerra siriana, in particolare della politica di destabilizzazione condotta, seppur con metodi e obiettivi diversi ed anche contrastanti da USA, Turchia e Qatar.

Ma in queste regioni di guerra, in Ucraina come in Iraq e Siria, c’è anche chi cerca di opporsi al massacro, alla guerra. Ci sono anarchici, internazionalisti, rivoluzionari che non si lasciano ingannare dalla propaganda di guerra della potenza di turno ma che cercano in questi difficili contesti di sostenere l’unità di classe, le forme di autogestione e di autorganizzazione, coscienti che la guerra, come ogni involuzione autoritaria non può che essere un ostacolo non solo ad un processo rivoluzionario ma a qualsiasi forma di emancipazione sociale.

In questo contesto riteniamo sia importante riaprire un dibattito partendo dall’internazionalismo, dalla solidarietà di classe e dall’antimilitarismo.

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Collettivo Anarchico Libertario

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CONTRO OGNI OMOFOBIA

Nonostante la limitazione della libertà di manifestare imposta dal questore di Livorno a tutti coloro che lottano contro ogni discriminazione, nonostante la militarizzazione di tutto il lungomare, nonostante i controlli pretestuosi operati dalla polizia, che ha bloccato molte persone che volevano unirsi alla manifestazione contro l’omofonbia organizzata in Piazza S. jacopo in Acquaviva, ieri tante tantissime persone hanno manifestato affermando la libertà contro ogni oscurantismo.

Volantino distribuito ieri sera lungo il Viale Italia,  per contestare la veglia dei fascisti tradizionalisti di Manif pour tous.

 

CONTRO OGNI OMOFOBIA

La manifestazione omofoba promossa da un’associazione per la difesa della famiglia tradizionale e sostenuta dalla gerarchia clericale, dalla destra più retriva e dai fascisti rappresenta una provocazione per la nostra città.

La cosiddetta famiglia tradizionale è basata su una rigida gerarchia e sulla subalternità della donna, che sopperisce alle esigenze della riproduzione sociale. L’attacco economico e politico portato avanti in questi anni ai servizi sociali, all’assistenza, alla sanità, alla scuola, riporta all’interno della famiglia quei servizi che dovrebbero essere a carico della società, rafforzando ancora di più il ruolo dell’istituzione familiare tradizionale e l’ingiustizia sociale che essa rappresenta, basata sul sessismo e sulla gerarchia dei generi ben definiti nei loro ruoli. Ecco dunque che qualsiasi volontà di creare legami di affetto e di solidarietà che sfuggano all’impianto della famiglia tradizionale o che non siano riconducibili alla identificazione rigida dei ruoli legati al genere rappresenta qualcosa di incontrollabile, che sfugge al dominio e che va represso. Per questo motivo dietro alle campagne per la difesa della famiglia tradizionale troviamo razzismo, omofobia, fascismo.

Un ruolo particolare, nella difesa della famiglia tradizionale, è svolto da sempre dalla Chiesa cattolica, struttura gerarchica, retriva ed oscurantista, ostile a qualsiasi istanza di autodeterminazione. Da qualche tempo anche a Livorno assistiamo alla volontà della curia vescovile di dar voce alle istanze più tradizionaliste e retrive, spesso contigue ad ambienti neofascisti: a Livorno, con il consenso del vescovo si svolgono cerimonie dei cattolici tradizionalisti (ricordiamo la processione a Montenero del 2009 propagandata anche da Forza Nuova); nelle scuole pubbliche, per volontà della curia, è stata ripristinata la presenza dei preti per l’insegnamento della religione; i continui interventi del vescovo sulla politica cittadina e internazionale sono caratterizzati da toni aggressivi, mentre nelle gerarchie religiose assume sempre più potere Comunione e Liberazione, di cui un noto esponente si è candidato alle ultime elezioni amministrative sostenendo Nogarin al ballottaggio.

Quindi, se gli omofobi decidono di fare una comparsata a Livorno, se la questura vieta manifestazioni di protesta contro una presenza che è un’evidente provocazione questo può avvenire perchè nella nostra città c’è un terreno favorevole alle forze oscurantiste e reazionarie. E’ dunque quotidianamente che va svolta la battaglia contro la restrizione di qualsiasi espressione di dissenso, contro i blocchi di potere più o meno evidenti, per l’affermazione della libertà e dell’autodeterminazione, nelle relazioni sociali come in quelle personali, che devono essere libere da vincoli legali e da pregiudizi, per la costruzione di una società nuova, dove non sia presente nessuna forma di oppressione, economica, politica o
religiosa.

NÉ DIO, NÉ STATO, NÉ FAMIGLIA!

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

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“La guerra lampo dei Fratelli Marx” aperitivo+proiezione

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“La guerra Lampo dei fratelli Marx”

“non se ne può più di questa guerra”

 

Giovedì 4 settembre

presso la Federazione Anarchica Livornese in Via degli asili 33

 

ore 20 :30 Aperitivo

ore 21:30  “La guerra lampo dei Fratelli Marx”

di L. Mc Carey, 1933

 

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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Comunicato sull’aggressione israeliana a Gaza

resistenza

“Resistenza”

COMUNICATO SULL’AGGRESSIONE ISRAELIANA A GAZA

Abbiamo assistito con orrore all’aggressione delle forze armate israeliane a Gaza, con il seguito di stragi fra i civili. Questa aggressione, tra le altre cose, è diventata occasione di polemica nella sonnolenta politica livornese agostana.

Durante “Effetto Venezia” è stato esposto, sul muro dell’ex-carcere dei Domenicani, uno striscione con scritto “Fermare il genocidio a Gaza, Israele vero terrorista”; questa esposizione ha provocato numerose prese di posizione, fra cui quella del presidente della Comunità ebraica livornese, Vittorio Mosseri, e quella dell’ambasciatore dello stato d’Israele in Italia.

La lettera di Mosseri, indirizzata al sindaco di Livorno, ha espresso i soliti luoghi comuni della propaganda del governo Netanyahu a giustificazione della propria politica di aggressione e di sterminio della popolazione di Gaza, attribuendo posizioni antisemite a chiunque critichi le scelte dello stato di Israele, e trasformando in sostenitore di Hamas chiunque conservi un minimo di umanità e provi sdegno per le stragi compiute a Gaza. La lettera si concludeva facendo appello al sindaco “per una presa di posizione che elimini qualunque voce di odio e conflittualità”. Abbiamo rilevato come siapericolosa la pretesa che il potere politico operi per eliminare ogni voce conflittuale: la società in cui viviamo è conflittuale, per questo gli anarchici operano per cambiarla. Tentare di soffocare le voci conflittuali non elimina il conflitto ma, come in Palestina, rende solo più violenta la sua manifestazione.

E’ inoltre difficile da comprendere perché il presidente di una comunità religiosa si sia sentito di dover difendere degli amministratori politici, espressione di una destra becera ed estrema come quella che sta governando lo stato di Israele, protagonisti e colpevoli delle stragi che si compiono a Gaza.

In tutto il mondo sono moltissime le voci di protesta contro questa guerra unilaterale, portate avanti anche dagli stessi cittadini israeliani, come dimostrano, oltre ad Anarchici contro il Muro e ad altri gruppi di attivisti, i numerosi refusnik, come dimostrano le migliaia di partecipanti alla manifestazione di Tel-Aviv, contrari alle politiche di sterminio di massa di quel governo.

La lettera dell’ambasciatore israeliano in Italia, ha ripetuto, ovviamente, sia pur con toni diversi, le considerazioni di Mosseri. Resta comunque il fatto, che noi riteniamo irrituale, di un rappresentante di uno Stato estero che interviene direttamente e pesantemente nel dibattito politico cittadino, rivolgendosi al sindaco.

Il sindaco di Livorno, dopo aver risposto in un primo tempo, alla lettera del presidente della Comunità ebraica chiedendo che questa “si unisse convintamente al nostro appello per una tregua”, ha goffamente cambiato registro, arrivando addirittura a definire “violento” il messaggio contenuto nello striscione. Un’accusa, quella di violenza, sempre più diffusa da parte delle istituzioni e dei maggiori organi d’informazione nei confronti di chi non condivide la propaganda istituzionale e addirittura ha l’ardire di esprimere il proprio pensiero. Un’accusa, quella di violenza, che viene da chi usa il manganello per risolvere i problemi sociali, l’emergenza ambientale e imporre la devastazione e il saccheggio dei territori. Nogarin ha fatto presto ad adeguarsi allo stile dei politici più navigati.

Dopo un’iniziale soprassalto di sdegno di fronte alle stragi di civili, le varie componenti del ceto politico istituzionale locale, delle associazioni politiche, culturali e sindacali ad esso collegate si ricompattano attorno ad una “equidistanza” fra le parti in conflitto, ed una sostanziale accettazione dell’impostazione del presidente della comunità ebraica e dell’ambasciatore israeliano, mascherata da un generico e impotente appello alla pace.

Abbiamo seguito con attenzione l’evolversi sia dell’aggressione israeliana nei confronti della popolazione di Gaza, sia della politica internazionale, sia della politica locale.

L’ennesima aggressione israeliana contro Gaza si concluderà probabilmente quando le forze armate israeliane avranno esaurito la scorta di munizioni, senza un nulla di fatto, perché Hamas continuerà a governare la Striscia, e il governo israeliano sarà pronto a rispondere con crudeli rappresaglie ad ogni uscita offensiva dei palestinesi; ci sarà “solo” qualche migliaio di civili assassinati in più, quelli che le gerarchie militari chiamano “danni collaterali”. Quanto è avvenuto in questi anni a Gaza dimostra che la soluzione “ due popoli, due stati” non elimina la minaccia di guerra. Ogni Stato non è che l’organizzazione della classe privilegiata per mantenere soggetta, tramite il monopolio della forza, la popolazione, per sfruttarla e costringerla a fare ciò che vuole chi controlla lo Stato. E un nuovo Stato palestinese non sfuggirebbe a questa logica, come ha dimostrato tutta la storia dell’OLP. Non solo: i due stati troverebbero la loro ragion d’essere nel mantenimento di una tensione reciproca, che periodicamente sfocerebbe in conflitti armati. L’abolizione degli stati è la premessa indispensabile della pace: lo stato di Israele, con il suo spropositato apparato militare e repressivo, va quindi abolito, così come l’Autorità Nazionale Palestinese, e sostituiti entrambi da una federazione di comunità disarmate.

La situazione politica in Palestina non è più quella degli anni ’70 del secolo scorso, quando la presenza di componenti di sinistra dell’Olp alimentava la speranza che una vittoria della lotta di liberazione palestinese potesse portare ad un’evoluzione in senso socialista; oggi questa evoluzione è possibile solo col rovesciamento della dirigenza dell’Olp e di Hamas, che può venire solo dalla sconfitta militare, cosi’ come solo la sconfitta militare può portare al rovesciamento dell’attuale governo israeliano. La situazione del resto è chiara: Hamas e’ sostenuta dal Qatar, dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Turchia, tutti e tre alleati o membri della NATO; la partita che si sta giocando oggi in Medio Oriente e’ quindi evidentemente truccata.

La nostra posizione non è di neutralità o indifferenza tra i due contendenti: la pace può essere veramente una soluzione, ma per raggiungerla c’è bisogno di sconfiggere quelle classi dirigenti, palestinesi e israeliane, che della prosecuzione della guerra fanno la base del proprio potere; il pacifismo assoluto degli anarchici si accompagna all’internazionalismo proletario e al disfattismo rivoluzionario, cioè a quella pratica concreta di azioni in contrasto della guerra, pratica che nasce dal rifiuto di ogni patriottismo e di ogni gerarchia statale e militare.

La ricerca di soluzioni per le popolazioni del settore mediorientale e di altri contesti internazionali tormentati dalle guerre deve comunque necessariamente tradursi anche in concrete iniziative per la pace da condurre in Italia, per contrastare in senso antimilitarista ed internazionalista quelle misure del governo che si inseriscono, come in un gigantesco puzzle, nel controllo imperialistico del Medio Oriente: l’operazione “Mare Nostrum”, la base MUOS di Niscemi, l’acquisto degli F-35, la vendita di armi alle forze armate israeliane sono occasioni per una lotta concreta contro la guerra e contro l’impegno militare del governo italiano

Collettivo Anarchico Libertario

Federazione Anarchica Livornese

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Mai più vivere come schiavi!

mai più vivere come schiavi

MAI PIU’ VIVERE COME SCHIAVI!

Giovedì 28 Agosto
presso la Federazione Anarchica
Livornese, in Via degli Asili 33

ore 20:30 – aperitivo
ore 21:30 – proiezione video:
“Mai più vivere come schiavi!”
di Yannis Yolountas, settembre 2013

La Grecia tra rivolta e autogestione.
Un documentario che ci mostra le esperienze di autorganizzazione sociale e le pratiche di resistenza e di azione diretta contro le politiche di austerità che in Grecia, come in tutta europa, sono imposte dai governi alle lavoratrici ed ai lavoratori.

Per non vivere più come schiavi!

Collettivo Anarchico Libertario
Federazione Anarchica Livornese

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