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Ovunque Kobanê, ovunque resistenza!

ovunque kobane

 

Ovunque Kobanê, ovunque resistenza!

Nelle scorse settimane si sono intensificate in Turchia le manifestazioni in solidarietà con la popolazione di Kobanê città della Rojava, il Kurdistan occidentale in territorio siriano, assediata da circa un mese dalle milizie dello Stato Islamico. Da lunedì 6 ottobre, mentre le forze dello Stato Islamico (ex ISIS) iniziavano a penetrare nella città assediata, le proteste si sono diffuse in molte città turche con l’obiettivo di estendere la resistenza di Kobanê. Questo ha significato innanzitutto colpire chi in Turchia sostiene e protegge lo Stato Islamico. Le manifestazioni hanno dunque assunto un vero e proprio carattere antigovernativo, contro il governo turco che continua a foraggiare lo Stato Islamico, bloccando allo stesso tempo al confine il passaggio di profughi verso la Turchia e il passaggio di aiuti verso Kobanê. Chi parla di proteste per sollecitare l’intervento turco a Kobanê distorce la realtà dei fatti. Infatti con lo slogan “Kobanê è ovunque, ovunque è resistenza!” è iniziata invece una vera e propria rivolta.

I media italiani non hanno dato quasi nessuna copertura a queste proteste, limitandosi a fornire il tragico conto dei morti, oltre 30 in una settimana.

Molti di questi sono stati usccisi dalla polizia, colpiti da candelotti lacrimogeni o dai proiettili mortali sparati sulla folla dalle forze di sicurezza in alcune città. Infatti la polizia che già nei giorni precedenti aveva impiegato contro i manifestanti la violenza più brutale, cercando di sciogliere ogni genere di manifestazione, con l’intensificarsi delle proteste ha iniziato ad intervenire con ancora più violenza contro i dimostranti, con l’uso di lacrimogeni, idranti, proiettili sia di gomma che mortali.

Tuttavia gran parte dei morti è rimasta uccisa in seguito ad attacchi di “civili armati” contro i dimostranti e negli scontri che sono spesso seguiti a queste aggressioni. Tra i responsabili di alcuni di questi attacchi armati contro i manifestanti, in particolare a Diyarbakır, ci sarebbero militanti dell’Hüda-Par, partito islamico legato all’organizzazione sunnita radicale Hizbullah (da non confondersi con il partito sciita libanese Hezbollah) presente nel Kurdistan turco. In effetti anche in molte altre città della Turchia e pure ad Istanbul islamisti armati hanno provocato o direttamente attaccato le manifestazioni in sostegno a Kobanê, affiancando spesso la polizia. In piazza è scesa anche la destra ultranazionalista assaltando, ad Istanbul ed in altre città, le sedi del partito curdo BDP.

La partecipazione alle proteste, nonostante la dura repressione, è stata ampia e numerosa, riuscendo a riunire forze molto diverse. Erano presenti in piazza partiti e movimenti curdi, gruppi che supportano i profughi e organizzano la solidarietà con la popolazione di Kobanê, gruppi e partiti della sinistra rivoluzionaria turca che da anni sostiene le lotte del popolo curdo, gruppi anarchici, organizzazioni di donne e anche alcune organizzazioni della sinistra repubblicana. Ma soprattutto nelle piazze si sono viste tante persone che senza appartenere a nessun gruppo o partito si univano alle proteste, soprattutto molti curdi. Mentre le proteste si sono estese in decine di città turche migliaia di persone si sono dirette da tutta la Turchia verso il confine, in particolare nei pressi della cittadina turca Suruç a poco più di dieci kilometri da Kobanê. Sul confine infatti, dalle scorse settimane, sono presenti molti solidali che, praticando l’azione diretta, si frappongono tra le forze di sicurezza turche ed i profughi, aprono varchi nelle recinzioni sul confine per far passare i profughi e gli aiuti, organizzano sia sul confine che nel territorio del Rojava, veri e propri gruppi di “scudo umano” per difendere le popolazioni di Kobanê in fuga. Centinaia di persone sono impegnate in queste azioni, e tra loro, assieme ad altri gruppi della sinistra rivoluzionaria turca, ci sono anche molti anarchici, tra cui il gruppo DAF (Devrimci Anarşist Faaliyet).

In questa situazione il primo ministro turco Davutoğlu ed il Presidente della Repubblica Erdoğan potrebbero trovarsi in grande difficoltà. Le proteste nelle città curde della Turchia hanno infatti raggiunto tra il 6 ed il 9 ottobre un livello di scontro molto elevato, di carattere di fatto insurrezionale, dimostrando la forza della mobilitazione di massa. Sono state assaltate banche, supermercati, sedi del partito di governo AKP, abitazioni di governatori e sindaci, palazzi istituzionali, scuole. Sono oltre cento i palazzi pubblici dati alle fiamme. Inoltre sono state bruciate bandiere turche ed in alcune città sono state danneggiate o distrutte statue di Atatürk. La risposta dello Stato turco è andata ben oltre la semplice repressione poliziesca. Infatti in ben 6 province orientali tra cui Diyarbakır, la principale città del Kurdistan turco, era stato stato imposto per alcuni giorni il coprifuoco e l’esercito è stato schierato nelle strade delle città con mezzi blindati, carri armati e truppe. Provvedimenti d’emergenza di così ampia portata non si vedevano dall’inizio degli anni ’90. In tale contesto Kılıçdaroğlu, leader del CHP, il principale partito dell’opposizione nazionalista laica “kemalista”, aveva duramente attaccato la linea politica di Erdoğan e dell governo AKP arrivando a dire “credo che l’esercito non voglia intervenire in Siria”. Un’affermazione da leggere come un ammonimento al governo, che secondo Kılıçdaroğlu potrebbe non essere in grado di controllare l’esercito. Il coprifuoco in questo momento è cessato da qualche giorno, ma per le forze militari che si trovano nelle regioni sud orientli della Turchia sono arrivati rinforzi significativi, tra cui almeno una dozzina di carri armati.

Dai fatti delle ultime settimane emerge il carattere politico della battaglia in atto a Kobanê. Il presidente turco Erdoğan sperava in una rapida disfatta dei curdi a Kobanê per entrare in Siria da “liberatore” e stabilire lungo il confine una fascia militarizzata di 25 km in territorio siriano. Questo non solo avrebbe cancellato per i curdi ogni possibilità di autonomia nell’organizzazione sociale e nella difesa, ma avrebbe aperto una nuova fase di oppressione e dipendenza. Ma la resistenza di Kobanê non si è arresa, anzi si è estesa a tutta la Turchia, un’estensione insurrezionale del conflitto che ha assunto un chiaro carattere politico e che fa pensare che con un’eventuale caduta di Kobanê nelle mani dello Stato Islamico la situazione in Turchia potrebbe davvero precipitare. Probabilmente è anche questo possibile scenario che aveva spinto gli USA a intervenire nella giornata di mercoledì 8 ottobre con alcuni bombardamenti contro l’ISIS nella zona di Kobanê. Dal 10 ottobre la rivolta è almeno in parte rientrata, sia per la durissima repressione militare dello Stato sia per i richiami alla calma dei partiti curdi BDP e HDP e dei principali partiti di sinistra. Tuttavia per ora le proteste in Turchia continuano, confrontandosi ancora con una durissima repressione, sabato 11 ottobre i manifestanti ad Istanbul hanno marciato verso Piazza Taksim, affrontando la polizia ed inneggiando alla resistenza di Kobanê e della Rojava. La situazione è in continua evoluzione ed è difficile capire quali saranno gli sviluppi, certo è che la resistenza continua, a Kobanê ed ovunque.

Dario Antonelli

 

Questo articolo uscirà sul prossimo numero del setimanale anarchico Umanità Nova

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Comunicato DAF: La rivoluzione vincerà a Kobane!

riceviamo e pubblichiamo

 

scudo umano 1

Comunicato del gruppo DAF

08/10/2014

 

La Rivoluzione vincerà a Kobanê!

I nostri Compagni nel villaggio di Boydê riportano:

È il ventiquattresimo giorno di attacchi dell’ISIS contro Kobanê. Mentre le forze che difendono la popolazione in ogni villaggio di confine sono gli “scudi umani” che fanno da sentinelle conro gli attacchi dell’ISIS, tutti, ovunque nella regione in cui viviamo, si sono sollevati per non lasciar cadere Kobanê.

Abbiamo partecipato allo scudo umano/sentinella per circa tre settimane nel villaggio di Boydê a ovest di Kobanê. Negli ultimi due giorni, le esplosioni ed i rumori degli scontri si sono intensificati nei distretti periferici e nel centro cittadino. In questo periodo di intensi scontri, le forze militari hanno aumentato i propri attacchi contro gli scudi umani/sentinelle presso i villaggi di confine. I soldati dello Stato turco hanno attaccato con bombe lacrimogene coloro che si avvicinavano al confine da entrambe le parti, incluso il villaggio in cui ci trovavamo, che è stato attaccato martedì.

I soldati hanno anche usato qualche volta proiettili mortali nei loro attacchi, ed hanno ferito alcune persone.

Questi attacchi contro i villaggi di confine ci mostrano in modo specifico come alle forze dell’ISIS sia permesso passare attraverso il confine. Il supporto della Repubblica di Turchia all’ISIS è chiaramente visibile qua come là. Ovviamente non è l’unica cosa ad essere chiara. Abbiamo saputo che uno dei leader dell’ISIS che comanda l’attacco su Kobanê è stato ucciso dalle forze YPJ/YPG. Intanto oggi gli scontri sono stati più intensi che negli scorsi giorni e sono continuati per tutta la giornata. I rumori degli scontri non si sono in gran parte mai fermati oggi. Comunque ora sappiamo che le esplosioni sono fatte dalle forze YPJ/YPG. È stato riportato che le forze YPJ/YPG hanno tatticamente svuotato le strade del centro di Kobanê, tendendo una trappola all’ISIS, neutralizzandoli con tattiche che hanno avuto successo.

Tutti sono eccitati dalle cose che vengono dette alle assemblee del villaggio; una di queste è la paura dell’ISIS per le donne guerrigliere. L’ISIS rappresenta lo stato, il terrore, il massacro e anche il patriarcato ovviamente. Poiché a causa del proprio credo non possono diventare i cosiddetti “martiri” quando sono uccisi dalla donne guerrigliere, le combattenti delle YPJ, hanno paura di incontrare le forze delle YPJ. Perché quando incontrano loro, le donne che combattono contro di loro non mostrano pietà per la sorte dell’ISIS. Questa è libertà contro il patriarcato creata dalle combattenti YPJ.

La ribellione che sorge in tutto il Kurdistan e in tutte le città dell’Anatolia negli ultimi due giorni, ci fa sentire l’invincibilità del popolo organizzato. Queste ribellioni aumentano la fiducia nella rivoluzione per tutti a Kobanê, nei villaggi al confine di Kobanê, e din tutta Rojava. Ogni volta che cade una sorella o un fratello, tuttavia noi sentiamo un dolore che intensifica la rabbia e la forza di ciascuno. Funerali che iniziano colpendo le ginocchia, gettandosi nella danza halay, colpendo con i piedi il terreno velocemente e con tanta forza da rompere la terra. Quindi il nostro dolore scoppia in rabbia, in modo veloce e forte.

Questo proprio quello di cui tutti hanno bisogno qui. Per la libertà e la rivoluzione

che è ardentemente desiderata, nonostante tutto.

Lunga vita alla Resistenza Popolare di Kobanê!

Lunga vita alla Rivoluzione Popolare di Rojava!

Lunga vita alla nostra Azione Anarchica Rivoluzionaria!

Azione Anarchica Rivoluzionaria – DAF ( Devrimci Anarşist Faaliyet)

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La resistenza si estende, rivolta in Turchia

ovunque kobane

Nel fine settimana si erano già intensificate in Turchia le manifestazioni in solidarietà con la popolazione di Kobanê; ma da lunedì scorso, mentre le forze dello Stato Islamico iniziavano a penetrare nella città assediata, le proteste si sono diffuse in molte città turche con l’obiettivo di estendere la resistenza di Kobanê. Le manifestazioni hanno quindi assunto un carattere antigovernativo, contro il governo AKP che continua a sostenere e proteggere l’ISIS, bloccando al confine il passaggio di profughi verso la Turchia e il passaggio di aiuti verso Kobanê. Chi parla di proteste per sollecitare l’intervento turco a Kobanê distorce la realtà dei fatti. Infatti con lo slogan “Kobanê è ovunque, ovunque è resistenza!” è iniziata una vera e propria rivolta con lo scopo di estendere la resistenza anche in Turchia, innanzitutto contro il governo di Erdoğan che protegge lo Stato Islamico.

I media italiani non hanno dato quasi nessuna copertura a queste proteste, limitandosi a fornire il tragico conto dei morti, che solo nelle giornate di martedì e mercoledì sembrano essere più di venti.

Molti di questi sono stati usccisi dalla polizia, colpiti da candelotti lacrimogeni o dai proiettili mortali sparati sulla folla dalle forze di sicurezza in alcune città. Infatti la polizia che già nei giorni precedenti aveva impiegato contro i manifestanti la violenza più brutale, cercando di sciogliere ogni genere di manifestazione, da lunedì sta attaccando con ancora più violenza i dimostranti, con l’uso di lacrimogeni, idranti, proiettili sia di gomma che mortali.

Una parte dei morti è rimasta uccisa in seguito ad attacchi di “civili armati” contro i dimostranti e negli scontri che sono spesso seguiti a queste aggressioni. Tra i responsabili di alcuni di questi attacchi armati contro i manifestanti, in particolare a Diyarbakır, ci sarebbero militanti dell’Hüda-Par, partito islamico legato all’organizzazione sunnita radicale Hizbullah (da non confondersi con il partito sciita libanese Hezbollah) presente nel Kurdistan turco. In effetti anche in molte altre città della Turchia e pure ad Istanbul islamisti armati hanno attaccato o provocato le manifestazioni in sostegno a Kobanê, affiancando talvolta la polizia. In piazza è scesa anche la destra ultranazionalista attaccando, ad Istanbul ed in altre città, le sedi del partito curdo BDP.

La partecipazione alle proteste di questi giorni, nonostante la dura repressione, è stata ampia e numerosa, riuscendo a riunire forze molto diverse. Erano presenti in piazza partiti e movimenti curdi, gruppi che supportano i profughi e organizzano la solidarietà con la popolazione di Kobanê, gruppi e partiti della sinistra rivoluzionaria turca che da anni sostiene le lotte del popolo curdo, gruppi anarchici, organizzazioni di donne e anche alcune organizzazioni della sinistra repubblicana. Ma soprattutto nelle piazze si sono visti tante persone che senza appartenere a nessun gruppo o partito si univano alle proteste, soprattutto molti curdi. Mentre le proteste si sono estese in decine di città turche migliaia di persone si sono dirette da tutta la Turchia verso il confine, in particolare nei pressi della cittadina turca Suruç a poco più di dieci kilometri da Kobanê. Sul confine infatti dalle scorse settimane sono presenti molti solidali praticando l’azione diretta che si frappongono tra le forze di sicurezza turche ed i profughi, che aprono varchi nelle recinzioni sul confine per far passare i profughi e gli aiuti, che organizzano sia sul confine che nel territorio del Rojava, veri e propri gruppi di “scudo umano” per difendere le popolazioni di Kobanê in fuga. Centinaia di persone sono impegnate in queste azioni, e tra loro, assieme ad altri gruppi della sinistra rivoluzionaria turca, ci sono anche molti anarchici, tra cui il gruppo DAF (Devrimci Anarşist Faaliyet).

In questa situazione il governo di Erdoğan potrebbe trovarsi in difficoltà. Le proteste nelle città curde della Turchia sono arrivate ad un livello di scontro molto elevato. Sono state assaltate sedi dell’AKP, abitazioni di governatori e sindaci, palazzi istituzionali, scuole, inoltre sono state bruciate bandiere turche ed in alcune città sono state danneggiate o distrutte statue di Atatürk. In ben 6 province orientali tra cui Diyarbakır, la principale città del Kurdistan turco, è stato imposto il coprifuoco e l’esercito è schierato nelle strade delle città con mezzi blindati, carri armati e truppe. Provvedimenti d’emergenza di così ampia portata non si vedevano dall’inizio degli anni ’90. Oggi ci sono anche state le dure dichiarazioni di Kemal Kılıçdaroğlu, leader del CHP, il principale partito di opposizione, nazionalista e repubblicano “kemalista”, autoritario e laico. Il leader del CHP ha infatti ammonito Erdoğan, invitandolo a cambiare la linea del governo in politica estera, affermando che “crede che l’esercito non voglia intervenire in Siria”. Kılıçdaroğlu ha affermato che la Turchia non dovrebbe intervenire militarmente ma fornire alla popolazione di Kobanê assistenza umanitaria. Inoltre ha chiesto a chi sta protestando in questi giorni di rispettare i simboli nazionali della Turchia.

Dai fatti di questi giorni emerge il carattere politico della battaglia in atto a Kobanê. Erdoğan sperava in una rapida disfatta dei curdi a Kobanê per entrare in Siria da “liberatore” e stabilire lungo il confine una fascia militarizzata di 25 km in territorio siriano. Questo non solo avrebbe cancellato per i curdi ogni possibilità di autonomia nell’organizzazione sociale e nella difesa, ma avrebbe aperto una nuova fase di oppressione e dipendenza. Ma la resistenza di Kobanê non si è arresa, anzi si è estesa a tutta la Turchia, un’estensione del conflitto che ha assunto un chiaro carattere politico e che fa pensare che con un’eventuale caduta di Kobanê nelle mani dello Stato Islamico la situazione in Turchia potrebbe davvero precipitare. Probabilmente è anche questo possibile scenario che ha spinto gli USA a intervenire nella giornata di mercoledì con alcuni bombardamenti contro l’ISIS nella zona di Kobanê. La situazione è in continua evoluzione ed è difficile capire quali saranno gli sviluppi. Certo è che la resistenza continua, a Kobanê ed ovunque.

D.A.

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Aggiornamento dalla Turchia: Corrispondenza da Istanbul

Continua la rivolta in Turchia in solidarietà con la resistenza di 
Kobane. Da ieri sono circa 14 finora i morti registrati nelle piazze. 
Gli scontri sono proseguiti nella notte in molte città. In 6 distretti
è stato imposto il coprifuoco e l'esercito è nelle strade a supporto 
della polizia. Anche stamani manifestazioni in diverse città, ancora 
scontri a Istanbul dove la polizia continua ad intervenire con violenza 
inaudita nella zona di Istiklal. 
Her yer Kobane, her yer direniş!

Pubblichiamo la seguente corrispondenza da Istanbul ricevuta stanotte

Da Istanbul
07/10/14


I movimenti che sostengono la resistenza curda e la rivolta sociale in
tutta la Turchia, si sono dati appuntamento al liceo Galatasaray 
alle 20.00.
La polizia in assetto antisommossa con la presenza di tre toma si è 
schierata sin da subito di fronte ai manifestanti impedendo il 
passaggio. Dall'altra parte gruppi di persone che erano di passaggio 
da Istiklal hanno formato una sorta di cordone in segno di solidarietà
agli altri manifestanti, scandendo slogan contro l'AKP e per la
Resistenza a Rojava. Sono state molte le persone che si sono fermate,
formando un altro piccolo presidio che ha circondato la polizia. 
Dopo tale atto, gli agenti, si sono presentati davanti ai manifestanti
allontanandoli in mal modo. Alcuni poliziotti hanno cominciato a 
battere i manganelli sulle serrande dei negozi, avanzando lentamente 
e con fare minaccioso verso i solidali. A quel punto il gruppo di 
manifestanti dei movimenti curdi e non ha tentato l'accesso verso la 
seconda parte di Istiklal e la polizia ha subito attaccato 
pesantemente i presenti sparando più di dieci lacrimogeni ed 
utillizzando i Toma. Da qua sono cominciati gli scontri. 
La polizia ha rincorso i solidali ed i manifestanti su ambo i lati, 
circondando le vie laterali per non fare scappare i presenti. 
Dal Liceo di Galatasaray sino a Tunel (la fine di Istiklal) hanno fatto
ricorso a lacrimogeni e sparato con gli idranti. 
A metà strada tra Istiklal e Tunel, un gruppo di manifestanti ha 
risposto al fuoco lasciando indietreggiare la polizia di qualche metro,
sino a che, grazie ad ingenti rinforzi giunti da Taksim, c'è stata una 
delle cariche più pesanti, che non ha dato scampo a molti presenti. 
Dalle finestre delle case su Istiklal, molte persone hanno scandito 
slogan per la resistenza in Rojava. Attualmente gli scontri a Istiklal 
sono conclusi, ma nella parte asiatica di Istanbul (Kadikoy) giungono 
voci di continui ed interrotti scontri. Intanto a Mardin il PKK ha 
dato fuoco ad una postazione scolastica del governo, avvertendo che 
questa non sarà la prima azione ed ultima azione. 
In tutto il Kurdistan si svolgono enormi manifestazioni con scontri 
pesantissimi che hanno lasciato sul terreno, sino ad adesso, sette 
morti. Sono molte le persone ed i compagni che mi hanno dichiarato 
che attualmente si tratta di guerra.
Domani ritorno a Kadikoy per osservare la situazione per poi 
ristabilirmi in zona Istilkal dove è previsto un nuovo presidio 
per tutta la notte.

BIJI ROJAVA!
DAYANISMA KOBANI!

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Kobanê è ovunque, ovunque è resistenza! Comunicati diffusi dal DAF negli ultimi giorni.

Anche oggi a Istanbul, Bursa, Amed, Batman, Van ed in altre località della Turchia continuano le manifestazioni in solidarietà con la resistenza di Kobanê e contro il governo. La polizia attacca brutalmente i manifestanti. Scontri in alcune città. Continuano i combattimenti a Kobanê.

corteo istanbul 071014 corteo istanbul 071014b corteo istanbul 071014c

Pubblichiamo di seguito i testi pubblicati negli ultimi giorni dal gruppo anarchico DAF (Devrimci Anarşist Faaliyet)

6 ottobre 2014

L’ISIS è molto vicino a Kobanê. Gli scontri con l’ISIS sono aumentati. Ora ovunque è Kobanê e la gente del Kurdistan sta scendendo nelle strade.

Kobanê non è caduta e non cadrà!

Tutti coloro che vivono e vanno a Suruç per portare solidarietà, stanno aspettando sul confine. La popolazione per tutta l’Anatolia e la Mesopotamia è nelle strade. Tutti i curdi e i rivoluzionari creano ovunque Kobanê.

“Se Kobanê cadrà, il fuoco di Kobanê brucerà ovunque!”

Ovunque è Kobanê, ovunque è resistenza!

Lunga vita alla Rivoluzione di Rojava!

ovunque kobane

4 ottobre 2014
ULTIMI AVVENIMENTI A KOBANE

Da quando le autorità di Urfa hanno vietato di entrare a Suruç, i nostri compagni si sono incontrati con gli altri membri della DAF usando altre strade e si sono uniti al gruppo dello scudo umano. Nello stesso momento, le Forze Armate Turche hanno intensificato i loro attacchi con bombe lacrimogene sulle persone di Kobanê che aspettano di entrare in Turchia al valico di frontiera di Müşritpınar.

scudo umano 1

Dopo aver respinto indietro l’ISIS dalle colline dominanti distanti 500 metri dal confine, l’YPG si è ritirato un poco di più dal fronte ovest nei giorni seguenti. Questa ritirata strategica è un’efficente azione di contrasto alle armi pesanti dell’ISIS. Gli scontri aumentano nella notte.

È stato indetto uno “Stop della città” in Amed (Diyarbakır)  in solidarietà con la resistenza di Kobane durante il quale diversi negozi hanno chiuso e sono state boicottate le scuole ad Amed e nel resto del Kurdistan. La guardia del confine sta acquistando importanza e l’ISIS sta ricevendo maggiori rifornimenti attraverso il confine turco negli ultimi giorni.

I compagni riferiscono che le persone Kobanê sono perseguitati al valico di frontiera di Yumurtalik. Il numero dei malati e dei feriti è molto alto. I bambini sono privi di cibo ed acqua. Molti feriti aspettano a terra per ore senza alcuna assitenza medica e vengono trasportate a Suruç caricate dietro i camion.

Persone opportuiniste provano a vendere beni di prima necessità alle persone di Kobanê a prezzi molto alti. I guardiani del confine del gruppo dello scudo umano hanno anche ostacolato questo.

I bombardamenti dell’ISIS si intensificano ora sui villaggi 1-2 km a est di Kobanê e continuano all’ovest di Kobanê.
LO STATO TURCO SI PREPARA ALL’ASSALTO

Il fuoco di disturbo dell’esercito turco del primo mattino del 3 Ottobre è quasi senza senso considerando la guerra di terra pianificata, secondo quanto ripotato, per proteggere la tomba del re Süleyman e la sovranità militare. Lo stato turco, che ha lasciato che militanti e rifornimenti dell’ISIS passassero per mesi il confine, sta perseguendo altri profitti strategici mascherati da aiuti.

La polizia militare turca ha minacciato la comune dello scudo umano di cui fanno parte i nostri compagni, e aumenta gli attacchi per evacuare il villaggio.

Lo stato turco che si prepara ad intervenire per evitare il pericolo dell’ISIS, sta allo stesso tempo trascurando l’offensiva fatta dai supporter dell’ISIS all’interno dei suoi confini, mostrando la sua politica di ipocrisia.

LE DONNE ANARCHICHE A KOBANE

Come anarchici rivoluzionari, in questi giorni in cui vediano la lotta del popolo di Kobanê per la libertà come la nostra stessa lotta per la libertà, stiamo facendo crescere i princpi dell’Azadî/Libertà in ogni area. Noi non permetteremo a stati, capitalisti o bande assassine di fare del male al popolo di Kobanê. Le nostre compagne Donne Anarchiche (DAF/Organizzazione Anarchica delle Donne) sono in marcia per ampliare questa solidarietà rivoluzionaria al grido di “Per distruggere i confini e creare la libertà; a Kobanê!”

Lunga vita alla Resistenza di Kobanê!

Lunga vita alla Rivoluzione di Rojava!

scudo umano 2 anarsist kadinlar kobane

 

 

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Solidarietà alla resistenza di Kobane: La polizia attacca un sit-in ad Istanbul. Manifestazioni in molte città della Turchia.

Ad Istanbul ed in molte città della Turchia manifestazioni in solidarietà alla resistenza di Kobane e contro il governo dell’AKP, in molte città la polizia ha attaccato con brutalità i manifestanti.

“Se Kobane cadrà, il fuoco di Kobane brucerà ovunque!”

galatasaray lisesi kobane

In diretta da Istanbul.
Istiklal. Un sit in organizzato da un gruppo di curdi è stato attaccato duramente dalla Polizia turca alle ore 23.00
Il sit in, organizzato davanti al liceo Galatasaray, è cominciato verso le 21.30.
Molte famiglie curde, bambini e gente accorsa in solidarietà alla resistenza a Kobane sono state attaccate duramente attaccate dalla polizia, mentre si stavano scandendo slogan da seduti contro l’AKP ed in appoggio al popolo curdo che sta vivendo la tragedia dell’assedio dell’ISIS nella regione curda della ROJAVA.
La polizia turca con due blindati TOMA ed in assetto antisommossa si è scagliata violentemente sul sit in rincorrendo per Istiklal le persone che stavano scappando, anche chi non era al corteo. Sono stati lanciati numerosi lacrimogeni CS sulle persone e l’aria in Istiklal, tuttora è irrespirabile. La polizia ha rincorso i manifestanti e la gente comune che passeggiava per Istiklal sino all’altezza di Tunel, con i TOMA che sparavano acqua urticante in ogni direzione. 
La situazione in Istiklal è ancora abbastanza tesa. La polizia ha seguito gruppi di persone anche nelle vie laterali.
A presto per aggiornamenti

BIJI ROJAVA

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L’ISIS attacca Kobane. La Turchia respinge i profughi.

DAF in Kobane 6

articolo pubblicato sull’ultimo numero del settimanale anarchico Umanità Nova.

L’ISIS attacca Kobane. La Turchia respinge i profughi.

 

Sono moltissimi i profughi che dal Rojava, il Kurdistan orientale in Siria, tentano di fuggire dalla guerra e di attraversare il confine per cercare rifugio in Turchia. I profughi però trovano ad accoglierli al confine i blindati e la gendarmeria dello stato turco con le armi spianate, il governo ha anche usato gli idranti per disperdere chi provava in gruppo ad entrare in Turchia.

Nelle ultime settimane le truppe dello Stato Islamico (ex ISIS) stanno praticamente assediando la zona di Kobane nel Rojava, ed i profughi sono decine e decine di migliaia. Sono i governi di Turchia, USA e di molti altri paesi con forti interessi nella regione ad aver sostenuto in passato, e spesso a sostenere tuttora, quello stesso Stato Islamico che ora proprio USA, Francia, e Regno Unito “bombardano”, e contro il quale starebbero preparando un intervento di terra vari paesi NATO, tra cui la stessa Turchia, che vorrebbe creare una fascia militarizzata lungo i propri confini in territorio siriano.

 

Dall’inizio della sollevazione contro il regime di Assad in Siria nel 2011, la regione del Rojava è stata controllata dalle milizie dei partiti curdi (in particolare il PYD, legato al PKK), che hanno dovuto combattere sia contro le truppe del governo di Damasco, sia contro i gruppi islamisti schierati contro il governo. Molti di questi gruppi islamisti, tra cui l’ISIS, hanno trovato appoggio politico, armi e finanziamenti da parte di Turchia, USA, Arabia Saudita, Qatar, e da quei paesi che vedevano favorevolmente la presenza nel conflitto siriano di una forza ben armata che da una parte  combattesse Assad, e dall’altra eliminasse qualisasi elemento anche solo vagamente progressista tra le forze che si opponevano al governo di Damasco. In questi due anni le forze che controllano il Rojava hanno iniziato a sperimentare il cosiddetto “Confederalismo Democratico” come forma di organizzazione delle comunità, molti vedono in questo la possibilità di una realizzazione del progetto “non statale” di comunità autonome confederate che da alcuni anni fa parte della prospettiva politica del PKK, come del PYD, che hanno infatti abbandonato l’obiettivo di costituire uno stato nazionale indipendente. In ogni caso qualsiasi percorso di sperimentazione sociale ma anche solo di emancipazione non può che trovare un ostacolo nella guerra, nell’oscurantismo religioso, o in un intervento NATO. Intanto nel Rojava si sono sviluppate negli ultimi mesi forme di autodifesa della popolazione, in seguito all’intesificarsi degli attacchi dell’ISIS.

 

Nelle scorse settimane in Turchia si sono moltiplicate le azioni di solidarietà a sostegno dei profughi. A Müşritpınar, vicino Şanlıurfa, numerosi manifestanti appartenenti a partiti di sinistra, gruppi rivoluzionari, gruppi anarchici e partiti che sostengono i diritti dei curdi sono intervenuti al confine con la Siria aiutando i profughi a passare in Turchia. Si sono tenute inoltre manifestazioni a sostegno della resistenza della popolazione di Kobane e del Rojava ad Istanbul e ad Izmir dove la polizia ha attaccato i manifestanti con gli idranti.

 

Riportiamo di seguito la traduzione di un comunicato del gruppo anarchico turco Azione Anarchica Rivoluzionaria (DAF- Devrimci Anarşist Faaliyet).

 

A SHINGAL, KOBANE E IN TUTTA ROJAVA, L’ISIS È DEHAK E IL POPOLO È KAWA

 

In Kurdistan, la popolazione sta lottando contro l’ISIS, la gviolenza prodottah nata dal capitalismo e dagli stati che per i propri profitti danno inizio alle guerre. L’ISIS, che agisce per conto degli stati che perseguono nella regione delle strategie di profitto, sta attaccando la popolazione al grido di gstato islamico!h e gguerra santa, jihad!h. Le persone stanno soffrendo la fame e la sete, si stanno ammalando, restano ferite, stanno fuggendo e morendo. Stanno ancora combattendo in questa lotta per l’esistenza. Il popolo sta combattendo non per gli intrighi e le strategie attorno ai tavoli delle conferenze, non per il profitto, ma per la propria libertà.

 

Perché la libertà è esistere quando è messa in pericolo l’esistenza stessa. Perché la libertà è vivere. Come la lotta di Kawa, che difendeva la vita resistendo contro Dehak.

 

Ora USA, EU, Turchia; tutti gli stati che hanno mire di profitto nella regione, stanno stabilendo coalizioni contro l’ISIS, la gviolenza prodottah che in realtà non è del tutto scomoda per loro. Quelli a cui non piace la loro posizione, nella coalizione iniziano a tessere intrighi, le relazioni si fanno tese per poi distendersi e tornare a farsi nuovamente tese, mentre tutte le parti in causa cambiano la propria posizione dalla mattina alla sera e agiscono in modo incoerente.

Dopo tutto, questa è la caratteristica più evidente di qualsiasi stato. Non si può pretendere che gli stati mantengano la posizione, che restino in piedi, perché gli stati sono senza spina dorsale. Gli stati senza spina dorsale, da cui ci si può aspettare solo la ricerca del profitto, sarebbero stati ieri i fondatori dell’ISIS, per pentirsene oggi, e poi riconoscere domani lo Stato Islamico. Mentre il popolo sempre combatterà per il proprio futuro e per la propria libertà, proprio come in passato.

Saluti a tutti coloro che combattono e difendono la vita a Rojava.

 

Tutti gli intrighi degli stati e del capitalismo saranno annientati, la gviolenza prodottah sarà distrutta, l’ISIS perderà contro i combattenti per la libertà e il popolo sarà vittorioso come sempre. Noi traiamo la nostra fede nella libertà da Kawa che si oppose a Dehak. Noi traiamo la nostra fede nella libertà dai molti compagni che stanno combattendo contro Dehak.

 

SIAMO TUTTI KAWA CONTRO DEHAK.

 

DAF – Azione Anarchica Rivoluzionaria – Turchia

(Devrimci Anarşist Faaliyet)

 

26/09/2014

 

Nota: Kawa e Dehak sono figure della mitologia curda e persiana. Secondo la tradizione curda il fabbro Kawa guidò una sollevazione contro la lunga e sanguinaria tirannia di Dehak, uccidendo il tiranno e riportando in Kurdistan la primavera. Il mito del ritorno della primavera e della morte del tiranno è alla base del Newroz, la festività iranica che per i curdi è divenuta un simbolo di libertà.

 

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Puoi acquistare il nuovo numero del settimanale anarchico Umanità Nova presso le edicole di Piazza Garibaldi, Piazza Damiano Chiesa e di Piazza Grande (angolo Bar Sole), presso l’edicola Dharma Viale di Antignano 110, la Libreria Belforte in Via della Madonna, il bar Dolcenera all’angolo tra Via della Madonna e Viale degli Avvalorati e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33 (apertura ogni giovedì dalle 18 alle 20).

 

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A SHINGAL, KOBANE E IN TUTTA ROJAVA, L’ISIS È DEHAK E IL POPOLO È KAWA

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A SHINGAL, KOBANE E IN TUTTA ROJAVA, L’ISIS È DEHAK E IL POPOLO È KAWA

In Kurdistan, la popolazione sta lottando contro l’ISIS, la “violenza prodotta” nata dal capitalismo e dagli stati che per i propri profitti danno inizio alle guerre. L’ISIS, che agisce per conto degli stati che perseguono nella regione delle strategie di profitto, sta attaccando la popolazione al grido di “stato islamico!” e “guerra santa, jihad!”. Le persone stanno soffrendo la fame e la sete, si stanno ammalando, restano ferite, stanno fuggendo e morendo. Stanno ancora combattendo in questa lotta per l’esistenza. Il popolo sta combattendo non per gli intrighi e le strategie attorno ai tavoli delle conferenze, non per il profitto, ma per la propria libertà.

Perché la libertà è esistere quando è messa in pericolo l’esistenza stessa. Perché la libertà è vivere. Come la lotta di Kawa, che difendeva la vita resistendo contro Dehak.

Ora USA, EU, Turchia; tutti gli stati che hanno mire di profitto nella regione, stanno stabilendo coalizioni contro l’ISIS, la “violenza prodotta” che in realtà non è del tutto scomoda per loro. Quelli a cui non piace la loro posizione, nella coalizione iniziano a tessere intrighi, le relazioni si fanno tese per poi distendersi e tornare a farsi nuovamente tese, mentre tutte le parti in causa cambiano la propria posizione dalla mattina alla sera e agiscono in modo incoerente.

Dopo tutto, questa è la caratteristica più evidente di qualsiasi stato. Non si può pretendere che gli stati mantengano la posizione, che restino in piedi, perché gli stati sono senza spina dorsale. Gli stati senza spina dorsale, da cui ci si può aspettare solo la ricerca del profitto, sarebbero stati ieri i fondatori dell’ISIS, per pentirsene oggi, e poi riconoscere domani lo Stato Islamico. Mentre il popolo sempre combatterà per il proprio futuro e per la propria libertà, proprio come in passato.

Saluti a tutti coloro che combattono e difendono la vita a Rojava.

Tutti gli intrighi degli stati e del capitalismo saranno annientati, la “violenza prodotta” sarà distrutta, l’ISIS perderà contro i combattenti per la libertà e il popolo sarà vittorioso come sempre. Noi traiamo la nostra fede nella libertà da Kawa che si oppose a Dehak. Noi traiamo la nostra fede nella libertà dai molti compagni che stanno combattendo contro Dehak.

SIAMO TUTTI KAWA CONTRO DEHAK.

DAF – Azione Anarchica Rivoluzionaria – Turchia

(Devrimci Anarşist Faaliyet)

Nota: Kawa e Dehak sono figure della mitologia curda e persiana. Secondo la tradizione curda il fabbro Kawa guidò una sollevazione contro la lunga e sanguinaria tirannia di Dehak, uccidendo il tiranno e riportando in Kurdistan la primavera. Il mito del ritorno della primavera e della morte del tiranno è alla base del Newroz, la festività iranica che per i curdi è divenuta un simbolo di libertà.

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Dopo la veglia omofoba: assemblea venerdì 26 settembre

riceviamo e pubblichiamo

Dopo la veglia omofoba: assemblea venerdì 26 settembre

La giornata dello scorso 14 settembre, con la manifestazione svoltasi in risposta alla veglia omofoba, ha evidenziato come nella città ci siano dinamiche politiche e gruppi di potere che esercitano una profonda influenza nella vita sociale e che pretendono di orientare, oltre a molti aspetti della vita quotidiama, anche alcune forme di controllo e di repressione del dissenso. In un contesto politico cittadino che si è progessivamente modificato, la considerazione di questi ed altri fattori richiede un momento di confronto e di discussione. Per questo motivo il collettivo Mioilcorpo Mialascelta convoca per venerdì 26 settembre alle ore 18.30, presso l’Ex Caserma Occupata in Via Adriana 16, un’assemblea aperta a tutte le realtà e le persone interessate.

MIOILCORPO MIALASCELTA 

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Ucraina, uno scontro tra imperialismi

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articolo da Umanità Nova n.27 del 28 settembre 2014

Ucraina – nessuna pace tra le classi, nessuna guerra tra i popoli

Quella che si sta combattendo in Ucraina non è solo una guerra civile, le forze coinvolte più o meno formalmente e gli interessi in ballo in tale conflitto ci mostrano che la partita si gioca su un piano molto più complesso. Allo scontro interno alla classe dirigente ucraina infatti si sovrappone la contesa tra le potenze imperialiste.

Per capire questo non c’è bisogno di ascoltare i deliri e le minacce del potente di turno, che sia Tusk, Putin o Poroshenko.

Con la strage del 2 maggio scorso nella Casa dei Sindacati di Odessa, la situazione in Ucraina è precipitata in una vera e propria guerra. Una guerra che non è altro che la tragica prosecuzione dello scontro tra Russia, Unione Europea e USA in atto da quasi un ventennio in quella regione.

L’Ucraina ha avuto negli ultimi anni un ruolo chiave nelle relazioni tra Russia e Unione Europea, importanti relazioni economiche dalle quali ovviamente ciascuna delle due parti ha sempre tentato di trarre il massimo profitto; relazioni che hanno attraversato numerose crisi, anche molto gravi, spesso segnate dall’intervento del Fondo Monetario Internazionale, della NATO o da quello diretto degli USA.

Uno scontro tra imperialismi diretto ed evidente, in cui sono in ballo grossi interessi.

Gli interessi relativi agli importanti gasdotti ucraini che permettono alla Russia di rifornire l’Europa di gas; gli interessi strategici per il controllo del Mar Nero e della nuova frontiera che si verrebbe a creare in Ucraina tra Russia e Unione Europea; gli interessi delle aziende strainiere che operano in quel paese, tra cui molte italiane; l’importanza delle regioni industrializzate dell’est ucraino, che negli scorsi anni avevano conosciuto una forte crescita produttiva, e che pesano molto sia sul mercato estero delle esportazioni che su quello interno ucraino; gli interessi coloniali e di influenza della Nato del FMI e della Russia.

Risulta allora chiaro che ci troviamo di fronte all’ennesima guerra tra forze imperialiste. Forze che in realtà sembrano avere interessi solo in parte contrapposti. Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad una tregua più politica che militare, dato che sul campo continuavano a verificarsi scontri armati; tregua che però proprio per la sua valenza politica ha dato modo al governo di Kiev di ratificare l’accordo di adesione all’Unione Europea e di approvare un decreto che concede una certa autonomia alle regioni “separatiste” dell’est, un passo del governo ucraino che è stato accolto con favore da Mosca. Questo ha portato nei giorni scorsi ad un primo accordo tra le parti per la costituzione di un’area smilitarizzatta. Bisognerà vedere quali saranno gli sviluppi della situazione, ma al momento l’impressione è quella che, una volta consolidate le rispettive aree di influenza ed una volta posta sotto maggiore controllo politico, finanziario e militare l’Ucraina, sia interesse di tutti che le relazioni economiche ripartano il prima possibile.

Ancora una volta i lavoratori, come la grande maggioranza della popolazione di queste regioni, non hanno niente da guadagnare dalla guerra, ma ne subiscono solo le drammatiche conseguenze, sul piano umanitario come sul piano delle condizioni di vita e di lavoro.

Paradossalmente di fronte ad uno scenario tanto chiaro di contesa e spartizione tra le potenze imperialiste, sono fortissime le connotazioni ideologiche tra gli schieramenti armati che si affrontano, costituendo un vero e proprio elemento della propaganda di guerra. In questi schieramenti in cui giocano un importante ruolo milizie, mercenari, “volontari” stranieri, e formazioni armate legate direttamente a partiti politici. Queste, facendo leva sulle differenze linguistiche, culturali e religiose della regione, dividono la popolazione alimentando le vecchie forme di nazionalismo ed introducendone di nuove. La rappresentazione ideale del conflitto e delle parti che si affrontano fa sì che lo scontro imperialista si presenti attraverso le lenti della propaganda come un caleidoscopio di forze. A combattere dalla parte delle repubblice dell’est ucraino troviamo eurasiatisti sostenitori della politica di Putin, ultraortodossi russi, cetnici serbi, nazisti polacchi, rossobruni di mezza europa, ceceni, nazisti russi, gruppi della “sinistra” nazionalista e autoritaria; Tra le fila delle milizie che sostengono il governo di Kiev troviamo formazioni naziste e ultranazionaliste ucraine, terzoposizionisti, cosacchi, nazisti polacchi, autonomi nazionalisti, fascisti da tutta europa, “liberali” europeisti. I caratteri di identità nazionale, culturale e religiosa sono da parte russa come da parte ucraina uno strumento della propaganda di guerra.

Questa fortissima ideologizzazione, ma soprattutto i forti interessi in gioco, che fanno girare soldi e armi, hanno portato ad una internazionalizzazione delle milizie. Per cui sono moltissimi e da tutta Europa i piccoli movimenti politici e i gruppuscoli, soprattutto della destra estrema, a inviare delegazioni e volontari combattenti in Ucraina. Anche dall’Italia sono presenti come combattenti noti fascisti. Questi si trovano schierati soprattutto con le milizie più crudeli legate al governo di Kiev, mentre alcuni combattono anche per le regioni “separatiste” dell’est. Sul piano dell’appoggio politico vediamo come le formazioni neofasciste italiane siano divise: alcune propendono per un appoggio al governo di Kiev, altre invece, tra cui anche i gruppuscoli nazisti ed eurasiatisti rossobruni, propendono per un appoggio ai cosiddetti “filorussi” e alla politica di potenza di Putin. Ma c’è anche qualcuno che “da sinistra” ha deciso di sostenere una delle due parti in questa guerra imperialista, probabilmente attirati dal presunto carattere “antifascista” dell’autoproclamato Stato Federale della Nuova Russia; visto anche l’uso, nella propaganda di quello schieramento, di una simbologia che rimanda alla Grande Guerra Patriottica condotta dall’Unione Sovietica contro l’invasione nazista. Peccato che a fianco di tale simbologia “sovietica” si trovino presenti, spesso in modo prevalente, i simboli della chiesa ortodossa russa e soprattutto dello zarismo imperiale, tra cui la bandiera dei Romanov, nera bianca ed oro, adottata come bandiera ufficiale dallo Stato Federale di Nuova Russia il 13 agosto scorso.

Il governo di Kiev rappresenta certamente la principale minaccia per i lavoratori e le popolazioni dell’Ucraina. Un governo che fa largo uso dei paramilitari nazisti, premiandone i capi conferendo loro importanti incarichi. Un governo che chiama “operazione antiterrorismo” il bombardamento delle città del suo stesso territorio, la strage e la deportazione di civili. Un governo che con la guerra sarà ancora più legato dalle potenze imperialiste: il Fondo Monetario internazionale, che già aveva imposto lo scorso anno un innalzamento delle tariffe del gas sulla pelle delle popolazione, completata la colonizzazione ad opera della NATO e indebitata l’Ucraina per altri 17 miliardi, potrà imporre al governo di Kiev qualsiasi condizione.

Certo però chi vuole trovare per forza “il buono” in questo scontro, e vede nella Russia una speranza o anche solo una sponda, si illude. Per la Russia il prestito dell’FMI all’Ucraina significa pagamenti sicuri per il gas. Alla Russia certo interessa avere una posizione di favore per le rinnovate relazioni commerciali con l’Unione Europea. Alla Russia certo non interessano le sorti dei lavoratori o della popolazione ucraina, neanche di quella russofona. Come ci hanno dimostrato la crisi di Crimea e come sembrano confermare gli accordi degli ultimi giorni, a Mosca basta che siano consolidate le sue postazioni strategiche, basta che siano acquisite sicure posizioni di influenza politica ed economica nel nuovo scenario che si presenta.

Ancora una volta la guerra è uno strumento dei governi e del capitale contro i proletari. Ad essa bisogna opporre l’unità e la solidarietà di classe contro la divisione degli sfruttati. Per questo è importante sostenere chi nello scontro tra interessi imperialisti, sfidando la guerra e la repressione, avanza posizioni autonome dagli schieramenti in guerra, internazionaliste e di classe.

Dario Antonelli

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